Macerata il giorno dopo fatica a fare i conti con quello che è successo e serpeggia una doppia paura: quella degli immigrati che si rinchiudono in casa e quella dei cittadini: “Traini è un pazzo ma…”
La Caritas come rifugio: “Fuori da qui finiamo male”. Alle 13:30 molti ragazzi neri di Macerata, chi nigeriano, chi del Gambia, chi del Ghana, siedono attorno a un tavolo del centro di accoglienza. Non hanno il coraggio di uscire, mangiano un piatto di pasta. “Abbiamo paura, temiamo vendette”, dicono. È come se, nella città marchigiana, ci fosse il coprifuoco dopo che Luca Traini sabato mattina ha sparato all’impazzata contro gli immigrati incrociati lungo la strada. “Oggi non se ne vedono, ma di solito è strapieno”, racconta Lamberto, che non vuole dire il suo cognome, mentre passeggia nel Giardino Diaz, non molto lontano dal bar King che ha ancora tre fori di proiettile sulle vetrate. La paura è che possa succedere di nuovo, ma la paura è anche quella “dell’invasione degli africani”, come la chiamano qui, nonostante i dati dell’Istat dicano gli stranieri sono diminuiti. “Traini è un folle – commenta la moglie di Lamberto, che ha sempre votato Pd – però questo gesto e la ragazza trovata morta in valigia servivano per sollevare il problema dei neri che vivono qui in città e non fanno niente tutto il giorno. Speriamo solo che adesso non si scateni la guerra”. Questa è Macerata domenica mattina: coprifuoco per gli immigrati, Pd asserragliato in una stanza (il vicesegretario Martina ha parlato a porte chiuse), popolazione sconvolta, impaurita e in parte perfino giustificazionista: “Traini è un pazzo, però…”
Per rompere questo clima pesante, a un certo punto un gruppo di ragazzi neri decide lo stesso di andare in strada e alle cinque del pomeriggio, nel parco, poco prima della manifestazione anti razzista e anti fascista poco popolata, inizia a giocare a calcio: “E che cosa dobbiamo fare, chiuderci in casa?”, dice Buba Jarju, 25 anni, mentre fa il gesto della mano che chiude una serratura. Non vuole però essere ripreso in volto: “Poi mi sparano, se mi vedono”.
In un angolo di marciapiede, nascosti da un paio di cassonetti della spazzatura, che forse possono fare da scudo, ci sono tre nigeriani seduti. Davanti la Chiesa dell’Immacolata, dove il prete ha appena detto che “dal dolore si è passati all’orrore, dall’orrore alla vendetta e ci auguriamo che questa non diventi la settimana dell’odio”, c’è un ragazzo, un immigrato, che chiede l’elemosina. Non parla italiano, avvicina timidamente il cappello e chiede una moneta mentre si guarda attorno con sospetto.
Basta fare qualche passo lungo la strada, lungo lo stesso percorso fatto da Traini e si arriva nella sede del Pd di Macerata che ha nella sua vetrata ancora il foro del proiettile. Una trentina di iscritti aspetta l’arrivo del vicesegretario Maurizio Martina. Contemporaneamente, fuori da questo circolo, lo attendono quindici militanti di Forza Nuova che pagheranno le spese legali di Traini. Per un attimo si teme lo scontro.
L’atmosfera è tale che quando arrivano i militanti di Forza Nuova davanti alla sede dem sembra che questo gruppetto, qualcuno con gli occhiali scuri, qualcun altro con giubbotto nero e stemma tricolore, abbia il vento in poppa: “È condannabile il gesto di Luca ma è lo specchio reale della nostra Italia, che pensa solo a coccolare gli immigrati. Non sarà il primo e non sarà l’ultimo – dice Desideria Raggi, militante FN – perché purtroppo la gente è stufa. Per questo paghiamo le spese legali di Traini”. Nel frattempo Martina fa un richiamo alla responsabilità, toni moderati: “Noi siamo con lo Stato. Gestiamo i problemi e non speculiamo”.
Ma tutto attorno, fuori dalla sede dem, è un contesto di allarme e nello stesso tempo c’è la voglia di difendersi. Ed è qui che torna il “però” che rimbalza nelle parole di tanti. “Io non voto Salvini però ha ragione quando dice che l’immigrazione va governata”, lo pensa Margherita Profili che ogni sera serve la cena nella mensa della Caritas. Lo si sente ai Giardini Diaz, cuore verde della città dove questa mattina alcuni abitanti sono andati a farsi una passeggiata o a correre nonostante la paura: “È folle ciò che successo però qui non ne possiamo più”.
La saracinesca del bar King è abbassata e un gruppo di persone è lì attorno: “Ogni notte qui si radunano quaranta immigrati, alcune volte fanno anche a cazzotti. Oggi si sono nascosti tutti. Lo spaccio, lo spaccio, qui prima la droga non c’era. Traini è un malato, il suo è stato il gesto di un folle però dal 2015 la situazione è diventata ingestibile”.
Gli abitanti ricordano che Macerata è sempre stata una città “pacifista e accogliente ma adesso”, nessuno lo nega, “qualcosa è cambiato” per la presenza di immigrati. Lo stesso sindaco Carancini sostiene: “Chi era razzista ha preso la pistola in mano e chi non lo era lo sta diventando”. Il senatore marchigiano Francesco Verducci lo sa: “È una percezione distorta dell’immigrazione, ma la politica ci deve fare i conti, va affrontata di petto, non dobbiamo sottovalutare”. Il vicesegretario Martina va via dopo pochi minuti. “Matteo Renzi non è venuto, non ci mette la faccia perché la situazione è troppo delicata”, commenta un iscritto lasciando la sede PD. Che somiglia a una trincea in una terra in preda all’angoscia.