Come viene ininterrottamente riportato da settimane da pressoché ogni organo di informazione mediatica, l’Australia sta vivendo una stagione estiva particolarmente devastante sotto il profilo degli incendi boschivi. Quello dei bushfires, appunto gli incendi del bush australiano (la boscaglia tipica dell’entroterra del continente australe) non può certo essere considerato come un fenomeno eccezionale. L’Australia è pur sempre un enorme paese di oltre 7 milioni e mezzo di chilometri quadrati attraversato dal Tropico del Capricorno e – fatta eccezione per l’estremo nord tropicale con una stagione piovosa di tipo monsonico e un litorale meridionale dal clima prettamente oceanico e mediterraneo – contraddistinto in gran parte da un clima arido, desertico o semidesertico. E che gli incendi in Australia non possano essere considerati eventi eccezionali lo dimostra anche il fatto che la flora e la fauna locale si siano evoluti in una maniera in cui il ruolo giocato dai bushfires risulta predominante. Ne sono un classico esempio le piante del genere Xanthorrhoea1, endemico del continente australe, che hanno sviluppato particolari capacità di resistenza al fuoco, senza cui non potrebbero neppure esistere dato che necessitano di esso per eliminare le foglie morte e promuovere la fioritura.
Tuttavia, l’attuale stagione 2019-202 dei bushfires sta rivelandosi la più disastrosa da decenni a questa parte. Al 5 gennaio, risultano arsi dai fuochi 63.000 chilometri quadrati di territorio australiano, oltre 2.500 costruzioni sono andate distrutte (comprese oltre 1.300 abitazioni private) e 25 persone hanno perso la vita. Che la situazione sia drammatica lo testimoniano le immagini a dir poco apocalittiche che appaiono di continuo sui media:

C’è un altro dato significativo di cui tenere conto: secondo calcoli elaborati dalla NASA3, dall’inizio della bella stagione ad agosto sino alla fine del 2019, gli incendi hanno generato una produzione di oltre 306 milioni di tonnellate di CO2. Mamma mia! Ed adesso chi la sente più la Greta Thunberg! Votata addirittura “Person of the Years” da parte della rivista Time:

Trattasi di autentica sciagura. La madre di Greta la Santa, la signora Malena Ernman4, nota sino ad ora per lo più per aver rappresentato il proprio paese, la Svezia, all’ Eurovision Song Contest nel 20095, ha non molto tempo fa dato alle stampe un proprio libro6 dal titolo “Scenes from the Heart”. Nel libro la madre della Santa fa alcune puntualizzazioni sulle capacità taumaturgiche della figlia. Sostiene infatti che, lungi dall’essere un handicap, la Sindrome di Asperger di cui la Greta è notoriamente affetta, deve essere intesa come una sorta di benedizione avendole conferito dei superpoteri, tra i quali la capacità di vedere a occhio nudo l’anidride carbonica. Ecco le parole della madre: “Riesce a vedere l’anidride carbonica ad occhio nudo. Vede come fuoriesce dai camini e cambia l’atmosfera in una discarica”.
Immaginiamo come la poverina si potrebbe mai sentire se, dovendosi recare eventualmente in Australia, si trovasse nella condizione di dover “vedere” la CO2 emessa dalle attuali devastazioni incendiarie: “vedere” queste 306 milioni di tonnellate di CO2 le farebbe venire sicuramente un coccolone. Per sua fortuna, la Greta non può viaggiare in aereo ed un viaggio in barca verso i mari del Sud, pur con un moderno scafo in fibra di carbonio come quelli da lei ultimamente utilizzati per compiere più volte l’attraversata atlantica, porterebbe comunque via settimane ed arriverebbe a destinazione alla fine della stagione degli incendi.
In ogni caso, l’ondata di devastazione che sta colpendo così pesantemente l’Australia – Greta o non Greta – sta fornendo ai sostenitori della teoria del riscaldamento globale più di un’occasione per lanciare strali nei confronti dei cosiddetti negazionisti. Pazienza se poi certi titoli a dir poco allarmistici lanciati qualche anno fa dalla stampa non hanno retto alla prova dei fatti. Ad esempio, un articolo del 2004 del noto giornale britannico The Guardian7 menzionava “un rapporto segreto, soppresso dai capi della difesa degli Stati Uniti e ottenuto dal The Observer, che avvertiva che le principali città europee sarebbero affondate sotto i mari entro il 2020 mentre la Gran Bretagna sarebbe stata avvolta da un clima siberiano”. Al 2020 siamo arrivati e malgrado un insistente campo di alta pressione attualmente in essere su buona parte dell’Italia che sta rendendo il meteo fin troppo mite per la stagione – questo sì – mi pare che le città che dovevano essere oramai sommerse dai mari innalzati sono ancora lì.
Ma l’occasione è fin troppo propizia per non essere sfruttata. Ovviamente, i divi hollywoodiani, tra una gita ai Caraibi su uno yacht di lusso e un viaggio agli antipodi col proprio jet privato, sono sempre in prima fila nella lotta al cambiamento climatico: non esitano mai a rimarcare quanto essi siano buoni perché sensibili alle tematiche ambientaliste e quanto il comune mortale che viaggia con una scassata macchina diesel per andare al lavoro sia invece un inquinatore belluino ed insensibile, manco avesse al posto del cuore – per parafrasare l’ex portiere della nazionale Buffon – un bidone di CO2.
Ai recenti Golden Globes8 l’attrice Cate Blanchett, nativa proprio dell’Australia, ha ricordato la sua terra natia dichiarando: “Quando un paese affronta un disastro climatico, tutti affrontiamo un disastro climatico”. Russel Crowe, il celebre attore neozelandese interprete de Il Gladiatore e residente proprio in Australia, ci è andato giù ancora più pesante. Pur avendo un premio da ritirare non ha voluto viaggiare alla volta di Los Angeles perché ha preferito restare a casa e assicurarsi che la sua famiglia fosse al sicuro. Ma ha comunque fatto leggere un messaggio durante la premiazione: “Non commettere errori, la tragedia che si sta verificando in Australia è basata sul cambiamento climatico. Dobbiamo agire in base alla scienza, spostare la nostra forza lavoro globale nelle energie rinnovabili e rispettare il nostro pianeta per il luogo unico e straordinario che si trova”. Poteva mancare un commento da parte della sinistra polcor americana? Certo che no! E quindi ecco la dichiarazione via Twitter del comunista più amato d’America, al secolo Bernie Sanders: “Dico a coloro che stanno ritardando l’azione sui cambiamenti climatici: guarda il cielo rosso sangue e l’aria irrespirabile in Australia a causa dell’infuriare degli incendi boschivi. I nostri futuri sono tutti collegati. Ecco perché dobbiamo riunire il mondo e mettere in atto un New Deal verde”.
Ma sarà tutto vero? Queste menti brillanti e illuminate, dall’alto della loro superiorità morale, hanno tutto questo diritto di farci sentire inferiori? Secondo la polizia australiana e tutti coloro che hanno il compito di fronteggiare questa grave emergenza, la verità potrebbe non essere quella che tante celebrità sperano che sia. Sembrerebbe infatti che non sia il riscaldamento globale da doversi additare come la causa ultima di queste devastazioni, ma i fulmini e soprattutto l’attività criminale di piromani senza scrupoli9. Secondo gli esperti, l’85% degli incendi del bush sarebbe causato da persone che li appiccano deliberatamente ma anche incidentalmente. In queste ultime settimane, quasi duecento individui sono stati arrestati con l’accusa di incendio doloso10, per lo più giovani scapestrati. La polizia australiana ha persino dato vita ad una speciale task force, chiedendo alla popolazione locale di collaborare per segnalare possibili sospetti11.
A screditare ancora di più l’ipotesi del cambiamento climatico concorrono altre considerazioni. Già da tempo, vi è chi accusa apertamente l’ideologia verde di essere direttamente corresponsabile delle gravi devastazioni incendiarie moltiplicatesi negli ultimi anni in Australia. Al governo australiano viene rimproverato di aver impedito agli agricoltori la pratica detta dei “fuochi controllati”, che consiste nel bruciare in maniera appunto controllata durante la stagione più fredda quella parte di vegetazione ormai vecchia e rinsecchita che potrebbe facilmente prendere fuoco quando le temperature aumentano12. Un altro fenomeno naturale che secondo alcuni studiosi è alla base delle frequenti siccità che da alcuni anni colpiscono con frequenza il continente australe è il cosiddetto Indian Ocean Dipole, altrimenti conosciuto come El Niño Indiano13. Si tratta di un fenomeno meteorologico che si manifesta allorché la differenza di temperatura tra le acque superficiali della parte occidentale dell’Oceano Indiano rispetto a quelle della parte orientale risulta particolarmente marcata. Se, ad esempio, si è in presenza di uno IOD positivo, cioè se le acque in prossimità delle coste africane dell’Oceano Indiano tendono ad essere significativamente più calde di quelle presso la costa australiana, ecco che si verificano forti piogge monsoniche in Africa mentre al contrario l’Australia viene interessata da un lungo periodo di seccume. Ed è proprio quanto sta avvenendo in questi ultimi mesi: da una parte dell’oceano molti paesi dell’Africa orientale sono flagellati dal maltempo causa di ingenti inondazioni14, dall’altra l’Australia soffre per la siccità.
Non è però questo ciò di cui desideriamo occuparci nello specifico. Alcuni tacceranno l’articolo di negazionismo climatico. Fino a prova contraria, dovrebbe vigere ancora la libertà di pensiero, anche c’è da temere che tra non molto si possa finire imprigionati solo per avere le proprie idee. Ma sono altre le considerazioni che vogliamo fare.
Le terribili devastazioni che stanno colpendo l’Australia stanno avendo ovviamente gravi ripercussioni sull’economia del paese. Una prima ma molto approssimativa stima quantifica già in oltre due miliardi di dollari australiani (oltre 1,2 miliardi di euro)15 le perdite per l’economia australiana, oltre ad una possibile contrazione della crescita del PIL, dato il timore di minori consumi in un periodo di crescita economica già di per sé non particolarmente brillante. Tra i settori più colpiti c’è quello turistico, visto che gli incendi stanno scoraggiando molti turisti, soprattutto asiatici, ad intraprendere viaggi nel continente australe. Si stima che alcuni resort faranno bancarotta venendo loro a mancare le entrate del periodo clou della stagione estiva. Ma fuori di dubbio a patire le conseguenze peggiori sarà il settore primario. Allo stato attuale, con gli incendi che ancora divampano in molte regioni del paese, non è ancora possibile stimare con esattezza le perdite dei capi di bestiame. Si parla già di oltre 500 milioni di animali morti per causa degli incendi. Chiaramente si tratta soprattutto di animali selvatici, come canguro e koala Ma tutto lascia supporre che anche le perdite di bestiame possano essere ingenti. La National Farmers’ Federation ha stimato in 100.000 i capi di bestiame a tutt’oggi andati perduti16. Ma negli stati del Nuovo Galles del Sud e di Vittoria, tra i più colpiti dagli incendi, ovini e bovini ammontano rispettivamente a 8,6 milioni e 2,3 milioni di capi, ossia rispettivamente il 9 ed il 12% del totale nazionale. Quindi si temono perdite potenzialmente ben peggiori.

Molti allevatori, nel disperato tentativo di salvare il salvabile, hanno aperto i recinti per consentire al bestiame di fuggire dal fuoco. Ma in molti casi è stata solo fatica sprecata. Gli allevatori si sono visti costretti ad abbattere i capi di bestiame rimasti seriamente feriti in questo vano tentativo di fuga. Ed in futuro potrebbe essere anche peggio. Ad essere bruciate dagli incendi sono state soprattutto aree adibite a pascolo. Quindi vi è il fondato timore che nei prossimi mesi parte del bestiame miracolosamente sopravvissuto possa invece morire di fame, causa mancanza di sufficiente foraggio.
Anche il settore terziario, principalmente quello assicurativo, lamenterà grosse perdite. In un primo momento, l’Insurance Council of Australia (ICA) aveva stimato perdite pari a circa 375 milioni di dollari australiani, a fronte di oltre 5.850 richieste di indennizzo per danni causati dagli incendi17. Ma dal momento che le richieste di indennizzo stanno aumentando di migliaia di giorno in giorno, l’ICA già parla di perdite per oltre 700 milioni di dollari australiani18. E potrebbero essere solo stime per difetto. Solo col passare delle settimane sarà possibile quantificare con maggiore accuratezza l’entità delle perdite del settore assicurativo. Una cosa però è certa: le polizze antincendio tenderanno a costare sempre di più, molto di più. E questo sarà un ulteriore problema per gli agricoltori australiani, già pesantemente colpiti, che vedranno i propri margini di profitto ulteriormente erosi dai premi assicurativi che saranno tenuti a pagare.
Per quanto il mondo intero si angosci per la vastità degli incendi, non è di questo che l’opinione pubblica mondiale si dovrebbe preoccupare. Ciò che dovrebbe spaventare è, in definitiva, il futuro dei farmers australiani. Siccità, incendi, perdita di raccolti, moria di bestiame, aumento dei costi… C’è di che strapparsi i capelli per la disperazione. Eppure c’è qualcosa di infinitamente peggiore: il loro debito.
Ben Rees è un economista che ha dedicato un ampio studio al settore agricolo dell’Australia19.

Il precedente grafico mette in correlazione tra di loro l’andamento del valore lordo della produzione agricola (GVFP), il valore netto della produzione agricola e il debito. Dal 1990, il valore lordo della produzione agricola è cresciuto da circa 20 miliardi di dollari australiani a circa 60 miliardi nel 2017, quindi una crescita di circa 40 miliardi o il 200% in poco meno di trent’anni. Nel medesimo periodo preso in considerazione, il valore netto della produzione agricola è cresciuto da circa 5 miliardi di dollari australiani a circa 20 miliardi con un aumento di circa il 300%: parrebbe un ottimo risultato. Ma analizzando la linea del debito che è passato da 10 miliardi a oltre 70 miliardi di dollari nel 2017, quindi con un aumento pari ad un sorprendente 600%, si capisce che c’è qualcosa che non torna. Ciò che questo grafico ci dice è che mentre 30 anni fa un dollaro di debito generava più di due dollari di produzione ed ancora nel 2003/04 un dollaro di debito generava esattamente un dollaro di produzione, ora con un dollaro di debito si generano appena 64 centesimi di produzione. Il che è assolutamente una follia. E tutto ciò avviene mentre il numero complessivo delle aziende agricole diminuisce: erano circa 185.000 del 1970; oggi sono grossomodo la metà. Significa che ormai l’indebitamento medio di un’azienda agricola australiana si aggira sugli 800.000 dollari20!
È chiaro che si tratta di una situazione difficile ed esplosiva. Viene da chiedersi: con questi dati economici così compromessi, in assenza di sovvenzioni ed agevolazioni statali, quanto tempo ancora potranno resistere i farmers australiani, così schiacciati da debiti che non potranno che aumentare se le stagioni siccitose ed i grandi incendi si susseguiranno continuamente, prima di dover dichiarare bancarotta? E che faranno in seguito? Si troveranno costretti a vendere le proprie proprietà? E nel caso: a chi?
Che domanda: ai cinesi, naturalmente.
Sono anni che la Cina fa incetta di assets australiani: porti, aeroporti, pascoli, fattorie, miniere, palazzi, dighe, parchi eolici… Non c’è settore dove i cinesi non abbiano grossi interessi in Australia21. Va detto, ad onor del vero, che dopo il 2017, probabilmente a seguito dei controlli più stringenti da parte del governo cinese sull’esportazione di capitali, vi è stata una certa flessione negli investimenti cinesi in Australia22. Ma è indiscutibile che da anni i cinesi stiano mettendo le mani su tantissime pregiate proprietà australiane. Solo nel biennio 2016-17 la Cina ha aumentato i suoi possedimenti terrieri in Australia di oltre il 1000%, avendo triplicato i propri investimenti nel settore agricolo australiano (da 300 milioni a 1 oltre miliardo di dollari australiani)23! Emblematico è il caso, scoppiato nel 2016, della società S. Kidman & Co Ltd, il più grande proprietario terriero privato del continente24, i cui possedimenti si estendono su una superficie di 101.000 chilometri quadrati (praticamente, un terzo dell’Italia!). Investitori cinesi si erano resi disponibile ad acquistare l’intera società che la famiglia Kidman aveva messo in vendita. Ma il governo locale, in nome dell’interesse nazionale, si oppose. Fu quindi trovata una soluzione di compromesso: la società venne alla fine venduta al consorzio Australian Outback Beef Pty Ltd, che è comunque per due terzi di proprietà della miliardaria Gina Rinehart25, la donna più ricca d’Australia, e per un terzo della società cinese Shanghai CRED26.
Anche il settore immobiliare è fortemente caratterizzato da acquisti cinesi. Circa il 25% degli immobili di nuova costruzione nel Nuovo Galles del Sud (di cui Sidney è la città più importante) vengono acquistati da compratori cinesi; e si tratta per lo più di immobili di pregio. Di conseguenza, è esplosa una vera e propria bolla immobiliare. In pochi anni, a Sidney il valore degli immobili è aumentato del 98%; a Melbourne dell’84%27. Il ritmo con cui gli immobili australiani vengono acquistati da compratori cinesi è tale da aver fatto dire ad un analista del settore che, di questo passo, l’Australia rischia seriamente di diventare la ventiquattresima provincia della Cina 28.
Quest’ultima è una preoccupazione che si sta sempre più diffondendo nel paese dei canguri. Andrew Hastie29, giovane ed emergente politico australiano, nonché ex membro delle forze speciali, si sta ritagliando una certa notorietà per i suoi continui attacchi al governo comunista cinese che accusa apertamente di brigare contro l’interesse e la sovranità del suo paese (attacchi per il quali, ovviamente, riceve dall’opposizione progressista accuse di xenofobia)30. Il giovane parlamentare australiano ha messo in guardia dalle intromissioni dei cinesi molti paesi occidentali, tra cui persino Israele31, il più fedele alleato degli USA. Quest’ultimo avvertimento deve suonare come un campanello d’allarme giacché Israele, godendo di un rapporto speciale con gli USA, è l’unico paese cui questi ultimi forniscano i loro sistemi di arma allo stato dell’arte. E questo può compromettere la stessa sicurezza nazionale americana, stante il rischio di operazioni di spionaggio e di retro-engineering da parte dei cinesi sulle armi che tanto generosamente gli americani consegnano agli israeliani32.
A questo punto, facciamo un salto indietro, e ritorniamo a parlare degli incendi. Un breve accenno alla geografia dell’Australia. Abbiamo già detto che si tratta di un paese immenso, il sesto per estensione al mondo (7.617.110 chilometri quadrati, in gran parte desertici). In questo vasto territorio c’è una particolarità geologica su cui dobbiamo soffermarci. Si tratta del cosiddetto Grande Bacino Artesiano33:

Si tratta del bacino artesiano più grande e profondo del mondo. Si estende su un’area incredibilmente vasta, oltre 1.700.000 chilometri quadrati (il 22% della superficie dell’intera Australia, a cavallo tra gli stati del Queensland, dell’Australia del Sud, del Nuovo Galles del Sud e del Territorio del Nord). Il bacino è profondo 3000 metri in alcuni punti e si stima che contenga 64.900 chilometri cubi di acque sotterranee alimentate continuamente dalle piogge monsoniche che interessano l’estremità settentrionale del continente. Esso fornisce l’unica fonte di acqua dolce in gran parte dell’Australia interna.

Questi numeri sono impressionanti. E si capisce bene come tutto questo possa avere ripercussioni su un intero ecosistema. Ne è un esempio il bacino idrico dei fiumi Murray e Darling, la principale pianura alluvionale australiana34, che da sola genera circa il 40% della produzione agricola e che è probabilmente quella parte del paese che negli ultimi anni ha patito le conseguenze peggiori per via dei prolungati periodi di siccità.
Negli ultimi anni anche in Australia si sono moltiplicate le attività di fracking che si sono aggiunte all’attività delle già numerosissime miniere sparse sul territorio australiano. Oggi vi sono oltre 43.000 pozzi di fracking in Australia, gran parte dei quali situati proprio in quel 22% di territorio australiano interessato dalla presenza del Grande Bacino Artesiano, le cui acque sono utilizzate in misura crescente dall’industria estrattiva. Ebbene, c’è chi è arrivato a sostenere l’ipotesi che le continue siccità che colpiscono da anni con frequenza inquietante l’Australia sud orientale ed il bacino idrico dei fiumi Marray e Darling siano sì da mettere in correlazione con l’attività umana, ma non con il climate change o le emissioni di CO2, bensì con l’attività frenetica delle industrie estrattive, che abusando dell’acqua del Grande Bacino Artesiano avrebbe alterato l’ecosistema di quelle zone che traggono il proprio sostentamento proprio dall’enorme quantità di acqua in esso immagazzinata35.
Dunque l’acqua è la chiave di tutto. Chi controlla l’acqua, controlla l’Australia.
In Australia, a quanto pare, l’acqua non è propriamente pubblica. Non del tutto, per lo meno. Il possesso di un appezzamento di terra non dà automaticamente diritto a sfruttarne l’acqua presente. Esistono i cosiddetti water entitlements, ossia diritti idrici che possono essere venduti ed acquistati liberamente sul mercato. Essi danno diritto a una quota costante di acqua all’interno di un sistema e possono essere acquistati e venduti da agricoltori, aziende o investitori. Al momento attuale, gli investitori cinesi ufficialmente non posseggono che meno del 2% dei diritti idrici di tutte le acque australiane. Tuttavia, oltre il 20% dei diritti idrici della Murray-Darling Basin Authority, che è l’agenzia governativa cui per legge è stata data giurisdizione sulle acque del bacino più grande d’Australia, sono di proprietà straniera e si presume che di questa quota gran parte sia nelle mani dei cinesi. La loro sempre più ingombrante presenza inquieta e non poco gli amministratori ed i cittadini locali: giacché tutte le imprese cinesi che investono all’estero sono comunque soggette a controllo statale, questo potenzialmente dà al partito comunista un formidabile strumento di controllo36 su paesi e governi stranieri. Si tenga presente che la Cina ormai è il principale sbocco commerciale per i prodotti agroalimentari australiani. Di fatto, una crescente fetta della popolazione cinese dipende per il proprio sostentamento da bestiame e derrate agricole prodotte in Australia. Se in un prossimo futuro – come sembra probabile – dovesse ancora aumentare il controllo delle risorse idriche cinesi sui diritti idrici australiani, ecco che il partito comunista cinese non avrebbe esitazioni a sacrificare gli interessi ed i diritti degli australiani per tutelare i propri e quelli dei suoi cittadini.
In conclusione, l’Australia, che sino a non poco tempo fa sembrava un posto paradisiaco dove emigrare e rifarsi una vita, cela problemi drammatici, di cui l’ondata di incendi apparentemente senza fine potrebbe essere solo la punta dell’iceberg.
Cosa potrebbe mai succedere in futuro? Certamente, come abbiamo visto, la siccità e gli incendi, soprattutto se effettivamente causati dalle attività estrattive all’interno dell’area del Grande Bacino Ardesiano, continueranno a giocare una parte importante. La loro azione, combinata a quelli dei costi crescenti, del debito e delle limitazioni nell’approvvigionamento idrico, potrebbero realmente portare in un futuro neppure troppo lontano alla scomparsa della figura dell’agricoltore medio australiano, da sempre il pilastro della società. La narrativa del riscaldamento climatico rischia di dar loro il colpo di grazia. Negli ambienti della sinistra progressista, a mo’ di finestra di Overton, già si parla di limitare i tanto decantati diritti civili e democratici, in nome della lotta ai cambiamenti climatici. Un esempio di ciò è dato da un recente articolo de L’Espresso, del clan De Benedetti – Elkan. http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2020/01/07/news/clima-delle-parole-1.342264?ref=HEP_RULLO&testata=espresso
Quelle libertà individuali che oggi diamo per scontate ed intoccabili potrebbero presto essere soppiantate da una sorta di diritto naturale della madre Terra, una forma di culto di Pachamama, che pare avere un certo ascendente anche sull’attuale pontefice.
Se nei prossimi anni, per via di quanto menzionato nel presente articolo, la situazione incendi in Australia dovesse addirittura peggiorare, la narrativa del climate change si potrebbe rafforzare a tal punto che il governo australiano – che ha già dato chiara dimostrazione di non essere interessato al bene dei propri cittadini tanto da aver messo in vendita come una merce qualsiasi addirittura quello che dovrebbe essere il bene comune più prezioso, l’acqua – potrebbe persino decidere, sempre in nome della lotta ai cambiamenti climatici, di negare agli agricoltori australiani il diritto alla proprietà privata e di utilizzare la forza per scacciarli dalla loro terra. Per gli agricoltori australiani sarebbe sicuramente la fine. Non resterebbe loro che vendere le loro proprietà, ovviamente a prezzi di saldo.

L’impressione, vista dal di fuori, è che l’Australia sia realmente in vendita. In primis, ai cinesi. Gli australiani, forse senza neppure accorgersene, si stanno facendo sfilare la propria terra da sotto i piedi. Purtroppo, va detto che non sono i soli nel mondo occidentale. E questo testimonia di un fenomeno troppo generalizzato perché sia solo frutto del caso o di un’epoca storica comunque sbagliata. C’è molto di più.
GIANOX
- Fonti:
- 1 https://en.wikipedia.org/wiki/Xanthorrhoea
- 2 https://en.wikipedia.org/wiki/2019-20_Australian_bushfire_season
- 3 https://time.com/5754990/australia-carbon-emissions-fires/
- 4 https://it.wikipedia.org/wiki/Malena_Ernman
- 5 https://it.wikipedia.org/wiki/Eurovision_Song_Contest_2009
- 6 https://en.wikipedia.org/wiki/Scenes_from_the_Heart
- 7 https://www.theguardian.com/environment/2004/feb/22/usnews.theobserver
- 8 https://en.wikipedia.org/wiki/77th_Golden_Globe_Awards
- 9 https://summit.news/2020/01/03/australian-police-say-arsonists-lightning-to-blame-for-bushfires-not-climate-change/
- 10 https://https://www.zerohedge.com/geopolitical/nearly-200-people-arrested-across-australia-deliberately-starting-bushfires
- 11 https://www.miragenews.com/strike-force-indarra-established-to-investigate-south-coast-fires/
- 12 https://www.smh.com.au/environment/green-ideas-must-take-blame-for-deaths-20090211-84mk.html
- 13 https://en.wikipedia.org/wiki/Indian_Ocean_Dipole
- 14 https://www.meteowebcam.eu/articoli-meteo-mondo/437/Inondazioni-in-Africa-orientale.html
- 15 https://www.smh.com.au/business/the-economy/economic-cost-of-bushfires-estimated-at-2-billion-and-rising-20200106-p53pac.html
- 16 https://www.9news.com.au/national/army-to-help-bury-livestock-lost-to-fires/884b1107-ba4b-409b-a72e-f7640cf19113
- 17 https://www.channelnewsasia.com/news/business/australia-bushfires-business-dairy-milk-supplies-drought-12236846
- 18 https://www.nsinsurance.com/news/australia-bushfire-insurance-700m-loss/
- 19 http://benrees.com.au/docs/Australian_Agriculture_the_real_story.pdf
- 20 http://globalfarmer.com.au/tag/debt/
- 21 https://www.dailymail.co.uk/news/article-7725675/How-China-owns-Australia-buying-infrastructure-land-water.html
- 22 https://smallcaps.com.au/chinese-investment-australia-takes-dive-mining-sector-hit-hardest/
- 23 https://www.npr.org/sections/thesalt/2017/06/20/532915180/why-is-china-snatching-up-australian-farmland?t=1578417577045&t=1578426462227
- 24 https://en.wikipedia.org/wiki/S._Kidman_%26_Co
- 25 https://en.wikipedia.org/wiki/Gina_Rinehart
- 26 https://www.abc.net.au/news/2016-10-09/gina-rinehart,-shanghai-cred-make-joint-bid-for-kidman-empire/7916830
- 27 https://www.cnbc.com/2017/10/22/heres-why-china-is-buying-up-assets-in-australia.html
- 28 https://www.news.com.au/national/fears-one-million-aussie-homes-could-soon-be-owned-by-foreign-buyers/news-story/c50a4112bab4f3ed8fae27277f313f54
- 29 https://en.wikipedia.org/wiki/Andrew_Hastie_(politician)
- 30 https://www.smh.com.au/politics/federal/we-must-see-china-the-opportunities-and-the-threats-with-clear-eyes-20190807-p52eon.html
- 31 https://it.insideover.com/politica/australia-mette-in-allerta-israele-guardatevi-da-cina.html
- 32 https://www.maurizioblondet.it/loro-possono-3/
- 33 https://it.wikipedia.org/wiki/Grande_Bacino_Artesiano
- 34 https://en.wikipedia.org/wiki/Murray%E2%80%93Darling_basin
- 35 https://www.youtube.com/watch?time_continue=59&v=PBsFVn-kKV8&feature=emb_logoind
- 36 https://www.abc.net.au/news/rural/2019-03-25/foreign-owned-water-entitlement-register-reveals-key-countries/10923384