Riprendendo il discorso dell’articolo precedente, vi è da chiedersi prima di tutto per quale motivo la Russia dovrebbe mai decidere di muovere guerra alla Turchia e successivamente invadere l’Europa occidentale, visto e considerato che alla Russia è sufficiente vivere e commerciare in pace per potere prosperare, date le ricchezze materiali di cui abbonda il suo sconfinato entroterra siberiano. In fin dei conti la Russia, pur disponendo del più grosso arsenale nucleare al mondo, sta oggi contenendo le sue spese militari: dopo anni di crescita costante, il budget è calato negli ultimi anni. Non è proprio quella corsa agli armamenti che ci si aspetta da un paese in procinto di scatenare una guerra senza eguali.

Per di più, la Turchia ha recentemente acquistato alcune batterie di S-400 dalla Russia1, cosa questa che ha indispettito Washington. Come poter credere che Russia e Turchia arrivino a confrontarsi militarmente proprio oggi che la seconda è diventata un buon acquirente di armi prodotte dalla prima? Eppure va tenuto in considerazione che i motivi per cui potrebbe scoppiare una guerra con la Turchia rimangono innumerevoli. D’altronde, si è già detto che in media almeno un paio di volte al secolo Turchia e Russia si fronteggiano apertamente. Il primo motivo che potrebbe divenire il pretesto per lo scoppio di un eventuale conflitto tra Russia e Turchia è il controllo degli Stretti che danno accesso al Mar Nero. La materia è regolamentata dalla convenzione di Montreux del 19362. Qualora Erdoğan desse di matto e vietasse il transito alle navi russe attraverso gli Stretti, ecco, questo atto in aperta violazione della Convenzione di Montreux potrebbe essere considerato come un atto di guerra ai danni della Russia. In questo caso, verrebbero meno le condizioni di cui al famigerato articolo 5 della NATO che recita: “Le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o nell’America settentrionale, costituirà un attacco verso tutte, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’impiego della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale”.
Se fosse la Turchia a provocare chiudendo gli Stretti, gli altri stati membri della NATO potrebbero legittimamente rifiutarsi di dare seguito all’articolo 5 ritenendo la Turchia paese aggressore e non aggredito. Questa evenienza non è da scartarsi a priori proprio perché la Turchia gode di poco credito presso l’opinione pubblica mondiale. Chi vorrebbe mai immolarsi per Erdoğan? Ma soprattutto, Erdoğan è considerato dai suoi stessi alleati in seno alla NATO una mina vagante, un cane pazzo da cui prendere le distanze per le sue politiche imperialiste destabilizzanti e a cui porre quanto prima una freno. Gli stessi Stati Uniti vedono la Turchia come fumo negli occhi. Solo 4 anni fa, i turchi posero letteralmente l’assedio alla base NATO di Incirlik3, come misura di rappresaglia per il fallito tentativo di colpo di stato ordito, secondo Erdoğan, dal dissidente turco Fetullah Gullen con la collaborazione degli USA. Inoltre, Trump non ha mai fatto mistero in conformità alla sua politica di Make America Great Again di considerare la NATO come una palla al piede. Acuire i contrasti in seno all’Alleanza Atlantica potrebbe essere un modo efficace per porre le basi di un suo prossimo disfacimento. Nei fatti, una guerra tra Turchia e Grecia, due membri storici della NATO, sarebbe la pietra tombale di quest’ultima: che senso avrebbe parlare ancora di alleanza se due dei suoi membri si fanno la guerra?
In questo caso, gli USA potrebbero avere interesse a far sì che sia la Russia a fare il lavoro sporco, ossia una guerra contro lo scomodo alleato. L’importante è che sia la Turchia ad apparire come paese aggressore, in modo tale che Erdoğan non abbia appigli nell’invocare il suddetto articolo 5. D’altronde non sarebbe la prima volta nella storia che un paese, desideroso di fare la guerra ad un altro per conseguire i propri risultati strategici, si adoperi per fare in modo di risultare come il paese aggredito di fronte all’opinione pubblica mondiale. Si pensi, ad esempio, alla guerra franco-prussiana del 18704, allorquando Bismarck, molto furbescamente, attirò Napoleone III in un ingegnoso tranello. Volendo raggiungere attraverso una guerra contro la Francia l’unificazione tedesca, cosa che non sarebbe mai potuta avvenire qualora la Prussia fosse apparsa come paese aggressore, sia perché si sarebbe alienata la simpatia degli altri stati regionali tedeschi, sia perché l’Inghilterra non sarebbe rimasta con le mani in mano per via della dottrina della balance of power, il cancelliere tedesco spinse i francesi a muovergli guerra attraverso l’espediente del cosiddetto Dispaccio di Ems. Dopo l’incontro alle terme di Ems tra il futuro Kaiser Guglielmo I, allora semplicemente re di Prussia, e l’ambasciatore francese presso il governo prussiano, il conte corso Benedetti, nel corso del quale governo francese chiese al sovrano tedesco un’esplicita garanzia che non avrebbe mai appoggiato una candidatura di un principe tedesco al trono di Spagna (in quel caso infatti la Francia si sarebbe ritrovata circondata da est e da ovest da potenze ostili), Bismarck manipolò il testo del dispaccio dell’incontro in maniera tale da far sembrare che l’ambasciatore francese fosse stato messo alla porta dal Kaiser. Questo fatto venne percepito dall’opinione pubblica francese come un affronto all’orgoglio nazionale, un’onta da lavarsi col sangue. Un’impetuosa ondata di risentimento anti-tedesco da parte dei nazionalisti francesi portò Napoleone III a muovere guerra alla Prussia, cosa questa che era esattamente ciò a cui Bismarck ambiva: far passare per difensiva una guerra in realtà offensiva che doveva servire per unificare la Germania.
In verità, vi sono altri contenziosi che potrebbero portare ad uno scontro tra Turchia e Russia, oltre all’annosa questione degli Stretti. La Siria è un altro di questi. Senza l’intervento dell’esercito russo a supporto dell’esercito lealista di Assad, la Siria già oggi non esisterebbe più come entità statale sovrana e con ogni probabilità i turchi si sarebbero già annessi una cospicua parte del territorio siriano, come la provincia di Idlib e la città di Aleppo. La Russia oggi è garante dell’integrità territoriale siriana ma Erdoğan non ha ancora abbandonato i propositi di espansione territoriale ai danni della Siria. Già nel 2015, a pochi mesi dall’inizio della spedizione russa in Siria, si era arrivati ad un gravissimo incidente tra i due paesi, con l’ignominioso abbattimento di un Su-24 russo5 colpito dalla contraerea turca come vendetta per le perdite che i soldati russi stavano infliggendo alle milizie di soldataglia turcomanna assoldata da Erdoğan contro il governo di Assad (e magari anche per punire Putin per aver interrotto i lucrosi affari che la stessa famiglia Erdogan stava intrattenendo con i jihadisti nel contrabbandare il petrolio sottratto al popolo siriano6).
Ancora oggi che del califfato dell’ISIS si sente poco o nulla parlare, la situazione in Siria resta molto fluida, per non usare che un eufemismo. Alcune regioni siriane sono ancora oggi da considerarsi teatro di guerra e non si capisce bene quali siano gli attori ivi coinvolti: russi, turchi, siriani, curdi, americani, combattenti sciiti, milizie salafite dalle origini più disparate… un bel guazzabuglio! Di certo c’è che non mancano le frizioni tra le diverse parti in causa. Di tanto in tanto, russi e americani si bullizzano a vicenda per dimostrare chi tra i due è il vero maschio alfa7. Fin lì, sembrano ragazzate. Ma spesso si fa sul serio e quando succede si vedono volare missili, come quando ad esempio turchi e siriani, quest’ultimi spalleggiati dai russi, si sono fronteggiati direttamente cannoneggiandosi l’uno contro l’altro8. Si tenga inoltre presente che lo stesso scenario potrebbe presto ripetersi anche in Libia, oggi di fatto un protettorato turco, dove si contrappongono i due schieramenti che fanno capo rispettivamente ad Al-Sarraj, che gode dell’appoggio incondizionato di Erdoğan, ed al generale Haftar, spalleggiato dalla Francia di Macron e dai russi. Questi ultimi sono presenti in Libia per interposta persona, per così dire, avendo inviato nel paese a supporto di Haftar un numero cospicuo di mezzi e mercenari appartenenti al gruppo Wagner9. In pratica, è la situazione opposta di quella che si riscontra in Siria: se nel paese del Levante è la Russia a supportare con uomini e mezzi il governo legittimo di Assad mentre la Turchia foraggia contro di esso mercenari islamisti, nel paese nordafricano è invece la Turchia a schierarsi a favore di quello che la comunità internazionale considera come il legittimo governante, mentre i russi parteggiano invece per il suo avversario. Tanto in Siria quanto in Libia la situazione è a dir poco esplosiva ed i due teatri sono talmente interconnessi che basta una semplice scintilla o nell’una o nell’altra regione per scatenare un conflitto di maggiori dimensioni da cui, giocoforza, i due principali attori coinvolti, appunto Turchia e Russia, non riusciranno a rimanerne fuori.
A rendere ancora più complesse le cose, vi sono i sogni mai sopiti da parte di Erdoğan di dar vita ad una sorta di Impero Ottomano 2.0 proiettato nel XXI secolo, che raggruppi tutte le genti di lingua e cultura turcomanne, in modo da dar vita a quella che il sultano turco stesso ha definito “una grande famiglia di trecento milioni di persone dall’Adriatico alla Grande Muraglia cinese”10. Le mire imperialiste di Erdoğan sono in contrasto con gli interessi russi soprattutto nella regione del Caucaso, dove l’Azerbaigian potrebbe essere manovrato in chiave anti-Armenia, di cui la Russia è fedele alleato tanto da avervi due basi militari11; ma le frizioni potrebbero proseguire pure in alcune ex repubbliche sovietiche, quelle il cui nome termina in stan, che poi non sono altro che i luoghi da cui i turchi effettivamente provengono. Il perno del rinnovato nazionalismo ottomano è chiaramente la religione islamica. La Russia non può che vedere con preoccupazione l’insorgere di un certo revanscismo islamico nel suo fianco molle, il Caucaso appunto. Il ricordo delle guerre cecene e degli attentati di matrice islamica, come quello di Beslan12 è ancora vivo nella memoria dei russi. Siccome è sempre buona cosa, non solo in campo di igiene dentale, prevenire che curare, ci si può immaginare sin da ora che ad un certo punto i russi porranno dei paletti oltre i quali l’espansionismo neo-ottomano non sarà autorizzato a procedere, pena lo scoppio di una guerra.
Oltretutto, questo stesso espansionismo rischia di costare molto caro alla Turchia anche in termini di rapporto con gli altri paesi della NATO, e non solo per via della questione delle ZEE. Si è già detto di come Erdoğan sia mal sopportato presso le cancellerie occidentali (Germania a parte, visto che la Merkel non può permettersi di fare infuriare la foltissima comunità turca che vive in Germania). Orbene, questo revanscismo neo-ottomano viene indirizzato verso quei luoghi che sono stati parte integrante della Sublime Porta, quindi il Nord Africa, i Balcani ed il Medio Oriente. In quest’ultimo teatro, i turchi potrebbero presto trovarsi a fronteggiare un osso sin troppo duro: lo stato di Israele. Infatti, Erdoğan non ha mai nascosto di voler “liberare Gerusalemme”; ad esempio, in un recente video propagandistico delle forze armate turche la frequenza con cui vi appare la moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme induce a ritenere che Erdoğan abbia messo gli occhi sulla Città Santa13, la quale per altro per secoli è stata soggetta all’autorità ottomana (fino a che nel 1917 non fu promessa dalla Gran Bretagna al nascente stato sionista attraverso la dichiarazione Balfour). Ma – si sa – mettersi contro Israele significa mettersi automaticamente contro gli Stati Uniti. Erdoğan sta riuscendo nell’impresa quasi impossibile di scontentare tutte le tre principali potenze militari al mondo: la Russia, gli USA ma pure la Cina, per via della minoranza turcofona dello Xinjiang, che Erdoğan supporta apertamente ma che tanti grattacapi sta dando al governo di Pechino (anche se i cinesi non ci hanno pensato due volte a rinchiudere i dissidenti uiguri in veri e propri campi di concentramento).
Va segnalato inoltre che presto un altro fronte di guerra per la Turchia potrebbe diventare il controllo dei due grandi fiumi della Mesopotamia, il Tigri e l’Eufrate, le cui sorgenti sono appunto in territorio turco. Negli ultimi decenni, Erdoğan ha fatto costruire diverse mastodontiche dighe lungo il corso dei due fiumi e dei loro principali affluenti. Lo sfruttamento intensivo dei corsi d’acqua all’interno del territorio turco ha portato ad un considerevole calo del flusso d’acqua che raggiunge i paesi a valle, Siria e Iraq. Nel 1987, i governi di Ankara e Damasco si accordarono per garantire che la portata delle acque del Tigri e dell’Eufrate non fosse mai inferiore a 500 metri cubi al secondo una volta in Siria. In realtà, oggi questo volume di acqua è pari ad un quarto di quanto concordato. Questo ha anche portato ad un prosciugamento dei pozzi superficiali in Siria, con conseguenze terribili per la popolazione che vive lungo il corso dei due grandi fiumi, che hanno sempre più difficoltà a procacciarsi l’acqua per uso domestico o agricolo14. Sempre dalla profezie di Padre Paisios: «L’utilizzo delle acque dell’Eufrate per opere di irrigazione sarà un preavviso che sono iniziati i preparativi della grande guerra che seguirà». Erdoğan ha quindi la possibilità di assetare la Siria e tutta la regione mesopotamica. La cosa sarebbe non solo un atto di guerra verso la Siria, ma un vero e proprio crimine di guerra.
Date tutte queste promesse, appare chiaro come Erdoğan stia scherzando col fuoco e di come rischi seriamente di bruciarvisi. Erdoğan potrebbe trovarsi in difficoltà anche sul fronte interno. L’economia turca arranca, le esportazioni diminuiscono e l’inflazione galoppa15. Il tutto mentre la lira turca è sull’orlo del baratro16. Nel contempo, la popolazione turca continua a crescere a buon ritmo e l’età media continua ad essere piuttosto bassa17. Per scongiurare possibili conflitti sociali interni, che sono destinati ad aumentare se l’economia continuerà a stagnare, Erdoğan potrebbe ritrovarsi ad avere bisogno di una guerra, sia per convogliare il malcontento popolare verso un nemico esterno, sia per impossessarsi di quelle ricchezze che potrebbero mettere in sesto i conti deficitari dello stato. Queste sono le classiche condizioni che potrebbero portare un governante a prendere decisioni affrettate ed irrazionali.
A questo punto, come poter considerare ancora come fantasiosi i vaticini del monaco Paisios circa un futuro smembramento della Turchia, se effettivamente essa verrà coinvolta in un conflitto più ampio in cui sarà abbandonata da tutti gli alleati? «La Turchia sarà smembrata in 3-4 parti. Il conto alla rovescia è già iniziato. Noi prenderemo i nostri territori, gli Armeni i loro e i Curdi i loro. La questione curda è già stata instradata. Queste cose accadranno non ora, ma presto, quando terminerà questa generazione che governa la Turchia e prenderà piede una nuova generazione di politici. Allora avverrà lo smembramento della Turchia». D’altronde, Erdoğan sa bene che presso certi circoli è sempre valido il piano Kivunim, teso alla balcanizzazione del Medio Oriente, Turchia compresa, mediante la creazione di un Kurdistan indipendente18.
Nuvole nere si stanno dunque addensando sul futuro della Turchia. Per il momento, come un cattivo presagio, la sua capitale Ankara è stata appena investita da una tempesta di sabbia:
- FONTI:
- 1 https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-dopo_i_sistemi_s400_la_turchia_valuta_i_caccia_russi_su35_e_su57__la_fine_della_nato/27922_37047/
- 2 https://it.wikipedia.org/wiki/Convenzione_di_Montreux
- 3 https://www.analisidifesa.it/2016/07/erdogan-assedia-incirlik-ai-ferri-ciorti-usa-e-turchia/
- 4 https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_franco-prussiana
- 5 https://it.wikipedia.org/wiki/Abbattimento_del_Su-24_russo_del_2015
- 6 https://www.informazioneconsapevole.com/2015/12/come-scorre-il-petrolio-fra-isis.html
- 7 https://video.corriere.it/esteri/siria-video-scontro-deserto-veicoli-militari-russi-americani/76d99a94-e7bb-11ea-a28c-2ebec2233fa4
- 8 https://www.analisidifesa.it/2020/02/siria-i-video-da-idlib-che-mostrano-gli-scontri-tra-russi-e-turchi/
- 9 https://it.insideover.com/guerra/libia-il-ruolo-del-gruppo-wagner-i-mercenari-russi-al-fianco-di-haftar.html
- 10 http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/erdogan-sogna-la-grande-turchia-ma-fino-a-che-punto-le-sue-ambizioni-neo-ottomane-sono-realistiche/
- 11 https://it.insideover.com/politica/la-partita-a-scacchi-tra-russia-e-turchia.html
- 12 https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Beslan
- 13 https://www.tempi.it/erdogan-come-maometto-ii-linquietante-e-pacchiano-video-di-propaganda/
- 14 https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lacqua_larma_segreta_della_turchia_per_fare_pressione_sulla_siria/82_36103/
- 15 https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/07/27/turchia-tra-crisi-della-lira-prestiti-in-sofferenza-e-nuova-recessione-cosi-erdogan-cerca-risorse-energetiche-e-commerciali/5881500/
- 16 https://www.investireoggi.it/economia/lira-turca-al-collasso-tassi-overnight-sopra-1-000-iniziata-la-nuova-crisi-finanziaria/
- 17 http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2019/02/01/turchia-popolazione-supera-82-milioni-eta-media-32-anni_44fe3c0d-ae4b-4457-8dc1-d8e661fc79ca.html
- 18 https://it.sputniknews.com/punti_di_vista/201707234794955-erdogan-mappa-usa-punto-di-vista/
- https://www.orazero.org/apocalipse-now-parte-1/