Cosa resterebbe da fare ad Israele? Questa è la domanda con la quale abbiamo chiuso la prima parte dell’articolo. Quindi non ci resta che analizzare le azioni che Israele potrebbe intraprendere qualora non solo l’ostilità nei suoi confronti da parte dei vicini musulmani raggiungesse livelli tanto critici da vanificare qualsiasi sua pretesa di sicurezza nazionale, ma dovesse persino capitare che i tradizionali alleati occidentali, sentendosi sciolti da tutti quei vincoli derivanti dai sensi di colpa per quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale, incomincino a considerare la nascita dell’entità sionista in Palestina un gravissimo errore della Storia, uno sbaglio imperdonabile al quale dover necessariamente porre rimedio per evitare conseguenze ben peggiori.
Abbiamo già detto che Israele potrebbe far scattare l’Opzione Sansone. Che Dio ce ne scampi! Sarebbe realmente l’Armageddon, inteso questa volta non come luogo biblico ma proprio come fine del mondo. Ciò infatti comporterebbe la certezza di un olocausto nucleare anche perché l’Iran, che secondo l’intelligence americana sarebbe in grado di dotarsi di una bomba atomica nel volgere di pochissimi giorni1, non esiterebbe a sua volta a far scattare una propria Opzione Sansone, preferendo i persiani morire alla stregua di martiri piuttosto che arrendersi agli odiati nemici che considerano figli di satana. Ma in questo caso non ci sarebbero né vincitori né vinti, essendo garantita la reciproca distruzione nucleare. E per quanto gli ebrei si considerino il popolo eletto destinato a dominare sul mondo perché questo è il privilegio che YHWE ha assegnato loro, che senso avrebbe avere il dominio su un mucchio di macerie radioattive? Non sarebbe certo questa la supremazia alla quale essi anelano in questo mondo terreno per diritto divino.
Quindi anche Israele potrebbe, pur se messo alle strette ed in pericolo stesso di esistenza, rinunciare all’Opzione Sansone e preferire una sorta di Piano B. Ed in che cosa potrebbe mai consistere questo ipotetico Piano B? Sostanzialmente, si tratterebbe di trovare un’altra soluzione per la cosiddetta “questione ebraica”. Ovvero sarebbe semplicemente necessario individuare un’altra area dove gli ebrei che dovessero lasciare Israele, non sentendola più sicura, potrebbero insediarsi senza correre il rischio di venire assaltati dai vicini. In poche parole, occorrerebbe trovar loro una novella Terra Promessa, o quanto meno un surrogato di essa. Ma quale? Forse proprio quella in cui, prima dell’emigrazione in Palestina, gli ebrei ashkenaziti hanno vissuto per secoli? Ma poi, chi sono realmente gli ebrei ashkenaziti?
Oggi, soprattutto a seguito del lavoro compiuto dallo studioso ebreo-ashkenazita Arthur Koestler2, si è diffusa l’opinione secondo cui la stragrande maggioranza di quella che viene considerata la popolazione ebraica mondiale discenderebbe non dall’Israele biblico, bensì dall’antico popolo dei Kazari, popolazione turcofona stanziatasi già attorno al VII secolo in quella grande regione oggi corrispondente alla Russia meridionale e all’Ucraina, e convertitasi all’ebraismo solo a partire dall’VIII secolo3. L’impero kazaro ebbe termine poco prima dell’anno 1000 per mano della Rus’ di Kiev, con la quale era da secoli in contrasto. A partire da quel momento, i Kazari iniziarono a migrare, diffondendosi principalmente nelle terre slave dell’Europa centro-orientale e gettando così le basi per quelle che diventeranno le principali comunità ebraiche tuttora presenti in quelle regioni.
Si tratta questa, se confermata come tale, di una verità dagli effetti politici dirompenti perché toglierebbe ogni legittimità storica alle rivendicazioni dei coloni israeliani, che sono in gran parte ashkenaziti e non sefarditi (gli unici di provata origine semitica) sulle terre palestinesi. Non a caso, l’ex diplomatico americano Alfred M. Lilienthal4, lui stesso di origine ebraica nonché fervente antisionista, sosteneva che questa notizia rappresentasse di fatto “il tallone di Achille di Israele”5.
Rimasti per secoli ad abitare in territori che hanno fatto parte, tra l’altro, della Confederazione Polacco-Lituana, dell’Impero Asburgico e di quello zarista, gli ebrei ashkenaziti furono successivamente confinati nel cosiddetto Pale of Settlement6, istituito a seguito di un decreto imperiale emesso nel 1791 dall’imperatrice Caterina la Grande. Si trattava di una vasta area di poco più di un milione di chilometri quadrati compresa tra il Mar Baltico ed il Mar Nero, nella parte occidentale dell’impero, al confine con l’Austria-Ungheria e la Prussia, in cui la popolazione ebraica fu tassativamente tenuta a vivere e a lavorare per oltre un secolo, fino a che la rivoluzione bolscevica non portò alla sua abolizione.
Dalle precedenti cartine si può notare come il territorio su cui si estende attualmente l’Ucraina coincida in buona parte sia con i confini storici dell’ex impero Kazaro, sia con quelli del Pale of Settlement. Curiosamente, lo stemma araldico ufficiale dell’Ucraina7, cioè quella sorta di tridente che compare in ogni suo documento ufficiale, anche se viene fatto derivare da quello di Vladimir il Grande (al secolo, Valdmarr Sveinaldsson), principe variago cui si deve la conversione al cristianesimo della Rus’ di Kiev8, ricorda molto da vicino il tridente simbolo dell’ex impero kazaro.
Ma sicuramente questa è solo una coincidenza. Comunque, c’è da chiedersi: che sia appunto l’Ucraina la novella Terra Promessa dove gli ebrei ashkenaziti israeliani potrebbero fare ritorno se le loro condizioni di vita in Israele diventassero insopportabili per i motivi di cui abbiamo ampiamente dibattuto nelle pagine precedenti?
La verità è che a seguito della guerra tra Russia ed Ucraina – ma non solo per questo – si stanno creando le basi per un’immane tragedia umanitaria: l’Ucraina sta scomparendo. A dirlo a chiare lettere è l’ex presidente russo Dmitrij Anatol’evič Medvedev, attuale Vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione. Egli è solito apostrofare sarcasticamente l’Ucraina come “country 404”, facendo riferimento all’errore che si riscontra quando sul web si cerca una pagina che non esiste. Insomma, per Medvedev l’Ucraina è destinata a scomparire9. E francamente viene difficile dargli torto, una volta analizzati i dati demografici del paese che sono a dir poco spaventosi.
Quando l’Ucraina divenne uno stato indipendente a seguito della dissoluzione dell’URSS, era grossomodo il ventesimo paese più popoloso al mondo, con poco più di 50 milioni di abitanti, quasi quanto il nostro. Oggi, a distanza di poco più di 30 anni dall’indipendenza, la popolazione ucraina è scesa al di sotto dei 40 milioni, ritrovandosi ad essere appena il quarantesimo paese più popoloso al mondo10.
Chiaramente, su quest’enorme diminuzione della popolazione ha influito pesantemente la guerra scoppiata due anni fa e la perdita di quei territori passati nel frattempo sotto la sovranità della Russia. Si stima che, durante i primi mesi del conflitto, oltre 8 milioni di ucraini siano fuggiti all’estero, trovando rifugio prevalentemente nella vicina Polonia11. Ma circa un milione di loro se ne sono andati in Russia12. Cosa ben strana questa visto che, venendoci costantemente riferito che la Russia è il paese aggressore e l’Ucraina il paese aggredito, non si capisce perché così tanti poveri ucraini perseguitati dai russi brutti e cattivi abbiano sentito la necessità di porsi volontariamente nelle grinfie del nemico. Ma in realtà la guerra non ha fatto altro che esacerbare un fenomeno che era già stato di per se stesso dirompente negli anni precedenti. Ancor prima che il conflitto avesse inizio, l’Ucraina veniva abbandonata da milioni di persone ogni anno, tutte alla ricerca di migliori condizioni di vita (anche in questo caso, molti cittadini ufficialmente ucraini sono emigrati in Russia). In fin dei conti, l’Ucraina è uno dei paesi più corrotti al mondo, dove i cosiddetti oligarchi (molti dei quali ebrei ashkenaziti come il famigerato Kolomojs’kyj) hanno sempre spadroneggiato13. Zelens’kyj stesso era stato eletto nella speranza di porre fine a questo endemico problema.
Ma il calo demografico potrebbe essere ancora peggiore di quanto già non traspaia dal grafico sopra riportato: secondo un documento del Servizio per la Migrazione dell’Ucraina, al 16 maggio 2023 vivevano nel paese (o quanto meno in quella parte ancora controllata dal governo di Kiev) 23,37 milioni di persone14; è evidente che, in mancanza di un’inversione di tendenza, il futuro dell’Ucraina non potrà che essere terribilmente fosco.
Il futuro, ancora più del passato e persino del pur tragico presente, è il vero spauracchio che l’Ucraina sarà tenuta ad affrontare. Il passato recente del paese è stato contraddistinto da una costante e corposa emigrazione che, anno dopo anno, ha portato ad un decremento demografico come quelli che storicamente si verificano solo in occasione di terribili epidemie, come ad esempio quelle causate dalla peste nera nei secoli passati, o di guerre dal tributo di sangue spaventoso. Il presente è invece funestato da una cruentissima guerra fratricida di cui ancora non si intravvede la fine e nel corso della quale sono già morti centinaia di migliaia di soldati. A quanto ammonti esattamente il numero delle perdite tra le file dei soldati ucraini, non ci è dato di saperlo con precisione. Il regime di Kiev non ha certo interesse nel rendere pubblico questo dato. Ma ormai si parla insistentemente di una cifra a dir poco esorbitante, vicina al mezzo milione di soldati15!
Esattamente quanti Zelens’kyj ne vuole ancora mobilitare per poter proseguire la guerra. Ma evidentemente la carne da cannone in Ucraina scarseggia. Alcune delle misure che il governo intende adottare (come il bloccare i conti correnti delle persone che eludono la leva16 o l’acquisto di 50.000 uniformi militari specifiche per donne17) sono indicative di quanta fatica si stia facendo nel trovare nuove reclute disposte a morire al fronte, chissà poi per che cosa.
Ma, appunto, è il futuro che deve terrorizzare. Che cosa resterà dell’Ucraina una volta che la guerra si sarà conclusa? Possibile che nessuno si ponga questa domanda, non solo in Ucraina ma anche in tutti quegli altri paesi occidentali che seguitano, contro ogni logica e contro il volere dei loro stessi cittadini, a supportare Kiev in questa guerra ibrida condotta ufficialmente per conto della democrazia e dei diritti dei poveri ucraini oppressi dall’invasore russo? Solo il primo Ministro ungherese Orban pare non ignorare il problema. Anche se – sotto le minaccia di un trattamento non dissimile da quello che fu riservato a Berlusconi ed al nostro paese nel 2011 – ha dovuto capitolare e accettare il nuovo programma di aiuti europei all’Ucraina, egli ha comunque puntualizzato come questo enorme flusso di denaro, sottratto alle esigenze dei cittadini europei, non servirà ad altro che ad evitare il collasso finanziario dello stato ucraino18.
In realtà, è ormai impossibile che si eviti questo collasso. L’Ucraina indipendente non è mai stata un paese ricco: altrimenti – al netto delle persecuzioni di cui ha sofferto la minoranza russofona – non avrebbe perduto così tanta popolazione. In più, lo scoppio del conflitto ha portato il prodotto interno lordo del paese a crollare di quasi il 30% nel 202219. E la guerra costa a Kiev almeno 10 miliardi di euro al mese20: soldi che non ha e che è costretta a prendere a prestito dall’occidente. Di recente, il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo che sa tanto di condanna per il futuro economico del paese. “L’Ucraina finirà i soldi entro pochi mesi e sarà costretta ad adottare misure economiche dolorose per mantenere il governo in funzione se gli aiuti da parte degli Stati Uniti o dell’Europa non dovessero arrivare. Quest’anno il paese si trova ad affrontare un deficit finanziario di oltre 40 miliardi di dollari, leggermente inferiore al divario del 2023. Si prevede che i finanziamenti da parte di Stati Uniti e UE copriranno circa 30 miliardi di dollari. Il denaro è necessario per mantenere il governo in funzione e viene utilizzato per finanziare stipendi, pensioni e sussidi alla popolazione”21. Di fatto, questo ennesimo pacchetto di aiuti sarà utile solo a ritardare ciò che comunque appare come ineluttabile.
L’Ucraina ha già perso la Crimea e le repubbliche separatiste dell’est, le più ricche del paese, data la presenza di grosse risorse naturali, quali carbone, gas, petrolio, titanio, uranio, ferro, manganese e terre rare22. Verosimilmente, perdendo in media ogni giorno almeno 1.000 soldati in battaglia tra morti e feriti23, non avrà modo di conservare il controllo anche sulle regioni meridionali, che verranno inesorabilmente annesse alla Russia. Quindi l’Ucraina si ritroverà presto sprovvista di sbocchi sul Mar Nero e senza quei porti così fondamentali per l’esportazione della sua produzione agricola. D’altronde Putin ha appena annunciato che i continui attacchi terroristici dell’esercito ucraino a danno dei civili russi costringeranno la Russia ad estendere il più possibile la zona de-militarizzata24.
Peggio ancora per l’Ucraina, essa dovrà presto fare i conti anche con le aspirazioni irredentiste dei vicini. Si sa come i polacchi da sempre ambiscano a riannettersi la Galizia e la città di Leopoli. Ma anche magiari e rumeni non nascondono più le proprie mire. Sentendo come prossimo il collasso dello stato ucraino, alcuni leader politici dei due paesi hanno apertamente dichiarato di volere indietro le terre che furono loro sottratte dall’Urss di Stalin alla fine della seconda guerra mondiale, e che in seguito vennero concesse all’Ucraina: si tratta essenzialmente della Bessarabia e della Bucovina per ciò che concerne la Romania25, e della Transcarpazia per l’Ungheria26
Sicché, su quali ricchezze potranno contare, terminata la guerra, le persone che abiteranno ancora in quello che resterà dell’attuale stato ucraino, una volta che esso sarà stato privato di più di metà del suo attuale territorio, considerando che la maggior parte delle infrastrutture, delle industrie e di tutti gli altri principali asset economici saranno stati praticamente ridotti a zero? Di fatto, a questi poveri sventurati non resterà che una sola cosa: la terra da coltivare, per altro tra le più fertili al mondo. Ma neanche questo è vero, purtroppo, perché in realtà la premiata ditta Zelens’kyj & Co. ha già provveduto a svendere ed ipotecare buona parte dei migliori terreni agricoli della nazione a favore dei grandi conglomerati finanziari ed industriali internazionali27.
Se questo è il futuro che si prospetta agli abitanti dell’Ucraina, non ci sarà motivo di stupirsi se gli attuali e già catastrofici dati demografici del paese assumeranno connotazioni a dir poco apocalittiche. Attualmente l’Ucraina, per via del fatto che le condizioni economiche della maggior parte della popolazione sono subito peggiorate a partire dall’indipendenza dall’Unione Sovietica, ha un tasso di fertilità spaventosamente basso, forse il più basso al mondo, pari a 0,7 figli per donna28. Già quello italiano, pari a 1,24, è da estinzione: figuriamoci quello ucraino! Alla vigilia della guerra, in Ucraina si registravano appena 39 nascite ogni 100 decessi29.con simili dati il paese stava diventando sempre più vecchio e la piramide dell’età spostandosi sempre più velocemente verso l’alto30.
Ma da adesso in poi sarà solo peggio, incommensurabilmente peggio. Centinaia di migliaia di uomini sono morti in battaglia o comunque sono rimasti gravemente feriti: un’intera generazione, e forse anche di più, letteralmente perduta in questa sanguinosissima guerra. In milioni sono fuggiti all’estero e la maggior parte di essi (circa il 76%31) allo stato attuale non vuole più fare ritorno in patria. Si aggiunga anche il fatto che negli ultimi anni l’Ucraina, proprio per via del bassissimo tasso di fertilità di cui abbiamo appena parlato, ha avuto una popolazione di giovani estremamente bassa (i quarantenni erano tre volte più numerosi dei ventenni32). Ragionando su tutti questi dati non si può che giungere ad una conclusione: per una ragione o per l’altra, all’Ucraina mancano milioni e milioni di uomini e di donne in età fertile che non concorreranno più in alcun modo nel futuro all’incremento demografico del paese. E chi avrà la sfortuna di restare, vedrà le proprie condizioni di vita così peggiorate che fare figli sarà l’ultima cosa che vorranno fare!
Già nel 2022, quando ancora la guerra non era scoppiata, le Nazioni Unite avevano avanzato una previsione secondo cui la popolazione ucraina alla fine del XXI secolo avrebbe potuto scendere addirittura sotto i 15 milioni di abitanti; quale lungimiranza!
In realtà, non c’è che un solo modo per descrivere questa situazione: siamo assistendo alla fine del popolo ucraino. Questa non pare più semplicemente una guerra tra una nazione ed un’altra (anche se, essendo quello russo e quello ucraino due popoli affini, si dovrebbe più propriamente parlare di guerra civile); tutto questo assume sempre più i connotati di un genocidio più o meno deliberato. È insomma un qualcosa che ricorda da vicino l’Holodomor, forse ancora più raccapricciante perché avviene nell’indifferenza di quella parte dell’opinione pubblica mondiale che, credendo ancora alla propaganda, è davvero convinta che l’Ucraina sia l’ultimo bastione dell’occidente a difesa dei nostri sacri valori democratici, quando in realtà la sua stessa popolazione pare ormai destinata a scomparire. Ma soprattutto è penoso dover ammettere che tutto ciò sta avvenendo con la palese accondiscendenza degli stessi governanti ucraini. Che Zelens’kyj si fermi, per carità di Dio! E con lui tutti gli altri stolti ed ipocriti governanti occidentali. Che senso ha continuare questo immane massacro? Che si dia seguito alle sagge parole di Elon Musk!
Poveri ucraini. Certo, va sempre premesso che “chi è causa del proprio male, pianga se stesso”. E gli ucraini, di colpe, ne hanno invero parecchie e tanto gravi che viene difficile perdonarli. Prima di tutto, hanno voluto credere alle lusinghe, o per meglio dire alle bugie, che l’occidente collettivo ha raccontato loro. Ma credono veramente alla Von der Leyen quando assicura che l’Europa unirà i suoi destini a quelli dell’Ucraina33? E come fanno ad ignorare il fatto che in America qualcuno ha deciso per una guerra in cui la Russia va combattuta sino all’ultimo di loro34? Ma non si rendono conto, come spesso ripete il ministro degli esteri russo Lavrov, che da questa guerra solo gli Usa hanno tutto da guadagnarci35?
A questo punto, seppur a malincuore, non si può che convenire con Medvedev. Egli ha proprio ragione non solo quando chiama l’Ucraina “paese 404”, cioè un paese che proprio non esiste se non sulle cartine geografiche; ma soprattutto quando afferma che “l’esistenza stessa dell’Ucraina è fatale per gli ucraini”36. O per lo meno, l’esistenza di un’Ucraina che non voglia essere amica e vicina alla Russia. È giunta l’ora che gli ucraini si facciano un esame di coscienza, ammesso e non concesso che ne siano capaci, beninteso. Ormai non è più questione di vincere o di perdere una battaglia, o persino una guerra. In realtà, non hanno mai avuto alcuna chance di battere la Russia in un confronto militare diretto, quantunque glielo si sia fatto credere. Capisco che siano stati ingannati da decenni di propaganda. Intere generazioni di ucraini sono state allevate allo scopo di provare risentimento verso la Russia. Però ormai essi stessi per primi devono rendersi conto di essere spalle al muro. La verità è una sola, ed è quella che i dati demografici sopra analizzati dimostrano inequivocabilmente: allo stato attuale, perseverando diabolicamente nei propri errori, gli ucraini sono un popolo destinato all’estinzione.
Tutto ciò non pare suscitare alcun rimorso di coscienza nel loro leader, che continua a chiedere a gran voce non solo armi e denaro, ma soprattutto uomini (ed anche donne) da mandare al fronte, sapendo bene che il loro destino è segnato (anche perché gran parte delle armi di cui fa una questua continua in giro per il mondo non vengono effettivamente consegnate ai combattenti37). “Il nuovo progetto di legge sulla mobilitazione non è solo un errore o una violazione della costituzione; è un piano brutale e cinico per la liquidazione della nazione ucraina”38. Oh, alla buon’ora, verrebbe da dire. Vuoi vedere che se ne è accorta persino la Tymošenko, che certo non può essere accusata di simpatie filorusse? Ma va? Meglio tardi che mai.
Ma tant’è… Lui, Zelens’kyj, ha i genitori che vivono in Israele39. E qualora le cose per loro – e per tutti gli altri abitanti di Israele – dovessero mettersi male, c’è da credere che nel volgere di pochi anni avranno comunque modo di rifarsi una vita, ritornando in quello che resterà dell’Ucraina dove, di questo passo, troveranno terre pressoché vergini, scarsamente abitate, completamente da ricostruire e perfino da colonizzare: terre estremamente fertili e produttive che potranno legalmente essere acquistate a cifre presumibilmente irrisorie da quei fondi di investimento ai quali Zelens’kyj ha fatto così tante concessioni e nei quali nei posti di comando non mancano certo i cittadini americani dalla doppia cittadinanza. Tutto questo appare come una tragica ironia, una sorta di nemesi storica, quasi uno scherzo del destino. L’Ucraina, soprattutto a partire dal colpo di stato di Maidan patrocinato da Victoria Nuland in Kagan, non ha mai fatto mistero di imperniare la propria russofobia sull’ideologia banderista .
Se gli ucraini vogliono continuare ad esistere – e questo è da intendersi proprio in senso letterale del termine- non possono che fare innanzitutto una cosa: prestare somma attenzione alle parole che Putin ha proferito nella lunga intervista concessa a Tucker Carlson. Sì, proprio lui: l’odiatissimo nemico. Infatti Putin, intervistato da Carlson, ha prima di tutto voluto ricordare – non solo al giornalista americano ma in realtà al pubblico di tutto il mondo – come il destino dell’Ucraina sia sempre stato intimamente connesso, nel corso dei secoli, a quello della Russia. Non a caso, lo stesso toponimo Ucraina, che compare per la prima volta nelle cronache storiche nel 1187, tradotto dall’antico slavo orientale significa grossomodo “terra o marca di confine”40, proprio a testimonianza del fatto che l’Ucraina è sempre stata in qualche modo l’estrema propaggine occidentale dell’antica Rus’: diversa per certi aspetti, unica per altri, ma pur sempre facente parte del mondo di lingua e cultura russe.
Gli ucraini sono oggi tenuti ad un atto di coscienza volitiva. Debbono palesare la volontà di non rinnegare più la propria storia ed il proprio passato e di evitare di cadere ancora nella tentazione di credere alle menzogne di genti a cui di loro proprio non frega nulla. Ecco, che lo vogliano o no, ciò non è solo la base di partenza per fare la pace: è soprattutto ciò di cui essi stessi necessitano per evitare l’estinzione. Altrimenti, auf Wiedersehen!
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