Tratto da libertynation.com scelto e tradotto da Gustavo Kulpe

La Brexit è uno degli eventi storicamente più significativi degli ultimi tempi. Nata precedentemente l’elezione di Trump, ha inaugurato la nascita del movimento populista in tutta Europa, e si è rivelato il primo evento in virtù del quale il mondo si è reso conto che l’ideologia del globalismo non era una sorte immutabile, inevitabile e inarrestabile.
Quando leggiamo la storia, il più delle volte, ci concentriamo sui fatti e sui grandi avvenimenti. Osserviamo e ci interroghiamo sulle circostanze del caso, e ci chiediamo come abbiano avuto origine, quale è stato l’impulso che ha generato l’evento storico? Conosciamo gli attori, conosciamo le date e il numero di persone coinvolte, ma raramente sentiamo parlare delle motivazioni, o almeno quale potrebbe essere la causa principale motivante. Questo non vale per la Brexit.
La Gran Bretagna ha visto succedersi tre primi ministri, due elezioni generali e tre anni e mezzo di discussioni da entrambe le parti politiche divise sulla questione, da quando gli elettori ha votato per uscire [dalla UE]. Fu una campagna combattuta anche dopo lo scrutinio dei voti. Questo può sembrare familiare al nostro pubblico americano. Il presidente Trump ha vinto nel 2016, eppure ci sono settori della classe politica e dei media che semplicemente non accettano la realtà: questo è il paese della Brexit.
Mentre la Gran Bretagna si prepara a dare un addio non troppo affettuoso all’Unione europea, vi voglio guidare attraverso la cronologia degli eventi a partire da quando i britannici si unirono a quello che era stato programmato come poco più di un semplice accordo commerciale, per arrivare fino a quando l’EU. si trasformò in un governo monolitico che imponeva alle nazioni membri quali leggi dovessero essere applicate e quali controlli alle frontiere, qualora ve ne fossero, erano autorizzati a eseguire. Infine, vedremo come la Gran Bretagna si è liberata da un’organizzazione che vorrebbe essere uno stato.
Ripasso storico: scontri e confronti
Nel 1973, la Gran Bretagna entrò a far parte delle Comunità europea (CE), un’organizzazione commerciale abbastanza semplice composta solo da altri otto paesi, tra cui Francia e Germania. Quindi, nel 1975, la CE si è sviluppato per diventare quello che oggi è noto come Mercato comune o ECC. L’adesione all’ECC avrebbe richiesto che determinate leggi e regolamenti fossero emanate da questo soggetto sempre più politico e non da Westminster, al fine di avere un allineamento normativo. Si tenne un referendum per stabilire se il popolo britannico desiderasse procedere. Il risultato fu un sì travolgente.
Tuttavia, con il passare degli anni, si sono verificati sempre più cambiamenti nella struttura di questa organizzazione commerciale che ha richiesto un trasferimento di sovranità nazionale. Il blocco commerciale crebbe, nuovi paesi europei si aggiunsero tra le sue fila. I trattati furono firmati dai governi dell’epoca e ogni volta trasferivano maggior potere a Bruxelles sottraendolo al parlamento britannico. Questi trattati trasformarono un accordo commerciale in quella che oggi è conosciuta come Unione Europea (UE). Molti pensavano che questo fosse un prezzo che valeva la pena pagare per far parte di un grande blocco commerciale.
Ma non tutti.
Pressione politica
Un movimento euro-scettico nacque nello stesso periodo in cui la UE stava facendo pressioni sulla Gran Bretagna affinché adottasse l’euro come sua valuta e eliminasse la sterlina inglese. Gli scettici – o “strabici fuori di testa” come li descriveva il Primo Ministro [mad, swivel-eyed loons, in originale] – sostenevano che per un accordo commerciale non valeva la pena consegnare la pèropria capacità legislativa a quello che stava rapidamente diventando un governo estero e che la Gran Bretagna avrebbe dovuto controllare le proprie leggi , la propria valuta e la politica sull immigrazione.
Ci sono voluti oltre 20 anni di campagne elettorali, ma la pressione elettorale del Partito dell’Indipendenza del Regno Unito (UKIP), poi guidato da Nigel Farage, costrinse il Primo Ministro David Cameron a indire un referendum “In / Out” sulla continuazione all’adesione all’Unione Europea, se avesse vinto le elezioni nazionali del 2015 a maggioranza assoluta.
Cameron, che allora guidava un governo di minoranza in coalizione con il Partito liberale democratico, credeva che ci fossero poche possibilità di ottenere una maggioranza assoluta, ma riteneva che la promessa di un referendum avrebbe almeno riportato al potere se stesso e il suo partito conservatore. La nazione rimase sbalordita dal risultato.
Un referendum sulla Brexit
Lontano dall’essere favorito alle elezioni, grazie alla promessa sul referendum, Cameron fu catapultato a Westminster con una larga maggioranza e dimostrò la sua gratitudine agli elettori mantenendo la sua promessa.
Tutti i leader dei principali partiti politici fecero una campagna affinché la Gran Bretagna rimanesse parte dell’Unione Europea. Nigel Farage, UKIP e diversi movimenti di base invece fecero una campagna per uscirire, in una battaglia come quella tra David e Golia. Il 23 giugno 2016 gli elettori furono chiamati alle urne. La stragrande maggioranza dei sondaggi prevedeva la vittoria del “remain”, e fu solo quando arrivarono i risultati che David Cameron si rese conto di aver fatto un grosso errore di calcolo.
Il risultato finale fu il 52% per la brexit e il 48% per il remain. Dei 650 collegi elettorali in tutto il Regno Unito, oltre 400 hanno votato per separarsi dall’EU. Fu il più grande voto unico in assoluto nella storia del paese.
Brexit in ritardo
Sulla scia del risultato storico, Cameron ha tentato per la prima volta di rinegoziare i termini dell’adesione della Gran Bretagna nella speranza che ciò bastasse a placare i Brexiteer. L’Unione Europea, forse credendo che nessun paese sarebbe mai effettivamente uscito, reagì con arroganza, offrendo niente di più che un contentino. Il Primo Ministro ritornò in Gran Bretagna umiliato.
Poiché il Primo Ministro Cameron aveva fatto una campagna per rimanere nell’EU, riteneva di non dover essere la persona responsabile della uscita della Gran Bretagna. Nel Partito conservatore si tennero le elezioni per la leadership e Theresa May divenne il nuovo primo ministro. Tuttavia, May non sembrava avere l’appoggio, o forse la volontà, per completare la Brexit.
Il paese rimase diviso tra coloro che avevano vinto il referendum e quelli che volevano ignorare il voto e proseguire come prima. La May non fu in grado di approvare alcuna normativa in Parlamento, e senza sostegno, non poteva governare; fu indetta un’altra elezione per la leadership del partito. Boris Johnson vinse facilmente questa gara e sfidò il partito laburista all’opposizione ad accettare un’elezione generale.
Nel Regno Unito, per legge il Parlamento ha una durata prestabilita e non può essere convocata una nuova elezione a meno che la maggioranza dei due terzi dei parlamentari non voti per una elezione anticipata o non scada il periodo di cinque anni standard.
I laburisti, guidati da Jeremy Corbyn, erano inizialmente riluttanti ad accettare nuove elezioni poiché la posizione dichiarata dal suo partito era quella di cercare di rimanere nell’Unione Europea. Dopo molti tira e molla, prese in giro e minacce, ci fu l’accordo per le elezioni anticipate e Boris Johnson, la cui piattaforma elettorale era basata sul “Get Brexit Done” [la Brexit va fatta], vinse a valanga.
Tentacoli persistenti
La Gran Bretagna se ne va oggi, ma ciò non significa che la questione sia completamente risolta. Durante il prossimo anno, il parlamento negozierà con i leader della UE per determinare se sia possibile raggiungere un qualche tipo di accordo commerciale. Per adesso la UE chiede ciò che è noto come “condizioni di parità”, che in realtà significa allineamento politico e legale a norme e regolamenti. Boris Johnson lo ha escluso, suggerendo che è stato questo allineamento che ha causato la Brexit in primo luogo.
Se alla fine del 2020 non verrà raggiunto un accordo commerciale, la Gran Bretagna tornerà alle negoziazioni alle condizioni dell’Organizzazione mondiale del commercio, non diversamente da qualsiasi altro paese al di fuori dell’UE. Se il PM Johnson vincerà un’altra elezione dipenderà dalla sua capacità di gestire questi negoziati.
Fuoco eterno?
Forse, dopo aver visto la storia della Brexit, possiamo capire perché raramente abbiamo una panoramica completa degli eventi storici – e perché è così difficile consegnare un pacchetto completo avvolto in un grazioso fiocco e dire: “guarda, ecco questo segmento di storia e tutto ciò che devi sapere ”. Forse è perché questi eventi che modellano il futuro delle nazioni non sono mai veramente finiti.
La Brexit è avvenuta, ha vinto Donald Trump, ma la storia continua. Ciò che accade oggi avrà conseguenze importanti per i prossimi 20 anni, 200 anni o forse anche di più. La Brexit è stata la scintilla che ha acceso la fiamma di una rinascita populista in tutto il mondo. Lo vediamo in Europa, lo vediamo negli Stati Uniti, e si scatenerà fino a quando tutte le persone potranno onestamente dire che sono veramente, finalmente, libere.