Fa parecchio discutere la proposta del vicepremier Luigi Di Maio di chiudere i centri commerciali e i negozi la domenica.

In realtà, come spiega Di Maio, non si tratterebbe di una chiusura collettiva ma di una regolamentazione delle aperture che porterebbe alla chiusura del 75% degli esercizi commerciali lasciandone quindi aperti, a turno, il 25%.

Il sociologo Domenico De Masi, intervenendo in una trasmissione televisiva, ha detto che la chiusura domenicale era dettata in passato, non tanto da motivazioni religiose quanto da motivi di socializzazione: è giusto che ci sia un giorno in cui i lavoratori possano socializzare in maniera più o meno collettiva. Le maggiorazioni sulla busta paga per i lavoratori che per contratto devono lavorare anche nei giorni festivi sono dovute alla “mancata socializzazione”.

Naturalmente chi si oppone alla chiusura dei centri commerciali sono la grande distribuzione, che teme di perdere introiti, e la maggior parte dei sindaci, soprattutto di quelle città dove vi è un afflusso di turisti, in particolar modo nei giorni festivi, che, con i negozi aperti, possono fare acquisti e contribuire in maniera significativa al benessere economico della città stessa.

E poi le ripercussioni sull’occupazione, secondo gli esperti, sarebbero fortemente negative. Farinetti, fondatore di Eataly, parla di una perdita di fatturato, nella sua azienda, di almeno il 15% e di centinaia di posti di lavoro.

Ricordiamo che la liberalizzazione delle aperture degli esercizi commerciali fu stabilita con la legge “salva Italia” dal governo Monti nel 2011, sulla spinta di una filosofia ultra liberista con cui Monti, con la lettera spedita all’Unione Europea per placare i mercati, cercò di creare le condizioni per poter far ripartire economicamente il paese, secondo l’emozione del momento.

Chi è favorevole alla chiusura domenicale parla invece di un numero impressionante di esercizi commerciali che hanno cessato l’attività negli ultimi 10 anni: oltre 90 mila. Il crollo dei consumi negli anni di crisi è stata la causa principale, ma l’apertura dei centri commerciali anche la domenica, cosa che la maggior parte dei negozi di prossimità non può permettersi, ha contribuito a questa triste tendenza.

Non dimentichiamo, aggiungono i favorevoli alla chiusura, che l’apertura domenicale, nella maggior parte dei casi, si è tradotta in un maggior sfruttamento dei lavoratori, costretti a lavorare anche nei giorni festivi percependo praticamente lo stesso stipendio o pochi spiccioli in più. Con benefici legati all’aumento di posti di lavoro nel settore, trascurabili.

Chi ci ha guadagnato di più, secondo la Confesercenti, sono proprio i centri commerciali e, in particolar modo, i discount, gli unici ad aver registrato un incremento del fatturato.

Ma come funziona l’apertura dei negozi nei giorni festivi nel resto d’Europa? Nella maggior parte dei paesi europei non c’è un divieto di apertura, esiste però una regolamentazione piuttosto articolata. Non quindi completa liberalizzazione ma regole che stabiliscono chi, come e quando. Probabilmente quello che vorrebbe fare Di Maio. (1)

Nel frattempo avanza sistematicamente il cosiddetto e-commerce, il commercio via internet, che negli ultimi tempi è cresciuto considerevolmente anche in Italia e che in un futuro ormai prossimo, rivoluzionerà completamente il sistema degli acquisti anche qui da noi.

(1) https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-04-01/sullo-shopping-festivo-europa-ordine-sparso-123629.shtml?uuid=AE1bImx