Infuria la guerra in Medio Oriente. Come se non bastasse quella in Ucraina…
Questa è la classica situazione nella quale occorrerà del tempo per arrivare a capirci qualcosa. Infatti, se da una parte è chiaro a tutti che il Medio Oriente è da sempre una polveriera pronta ad esplodere, dall’altra bisogna convenire che questo attacco a sorpresa da parte di Hamas presenta troppi punti oscuri sia per poter prendere per vera la narrazione mainstream, sia per poter sin da subito emettere dei giudizi.
Sorprende subito l’enormità della debacle delle forze armate israeliane, della cui efficienza e preparazione il suo governo si è sempre fatto vanto. “È il giorno più triste nella storia di Israele”, confessa mestamente il portavoce dell’IDF1, che non può fare a meno di aggiungere: “Non ha precedenti nella nostra storia il fatto di avere così tanti cittadini israeliani nelle mani di un’organizzazione terroristica. Questi sono numeri che non abbiamo mai, mai visto prima”2. “Umiliati e sconfitti”, titola con disappunto il Washington Post3, non potendosi esimere dal sottolineare che per Israele l’offensiva di Hamas è stata uno smacco inaudito.
Nel frattempo, la sinistra italiana, che ha sempre fatto dell’appoggio ai palestinesi uno dei suoi cavalli di battaglia, gongola pomposamente4, forse perché – esperta come nessun’altra nel farsi difensore di cause perse – immagina già la riscossa del popolo palestinese di fronte all’oppressione dei brutali colonizzatori dell’entità sionista abusiva. In verità, a noi di queste polemiche interessa poco o nulla. Vogliamo essere equidistanti, senza parteggiare né per l’uno né per l’altro. Questo non solo per via delle sofferenze delle popolazioni coinvolte nella guerra, ma anche per un motivo molto semplice: non riusciamo a capacitarci di come sia stato possibile che le autorità israeliane si siano fatte prendere così bellamente alla sprovvista.
Israele, da quando esiste, vive in uno stato di guerra permanente essendo circondata da milioni di arabi da cui è odiata ferocemente, tanto che è uno dei pochi paesi al mondo dove vige la leva obbligatoria perfino per le donne (che dura addirittura due anni, mentre per gli uomini tre5), e dispone notoriamente di agenzie di intelligence considerate tra le migliori, meglio addestrate ed equipaggiate al mondo. Inoltre, ha sempre potuto contare sull’appoggio incondizionato degli Stati Uniti, questo soprattutto per via del fatto che le lobby ebraiche a Washington, a cominciare dalla famigerata AIPAC6, sono potentissime. Non solo gli americani hanno sempre messo a disposizione di Israele alcune dei loro sistemi d’arma, negati anche agli alleati della NATO (alcuni anni fa sembravano sul punto di rifornire Tel Aviv anche degli F22 Raptor7); secondo fonti ufficiali del Congresso americano, dal 1971 al 2020 Israele ha beneficiato di aiuti pari a quasi 150 miliardi di dollari pagati dalle tasse del contribuente americano8.
Invece è successo che la mattina di sabato 7 ottobre Hamas è stato in grado di sferrare contro Israele un attacco senza precedenti su più fronti, sparando migliaia di razzi mentre decine di combattenti sono riusciti ad infiltrarsi nel confine pesantemente fortificato in diverse località per via aerea, terrestre e marittima, cogliendo il paese alla sprovvista in un giorno di festività. Ruspe, bulldozer, trattori, motociclette, motoscafi e persino una golf car elettrica sono state utilizzate nell’assalto9. Ha già fatto il giro del mondo il video degli assalitori che sono planati in deltaplano sul rave party che si teneva per la festa di Sukkot10. Se non fosse stata un’immane tragedia, nella quale hanno perso la vita tanti innocenti, ci sarebbe quasi da riderci su: mancava giusto la variante jihadista di guerra psicologica, ossia l’equivalente di un assalto aereo con altoparlanti appositamente montati sugli stessi velivoli volanti che suonassero a palla la Cavalcata delle Valchirie come nel film Apocalipse Now di Francis Ford Coppola11.
Insomma, per farla breve, niente di tutto questo è credibile. Cioè, non i lutti che si stanno susseguendo – loro sì che purtroppo sono credibili – ma il fatto che le forze di difesa israeliane si siano fatte buggerare tanto facilmente da lasciare mano libera agli assalitori di seminare morte e distruzione e di rapire tanti civili innocenti. No, questo non torna. La cosiddetta Striscia di Gaza, oltre ad essere il confine più militarizzato al mondo assieme a quello tra le due Coree, non è neppure così lungo: il suo perimetro è di circa una sessantina di chilometri. E Israele, che è notoriamente leader a livello mondiale in fatto di cybersecurity, di certo non difetta dei mezzi per tenere sotto controllo ogni metro di una frontiera per nulla imponente:
Per di più si sa che molte delle armi con cui i militanti di Hamas combattono sono di fabbricazione americana. Ormai è palese: si tratta di armi che erano state inizialmente destinate dai paesi occidentali a favore dell’Ucraina (ma che gli ucraini stessi si sono venduti al mercato nero), oppure di armi provenienti da quell’abnorme quantitativo di aiuti all’ex governo afgano che i soldati americani, scappando con le pive nel sacco, hanno lasciato quasi a mo’ di gentile omaggio ai talebani12.
I conti non tornano proprio. Anche in questo caso c’è da chiedersi come sia stato possibile che queste armi siano finite in mano ai miliziani jihadisti così facilmente, visto che tutti sapevano che i talebani le stavano pubblicamente smerciando13. Perché USA ed Israele non si sono prontamente attivati? Perché non hanno mosso un dito, pur sapendo che prima o poi tutte queste armi sarebbero finite nella mani sbagliate? Passi per gli americani: loro sono governati da un’amministrazione che ha dato più volte prova di completa inettitudine. Ma è ben strano che il Mossad – noto per la sua capacità di operare in ogni angolo e contesto del pianeta, sia grazie alla stratificata rete di collaboratori di cui dispone pressoché ovunque, sia per via dell’accondiscendenza spesso gratuitamente manifestatagli dai governi stranieri – non abbia avuto modo quanto meno di arginare questi commerci, pur potendo immaginare che prima o poi ne avrebbero tratto beneficio i suoi nemici. Zelens’kyj stesso, poi, è di origine ebraica; anzi, i suoi genitori sono essi stessi cittadini israeliani e lì vivono – sembra – in maniera alquanto agiata14. Appare strano che il figliolo, evidentemente così preso dalle vicende belliche, non abbia preso in considerazione l’idea che la corruzione endemica del paese da lui guidato avrebbe potuto portare a così nefaste conseguenze anche per i suoi adorati genitori…
Last but not least, come si suole dire in inglese, bisogna aggiungere che in questi ultimi tempi si sono moltiplicate le provocazioni e le prevaricazioni da parte di fanatici ebrei ultra-ortodossi (in realtà di chiara estrazione talmudica) nei confronti dei fedeli musulmani e cristiani. In agosto era stato preso d’assalto il monastero di Sant’Elia sul Monte Carmelo, cosa che ha costretto le autorità religiose cattoliche ad attrezzarsi per ergere una palizzata a protezione degli edifici religiosi15. Ancora più grave quanto avvenuto all’interno della Moschea di al-Aqsa, uno dei luoghi più sacri per l’islam, solo pochi giorni prima dell’attacco di Hamas: dozzine di coloni ebrei si sono intrufolati al suo interno allo scopo di recitarvi “rituali talmudici”16. Dovrebbe essere superfluo ricordare come diversi gruppi ebraici estremisti ritengano necessario costruire il terzo tempio sul sito della moschea (che andrebbe quindi rasa al suolo) in modo da poter porre le basi per la realizzazione della profezia che contempla l’avvento del messia ebraico (che in realtà secondo l’escatologia cristiana non sarebbe altri che l’anticristo).
Insomma, anche facendo un grosso sforzo di immaginazione, dato quanto si è appena esposto viene difficile capacitarsi di come l’IDF si sia fatto prendere di sorpresa. C’erano tutte le promesse per un’escalation. Peggio ancora, oggi si viene a sapere che l’Egitto avrebbe avvertito con un certo anticipo il governo di Benjamin Netanyahu che Hamas era sul punto di tramare qualcosa di importante17. Oltretutto quest’operazione militare non può che aver richiesto molto tempo per i preparativi. E quindi come è possibile che le agenzie di intelligence israeliane non abbiano avuto alcun sospetto che qualcosa di grosso stava bollendo in pentola? .
Dove si vuole andare a parare con queste elucubrazioni? Beh, lasciamo perdere. Meglio non andare oltre. I più avranno già capito: chi ha orecchie per intendere, intenda. Però è necessario porsi delle domande e ragionare sugli eventuali possibili sviluppi futuri. Ed il primo quesito da porsi è sempre un evergreen: cui prodest? A chi conviene? Chi potrà trarre giovamento da questo terrore e da un eventuale escalation del conflitto in Medio Oriente?
Ecco, ci sono tutta una serie di attori coinvolti più o meno direttamente in questa faccenda che potrebbero ottenerne dei vantaggi. Il primo di questi attori è Hamas stesso, il cui prestigio non potrà che crescere presso il mondo islamico per la temerarietà dell’attacco. Infatti si stanno moltiplicando le manifestazioni da parte dei fedeli musulmani a suo favore, anche nei paesi europei dove ormai vivono milioni di immigrati islamici, invero poco integrati come testimoniano queste medesime manifestazioni18. In più, come riportato dal Wall Street Journal, può essere che “i palestinesi radicali volessero fermare qualsiasi presunto riavvicinamento tra le monarchie del Golfo – la fonte tradizionale di gran parte del loro denaro – e Israele, forzando la questione della solidarietà araba in tempi di guerra specialmente attraverso un raccapricciante attacco mirato ai civili e comprendente esecuzioni e presa di ostaggi”19. Molto verosimile.
Ma c’è un altro fattore da tenere in considerazione. Non tutti sanno che Hamas è stato ai suoi inizi finanziato da… dal governo israeliano! Sì, proprio da quell’Israele contro cui hanno dichiarato una guerra santa20. Lo riporta persino Wikipedia che cita la dichiarazione di un ex generale israeliano che confessò di aver finanziato Hamas su ordine del suo stesso governo21! Perché mai le autorità israeliane avrebbero commesso un simile atto rivelatosi a distanza di anni una terribile sciocchezza? È presto detto. Come ebbe modo di puntualizzare anche l’ex membro del Congresso americano Ron Paul22, nei decenni passati Israele considerava come la sua vera spina nel fianco l’OLP di Arafat, un’organizzazione sostanzialmente laica e moderata che – certo anche con la violenza spesso a danni di inermi civili – si prefiggeva in ogni caso di perseguire finalità prettamente politiche. Israele aveva evidentemente interesse a esautorare lo stesso Arafat, contrapponendogli un movimento decisamente più radicale, sorto da quei Fratelli Musulmani alla cui nascita – almeno stando a quanto riferito da quel John Coleman di cui abbiamo già parlato in alcuni nostri precedenti articoli23 – pare abbia dato un contributo decisivo il famoso Lawrence d’Arabia, al secolo Thomas Edward Lawrence24, agente segreto di Sua Maestà negli anni della prima guerra mondiale.
Se quanto appena riportato corrisponde al vero, è chiaro che Hamas ha la continua necessità di legittimarsi di fronte all’opinione pubblica palestinese, soprattutto quella più moderata che magari pensa sia ancora possibile una convivenza abbastanza pacifica con gli ebrei (e con i cristiani, che sono sempre stati presenti in quelle zone). Purtroppo però questo può avvenire solo con il costante esercizio di una violenza fine a se stessa, di matrice terroristica. Quindi la natura stessa di Hamas è maligna. Attenzione! Non si sta dicendo che le istanze dei palestinesi siano del tutto senza fondamento e che tutti i palestinesi siano terroristi, meritevoli di essere puniti con la massima severità. In fin dei conti, non possiamo negare come lo stato di Israele a partire dalla sua fondazione si sia espanso ai danni della comunità palestinese spesso attraverso atti questi sì di puro terrorismo e di odio talmudico:
Ma è evidente che un’organizzazione che sin dal principio nasce come radicale e che è stata finanziata proprio perché, essendo tale, doveva contrapporsi ad un’altra organizzazione considerata “pericolosa” perché diversamente non altrettanto radicale, non può che trovare la propria legittimità e la sua stessa ragione di esistere nella violenza, spesso gratuita e commessa ai danni di innocenti, così come purtroppo danno testimonianza gli eventi di questi ultimi giorni.
D’altro canto, non differente è la natura dello stato sionista. Odiato ferocemente da ogni vicino, Israele stesso ha bisogno della violenza per potersi perpetuare. Questo avviene non solo perché vive costantemente in uno stato di guerra più o meno permanente con gli stati arabi confinanti (da qui, appunto, l’esigenza di estendere il servizio militare anche alle donne). Il fatto è che la stessa opinione pubblica israeliana è almeno in parte consapevole delle sofferenze che il sionismo ha causato all’intero Medio Oriente (in realtà al mondo intero) sin da quando, nell’ormai lontano 1917, Lord Balfour per conto del governo inglese accordò a Lord Rothschild la possibilità che i coloni ebrei dessero origine ad uno stato indipendente:
Quindi Israele non solo si trova nella necessità di fronteggiare un costante pericolo esterno, per il timore di essere attaccato, ma deve guardarsi le spalle anche dall’eventuale opposizione interna, costituita non da traditori della patria, come lo sono certamente certe istituzioni italiane, ma forse semplicemente da persone che, per scrupolo di coscienza, si chiedono con sincerità se abbiano il diritto di fare quello che fanno25.
E qui veniamo al dunque. Il governo di Bibi Netanyahu è il secondo attore che avrà modo di trarre giovamento da questo attacco terrorista. Da una parte, in apparenza, ne dovrebbe uscire indebolito perché – appunto – l’attacco lo ha subito dimostrando nel contempo un livello di impreparazione e di approssimazione che non può che lasciare strascichi nell’opinione pubblica nazionale. Ma dall’altra il nostro Bibi, il cui prestigio personale era stato pesantemente minato dai continui scandali di corruzione26 e dalle veementi proteste – ancora pochi giorni fa gli israeliani erano scesi in piazza27 – per la sua tanto contestata riforma della giustizia, avrà oggi la possibilità di rinsaldare il proprio consenso. Con una guerra appena dichiarata, un governo di unità nazionale attorno cui si coalizzino tutte le forze politiche della Knesset, così come invocato dal presidente israeliano Herzog28, diventa a questo punto un’esigenza improcrastinabile.
Ma in realtà, temiamo che le più profonde motivazioni di Israele possano essere ben altre. Netanyahu ha espresso chiaramente il concetto quando si è rivolto alla nazione per annunciare lo stato di guerra: “Cittadini di Israele, siamo in guerra. E vinceremo. Il nemico pagherà un prezzo mai visto prima”29. Quest’ultima frase, “un prezzo mai visto prima”, fa intendere quale siano le vere intenzioni di Israele. “Tutti i luoghi in cui Hamas si nasconde e da cui opera, li trasformeremo in rovine”, ha aggiunto Netanyahu30. In tutta franchezza, c’è da temere che nelle intenzioni di Netanyahu a dover essere trasformati in rovina non debbano solo essere i luoghi in cui trovano rifugio i miliziani di Hamas, ma l’intera striscia di Gaza.
D’altronde, dopo la brutalità dell’attacco portato da Hamas ai danni dei civili israeliani, da definirsi senza esitazione come un attentato terroristico vile, abietto e ripugnante, e non certo come un legittimo atto di autodifesa come piace pensare alle anime belle della sinistra, diventerà sempre più difficile per i filopalestinesi, almeno in occidente, perorare la causa degli arabi. Anche i più raccapriccianti propositi che il governo israeliano dovesse avere nei confronti della popolazione civile di Gaza passerebbero in secondo piano proprio per via dell’efferatezza del crimine commesso. Ed infatti sono già iniziati da parte degli israeliani pesantissimi ed indiscriminati bombardamenti su Gaza. Hamas non ha certo guadagnato simpatie alla causa palestinese; possiamo dire che, in ultima istanza, ha fatto un favore al nemico. D’altronde, i musulmani notoriamente non brillano per intelligenza ed hanno poco da offrire al di fuori della temerarietà e dell’esser pronti alla morte a cui sono portati dal loro fanatismo religioso. La strategia non è mai stata il loro forte. E si vede.
Un altro attore che potrebbe averci da guadagnare sono – manco a farlo apposta – gli Stati Uniti. Ma una precisazione è d’uopo. Ciò potrà avvenire ad una sola condizione: che gli USA, a differenza di come è capitato fin troppe volte (praticamente sempre), non si lascino trascinare in un eventuale allargamento del conflitto da parte di Sion. Sarebbe forse la prima volta che questo non accade. Dopo Siria, Libia, Afghanistan e Ucraina ci sarebbe poco da sperare. Infatti, la portaerei USS Gerald R. Ford assieme al suo gruppo di supporto, che già da mesi stazionava nel Mediterraneo, è già annunciato in viaggio alla volta delle coste di Israele31. Oltretutto, tra i decisori politici che a Washington dovranno stabilire il da farsi ci saranno anche costoro:
Decisamente non di buon auspicio. Tuttavia questa volta ci auguriamo possa essere diverso. Potrebbe anche non essere una vana speranza, la nostra. Il fatto è che gli Usa non navigano in buone acque, tutt’altro. Il confine meridionale è ormai ridotto ad un colabrodo attraverso cui si stima siano passati illegalmente milioni di individui di cui le autorità hanno perduto ogni traccia32. L’economia non va bene e si stanno moltiplicando i segnali di un possibile rallentamento, preludio di una vera e propria recessione33. Il continuo rialzo dei tassi di interesse per frenare l’inflazione, che ciononostante rimane elevata, ha ridotto l’americano medio nella condizione di non essere più in grado di acquistare una casa per via dei mutui eccessivi, i più alti da trent’anni a questa parte34. Il debito pubblico federale, anche a causa dei crescenti tassi di interesse riconosciuti sui bond, sta andando così velocemente fuori controllo che si prospetta il rischio di un default, non adesso ma nel medio-lungo periodo certamente35… Sono tutti indicatori economici pessimi, anzi disastrosi, che inesorabilmente influiscono sulla fiducia che gli americani nutrono in Biden, mai scesa così in basso36.
Ma c’è per fortuna un lato positivo. Sempre più americani si rendono conto che le crescenti difficoltà economiche che devono affrontare non sono conseguenza di un destino cinico e baro, ma della scelleratezza delle politiche di Biden che, anziché occuparsi del benessere dei suoi cittadini, dirotta ingenti risorse a favore dell’Ucraina nella sua guerra di logoramento alla Russia. Infatti sempre più statunitensi si dicono fortemente contrari al sostegno all’Ucraina37. La recente defenestrazione dello speaker della camera McCarthy, uno dei più accaniti sostenitori della causa ucraina, potrebbe essere un buon viatico, perché difficilmente il suo successore sarà altrettanto propenso a concedere aiuti al regime di Zelens’kyj a scapito dei cittadini statunitensi.
Nel momento in cui buona parte degli americani dovesse riconoscere come causa ultima della propria indigenza le continue guerre in cui il loro paese viene di volta in volta coinvolto, soprattutto per l’interesse esclusivo di Israele, ecco che diventerebbe quasi impossibile sostenere davanti all’opinione pubblica la legittimità e perfino la necessità di un altro eventuale intervento militare americano in suo favore. Anche perché questa volta il nemico non sarebbero più degli scalzacani, armati solo di armi leggere e senza supporto aereo, come iracheni ed afgani (dai quali comunque le hanno buscate). No, questa volta il nemico si chiama Hezbollah e soprattutto Iran, avversari veri, avversari forti, anzi troppo forti, addestrati, motivati, dotati di un’avanzata tecnologia militare, contro cui gli USA non avrebbero alcuna possibilità di successo se non ricorrendo sistematicamente alle atomiche allo scopo di mera distruzione.
A queste condizioni, e solo a queste condizioni, l’America avrebbe da giovarsi di quanto appena successo. Questo perché ormai si deve prendere atto che la guerra in Ucraina sta volgendo al termine e che la tanto sbandierata controffensiva che avrebbe dovuto portare gli ucraini a marciare addirittura su Mosca ha avuto esiti catastrofici per il regime di Zelens’kyj, ormai ridotto all’impossibilità di continuare ancora a lungo, per la carenza di mezzi e di carne da cannone. Persino al Washington Post, quasi un portavoce ufficiale dello stato profondo americano, iniziano a chiedersi se abbia ancora senso seguitare ad aiutare l’Ucraina nella disperata guerra contro la Russia38. Da qui l’esigenza di una exit strategy, che consenta agli USA quantomeno di salvare il salvabile. E l’escalation del conflitto in Medio Oriente potrebbe dargliene la possibilità. Sempre che non vadano ad impelagarsi in qualcosa di molto peggiore…
Qualche pagina fa ci chiedevamo: cui prodest? Era la prima domanda da porsi. Ma in realtà ve ne è un’altra, ancora più importante a cui rispondere. Non cui prodest, ma il suo contrario: cui nocet? A chi nuoce? A chi fa male quanto capitato in Israele? Quali attori hanno tutto da perdere da questa pericolosa escalation? Anche in questo caso, la risposta è molteplice.
I primi che ci perdono sono sicuramente i popoli israeliani e palestinesi, vittime sacrificali sull’altare della volontà di potenza dei loro governanti. L’acuirsi del conflitto, la brutalità dell’attacco di Hamas e la risposta ancora più brutale di Israele di fatto, oltre a condannare i due popoli a lutti e sofferenze, affossano ogni possibilità di pace duratura. Da d’ora in poi fare la pace in Terra Santa sarà sempre più difficile: i falchi hanno ferito a morte le colombe. Chi non ha mai voluto la pace ma ha sempre avuto il desiderio di arrivare ad uno scontro diretto per annichilire il nemico ha oggi motivo per bearsi. Si ha timore che ormai si sia superato il punto di non ritorno. E tutto ciò è sicuramente un obiettivo che si voleva raggiungere con quanto successo nei giorni scorsi.
Un altro attore che non può che dolersi per quanto sta accadendo in Israele è l’Ucraina. Zelens’kyj starà probabilmente passando delle notti insonni al pensiero che gli USA potrebbero utilizzare questi eventi per cercare di defilarsi in sordina dal pantano ucraino. Egli non può ignorare che senza l’aiuto americano il suo paese non potrà prolungare lo sforzo bellico ancora a lungo. Nel volgere di poche settimane (addirittura una sola per Putin39), l’Ucraina sarà in ginocchio, dovrà dichiarare la resa, accettare le pesanti condizioni di pace che la Russia le imporrà ed il suo regime si sfalderà. Zelens’kyj stesso rischierà seriamente di perdere la vita. Troppi lutti e troppo dolore hanno colpito il popolo ucraino perché qualcuno non si vendichi contro di lui. Resta solo da capire di chi in concreto sarà la mano traditrice.
La stessa Russia non può che dirsi preoccupata da questa serie di eventi. È pur vero, da una parte, che potrà trarne giovamento immediato perché se gli USA effettivamente ne approfitteranno per cercare una exit strategy dall’Ucraina, va da sé che la fine del conflitto sarà sempre più vicina. Ma dall’altra non possono che crescere le ansie del Cremlino. Indubbiamente la Russia è intervenuta prima in Siria e poi in Ucraina per motivi di sicurezza nazionale. Non poteva fare diversamente ed ha perseguito i propri interessi vitali. Ma va aggiunto che la Russia, in seno al sistema politico internazionale, ha assunto un ruolo ben preciso: là dove gli USA hanno sempre destabilizzato generando caos, lutti e distruzione, la Russia ha sempre portato ordine ed armonia. Per mutuare un’espressione dalla fisica, potremmo dire che l’America ha sempre perseguito l’entropia, che “è anche considerata una misura del disordine e dell’indifferenziazione di un sistema”40, mentre la Russia il suo contrario, la negentropia, termine che “è usato anche in ambito propriamente termodinamico, soprattutto in biologia, nello studio di quei sistemi che si evolvono verso stati di ordine e organizzazione crescenti”41.
Ordunque, è evidente che la Russia non possa che temere fortemente un allargamento del conflitto in Medio Oriente, soprattutto nel caso in cui l’attore geopolitico chiave della regione, l’Iran, dovesse entrarvi a gamba tesa. L’Iran sciita è la vera variabile impazzita. La stessa Russia avrà con esso le mani legate e potrà fare ben poco dal punto di vista diplomatico, dato l’appoggio fondamentale che Iran e Hezbollah le hanno fornito nella guerra in Siria contro l’Isis ma anche in Ucraina, dove i russi hanno largamente impiegato i droni kamikaze di produzione iraniana42. Cosa succederà se l’Iran dovesse decidere di rompere gli indugi, varcare il Rubicone e confrontarsi direttamente col nemico di sempre, quell’Israele da cui è diviso da un odio implacabile tanto da essersi giurati reciproco annientamento?
Il problema è proprio l’Iran, e non altri paesi. Ricordiamoci di cosa aveva fatto Obama ai tempi dell’accordo sul nucleare iraniano: aveva inondato l’Iran di miliardi, tutti cash, trasportati in pallet in aereo a Teheran. Un primo pagamento, pari a 400 milioni di dollari in euro, franchi svizzeri e altre valute, venne fatto in cambio del rilascio di quattro prigionieri americani detenuti in Iran (cento milioni l’uno per il riscatto!); il secondo, pari a 1,7 miliardi di dollari, per mettere fine ad un vecchio contenzioso tra i due paesi che si trascinava fin dai tempo dello Scià43. Donald Trump, già prima di divenire presidente, si era sempre dichiaratamente opposto all’Iran Deal, considerandolo nefasto sia per Israele sia per gli USA medesimi: “L’Iran era in grossi guai, avevano sanzioni, stavano morendo, abbiamo tolto le sanzioni e fatto questo orribile accordo ed ora sono una potenza. Abbiamo pagato 400 milioni di dollari per gli ostaggi. Un precedente così negativo è stato stabilito da Obama. Abbiamo altri due ostaggi lì, giusto? Cosa pagheremo per loro? Ciò che stiamo facendo è folle”44. Poi, una volta alla Casa Bianca, Trump ha coerentemente rinnegato l’accordo sul nucleare iraniano45.
Anche l’attuale amministrazione Biden ha seguitato a fare accomodamenti del genere con l’Iran: circa un mese fa, sempre nell’ambito di un compromesso per lo scambio di prigionieri, ha deliberato di revocare il congelamento di 6 miliardi di dollari di beni iraniani che erano stati sequestrati dalle autorità statunitensi46. Immediatamente Trump ha tuonato contro quest’ennesima concessione al regime degli Ayatollah:
Lo stesso partito repubblicano ha lanciato un pesante atto di accusa: si sospetta che questo denaro sia stato utilizzato dall’Iran per finanziare l’attacco di Hamas47.
Ovviamente di quanto dicono gli americani a proposito dell’Iran c’è sempre da dubitare. Ma resta un fatto: l’Iran è ad oggi quell’attore che potrebbe far sprofondare il mondo intero nel caos. A titolo di esempio, si legga quanto riportato dal sempre ottimo Kim Dotcom:
In caso di guerra contro Israele e Stati Uniti, l’Iran bloccherebbe immediatamente lo stretto di Hormuz, da cui passano quotidianamente circa 17 milioni di barili di greggio, dal 20 al 30% del consumo mondiale giornaliero. Si assisterebbe dunque ad una crisi petrolifera senza precedenti. Il prezzo del petrolio schizzerebbe alle stelle e non si osa immaginare a quanto potrebbe salire il prezzo di benzina e gasolio. È superfluo aggiungere cosa questo comporterebbe per le economie dei paesi occidentali, già precedentemente minate dalle chiusure anticovid, da anni di stupida austerità europoide, dal rialzo dei tassi di interesse per combattere vanamente l’inflazione e dall’aumento del prezzo del gas russo (anche a seguito del sabotaggio al North Stream II), che ha reso la Germania, alla cui economia il nostro sistema produttivo è così fortemente integrato, un paese in via di deindustrializzazione48. Tremano i polsi al solo pensiero.
Purtroppo c’è un ulteriore fattore da aggiungere. La crisi cosiddetta migratoria, in atto da anni, ha subito negli ultimi mesi un’accelerazione a dir poco anomala. Non può essere considerato normale quanto sta accadendo non solo all’Italia ma a tutti i paesi europei ed agli Stati Uniti, ormai invasi da torme di migranti, per lo più giovani, aitanti ed in età da leva, senza soluzione di continuità. Cosa succederà se, in caso di ampliamento del conflitto mediorientale anche all’Iran, dovesse purtroppo succedere quello che abbiamo sopra prospettato? Non solo il numero di poveri in Europa aumenterebbe a dismisura; peggio ancora, verrebbero meno i fondi per l’accoglienza, ovvero per mantenere a sbafo in modo che se ne stiano tranquilli i milioni di clandestini africani e musulmani. Quanto tempo passerebbe prima che costoro si dedichino al loro passatempo preferito, cioè a quanto sistematicamente succede allorché nelle città americane per una qualsivoglia ragione si verifica un blackout della rete elettrica? Sarebbe il caos totale.
Quindi sì, tra tutti l’Europa è quella che ha più da perderci in caso di escalation di questa guerra. Se qualcuno – ragionando per assurdo – dovesse ritenere l’Europa il suo vero bersaglio e sapendo al contempo che vi sono delle pedine, per quanto in apparenza importanti, sacrificabili alla bisogna, costui non potrebbe che auspicare l’allargamento del conflitto mediorientale anche all’Iran ed altre nazioni.
Kim Dotcom ha fatto una disamina molto precisa e sagace. Bisogna dargliene atto. Tuttavia c’è una cosa che egli dice e sulla quale personalmente non sono d’accordo. Sostiene che l’Iran stia spalleggiando la Russia e la Cina contro gli USA. Mi piacerebbe pensare che abbia ragione. Purtroppo ho timore che non sia così perché, analizzando tutti questi eventi, non può che tornarmi in mente il contenuto del carteggio – una volta, pare, di pubblica consultazione presso il British Library Museum – tra Albert Pike, generale sudista, scrittore ma soprattutto massone e occultista tra i più famosi del XIX secolo49, e Giuseppe Mazzini, uno dei cosiddetti eroi del risorgimento italiano.
“Quando i mille anni saranno trascorsi, Satana sarà sciolto dalla sua prigione e uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della terra, Gog e Magog, per radunarle alla battaglia: il loro numero è come la sabbia del mare. E salirono sulla superficie della terra e assediarono il campo dei santi e la città diletta; ma un fuoco dal cielo discese e le divorò. E il diavolo, che le aveva sedotte, fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli”50.
FONTI:
- 1https://www.foxnews.com/video/6338697614112
- 2https://www.breitbart.com/middle-east/2023/10/07/live-updates-hamas-launches-unprecedented-terror-attack-on-israel/
- 3https://www.washingtonpost.com/world/2023/10/07/israel-gaza-hamas-attack-netanyahu/
- 4https://www.ilgiornale.it/news/politica/sinistra-contro-israele-rivolta-palestina-islamici-esultano-2223014.html
- 5https://it.wikipedia.org/wiki/Servizio_militare#:~:text=alla%20secessione%20irlandese.-,Israele,drusi%2C%20volontaria%20per%20gli%20arabi.
- 6https://en.wikipedia.org/wiki/American_Israel_Public_Affairs_Committee
- 7https://www.aviation-report.com/amministrazione-trump-ha-dato-il-via-libera-alla-vendita-degli-f22-ad-israele/
- 8https://www.infopal.it/lalbero-dei-soldi-usa-la-storia-mai-raccontata-degli-aiuti-americani-ad-israele/
- 9https://tg24.sky.it/mondo/2023/10/08/guerra-israele-hamas-ruspe-deltaplano-gaza
- 10https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/10/09/israele-il-momento-in-cui-i-miliziani-di-hamas-atterrano-con-i-deltaplani-nella-zona-del-rave/7317559/
- 11https://www.youtube.com/watch?v=wJf5sAiST_Q
- 12https://www.orazero.org/tutto-quello-che-non-torna-nella-guerra-tra-israele-e-palestina/
- 13https://www.osservatorioafghanistan.org/index.php/articoli-2023/3639-i-talebani-sono-ora-rivenditori-di-armi-americane
- 14https://www.maurizioblondet.it/papa-zelenski-siventa-israeliano/
- 15https://fsspx.news/en/news-events/news/ultra-orthodox-israelis-attempt-storm-church-84543
- 16https://www.aljazeera.com/news/2023/10/4/israeli-settlers-storm-al-aqsa-mosque-complex-on-fifth-day-of-sukkot
- 17https://www.rt.com/news/584407-egypt-warned-israel-hamas/
- 18https://www.repubblica.it/esteri/2023/10/08/news/berlino_londra_new_york_hamas_festeggiamenti-417244066/
- 19https://www.wsj.com/articles/israel-gaza-hamas-attack-war-benjamin-netanyahu-joe-biden-ed215bdd
- 20https://twitter.com/battleforeurope/status/1710957425627414795
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- 50Apocalisse 20, 7-10