Pochi mesi dopo aver firmato l’approvazione dell’Ordine esecutivo n° 11110, Kennedy fu ucciso a Dallas ed il suo progetto cadde nel dimenticatoio. Per lo più, era da poco iniziata la guerra del Vietnam e le ingenti spese belliche comportarono un ingestibile afflusso di dollari al di fuori degli Stati Uniti, con la conseguenza di un netto deprezzamento del dollaro stesso. Volendo approfittare della convertibilità del dollaro, molti speculatori internazionali iniziarono a richiedere oro in cambio di dollari. Fu in particolar modo la Francia di De Gaulle a dimostrarsi desiderosa di convertire i dollari in oro come se non ci fosse un domani. Infatti, la Francia non riusciva ad accettare ciò che chiamava il “privilegio esorbitante dell’America1”, che consisteva nel fatto che tutti i paesi del mondo, avendo bisogno di un posto dove investire le loro riserve di valuta estera (i dollari statunitensi appunto), tendevano ad investirle nei mercati obbligazionari americani; cioè acquistavano titoli di debito pubblico americano e azioni di società quotate a Wall Street. Il che però significava che il governo americano poteva vendere i propri titoli di stato, di cui c’era sempre una richiesta elevatissima, ad un interesse particolarmente basso e nel contempo utilizzare questa ricchezza per finanziare i propri programmi di previdenza sociale o altre politiche nazionali come la corsa agli armamenti.

Però, alla lunga le continue richieste di conversione dei dollari condussero ad un punto di rottura: pare addirittura che De Gaulle avesse inviato in America delle navi della Marina Militare francese per prendersi quell’oro che sarebbe stato richiesto in cambio dei dollari2. Fu così che nel 1971, di fronte alla concreta possibilità di un irreversibile depauperamento delle scorte di oro fisico custodite a Fort Knox, l’amministrazione Nixon decise unilateralmente che il dollaro non sarebbe più stato convertito in oro. Nacque così la valuta fiat moderna, che può essere definita come una valuta “fluttuante”, nel senso che essa non ha più un proprio valore intrinseco fisso rispetto a un determinato bene o articolo. Piuttosto, una valuta fiat deriva il suo valore da una normativa o legge governativa. Non a caso, il termine “fiat” (che ovviamente non sta per Fabbrica Italiana Automobili Torino) deriva invece dal latino e va tradotto come sia fatto, proprio per testimoniare come alla base del valore della moneta vi sia un atto deliberativo governativo.

Ma a quel punto come potevano gli USA conservare questo “esorbitante privilegio” legato alla stampa del dollaro? Ed ecco l’uovo di Colombo: il dollaro diventa petroldollaro3. In poche parole, essendo venuta meno la convertibilità del dollaro con l’oro, si è fatto sì che il dollaro rimanesse valuta di riserva ancorandolo all’oro nero. Gli Stati Uniti nel 1973 trovarono un accordo con la monarchia saudita, che controlla tra le più grandi riserve di petrolio al mondo, affinché essa in cambio della protezione militare americana accettasse di vendere il proprio petrolio esclusivamente in dollari, ed in nessun’altra valuta. Da lì a poco l’esempio dell’Arabia Saudita venne seguito anche dagli altri paesi arabi membri dell’OPEC. Dal momento che il mondo intero si fermerebbe senza petrolio, con questo accordo tra i principali esportatori di greggio e la più grande potenza militare mondiale si è di fatto costretto qualsiasi paese sul globo terracqueo a procurarsi montagne di dollari prima ancora di poter pensare di acquistare quel petrolio di cui si ha imprescindibilmente bisogno. Nel contempo, i paesi dell’OPEC, in cambio della protezione americana, si sono impegnati a reinvestire parte dei loro immensi guadagni nel mercato azionario americano. Questa è la maniera con la quale Nixon ed il suo segretario di stato Kissinger sono stati capaci di perpetuare questo “esorbitante privilegio”.

Da quel momento, il petroldollaro è diventato il fulcro della potenza imperiale americana. Tutto ciò che gli Stati Uniti hanno fatto da allora sullo scenario internazionale, lo hanno fatto essenzialmente per mantenere intatta l’egemonia del dollaro come riserva di valuta internazionale. Da lì ne sono scaturite alcune delle guerre più sanguinose degli ultimi decenni. Così, ad esempio, nel novembre 2000, l’Iraq di Saddam Hussein annunciò che si sarebbe attrezzato per vendere il proprio petrolio accettando in cambio euro, non più dollari4. Se l’esempio iracheno fosse stato seguito da altri paesi esportatori di petrolio, le conseguenze per il dollaro e per l’intera economia americana sarebbero state inimmaginabili. Si stima che il dollaro avrebbe potuto perdere sino al 40% del proprio valore, il che avrebbe reso impossibile agli Stati Uniti continuare ad importare dall’estero tutti quei beni materiali di cui ancora oggi i suoi cittadini beneficiano a costi assai contenuti. Ma soprattutto sarebbero radicalmente diminuiti gli investimenti stranieri nel mercato finanziario americano. Non solo lo stato si sarebbe trovato nella necessità di garantire agli investitori stranieri un tasso di interesse maggiore sui propri bonds, con un conseguente considerevole aumento del debito pubblico federale; addirittura, il combinato tra minori investimenti dall’estero verso gli Stati Uniti ed il maggior indebitamento che ne sarebbe certamente scaturito avrebbe di fatto compromesso le possibilità stesse degli Stati Uniti di finanziare il proprio comparto militare. In altre parole, ad essere in pericolo era lo stesso ruolo degli USA come unica superpotenza mondiale5.

Tutto ciò doveva essere evitato, costi quel che costi. Dopo il verificarsi di quel gigantesco evento catalizzatore a cui già in tempi non sospetti accennava Brzenzinsk6, ossia di quella nuova Pearl Harbor che era necessaria per suscitare il sostegno del popolo americano, nel febbraio del 2003 abbiamo avuto modo, nostro malgrado, di assistere ad una delle pagine più vergognose della storia dell’intero genere umano: il generale americano Colin Powell che davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sventola la famigerata fialetta maledetta come prova delle accuse che Saddam fosse in possesso di armi di distruzione di massa con le quali minacciava l’intera umanità. Inutile ricordare cosa successe in seguito. Si rammentino, però, le parole di Schmitt già presentate sopra: “Alla base della guerra di mare sta invece l’idea che debbono essere colpiti il commercio e l’economia del nemico. Nemico è, in una guerra di questo tipo, non solo l’avversario combattente ma ogni cittadino dello Stato nemico e perfino anche quello neutrale che commercia col nemico e ha con lui relazioni economiche”. Sono parole che ci appaiono profetiche. Un impero come gli Stati Uniti quando combatte una guerra colpisce il commercio e l’economia del nemico, soprattutto per evitare che si verifichino quelle condizioni in cui la propria stessa superiorità commerciale ed economica possa essere messa in pericolo. Non solo: diventa evidente che si debba colpire, quando necessario, anche la popolazione civile. Ecco spiegate le centinaia di migliaia di bambini iracheni morti di bombe o di stenti, mutilati e nati deformati, verso cui l’ex segretario di stato Madeleine Albright si dimostrò incapace di provare la minima empatia7.

«Sono stato per 33 anni e 4 mesi in servizio attivo e per la maggior parte del tempo sono stato il braccio destro del mondo degli affari, di Wall Street e dei banchieri. In breve: ero un taglieggiatore al servizio del capitalismo. Nel 1914 ho contribuito a rendere più sicuro il Messico, in particolare la città di Tampico, a profitto dei gruppi petroliferi americani. Ho contribuito a fare di Haiti e Cuba luoghi adeguati al tornaconto degli uomini della National City Bank. Ho contribuito alla distruzione di una mezza dozzina di repubbliche dell’America Centrale per il solo profitto di Wall Street. Dal 1902 al 1912 ho contribuito a purificare il Nicaragua a beneficio della banca americana Brown Brothers. Nel 1916 ho portato la luce nella Repubblica Dominicana per il profitto dell’industria zuccheriera americana. Nel 1903 ho consegnato l’Honduras all’industria della frutta americana. Nel 1927 ho contribuito in Cina a consentire che la Standard Oil potesse fare i propri affari in pace»8, così si esprimeva Smedley Butler9, uno dei più decorati militari della storia americana.

E poi ancora: «Nelle pagine di quel capolavoro si ha l’impressione che Machiavelli cerchi di insegnare a dei mafiosi come operare in modo efficiente e spregiudicato. Fornisce consigli tattici a principi crudeli ed egoisti, e nella sua opera descrive effettivamente i “giochi di corte” che venivano praticati nelle stanze vaticane e nei palazzi fiorentini»10. Queste sono invece le parole che tempo addietro pronunciò commentando Il Principe di Machiavelli il celebre matematico John Nash11, personaggio la cui vita è stata romanzata in un recente film di notevole successo. Il modus operandi dell’impero americano è esattamente quello descritto in queste righe: un modo di fare più proprio di un gangster che di un vero e proprio impero civilizzatore, il cui fine non dichiarato è la distruzione di ogni forma di struttura statale per far sprofondare i paesi vittime nella barbarie assoluta, ossia in una società completamente anarchica e violenta dove realemente homo homini lupus.

Neanche i grandi imperi del passato, costantemente sotto la minaccia di invasioni o di nemici esterni, si sono mai ritrovati a combattere così tante guerre. A partire dal XVII secolo, quando ancora gli Stati Uniti non si erano formati come stato unitario ma già si erano verificati i primi scontri armati tra indiani d’America e coloni europei, sono stati circa 35 i conflitti o gli interventi militari più o meno grandi in cui gli americani sono rimasti direttamente coinvolti12. Non parliamo poi delle false flag… In almeno una dozzina di occasioni gli Stati Uniti hanno iniziato una guerra o intrapreso un’operazione militare dopo che si era palesato un attentato sotto falsa bandiera13.

Non stupisce dunque come dal 1776, anno della loro fondazione, ad oggi gli Stati Uniti siano stati in guerra per ben 222 anni su 23114! Si parla spesso di “destino manifesto” degli USA15 per sottolineare la profonda convinzione insita nel profondo del popolo americano di essere portatore di una civiltà superiore, il cui imperativo categorico consiste nel diffondere ovunque nel mondo le idee di libertà e democrazia proprie della civiltà e della costituzione americane. Si tratta evidentemente di una pretesa alquanto esagerata e non corrispondente alla realtà. Chi dà il diritto al governo degli Stati Uniti di decidere cosa sia bene o male, giusto o sbagliato, legale o illegale per – che so? – un umile allevatore di capre del Belucistan che è a malapena in grado di leggere, scrivere e far di conto? Che se ne fa costui della democrazia e dei diritti umanitari? Con quale arroganza dogmatica gli Stati Uniti pretendono di considerarsi moralmente e intellettualmente superiori a popoli o a nazioni con alle spalle culture e tradizioni di millenni più vecchie delle loro? Perché mai noi stessi occidentali europei dovremmo accettare come un fait accompli la superiorità culturale e valoriale di una nazione che ha spesso dato dimostrazione di sapersi comportare solo come un picciotto mafioso?

Che gli Stati Uniti d’America siano la potenza al giorno d’oggi dominante dal punto di vista politico e militare non ci piove, né la cosa dovrebbe scandalizzare, dal momento che gli imperi, come abbiamo visto, ci sono sempre stati. Taluni addirittura potrebbero anche glorificare la pax americana, che per decenni avrebbe portato pace e prosperità nell’Europa occidentale come non mai, dimenticandosi pur tuttavia di specificare che se la cosiddetta guerra fredda non è divenuta calda è per via della dottrina militare della M.A.D., mutual assured destruction, per la quale un eventuale first strike nucleare di una delle due superpotenze non l’avrebbe messa al riparo da una altrettanto massiccia rappresaglia nucleare; cosa questa che avrebbe portato al reciproco annientamento dei due avversari. Però viene difficile credere che vi sia mai stato un impero che si sia sentito investito di un tale missione messianica. Indubbiamente, le civiltà si espandono quando si percepiscono come migliori e portatrici di istanze superiori. Ma ogni impero per definizione tende all’ordine; nel caso degli Stati Uniti d’America, almeno negli ultimi decenni, vi è stato solo caos, morte, distruzione, saccheggi e sempre in nome di queste medesime istanze che si vogliono presentare come superiori (la democrazia, la libertà, i diritti umani e civili, ecc…).

Giunti a questo punto, è però necessario porsi un interrogativo: ne è valsa la pena? Ossia, tutto ciò ha realmente portato benefici al popolo americano? Questo spesso bieco imperialismo, le cui guerre non hanno risparmiato neppure donne e bambini, ha realmente contribuito ad accrescere la prosperità e la ricchezza di quel popolo che con le proprie tasse e con le proprie stesse vite ha contribuito a mettere in moto questo enorme esercito imperiale? Gli imperi tendono ad essere oligarchici. Non può essere diversamente. Venezia ne è un esempio lampante: formalmente una repubblica, Venezia era in realtà retta da una ristrettissima cerchia di mercanti dalle fortune fantasmagoriche. Neppure gli USA sfuggono a questa regola. Le élite al potere hanno ricavato enormi ricchezze dall’espansionismo americano. Ma il popolo americano, a parte la possibilità di acquistare merci importate a prezzi contenuti, non ci ha affatto guadagnato granché. Anzi…

Alcuni dati rendono bene l’idea. Secondo statistiche realizzate in base alla definizione di povertà elaborata dal governo centrale, in America vi sono quasi 40 milioni di poveri, poco meno del 12% della popolazione complessiva: oltre un quinto degli afroamericani ed addirittura un quarto dei nativi americani vivono al di sotto della soglia di povertà e circa un bambino su sei vive in famiglie indigenti16. Più di due milioni di individui sono detenuti nelle carceri americane17. Sono quasi quaranta milioni gli americani che campano grazie ai food stamps18 senza cui rischierebbero seriamente di non avere di che sfamarsi. L’aspettativa di vita alla nascita, pur tenendosi oggettivamente alta, negli ultimi anni ha iniziato a calare leggermente19. Le infrastrutture del paese sono ormai vecchie, quasi da paese del terzo mondo (evidentemente i ponti non crollano solo in Italia): si stima che occorrano almeno due trilioni di dollari, ossia duemila miliardi, per rimetterle in sesto20. Vi sono enormi sperequazioni nella distribuzione di reddito e ricchezza: mentre il 5% più ricco della popolazione guadagna quasi un quarto di tutti i redditi della popolazione, il 20% più povero guadagna appena il 3% del reddito nazionale21. Peggio ancora è il dato relativo alla concentrazione di ricchezza: il famigerato 1% che sta al top da solo detiene circa il 40% di tutta la ricchezza mentre il 90% inferiore detiene meno di un quarto di tutta la ricchezza nazionale22. Ma forse il dato più significativo è riassunto nella seguente tabella:

In America ogni anni muoiono circa 70.000 persone di overdose ma a far impressione è soprattutto l’incremento esponenziale delle morti complessive che si è avuto negli ultimissimi anni a causa dell’abuso di fentanyl, un oppioide usato in farmacologia come analgesico e la cui spaventosa diffusione ha costretto Trump a dichiarare i decessi da esso causati come un’autentica emergenza nazionale23. Quest’ultimo dato, congiuntamente a quello relativo al numero di homeless (i senza fissa dimora ammontano a oltre mezzo milione di individui24) ci dicono dell’enorme scollamento esistente all’interno della società americana. Gli USA vengono ancora giustamente reputati, pur in un mondo che si sta trasformando da unipolare a multipolare, la principale superpotenza al mondo. Eppure questi dati nella loro drammaticità testimoniano non solo del fatto che l’America rischia di dover essere considerata come il classico gigante dai piedi d’argilla ma pure che, cosa ancora più preoccupante, vi è qualcosa di tremendamente sbagliato nel modo stesso in cui essa esercita il proprio potere imperiale. Un impero che all’estero destabilizza portando solo morte e distruzione anche ai danni della popolazione civile mentre al suo interno impoverisce fino a condurre il suo stesso popolo alla disperazione, non solo è destinato ad implodere alla prima difficoltà: è proprio ontologicamente sbagliato. È come un golem che si agita e si contorce fino a che, ormai esausto, non crollerà a terra schiacciato dal peso delle proprie colpe.

Dunque è ragionevole pensare che l’impero americano possa avere i giorni contati, per così dire. Date queste premesse, si dubita possa durare a lungo. Né è un mistero che, se il XX secolo è stato il secolo americano, il XXI rischia di essere il secolo cinese. Ogni epoca storica ha visto l’affermazione di un determinato impero marittimo che, finché ha detenuto il controllo dei commerci anche grazie all’ausilio della propria moneta, è stato in grado di dominare sui mari. Il primo vero impero marittimo dell’epoca moderna è stata la Serenissima Repubblica di Venezia. Una volta che si aprirono nuove rotte commerciali grazie alle esplorazioni oceaniche, la situazione mutò rapidamente. Come accennato più sopra, quando iniziarono a verificarsi questi cambiamenti, molte delle più ricche e potenti famiglie di banchieri e commercianti italiani, che avevano accumulato immense ricchezze coi traffici nel Mediteranno orientale, spostarono altrove i propri interessi. Non è un caso, ad esempio, che una delle più famose vie della City londinese, ancora oggi importante perché vi si trovano grosse società bancarie ed assicurative tanto da essere considerata l’equivalente inglese di Wall Street , si chiami Lombard Street25: prende il nome da quegli orafi originari del Nord Italia che vi si stabilirono sul finire dell’epoca medioevale.

Anche grazie all’apporto di queste potenti famiglie una volta italiane, sorsero nuovi imperi; al contrario, le repubbliche marinare italiane iniziarono a declinare finché non divennero politicamente e militarmente del tutto irrilevanti. In qualche modo, potremmo dire che in un’ipotetica staffetta il testimone passò da queste ultime all’impero portoghese e quindi a quello spagnolo, che nel XVI secolo furono i grandi protagonisti nella colonizzazione dell’America centromeridionale. Nel XVII secolo fu l’impero olandese a raggiungere il suo apogeo. Dopo di ché, successe qualcosa di simile a quanto poco prima prima era avvenuto in Italia. Alcuni tra i principali mercanti e banchieri olandesi lasciarono i porti di Anversa e di Amsterdam per stabilirsi a Londra, dove si prospettavano loro affari ancora più lucrosi. Questo avvenne negli anni di Cromwell e della Rivoluzione Gloriosa, mentre l’Inghilterra stava vivendo dal punto di vista politico un periodo particolarmente tumultuoso, con tanto di regnanti detronizzati o persino decapitati. A quel punto, fu la Gran Bretagna, con la propria capitale Londra, a divenire l’impero marittimo di riferimento per tutti i grandi banchieri e commercianti internazionali. Un primato, questo, che durò fino al XX secolo che vide invece la definitiva consacrazione del potere imperiale americano. Ed eccoci arrivati al giorno d’oggi dove, con ogni probabilità, stiamo assistendo dal vivo all’ennesimo cambiamento: il declinante impero americano sta forse per passare lo scettro alla Cina come nuova potenza marittima mondiale?

Le premesse vi sono tutte. A farlo pensare, sono innanzitutto i tassi di crescita economica letteralmente mostruosi che la Cina vive costantemente da quando è entrata a far parte del WTO nel 2001: roba che, quando va male, si cresce al 6% l’anno26! Il grafico seguente vale più di mille parole:

Ma soprattutto, come abbiamo visto essere sempre stata una costante nella storia, a dover far propendere per questo convincimento è il fatto che alcune tra le grandi famiglie di banchieri, subodorando la possibilità di lucrare immensi guadagni, abbiano già da tempo iniziato a spostare gradualmente il centro dei propri interessi in oriente27. D’altronde, l’occidente non è più ricco come una volta. Gli USA sono ancora la principale potenza economica al mondo: il loro PIL è ancora superiore di circe il 50% rispetto a quello cinese28. Ma in molti già intravedono il momento in cui si assisterà al sorpasso dell’economia cinese ai danni di quella americana.

La tanto decantata globalizzazione, che alcuni hanno visto come qualcosa di positivo perché avrebbe permesso ai paesi del terzo mondo di ridurre il gap economico rispetto a quelli più industrializzati, in realtà è finora consistita in un immane impoverimento di questi ultimi. Col senno di poi, possiamo considerare l’ingresso della Cina nel WTO come un’autentica sciagura per l’intero occidente. L’accordo per l’entrata della Cina nel WTO venne trovato all’incirca nel settembre del 2001. Ma la notizia dell’accordo passò in secondo piano, dato che in quei giorni l’opinione pubblica mondiale era totalmente focalizzata sugli attentati terroristici alle Torri Gemelle dell’11 settembre. L’11 novembre venne formalizzato il protocollo di intesa. Esattamente un mese più tardi, l’11 dicembre, la Cina entrò ufficialmente a far parte del WTO.

Tuttavia, vi fu chi riuscì a vederci lungo, tanto da preconizzare solo pochi anni dopo quel crollo della leadership occidentale che oggi tutti noi abbiamo sotto gli occhi. Queste parole, proferite dall’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti, fanno persino male per quanto sono esplicite, puntuali e profetiche: “Il 2001 è stato un anno cruciale e di svolta che ha cambiato profondamente il mondo intero. Due i momenti storici che segneranno per sempre la storia della umanità accaduti in quell’anno: l’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre e l’ingresso nel WTO da parte della Cina, l’11 Dicembre del 2001 […]. Nei paesi occidentali, a partire dal 2001, è esplosa una crisi economica senza precedenti, connessa alla esplosione anche delle varie bolle finanziarie, tra cui anche quella della New Economy, dando origine ad un recessione generalizzata, ancora oggi ben lungi dall’essere risolta. Ad occidente, come prima reazione si cercò un capro espiatorio, trovandolo nel terrorismo internazionale. Questo approccio, condizionato dalla sempre presente necessità americana di cercare di continuare a mantenere elevati i flussi dei capitali verso gli USA, strettamente legati alla rendita petrolifera e alla vendita degli armamenti, ha però impedito di fatto all’occidente, Europa per prima, di analizzare e comprendere a fondo le reali dinamiche connesse alla crisi sopraggiunta. Queste hanno radici ben più profonde di quelle riconducibili banalmente ad effetti legati al terrorismo internazionale […]. Dal 2001, anno dell’ingresso della Cina nel WTO, mentre la Cina raddoppiava la propria quota sul mercato globale, passando dal precedente 3,9% all’attuale 7,7%, come oggi dichiarato dal Ministro del Commercio Cinese Bo Xilai, oltre a riuscire a mantenere una crescita del PIL annuo mediamente superiore al 9%, il resto delle economie occidentali retrocedevano la propria quota di mercato in maniera continua ed inesorabile. Nel contempo dal 2001, la qualità delle esportazioni cinesi è decisamente cresciuta, tanto che i prodotti dell’elettronica sono passati al 56% sul totale dell’esportato cinese, quelli Hi-tech al 28% e in generale, gli assemblati ora rappresentano il 94% del totale delle esportazioni cinesi. Nello stesso periodo, nei paesi occidentali ed in particolare in Europa, crescite annuali nell’ordine del 2% del PIL sono tuttora considerabili miracolose. A ciò, va aggiunto come la recessione interna nei diversi paesi, unita ai conflitti e stalli tra i diversi partners delle UE, su quale strategia utilizzare per tentare di reagire alla crisi, ha provocato effetti devastanti: ora tutto è fermo. Proprio come il Titanic, l’occidente nel 2001 si è imbattuto nell’iceberg della Cina ma chissà per quali strana ragione, il comandante era convinto che l’affondamento fosse legato ad un attacco militare da parte di un certo Bin Laden […]. Sorge a questo punto una domanda: non è che l’occidente sia caduto nella trappola preparata ad est affinché tutto contribuisse ad un cambiamento generalizzato, una autentica rivoluzione planetaria? […] Però l’ovest ha compiuto il terribile errore di ergere una muraglia per difendersi dal terrorismo, lasciando ai “barbari” venuti dall’est, ampi spazi di manovra, fino ad allora impensabili […]. Forse è proprio vero che il nuovo millennio iniziava con il 2001 che probabilmente verrà ricordato nel futuro, come l’anno “dell’apocalisse economica occidentale” e l’inizio della nuova alba ad est, così come l’11 Dicembre 2001, sarà ricordata come la tappa fondamentale affinché tutto ciò accadesse. Ma nonostante tutto, ad ovest si continua a dormire sonni tranquilli (non siamo forse inaffondabili ??), sonni che assomigliano però sempre più ad un incubo, dal quale abbiamo paura di svegliarci29”.

Che anno fatidico, quel 2001! Il G8 di Genova con i black block che mettono a ferro e fuoco la città; l’11 settembre che sconvolge l’intera umanità; l’ingresso della Cina nel WTO che sancisce di fatto l’inizio della globalizzazione… In più, allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, l’entrata in vigore dell’euro! Veramente quell’anno iniziò un Nuovo Ordine Mondiale!

  • FONTI:
  • 1 https://en.wikipedia.org/wiki/Exorbitant_privilege
  • 2 http://www.geopolintel.fr/article525.html
  • 3 https://www.thebalance.com/what-is-a-petrodollar-3306358
  • 4 https://www.rferl.org/a/1095057.html
  • 5 https://www.counterpunch.org/2013/03/22/the-usa-attacked-iraq-because-saddam-had-wd/
  • 6 https://www.orazero.org/the-time-is-now/
  • 7 https://www.youtube.com/watch?v=omnskeu-puE
  • 8 Butler Smedley, War is a racket, Feral House (1935)
  • 9 https://it.wikipedia.org/wiki/Smedley_Butler
  • 10 https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/10/06/il-nobel-nash-machiavelli-leader-coreani-il.html?refresh_ce
  • 11 https://it.wikipedia.org/wiki/John_Nash
  • 12 https://www.thoughtco.com/american-involvement-wars-colonial-times-present-4059761
  • 13 https://independentaustralia.net/article-display/united-states-the-false-flag-empire,12822
  • 14 https://www.globalresearch.ca/america-has-been-at-war-93-of-the-time-222-out-of-239-years-since-1776/5565946
  • 15 https://it.wikipedia.org/wiki/Destino_manifesto
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  • 17 https://www.prisonpolicy.org/reports/pie2020.html
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  • 19 https://edition.cnn.com/2019/11/26/health/us-life-expectancy-decline-study/index.html
  • 20 https://www.cbsnews.com/news/infrastructure-what-will-2-trillion-buy-and-how-will-america-pay/
  • 21 https://www.thebalance.com/income-inequality-in-america-3306190
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  • 23 https://www.whitehouse.gov/opioids/
  • 24 https://www.statista.com/statistics/555795/estimated-number-of-homeless-people-in-the-us/
  • 25 https://en.wikipedia.org/wiki/Lombard_Street,_London
  • 26 https://it.tradingeconomics.com/china/gdp-growth-annual
  • 27 https://www.maurizioblondet.it/la-grande-avanzata-dei-rotschild-in-cina/#disqus_thread
  • 28 https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_PIL_(nominale)
  • 29 https://groups.google.com/forum/#!topic/it.economia.borsa/JqL0PuQ3VsE
  • PARTI PRECEDENTI:
  • https://www.orazero.org/dalla-antica-alla-moderna-talassocrazia-piccole-note-di-storia-e-geopolitica-parte-1/
  • https://www.orazero.org/dalla-antica-alla-moderna-talassocrazia-piccole-note-di-storia-e-geopolitica-parte-2/