Riflessioni sull’uso strumentale dei conflitti nei media. La costruzione di “sensi comuni” acritici e come in un mare di input informativi, l’infodemia ha disabituato gli utenti finali a orientarsi di Roberto Bonuglia
Nel mondo contemporaneo siamo circondati e bombardati da un’incessante attività comunicativa, un business miliardario che punta a colpire uno specifico target ‒ ossia ciò che nel linguaggio commerciale identifica la fascia dei potenziali acquirenti di un prodotto o dei fruitori del messaggio pubblicitario ‒ per promuovere con «sistemi di vendita consolidati» [1] beni, servizi e prodotti.
Il virus Covid-19 è stato, sin dalla sua scoperta, un grande tema sul quale la comunicazione si è immediatamente concentrata: il fenomeno pandemico è nato come notizia, è stato strumentalizzato dai media, condiviso sui social network e discusso ‒ anche animatamente ‒ da personaggi illustri, medici, virologi, influencer e persone comuni, nei talk show televisivi quanto in streaming.
Dalla primavera 2020 all’estate 2021 sembrava non esserci più spazio per altri argomenti in tutte le piattaforme di comunicazione e nel mainstreaming il primo break in tal senso fu rappresentato, dal ritorno dei Talebani in Afghanistan [2] che, però, dopo poco, ha lasciato di nuovo spazio alla narrazione pandemica.
Si è parlato non a caso di infodemia: un neologismo coniato nel 2015 [3] e diffusosi proprio a margine della pandemia da Covid-19. Per esso si intende una «circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili» [4].
Con il virus, in effetti, siamo stati travolti da un’esplosione di notizie ed informazioni di ogni tipo: il sensazionalismo, le chiacchere da talk show, fake news e teorie del complotto, campagne informative per la prevenzione, comunicazioni istituzionali e la comunicazione di ricerche scientifiche. Tutto ciò, nel bene e nel male, ha guadagnato sempre più spazio nei palinsesti italiani, con relative opinioni contrastanti.
Sul merito sono stati diversi gli analisti della comunicazione e dell’informazione che si sono misurati: utilizzando un’incredibile varietà di forme di comunicazione, tra cui giornalismo, social media, streaming e comunicazione politica ed istituzionale, si è indubbiamente scatenata una corsa all’ultima notizia, all’ipotesi più recente o alla nuova teoria, ovviamente anche a discapito della verifica o della conferma da parte di pari o da fonti affidabili.
La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha descritto l’infodemia come «il maggiore pericolo della società globale nell’era dei social media: la deformazione della realtà nel rimbombo degli echi e dei commenti della comunità globale su fatti reali o spesso inventati» [5], e nel sito ufficiale dell’OMS si legge: «The 2019-nCoV outbreak and response has been accompanied by a massive ‘infodemic’ – an over- abundance of information – some accurate and some not – that makes it hard for people to find trustworthy sources and reliable guidance when they need it» [6].
L’infodemia, quindi, non solo è una parola pericolosa, ma una tendenza in atto che nasconde una pluralità di insidie: essa può diffondere disinformazione e creare disagi. Anche per questo l’OMS ha deciso di prendere l’argomento in modo serio, dedicando un’intera sezione del proprio sito web al contrasto della disinformazione, considerata essa stessa «una sindrome che condiziona pesantemente la nostra mente, la nostra attenzione, la nostra capacità di comprensione, di elaborare le informazioni che riceviamo e di ricostituirle. Ed è qualcosa che – nella civiltà dell’informazione – popola il nostro ecosistema in modo ormai strutturale» [7].
Nel dicembre 2021 anche l’Accademia della Crusca è intervenuta sul neologismo definendo l’infodemia come l’«abnorme flusso di informazioni di qualità variabile su un argomento, prodotte e messe in circolazione con estrema rapidità e capillarità attraverso i media tradizionali e digitali, tale da generare disinformazione, con conseguente distorsione della realtà ed effetti potenzialmente pericolosi sul piano delle reazioni e dei comportamenti sociali» [8].
Dalla pandemia del virus all’epidemia di informazioni, insomma. E il risultato non cambia visto che gli effetti negativi ‒ di entrambe ‒ sono «disinformazione, disorientamento, ma anche panico e comportamenti antisociali o irresponsabili che aggravano la situazione di partenza» [9].
L’infodemia, de facto, ha disabituato gli utenti finali ‒ cioè, potenzialmente, ognuno di noi ‒ a orientarsi nel mare di input informativi che gli smartphone, insieme alle TV, ci versano addosso continuamente in barba a qualsiasi diritto alla disconnessione: in ogni momento del giorno e della notte, in effetti, possiamo assumere la nostra dose di ansia guardando lo schermo del nostro device preferito e continuare a convincerci di una data posizione assunta pregiudizialmente e, molto spesso, in modo acritico. Agendo così sulla costruzione di “sensi comuni” acritici pronti a dividersi frontalmente su ogni tema come avviene sugli spalti di uno stadio.
D’altra parte, è noto che «in questi ultimi anni i media e la scienza si siano asserviti a interessi socio-politico-economici. Solo in pochi si rendono conto che ormai da anni non esiste il dibattito, ovunque gli opinionisti urlano istericamente, inveiscono, spesso non argomentano e non permettono a chi ha idee diverse di poter parlare con calma. Non c’è possibilità di approfondimento vero» [10].
Lo conferma il cambio di narrazione imposto da un altro conflitto che, a differenza del ritorno dei Talebani ‒ di cui nessuno parla più come se fosse cessato di essere il cuore del traffico mondiale dell’oppio [11] o uno dei Paesi con i più alti tassi di persecuzione anticristiana [12] e antioccidentale ‒ ha monopolizzato l’opinione pubblica mondiale scalzando la pandemia dal primato internazionale tenuto fino al 24 febbraio 2022 nel mainstreaming: il conflitto russo-ucraino.
Siamo passati dall’infodemia alla guerrodemia: improvvisamente, a netto dell’escalation delle operazioni belliche in Ucraina, una situazione geopolitica critica almeno dal 2014 è diventata all’improvviso un tema calamitante l’attenzione mondiale tanto da spingere Alain Franchon a sostenere che «la guerra in Ucraina, unita alla pandemia di Covid-19, potrebbe benissimo segnare la fine di un ciclo nella storia economica: l’età d’oro dell’internazionalizzazione del commercio» [13].
Bisogna a questo punto sottolineare, infatti, che il ginepraio ucraino possa ritenersi di recente scoperta, ma non di altrettanta genesi: lo conferma il fatto che «la “gloriosa notte del 22-23 febbraio […] che ha visto la deposizione e la fuga del “satrapo” Viktor Janukovyč e il ritorno al potere della discussa “Giovanna d’Arco ucraina” Julija Tymošenko, è stata provocata da forti pressioni provenienti dai gabinetti di Berlino, Parigi e Varsavia» [14]. Il lettore più attento avrà colto che si stia parlando non del febbraio 2022, ma di quello del 2014.
Quali le conseguenze della guerrodemia? Quelle certamente di continuare ad alimentare le paure e le ansie delle persone ormai trasformate in eterni consumatori everywhere (il concetto in base al quale «ogni contesto, luogo o momento può rappresentare un’occasione di contaminazione per l’acquisto» [15]) come hanno confermato le immotivate corse all’acquisto di beni alimentari ‒ in primis il “famigerato” olio di girasole [16] ‒ mentre la crisi russo-ucraina (lo comprovano le sanzioni imposte alla Russia), colpisce più che Putin, l’eurozona. Esattamente come aveva fatto, prima, il Covid-19.
Gli è che mentre «i media corporativi statunitensi sono saturi di opinionisti – molti dei quali ex-militari o funzionari della sicurezza nazionale – che vanno in onda per promuovere politiche e azioni da falco in Ucraina» [17] la guerrodemia coincide ‒ non a caso ‒ con l’aumento «dei titoli della difesa degli Stati Uniti in aziende leader come Raytheon, Northrop Grumman e Lockheed Martin […] E sulla scia dell’invasione della Russia, il presidente Biden ha firmato in legge un pacchetto di spesa che indirizza un record di 782 miliardi di dollari verso la difesa – quasi 30 miliardi di dollari sopra la sua richiesta iniziale. La legge firmata dal presidente autorizza 6,5 miliardi di dollari in aiuti militari per i paesi dell’Europa orientale, compresi 3,5 miliardi di dollari in nuove armi per l’Ucraina. Questo si aggiunge al miliardo di dollari già speso per armare le forze ucraine con armi come i missili anticarro Javelin prodotti da Raytheon e Lockheed Martin, e i missili terra-aria Stinger di Raytheon» [18].
Pare difficile non concordare con le conclusioni alle quali è pervenuta qualche giorno fa Alessia C.F. Alka: «Pandemia, cambiamento climatico, movimenti migratori, e guerre varie (presenti e passate): sta a noi cercare di sviluppare una maggior senso critico, senza cadere in fanatismi. Questo vale per tutte le fazioni» [19].
Anche perché, nel frattempo, l’attenzione andrebbe spostata verso ciò di cui si parla poco o nulla: non solo la ripresa azionaria delle warcompanies, ma anche le inquietanti conseguenze dei lockdown politici che il governo cinese sta imponendo a Shanghai e che, quelli sì, rischiano di porre definitivamente fine all’età d’oro della globalizzazione. E ciò, purtroppo, rischia di essere tutt’altro che una buona notizia. Come sempre, quando c’è di mezzo il «comunismo della sorveglianza» [20].
- Note:
- [1] Big Luca, Retargeting? Non adatto ai neofiti, in «Big Luca International», del 22 ottobre 2018, ora in https://bigluca.it/online-marketing/retargeting-non-adatto-ai-neofiti/.
- [2] R. Bonuglia, Cristiani e il ritorno dei talebani in Afghanistan, in «Corriere delle Regioni», del 13 agosto 2021, ora in https://www.corriereregioni.it/2021/08/13/cristiani-e-il-ritorno-dei-talebani-in-afghanistan-di-roberto-bonuglia/.
- [3] G. Manfredi, Infodemia. I meccanismi complessi della comunicazione delle emergenze, Rimini, Guaraldi, 2015.
- [4] Cfr., la voce «Infodemia», in AA.VV., Neologismi, Roma, Treccani, 2020, ora in https://www.trecca-ni.it/vocabolario/infodemia_(Neologismi)/.
- [5] L. Becchetti, Opinioni, in «Avvenire», del 5 febbraio 2020.
- [6] Trad. Ita.: «l’epidemia di coronavirus è stata accompagnata da una massiva ‘infodemia’, una sovrabbondanza di informazioni ‒ alcune accurate, altre meno ‒ che rende difficile per le persone trovare delle fonti credibili ed affidabili quando ne hanno bisogno», cfr., World Health organization, Coronavirus disease (Covid-19) pandemic, ora in https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019.
- [7] M. Lo Conte, Coronavirus, per l’Oms ora è allarme «infodemia». E i social si scatenano, in «IlSole24Ore», del 2 febbraio 2020, ora in https://www.ilsole24ore.com/art/corona-virus-l-oms-ora-e-allarme-infodemia-ACcWnTGB.
- [8] Accademia della Crusca, Infodemia, in https://accademiadellacrusca.it/it/parole-nuove/infodemia/19506.
- [9] Ibidem.
- [10] Alessia C.F. Alka, La Bolla Epistemica e la Narrativa Imperante, in «OraZero», del 15 aprile 2022, ora in https://www.orazero.org/la-bolla-epistemica-e-la-narrativa-imperante/.
- [11] D. Gandini, L’Afghanistan resta il cuore del traffico mondiale dell’oppio, in «Euronews», del 28 dicembre 2021, ora in https://it.euronews.com/2021/12/28/l-afghanistan-resta-il-cuore-del-traffico-mondiale-dell-oppio.
- [12] R. Bonuglia, La persecuzione che non fa notizia: quella dei cristiani, in «Corriere delle Regioni», del 31 luglio 2021, ora in https://www.corriereregioni.it/2021/07/31/la-persecuzione-che-non-fa-notizia-quella-dei-cristiani-di-roberto-bonuglia/.
- [13] A. Frachon, ‘The war in Ukraine, coupled with the Covid-19 pandemic, may mark the end of the golden age of globalization’, in «Le Monde», del 22 aprile 2022, ora in https://www.lemonde.fr/en/opinion/article/2022/04/22/the-war-in-ukraine-coupled-with-the-covid-19-pandemic-may-mark-the-end-of-the-golden-age-of-globalization_5981244_23.html.
- [14] E. Di Rienzo, Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo (dis)ordine mondiale, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2015, p. 18.
- [15] EGGERS, Everywhere Commerce. La nuova frontiera dell’eCommerce, in «Sistemiamo l’Italia», del 19 agosto 0216, ora in https://www.sistemiamolitalia.it/everywhere-commerce/.
- [16] G. Mombelli, Olio di girasole, raddoppia il prezzo e viene sostituito con quello di palma, in «SKY Tg24», del 2 aprile 2022, ora in https://tg24.sky.it/cronaca/2022/04/02/olio-girasole-raddoppia-prezzo-sostituito-con-olio-di-palma
- [17] A. Ramaswami, A. Perez, The Defense Industry’s Ukraine Pundits, in «The Lever», del 12 aprile 2022, ora in https://www.levernews.com/the-defense-industrys-ukraine-pundits/.
- [18] B. Wilkins, New Reporting Details Corporate Media’s War Industry Pundits, in «Common Dreams», del 12 aprile 2022, ora in https://www.commondreams.org/news/2022/04/12/new-reporting-details-corporate-medias-war-industry-pundits.
- [19] Alessia C.F. Alka, La Bolla Epistemica e la Narrativa Imperante, cit.
- [20] R. Bonuglia, Il Lockdown tra fine della privacy e comunismo della sorveglianza, in «Corriere delle Regioni», del 17 luglio 2021, ora in https://www.corriereregioni.it/2021/07/17/il-lockdown-tra-fine-della-privacy-e-comunismo-della-sorveglianza-roberto-bonuglia/.
Foto dall’archivio de “Il Corriere delle Regioni” – https://www.corriereregioni.it/2022/04/30/dallinfodemia-alla-guerrodemia-di-roberto-bonuglia/