Uno vorrebbe anche fare a meno di parlare dei politicanti italiani. Il loro degrado morale, il loro grado di asservimento ai potentati stranieri, la loro conclamata inettitudine, la loro comprovata disonestà, la loro boria e la loro alterigia, il completo scollamento dalla dura realtà fattuale alla quale siamo tutti noi cittadini italiani confinati, mentre costoro seguitano a vivere in una torre d’avorio… Sono tutti fattori che ci dovrebbero consigliare di pensare ad altro, non fosse perché, purtroppo, in parecchi si trovano ad attraversare momenti di grossa difficoltà in cui si ha ben altro per la testa che soffermarsi a rimuginare sul politico di turno. Insomma, ci sono argomenti ben più pressanti di cui la gente comune è costretta ad occuparsi. A volte, grazie al Cielo, sono anche argomenti più interessanti, rilassanti e gratificanti. Però poi capita di assistere a certe pagliacciate e l’onta che ricade sull’intero paese fa fremere di sdegno. Sicché ci si sente obbligati ad occuparsene, seppur controvoglia. Il riferimento è chiaramente alla visita di Giorgia Meloni in Ucraina, il giorno dopo quella di Joe Biden a Kiev. Francamente la figura politica di Giorgia Meloni sta divenendo sempre più irritante.

“Combatteremo per la vostra libertà”!? Come, prego? Cosa significa? Chi combatterà e contro chi? Siamo già in guerra contro la Russia e nessuno ce lo ha detto? In realtà, non si è così ingenui da negare la realtà. È da tempo più che evidente a chi ha un po’ di sale in zucca in testa che l’occidente collettivo è già in guerra contro la Russia. Iniziata come una guerra per procura, quella in Ucraina è già divenuta a tutti gli effetti una guerra aperta tra NATO e Federazione Russa. Il coinvolgimento delle nazioni occidentali, attraverso le continue forniture di armi e pure di uomini al regime di Kiev, nonché attraverso un’incessante propaganda degna, appunto, dei tempi di guerra, non possono lasciare dubbi al riguardo. Però è sempre sconvolgente sentire con quale frequenza e leggerezza i politici occidentali si lasciano andare a dichiarazioni tanto sconcertanti. Ormai non hanno neppure più il pudore di trattenersi.

“Siamo in guerra contro la Russia”1, ha dichiarato alcune settimane fa il ministro degli esteri tedesco, Annalena Baerbock, del partito dei Verdi (sulla carta, il partito pacifista per eccellenza in Germania). “L’Ucraina deve vincere la guerra”, le fa eco il premier finlandese Sanna Marin2. “L’Ucraina ha bisogno di munizionamento e noi dobbiamo rifornire i nostri depositi”3, ribatte il primo ministro estone Kaja Kallas. “La Russia progetta un colpo di stato contro di noi”, accusa il premier moldavo Maia Sandu4. “Putin deve fallire”, minaccia con imperio il presidente della commissione europea Ursula Albrecht in Von der Leyen5. “Gli Stati Uniti hanno determinato in modo formale che la Russia ha commesso crimini contro l’umanità”, sentenzia senza appello Kamala Harris6, il vicepresidente dell’eccezionalistan. Parole queste senza possibilità di replica. Alle quali si aggiungono oggi anche quella del primo ministro italiano Giorgia Meloni.

Cosa hanno in comune tutte queste affermazioni? Siccome noi non siamo picoretti e del politically correct non ce ne importa nulla, la prima constatazione che ci sentiamo di fare è la seguente: sono tutte esternazioni proferite da donne. “Sessista”- ribatteranno alcuni – “come osi macchiarti di un tale crimine d’odio? Rammentati di quanto sostenuto dalla stessa Kallas, secondo cui se solo ci fosse stata una donna alla guida del Cremlino non sarebbe scoppiata alcuna guerra”7. A parte il fatto che non è propriamente credibile un politico donna che sostiene che le donne portano la pace quando ella stessa parla non di pace ma di armi. Tuttavia, per confutare questa asserzione senza alcun fondamento basterebbe citare i nomi di alcune donne famose che hanno ricoperto ruoli di primo piano nella politica internazionale negli ultimi anni: Hillary Clinton, Victoria Nuland, Condoleeza Rice e Madeleine Albright.

La Clinton, tra le altre cose, viene ricordata per la risata dai toni demoniaci con cui si compiaceva della tragica morte del leader libico Gheddafi8. Victoria Nuland in Kagan, ossia madame Fuck the EU, è notoriamente una dei massimi responsabili di quanto sta oggi accadendo proprio in Ucraina, essendo stata a detta dello stesso Donald Trump la principale promotrice di Euromaidan9. La Rice, oltre per le accuse di aver autorizzato l’uso di pratiche di tortura ai danni di prigionieri islamisti10, la si rammenta per essere stata tra i principali artefici delle campagne militari degli USA in Medio Oriente, avendo perorato la necessità dell’intervento americano in Iraq per fronteggiare le fantomatiche armi di distruzione di massa di Saddam. La Albright, dal canto suo, è stata quella che con indicibile disumanità giustificava la morte di centinaia di migliaia di bambini iracheni proprio a seguito di queste guerre11. Una volta si diceva: “donna al volante, pericolo costante”. Forse oggi questo detto andrebbe rivisto sulla base duìi quanto appena esposto. Alla faccia di quanto sostenuto dalla Kallas…

Comunque, ad onor del vero, non è che le dichiarazioni dei colleghi maschi siano di diverso tenore. Ma è con sgomento che noi italiani oggi dobbiamo apprendere che la Meloni ha preso posizione a favore dell’Ucraina. Fossero state le sue dichiarazioni improntate ad una certa dose di diplomazia, si poteva anche fare finta di nulla. Ma il problema è che la Meloni ha usato toni alquanto perentori, ultimativi, certo non dissimili da quelli utilizzati dagli altri politicanti europei, ma sempre molto “fastidiosi” e difficili da accettare anche perché l’opinione pubblica italiana è decisamente contraria all’invio di armi in Ucraina12. Per di più, sembra proprio che abbia garantito a Zelens’kyj che noi italiani, come recita per altro il nostro prosopopeico inno, “siam pronti alla morte”. Solo che la Meloni dovrebbe spiegarci a noi suoi elettori perché a chiamarci alla morte non è stata l’Italia ma l’Ucraina, un paese dalle cui controversie con la Russia dovremmo tenerci alla larga. In fin dei conti, non è altro che la nostra costituzione ad imporcelo13. Viene difficile dar torto a chi sarcasticamente suggerisce alla Meloni di ribattezzare il proprio partito nella seguente maniera:

Comunque la si voglia vedere, la continua assistenza militare che gli ultimi due governi italiani, prima quello di Draghi ed adesso quello della Meloni, hanno garantito all’Ucraina è fuori di dubbio un atto di una gravità assoluta che getta discredito sulle istituzioni italiane, che non rispettano la costituzione del nostro paese. Certo, la corte costituzionale nella persona del suo ex presidente Giuliano Amato ha sancito che la consegna di armi all’Ucraina non viola la costituzione perché – così ha sostenuto il dottor Sottile – il ripudio della guerra da parte della carta costituzionale non è assoluto, consentendo essa una guerra di carattere difensivo14. Si tratta pur sempre della stessa corte costituzionale che, come puntualizzato dal nuovo presidente Silvana Sciarra, ha stabilito come gli obblighi vaccinali messi in opera del governo Draghi nei confronti di certe categorie di lavoratori fossero pienamente giustificati dalla scienza15, salvo poi recentemente affermare che non lo erano quelli destinati ai militari16.

A questo proposito, mi si consenta una piccola digressione. In base a che cosa si stabilisce cosa sia scienza oppure no? Cosa sia scienza, spesso non lo sanno neppure gli stessi scienziati, o presunti tali. La scienza, per sua definizione, è in continua evoluzione secondo un processo che non è mai lineare ma in qualche modo quantizzato. Quello che in una data epoca può essere considerato come una verità scientifica assoluta, da lì a poco potrebbe essere completamente confutato e soppiantato da una teoria scientifica più precisa ed avanzata. Oggi non prevale la scienza propriamente detta, ma una forma di acceso dogmatismo che richiede un’adesione di tipo fideistico in cui lo stesso metodo scientifico di stampo galileiano è sovente accantonato. In ogni caso, non spetta certo ad un giurista deliberare cosa sia scienza o meno. Egli è tenuto a prendere decisioni sulla base della Legge.

Similmente, non è compito del medesimo giurista stabilire cosa sia una guerra difensiva e chi, nel caso, sia l’aggressore o l’aggredito. L’Ucraina, spalleggiata dall’occidente collettivo, accusa la Russia di essere lo stato aggressore. Ma la Russia si difende sostenendo a sua volta che la sua è stata una guerra preventiva, motivata dal fatto che l’Ucraina era sul punto di iniziare una sanguinosissima repressione ai danni dei cittadini russofoni delle repubbliche separatiste. Il fatto che negli ultimi tempi l’ex presidente francese François Hollande e l’ex cancelliere tedesco Angela Merkel abbiano fatto chiaramente intendere che gli accordi di Minsk sono stati solo uno stratagemma per raggirare la Russia, consentendo all’Ucraina di meglio prepararsi per la guerra, fa propendere per la tesi dei Russi; o quanto meno dovrebbe spingere a riflessioni più profonde17.

Sia quel che sia, la costituzione italiana non potrebbe essere più chiara: l’Italia ripudia la guerra come strumento per la risoluzione delle controversie internazionali. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che dal punto di vista giuridico l’interpretazione data da Amato potrebbe pure essere considerata corretta, che alla fine questi non sono altro che cavilli e che la Russia sia effettivamente lo stato aggressore contro cui l’Ucraina ha tutto il diritto di difendersi. Il fatto però è che ai Russi dei cavilli della legge italiana non può fregar di meno. Loro sanno che le armi che inviamo agli ucraini servono per uccidere i loro soldati ed i loro stessi cittadini. E questo basta e avanza perché ci possano considerare un paese ostile se non addirittura cobelligerante al fianco dell’Ucraina.

Il resto non ha importanza. Ed è per questa ragione che chi si assume questa responsabilità, di continuare a rifornire di armi un paese in guerra, deve essere conscio delle conseguenze delle sue azioni e a pagarne eventualmente il fio. Tengo a precisare che io sono uno di quei milioni di italiani, circa un terzo dell’elettorato18, che in occasione delle ultime elezioni politiche non si è recato ai seggi per esprimere la propria preferenza. Il motivo di questa mia scelta personale è evidente ed è – presumo – lo stesso che spiega perché così tanti altri italiani hanno disertato (e sempre più in massa stanno disertando, come si è visto anche nelle ultime elezioni regionali19) le urne: la convinzione che il voto non sarebbe servito ad alcunché essendo la democrazia in Italia lettera morta.

Dopo gli scempi compiuti dagli ultimi governi, ai quali hanno preso parte praticamente tutti i partiti politici dell’arco costituzionale, ad eccezione appunto di Fratelli d’Italia, per una mera questione di coscienza mi sarebbe stato impossibile votare per anche uno solo di essi. L’unico partito “votabile”, si fa per dire, era proprio quello della Meloni proprio in virtù del fatto che essendo rimasto all’opposizione ai tempi del governo Draghi non si era macchiato, almeno sulla carta, dei misfatti di cui sono stati responsabili i partiti che hanno avvallato le più bieche misure degli ultimi anni. Ma non si era così ingenui da non tenere a mente che i margini di manovra del nuovo governo Meloni sarebbero stati alquanti limitati. Era evidente che non ci sarebbe potuta essere alcuna svolta in senso sovranista. Non si ignora la storia. L’Italia, al pari della Germania, ha perduto la seconda guerra mondiale e da allora siamo uno stato a sovranità limitata. La stessa Victoria Nuland, proprio lei, qualche giorno fa ce lo ha ricordato20. Chi come me ha disertato le urne lo ha fatto proprio perché, conscio del fatto che il nostro paese può essere anche autonomo ma non mai pienamente sovrano, non aveva più alcun motivo per illudersi che il proprio voto potesse contribuire a cambiare in meglio le cose. Almeno ci si è voluti risparmiare la rabbia ed il disdoro di poter venire in qualche modo considerati come complici di queste oscenità.

Però era difficile immaginare che la Meloni, non a caso soprannominata Lady Aspen, si rivelasse tanto sottomessa ai potentati internazionali: non si pensava potesse umiliarsi a tal punto, al contempo umiliando la nazione di cui è a capo. Si sperava che almeno un minimo di libertà d’azione in alcuni ambiti, come quello dell’immigrazione clandestina, potesse avercelo. Invece nisba. Neppure quello. Neppure la dignità di evitare al paese la tremenda umiliazione di essere alla mercé dei pirati delle navi ONG e dei melanodermi che pretendono di essere mantenuti vita natural durante a spese del sempre più povero contribuente italiano. Ma con la pagliacciata del viaggio a Kiev per rendere omaggio al noto cocainomane guerrafondaio si è proprio toccato il fondo. Questo segna probabilmente il punto più basso nella storia di questa tragica, derelitta ed infausta repubblica. La Meloni, poi, si sta dimostrando a livello personale né intelligente né furba. Dovrebbe prendere spunto da due dei suoi predecessori: Berlusconi e Draghi.

Quest’ultimo – ci viene ancora ripetuto – ha lasciato Palazzo Chigi perché, non apprezzato a sufficienza dalle forze politiche litigiose della sua pur vasta maggioranza parlamentare, ha detto basta per non dover sottostare ai loro diktat. Balle. La verità è che, diversamente dalla Meloni, Draghi seppur non intelligente è almeno furbo ed ha capito in anticipo che restare alla guida del governo sarebbe stato per lui come finire in un tritacarne. Come noto, ha suscitato molte polemiche la decisione recentemente presa – per altro tra il lusco ed il brusco – dal governo Meloni di riformare la misura di incentivazione alla ristrutturazione edilizia del Superbonus, introdotta allo scopo di risollevare il settore edile dopo la crisi seguita alla crisi pandemica. Solo pochi mesi fa, alla vigilia delle elezioni, la Meloni difendeva a spada tratta questa misura:

Questo voltafaccia da parte della Meloni, oltre a rendere la vita difficile a tanti tra imprese e privati rimasti col cerino in mano, ha lasciato allibiti dato che lo stop alla cessione dei crediti sfavorisce apertamente le fasce meno abbienti della popolazione che facevamo affidamento su questa misura per dei lavori di ristrutturazione per i quali altrimenti non avrebbero avuto la disponibilità economica. Come spiegarsi questo cambio di rotta a 180° (non a 360°, come avrebbe detto la Baerbock)? Una credibile spiegazione pare essere quella del valente Dragoni:

In poche parole, la BCE ha chiuso i cordoni della borsa e la Meloni, non volendo contraddire i suoi referenti economici europei, ha deciso di abbracciare l’austerità europoide in tutto il suo splendore. Peccato solo che questo non possa che comportare un ulteriore impoverimento per noi italiani. E poi, non sia mai che i crediti del Superbonus possano incominciare a girare come una moneta parallela, alla stregua dei Me.Fo. Bonds di Hjalmar Schacht21!

Oltretutto, se ne avessi mai la possibilità, mi piacerebbe porre al primo ministro italiano la seguente domanda: “quando lei pensa che finirà la guerra in Ucraina”? Non è una domanda banale, per nulla. Ordunque, nessuno sa quando avrà termine questa guerra. Quando, ormai un anno fa, la Russia diede avvio a quella che chiama operazione speciale di de-nazificazione dell’Ucraina, personalmente ritenevo che il conflitto, data la netta superiorità militare della Federazione Russa, sarebbe durato poche settimane. Invece dura ormai da un anno. Non ho tenuto in debita considerazione il fatto che i Russi non hanno fretta. È nella loro natura: quando si prefiggono dei risultati, per loro riveste poca importanza il tempo necessario per raggiungerli. Ciò che conta è che questi vengano effettivamente raggiunti, magari anche minimizzando le perdite e massimizzando i guadagni.

D’altro canto, non aveva per loro senso riportare l’Ucraina all’età della pietra, come invece sono soliti fare gli americani, dal momento che se ne vogliono annettere una buona parte; e quindi l’Ucraina a loro serve più o meno intera. Parimenti, come spesso ripetono al Cremlino, non considerano l’intero popolo ucraino loro nemico, ma solo quella ristretta parte fanaticamente ideologizzata che voleva procedere ad una pulizia etnica nell’ex repubblica sovietica. Ma soprattutto, dando loro ormai per scontato da anni l’ineluttabilità di un conflitto più o meno aperto con la NATO – cosa che oggi sta obiettivamente succedendo – viene difficile pensare che non si siano organizzati in modo tale da far diventare l’Ucraina un tritacarne in cui stritolare il nemico. Mi pare che ci stiano riuscendo, a giudicare dalla rapidità con la quale le potenze occidentali stanno svuotando i propri arsenali senza avere più la possibilità di rimpinguarli, e di come le sanzioni da queste emesse ai danni della Russia la stiano invece avvantaggiando, grazie alle politiche autarchiche che essa ha saputo approntare, mentre al contrario da noi in occidente l’indigenza generale va rapidamente crescendo.

Ecco, appunto, non è possibile sapere quando avrà finalmente arriverà la pace. I Russi sono pronti ad una guerra lunga ed estenuante22 ma l’impressione è che non manchi poi molto alla fine per lo meno del conflitto in Ucraina. Per il resto si vedrà. Semplicemente l’Ucraina, anche se continuerà a beneficiare degli aiuti militari dell’occidente collettivo, quanto prima finirà la carne da cannone senza cui la guerra non potrà proseguire. La sconfitta dell’Ucraina si sta delineando23, scrive il sempre bravo Thierry Meyssan, che fa presente come sempre più si faccia largo nelle cancellerie occidentali la convinzione che il regime di Zelens’kyj non sia più in grado di durare a lungo. Le terribili perdite che l’esercito ucraino sta patendo in quell’autentico macello che è ormai divenuto il fronte di Bakhmut fanno sì che si intensifichino le voci secondo cui esso sia prossimo allo sfaldamento. Ovviamente, sono voci da confermare, sicuramente da prendere con le molle e forse addirittura inattendibili. Ma per completezza di informazione, riportiamo la notizia:

Ammesso e non concesso che le reclute ucraine al fronte senza adeguato addestramento ed equipaggiamento durino appena quattro ore prima di essere ferite o uccise, come riportato da Nicolai Lilin24, viene da chiedersi quanto ancora possa durare l’Ucraina prima di terminare la sua scorta di carne da cannone. Perché le armi, in una maniera o nell’altra, ce le si può ancora procurare; la carne da cannone con le quali usarle, no. Se l’è posta questa domanda la Meloni recandosi in visita a Kiev dove, come una sessantottina qualsiasi, ha di fatto declamato a favore di Zelens’kyj il celebre motto della sinistra rivoluzionaria hasta la victoria siempre25? Forse le potrebbe venire qualche dubbio vedendo questa foto dello stesso comico assieme a Biden in occasione del loro recente incontro a Kiev; non sembrano avere un’espressione felice…

Persino il summenzionato Berlusconi, sul conto del quale, per ovvi motivi, si preferisce non esprimere giudizio, ha almeno la qualità di essere, a differenza della Meloni, sia furbo sia intelligente. Amico di lunga data di Putin, Berlusconi ha decisamente preso le distanze da Zelens’kyj con cui in qualità di premier dice che non si sarebbe mai voluto incontrare, ritenendolo responsabile della rovina del suo popolo26. Stizzita e decisamente fuori luogo è stata la reazione di quest’ultimo, che ha accusato Berlusconi di parlare così perché non ha mai provato sulla propria pelle gli orrori della guerra. Peccato solo che Berlusconi, che ha più di 80 anni, da bambino abbia effettivamente vissuto simili tragici momenti allorché gli Alleati, i nostri cosiddetti liberatori, nonché oggi principali sponsor del comico ucraino, hanno bombardato la città di Milano costringendo la sua famiglia a sfollare27.

Il punto è che Berlusconi non solo ha ragione, ma con questa sua esternazione ha forse fatto capire di considerare la guerra in Ucraina come prossima alla conclusione. Insomma, potrebbe essere che, essendo egli sia furbo sia intelligente, ha capito che questa visita della Meloni a Kiev, oltre ad essere del tutto inappropriata dal punto di vista delle relazioni con la Russia, potrà avere un effetto boomerang sulla tenuta del presente governo. E lui vorrà approfittarne. Cosa succederà se – forse, magari chissà – da qui a poco ci svegliassimo una mattina e ci dicessero in TV che la guerra è finita perché la Russia ha vinto e Zelens’kyj è scappato chissà dove o magari è stato ucciso per mano di un qualche suo ex collaboratore con cui aveva dei conti in sospeso? Chiaramente queste sono solo nostre congetture. Però non ci sembra un’interpretazione così peregrina. E le recenti esternazioni di Berlusconi potrebbero anche spiegarsi proprio in questo senso.

Resta però un fatto. La Meloni, forse senza rendersene conto, volendo soddisfare i suoi referenti stranieri, si è messa in un vicolo cieco. Se per davvero la guerra si concluderà presto, quando ciò sarà evidente ai più lei avrà irrimediabilmente perso la faccia di fronte all’opinione pubblica italiana, cui dovrà spiegare perché ha fatto mancare le poche risorse disponibili per alleviare le difficoltà delle famiglie quando invece ha dato soldi a profusione all’Ucraina.

Peggio ancora, cosa succederà se la NATO vorrà alzare la posta? “Putin deve perdere questa guerra”, abbiamo sentito ripetere ad ogni piè sospinto da un po’ tutti i politicanti europei. Ma se non succederà? Se sarà invece la Russia di Putin a vincere anche se potrebbe volerci ancora molto tempo? Cosa farà la NATO? Si rassegnerà al trionfo della Russia?

In questo caso la NATO rischierà seriamente di sgretolarsi. Già adesso vi sono membri piuttosto riottosi in seno all’Alleanza Atlantica a cui non piace seguire pedissequamente i dettami degli americani, come invece fa con lestezza il nostro governo. L’Ungheria e la Croazia sono apertamente contrarie all’invio di armi a favore di Kiev: a beneficiarne, dicono, sono solo gli Stati Uniti, mentre noi europei abbiamo tutto da perdere28. Addirittura la Turchia, ovvero il paese con l’esercito più potente nella NATO, non solo continua ad opporsi all’ingresso di Finlandia e di Svezia29 ma – si dice – avendo già preferito gli armamenti russi a quelli americani, potrebbe essere prossima a fuoriuscirne30. Sono già passati più di tre anni da quando Macron definì la NATO in stato di morte cerebrale31. L’eventuale sconfitta dell’Ucraina malgrado l’appoggio incondizionato di quasi tutti i suoi membri sarà semplicemente la certificazione che la NATO è proprio morta. E questo darà il via alla dissoluzione non solo dell’impero americano ma di tutto quell’ordine mondiale basato su regole che è alla base di quel fenomeno totalitario che chiamiamo globalizzazione.

Questo alcuni non se lo possono permettere. Hanno investito troppo, in termini di risorse, tempo ed energie, affinché gli Stati Uniti, attraverso la NATO, diventassero il caposaldo di questo ordine mondiale fondato su regole. Non si possono permettere che la Russia di Putin, ancorata a quei valori tradizionali a cui il leader del Cremlino non manca mai di fare accenno, possa loro rompere le uova nel paniere proprio nel momento in cui il traguardo sembrava così a portata di mano. Che farà dunque la NATO? Questo è il punto.

A differenza dell’occidente presunto democratico, dove i più sembrano intontiti e del tutto incapaci di comprendere la gravità del momento, anche a seguito di una nauseabonda propaganda che non ha veramente nulla da invidiare a quella dei regimi che ci vengono presentati come totalitari, in Russia si è ben consapevoli dei rischi che si stanno correndo. Nel suo recente discorso all’Assemblea Federale32 Putin, oltre ad accusare le élite occidentali di essere senza onore, fiducia e decenza, si è rivolto alla nazione citando tra l’altro una frase di Pëtr Arkad’evič Stolypin33, storico primo ministro dello Zar Nicola II, nonché autore di una riforma agraria che, se non fosse intervenuta la prima guerra mondiale e di conseguenza la rivoluzione d’ottobre, a detta di molti avrebbe modernizzato la Russia scongiurando pertanto il pericolo di qualsivoglia sollevazione popolare. Ecco la frase di Stolipyn menzionata da Putin: “Nella difesa della Russia dobbiamo tutti unirci, coordinare i nostri sforzi, i nostri doveri e i nostri diritti per sostenere un diritto storico supremo: il diritto della Russia di essere forte“. Non si tratta di una citazione fatta a caso, come fra poco vedremo.

In questa lunga orazione, per lo più ad uso e consumo interno, Putin si è rivolto a 360° all’opinione pubblica russa alla quale ha voluto spiegare quali saranno a grandi linee le strategie che il governo federale implementerà nei prossimi anni, in ambito industriale principalmente, ma anche finanziario, agricolo, dell’edilizia, dell’istruzione pubblica, della cultura e di quant’altro, per garantire la prosperità di tutta la popolazione della Federazione. Si è anche rivolto agli oligarchi, quelli che negli anni ‘90 avevano conseguito enormi fortune svendendo alle multinazionali occidentali le ricchezze materiali della Russia, salvo poi reinvestire questo enorme flusso di denaro non in patria, per il benessere dei concittadini, ma all’estero, e per lo più nell’acquisto di futili beni voluttuari così da ostentare con vacuità morale la propria opulenza. Putin ha offerto loro un ramoscello d’ulivo: di fronte al fatto che in questo momento, a causa delle insulse politiche sanzionatorie dell’occidente, i loro patrimoni all’estero non sono al sicuro, li ha invitati a mostrare spirito patriottico, a reinvestire i propri capitali in patria, a contribuire concretamente allo sviluppo del paese, a far parte della civiltà russa. In questo modo, questi oligarchi, finora molto invisi all’opinione pubblica russa, avrebbero la possibilità di redimersi agli occhi di quest’ultima.

Se vogliamo, quanto Putin ha illustrato è stato una serie di politiche economico-sociali incentrate sul principio dell’autarchia. La Russia, in altre parole, deve fare tutto da sola. Date le sue enormi ricchezze materiali, quantificabili in circa 75.000 miliardi di dollari34, e la qualità del suo capitale umano, ne ha tutte le possibilità. Ma è evidente che non si tratta di una strategia fine a se stessa: oggi l’autarchia si è resa necessaria per la Russia perché è sotto attacco. Ed il confronto con l’occidente si farà sempre più aspro, fino al punto – si spera di no – di arrivare sul baratro di una guerra mondiale. L’obiettivo finale è quello di preservare e rafforzare la sovranità della Russia in modo tale che non giunga mai più il giorno in cui i suoi governanti, divenuti succubi di potentati stranieri, voltino le spalle al loro stesso popolo. Da qui la citazione patriottica a Stolipyn e l’invito agli oligarchi di fare finalmente la loro parte.

Quanta differenza con l’Italia! Lì, in Russia, abbiamo una leadership preparata, motivata, istruita, dall’educazione superiore, perfettamente conscia degli attacchi e dei pericoli cui è sottoposto il paese, ma soprattutto in grado di gestire la crisi in atto per la quale da tempo sta preparando la popolazione affinché, qualora le cose precipitassero, non vi giunga impreparata. Qua, da noi, in Italia, ma in generale in tutta Europa, abbiamo governanti incompetenti, delle cui capacità intellettive è persino lecito dubitare, follemente ideologizzati, senza talento e preparazione, venduti, incapaci di assumersi la benché minima responsabilità, mancanti completamente di empatia verso il proprio stesso popolo, senza onore, opportunisti e per giunta profondamente ipocriti. In che altro modo se non ipocrita definire chi si è sempre detto sovranista ma che, quando detiene il potere, non fa altro che compiere tali misfatti da aver fatto rimpiangere persino la sinistra terzomondista, europeista ed anti-italiana di matrice sorosiana?

I mesi che ci attendono si prospettano come molto caldi. Parlavamo poco sopra delle scelte che gli Stati Uniti attraverso la NATO saranno presto tenuti a fare di fronte alla sconfitta dell’Ucraina che forse è imminente. Ci sono due alternative. O si accetta la sconfitta senza fiatare; ma questo nel volgere di poco porterà all’implosione dell’Alleanza Atlantica con uno stravolgimento geopolitico a livello planetario che nessuno è in grado di prevedere come finirà. Oppure, si alza l’asticella, intervenendo direttamente nel conflitto contro la Russia e quindi non solo più limitandosi a fornire armi ed uomini all’Ucraina. Ma questo significa solo una cosa: l’inizio della terza guerra mondiale.

Il ministro degli esteri del governo Meloni, Antonio Tajani, seguita a ripetere che noi non siamo in guerra contro la Russia, anche se armiamo l’Ucraina35. Ma se la NATO optasse per la seconda soluzione, noi in guerra contro la Russia ci saremmo per davvero. Forse che, a nostra insaputa, le Camere conformemente all’articolo 7836 della costituzione hanno già deliberato lo stato di guerra e conferito al governo Meloni i necessari poteri?

Chi oggi è al governo dovrebbe essere consapevole di questo rischio che malauguratamente si fa di giorno in giorno più concreto. Seguire pedissequamente i diktat della NATO può forse consentire di acquisire sempre più potere personale con cui soddisfare il proprio ego, ma fa tremendamente crescere il rischio di un conflitto mondiale contro una nazione che la maggior parte del popolo italiano continua in ogni caso a considerare amica. E quest’ultima, per di più, dispone del maggior arsenale nucleare del mondo, col quale in pochi istanti può incenerire il nostro paese dove pullulano gli obiettivi militari contro cui può scagliarsi, essendo il nostro territorio disseminato di basi NATO dove sono anche custodite armi atomiche americane.

Dio non voglia, ma se mai dovesse scoppiare questa sciagurata guerra, come si giustificheranno i nostri governanti? “Noi non sapevamo, non immaginavamo, non pensavamo… Oh Dio, cosa abbiamo fatto per meritarci tutto questo”? L’ignoranza non potrà essere una scusante. Tutte colpe dovranno essere espiate sino in fondo, a carissimo prezzo, poiché il perdono non sarà possibile. Chi detiene ruoli di potere dovrebbe essere perfettamente consapevole delle responsabilità che comporta la gestione di quest’ultimo, soprattutto quando si agisce motivatati non dall’interesse nazionale ma da bieco opportunismo. In fin dei conti, ognuno di noi è dotato di libero arbitrio. Nessuno può scampare all’esercizio del libero arbitro. Anche quando ci si illude di essere nelle condizioni di non dover decidere nulla, una scelta la si fa sempre.

Alcuni governanti occidentali, più bravi e meritevoli dei nostri, hanno già fatto una ben precisa scelta di campo. Hanno deciso di stare dalla parte del proprio popolo. Questa scelta, l’ha fatta Putin innanzitutto che, come appena menzionato, ha preso la decisione di difendere la propria gente anche a costo di scatenare la terza guerra mondiale. L’ha fatto Orbàn, che non vuole che gli ungheresi paghino per la scelleratezza di altri, anche se questo significa rendere l’Ungheria invisa ai tanti che semplicemente non sanno capire. L’ha anche fatto Trump, che si è recato in Ohio per esprimere la propria vicinanza alla popolazione locale colpita da un’immane tragedia ambientale37, mentre il commander in chief era altrove a seminar zizzania.

Tutti fanno scelte, anche quando si pensa di non averle fatte. Il non decidere, il mettere la testa sotto la sabbia a mo’ di uno struzzo, il pensare di svicolare facendo finta di nulla… sono solo illusioni, finzioni. Anche agendo così, una scelta si finisce pur sempre per farla. Ed ogni scelta ha dei costi che andranno pagati a prescindere dal proprio grado di consapevolezza. Solitamente chi prende una decisione in maniera disinteressata, quindi non necessariamente seguendo il proprio interesse personale, ha ben presente le conseguenze che dovrà affrontare a seguito di questa propria consapevole decisione. Altrimenti c’è da credere che nemmeno l’avrebbe presa. Al contrario, chi tende ad agire egoisticamente, illudendosi di non aver compiuto alcuna scelta, non è spesso in grado di comprendere ciò a cui andrà incontro. Pertanto è destinato a venire travolto dagli eventi futuri. È ineluttabile che sia così.

In Italia non esiste più una figura politica degna di credibilità. In pochi anni, sono stati bruciati tanti di quei personaggi che non si vorrebbe nemmeno menzionare, perché su su di loro si preferirebbe solo stendere un velo pietoso. Ognuno di questi personaggi è diventato molto velocemente impresentabile agli occhi dell’elettorato italiano per un motivo alquanto banale: nessuno di loro ha realmente attuato una politica incentrata alla difesa di quel poco che restava della sovranità della nostra nazione, ma tutti loro si sono sempre impegnati al solo scopo di compiacere il padrone di turno. L’ultima figura politica minimamente spendibile che era rimasta in Italia era la Meloni che ha agevolmente vinto le ultime elezioni solo per una ragione: durante il governo Draghi era all’opposizione e questo ha illuso molti che fosse una reale alternativa. In realtà, era solo l’ultima carta che restava al sistema da giocare. Era, appunto. Come abbiamo cercato di delineare nel presente articolo, anche la Meloni ha perso ogni forma di credibilità in un modo che era pure difficile immaginare si potesse rivelare tanto rapido.

Oggi questo sistema non ha più nessuna carta da giocare, per lo meno nessuna carta appena appena presentabile. È sicuramente un bene, poiché possiamo dire che in qualche modo il re è nudo. Ma c’è il rovescio della medaglia. Cosa succederà nel prossimo futuro, nessuno lo sa con certezza. Ma proprio per via del fatto che non ci sono più figure spendibili, la situazione non potrà che tendere velocemente al caos. In molti ne verranno travolti perché inconsapevoli. Giorgia, come una novella Madame de Pompadour38, potrebbe oggi dichiarare con malcelata fierezza: “Après moi, le déluge”!

  • 1https://www.farodiroma.it/siamo-in-guerra-con-la-russia-le-sconvolgenti-affermazioni-di-annalena-baerbock-ninistro-degli-esteri-tedesco/
  • 2https://www.cbsnews.com/video/finnish-prime-minister-sanna-marin-ukraine-must-win-the-war-60-minutes/
  • 3https://www.corriere.it/esteri/23_febbraio_13/armi-all-ucraina-munizioni-come-vaccini-l-estonia-chiede-sistema-unico-europeo-acquistarle-produrle-c7daebd8-abb7-11ed-92dc-351a054661eb.shtml
  • 4https://tg24.sky.it/mondo/2023/02/14/moldavia-maia-sandu-russia-golpe
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  • 17https://www.money.it/guerra-ucraina-grande-bugia-svelata-merkel-hollande
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