Gli americani hanno l’abitudine di battezzare con un nome qualunque categoria di massa, spesso coniando un neologismo.  Le generazioni nate alla fine del XIX e nel XX secolo, e anche successive,  non sono sfuggite a questa consuetudine. Abbiamo sentito parlare dei Baby Boomers, della Greatest Generation, della Silent Generation, della Lost Generation, della Generation X  e adesso dei Millennials. 

Il sottoscritto, nato all’inizio degli anni 60,  appartiene alla parte conclusiva dei Baby Boomers, la seconda ondata. Figlio di coloro che hanno combattuto o vissuto la Guerra, the Greatest o Silent Generation, e nipote di quelli che hanno lasciato il loro sangue nelle trincee della Grande Guerra, the Lost Generation. Ma io definirei la mia generazione, nata nella seconda ondata del Baby Boom, tra il 1955 ed il 1965, più che Baby Boomer, la generazione più fortunata, the Luckiest Generation. Io sono parte della Luckiest Generation.  

Ma, visti gli eventi degli ultimi anni, degli ultimi mesi, lo sfascio quasi quotidiano davanti ai nostri occhi nelle così dette Democrazie Occidentali,  mi chiedo se sia ancora corretto usare il termine  Luckiest Generation.  Tra qualche anno potrò definirmi ancora parte della Luckiest Generation ? Se ci arriviamo a tra qualche anno.

Alla Luckiest Generation, in Occidente, non è mancato materialmente mai nulla, assolutamente  nulla. Mai nulla di materialmente importante. Siamo vissuti con la convinzione, testimoni gli avvenimenti quasi settimanali  davanti ai nostri occhi, che la generazione successiva sarebbe vissuta, materialmente, sempre meglio della generazione precedente. Un progresso continuo dove i figli vivono sempre meglio dei genitori.   Siamo stati anche definiti la società dei consumi e del benessere generalizzato. Il problema è addirittura diventato come smaltire tutto quanto prodotto, acquistato e consumato, a volte in modo superfluo, senza necessità alcuna.

Dalla fine degli anni 40, fino alla fine degli anni 90,  quasi 50 anni,  tutti gli indicatori sono sempre stati in fortissima espansione: indicatori economici, di innovazione scientifica e tecnologica, di industrializzazione e produttività – giganteschi aumenti in produttività in tutti i settori – di istruzione accessibile a tutti, di welfare e  benessere sociale generalizzato. Un Occidente, trainato dal modello americano, ripeto trainato dal modello anglo-americano, basato nelle sue fondamenta sul sistema  capitalista di libertà individuale e di libera concorrenza (con importanti leggi anti-trust). Un sistema di libero commercio internazionale, all’interno dell’Occidente,  e di aziende in massima parte di proprietà privata, spesso quotate in borse in modo da essere acquistabili anche dal singolo risparmiatore.

Un ruolo per lo Stato, in campo economico e scientifico, assai limitato (invero molto più limitato nel mondo anglo-sassone che nella Europa Continentale di estrazione francofona) e solo legato a specifiche attività o progetti di Difesa e Sicurezza Nazionale. Uno Stato il più possibile decentralizzato, tarato sulle singole esigenze nazionali, regionali e etniche, il cui compito principale era proteggere il territorio e le frontiere e assicurare la convivenza pacifica e pace sociale tra tutti i cittadini dello Stato e, a livello internazionale, tra tutte le Nazioni.

Ma l’Uomo non vive solo di beni e benessere  materiale. Anche se questi ultimi sono sempre necessari affinchè  l’Uomo possa raggiungere uno stadio superiore di consapevolezza e creatività. Un uomo affamato ed infreddolito non sarà  in grado di convivere pacificamente col suo vicino o di dipingere la Cappella Sistina. Ma anche nel  campo della libera espressione individuale, della valorizzazione del merito, e dell’output culturale ed artistico ad essi strettamente collegato, credo che questi 50 anni, gli anni della Luckiest Generation, non temano paragoni nella lunga storia dell’Uomo. Gli anni 60-80 sono probabilmente stati, in assoluto, i più creativi della nostra lunga storia.

Nei miei primi 50 anni, ed immagino tanti dei miei compagni di viaggio della Luckiest Generation, non ho ricordo,  eccetto forse per buona educazione o per ottenere qualcosa da un impiegato pubblico o da un potenziale cliente, di avere mai avuto timore, in Occidente, di esprimere liberamente la mia opinione. Tutto quello che liberamente pensassi è quasi sempre uscito dalla mia bocca. Non ho mai avuto paura di conseguenze negative legate a miei pensieri ed alle mie espressioni. Anche negli scassatissimi tribunali italiani, alla fine, un qualche giudice, in primo grado o appello, faceva la “cosa giusta”, come si suol dire oggi. Ho sempre trovato un partito politico o una testata giornalistica che la pensasse in maniera non troppo dissimile dalla mia e da meritare di rappresentarmi in Parlamento. 

Nella lunga Storia dell’Uomo, periodi storici  simili a quelli vissuti dalla Luckiest Generation, della quale io sono testimone, si possono contare sulle dite di una mano e forse neanche. Ma questi 50 anni fantastici ci sono stati. Questi anni della Luckiest Generation sono realmente esistiti in Occidente, li abbiamo in tanti toccati con mano. Chiunque lo neghi, chiunque abbia vissuto questi 50 anni in Occidente in prima persona e neghi l’esistenza della luckiest generation pecca di grossi vuoti di memoria.      

Adesso sembra proprio che si stia rompendo tutto, tutto in forte accellerazione. 

La primissima incrinatura morale e giuridica è apparsa sul finire del secolo, quando un presidente americano, che è il leader del mondo libero, fu assolto, invece di essere mandato via a calci per avere testimoniato il falso in diretta TV. Mentre, appena un ventennio prima, nel 1974, un altro Presidente era stato cacciato via con ignominia per un peccato  assai più veniale. 

Successivamente, all’inizo del nuovo millennio, una America impaurita si è scordata la massima di Franklin: “Those who would give up essential Liberty, to purchase a little temporary Safety, will in the end get neither Liberty nor Security”. Si è scordata della fondamentale importanza del primo e quarto emendamento della Costituzione. Della preminenza assoluta dei diritti del Cittadino di fronte al potere di uno Stato. Stato sempre più assetato di informazioni e di volontà di controllo dei nostri pensieri, dei nostri valori, delle nostre decisioni e delle nostre vite.

Poi, negli ultimi 15 anni, a partire dalla presidenza Obama, è iniziato il vero e proprio scivolone verso il disastro dei debiti pubblici finanziati dalla  stampa di moneta e verso un Occidente sempre più orwelliano. A cominciare dalle necessità di odio costante e guerre ovunque contro un sempre presente e pericolosissimo Nemico Pubblico,  nemico sempre più a geometria variabile.

Descrivere accuratamente i motivi per i quali si è arrivati alla situazione attuale richiederebbero qualche tomo, tipo il capolavoro di Oswald Spengler “Il Tramonto dell’Occidente”. Libro scritto nel 1918, anch’esso testimone di una crisi dell’Occidente, crisi avvenuta dopo quasi 50 anni di pace e relativo benessere (1870-1914), crisi che inzuppò l’Occidente di fanatismi politici, sangue e che sarebbe poi durata fino al 1945.

Io sono nato parte della Luckiest Generation in Occidente e questo, fino a qualche anno fa, è stato uno sfacciatissimo regalo fattomi dalla Storia. Nessuno lo può negare.  

Forse solo ricercando i valori di allora e riscoprendo il sistema politico-economico che hanno reso possibile il periodo della Luckiest Generation, l’Occidente potrà ritornare ad essere una fiaccola per le generazioni future. Invece dell’incubo liberticida, statalglobalista e guerrafondaio che si sta delineando davanti ai nostri occhi, in maniera sempre più evidente, ogni giorno che passa.