Negli ultimi mesi e fra i propositi riportati nel contratto-programma del nuovo governo abbiamo spesso sentito parlare di flat tax, della tassa piatta o tassa unica, cioè di un’imposta sul reddito ad aliquota unica, diventata cavallo di battaglia dei partiti della coalizione di centrodestra.

Andando a sostituire l’attuale sistema a scaglioni progressivi di diverse aliquote, ovviamente porterebbe ad una semplificazione evidente dell’attuale sistema fiscale.

Fra i punti a favore di questa proposta, introdurre una flat taxsia per le famiglie che per le imprese, diminuirebbe inoltre l’elevatissima pressione fiscale in Italia, tra le più alte nel mondo, e c’è chi sostiene che sarebbe un fattore utile a ridurre il fenomeno dell’evasione fiscale, in quanto un’aliquota bassa renderebbe meno vantaggioso eludere il fisco.

Se immaginiamo una tassazione unica per ogni tipo di reddito, ad esempio con aliquota 20% (15% proposta dalla Lega, 23% da FI), ci rendiamo subito conto che l’Erario per prima cosa incasserebbe molto meno rispetto ad un sistema nel quale la parte di reddito superiore a 28000 euro soffre già un’imposizione al 38% e quello che supera i 75000 euro subisce la decurtazione del 43%. E’ lapalissiano che coprire quel 23% in più che versano oggi i redditi consistenti (superiori a 75000 €.) diventa problematico, anche a fronte di un sensibile aumento della base imponibile ed è indubbio che appare altrettanto difficile individuare risorse finanziarie alternative capaci di compensare la riduzione di gettito che ne conseguirebbe.

 

La semplice flat tax, poi, nella sua accezione lessicale, presenta pure un’altra questione di rilievo e cioè la potenziale violazione del principio di progressività dell’imposizione fiscale sancito dall’articolo 53 della Costituzione italiana e una tassazione con aliquota unica tout-court verrebbe naturalmente bocciata dalla Corte Costituzionale, se non già bloccata dal Parlamento. Perciò, come previsto anche dalle proposte della coalizione di cdx e dal contratto fra Lega e M5S, il nuovo sistema deve essere correttamente impostato con la previsione di una serie di deduzioni/detrazioni o no-tax area , che apporterebbe progressività ed equità sociale per condizioni e carichi familiari.

Diventa quindi necessario, per mantenere ‘progressività’ nella tassazione, oltre a stabilire quale sarà l’aliquota unica d’imposizione, fissare:

  • una no tax area che salvaguardi i redditi più bassi.

Attualmente la no tax area è fissata ad euro 8.174. La proposta del cdx, in particolare di Forza Italia, è di alzare l’esenzione fiscale (ed esonerare dall’obbligo di dichiarazione dei redditi ) fino ad euro 12.000;

  • una serie di detrazioni fiscali che sia concentrato sulle fasce di reddito inferiori ad una certa soglia;
  • un sistema di deduzione fiscali fissato in modo tale che l’aliquota marginale sui redditi sia superiore all’aliquota media

Se viene fissata, ad esempio, una no-tax area a 12000 €., una deduzione di 10000 per i redditi fino a 50000 €. (non applicabile a quelli superiori) e una serie di deduzioni su base familare, magari di 3000€ per il coniuge e ogni figlio a carico, va da se che la progressività e l’equità sociale vengono garantite.

Non vorrei dilungarmi troppo con esemplificazioni e calcoli che, al momento, lasciano il tempo che trovano e che nel caso potremmo vedere in seguito, quando percentuali e basi di calcolo diverranno legge e mi concentrerei sui punti cruciali che interessano attualmente l’opinione pubblica e cioè: l’aliquota unica avvantaggia davvero i più abbienti e quale sarà la perdita di gettito per l’Erario?

 

In assenza di altri elementi di penalizzazione, la risposta al primo punto è certamente si. A fronte di risparmi relativi per i redditi fino a 50-70000 €, anche l’applicazione di un’aliquota unica al 23%,  pari all’attuale primo scaglione di tassazione, tralasciando le varie aliquote intermedie e pensando che tutto quello che superava i 75000 € versava il 46%, diventa lampante che, per versare quanto prima, un  tale cittadino dovrebbe dichiarare almeno il doppio o poco meno, cosa possibile ma non così probabile. L’obiettivo però, è da ricordare, è ridurre le tasse, non incassare come prima!

Quanto alla perdita per le casse dello Stato, qualcuno si è preso la briga di calcolarla in almeno 100 miliardi di euro. Come verranno coperti?

L’attuale livello di evasione è calcolato in 110 miliardi e ‘basterebbe’ eliminare completamente l’evasione per conguagliare il mancato introito regolare, ma già una stima ottimistica dovrebbe fermarsi al 20-25% di questo importo a cui si potrebbero aggiungere eventuali risparmi in altri settori della spesa pubblica, nella speranza che non vadano ad intaccare servizi essenziali.

C’è inoltre da dire che una minore tassazione dovrebbe in teoria aumentare il potere di acquisto dei consumatori, portati a spendere maggiormente per beni e servizi e ad aumentare gli incassi statali per l’IVA. D’altro canto, però, dobbiamo pensare che la flat tax non dovrebbe essere l’unica iniziativa che riduce gli introiti statali e che incentivi a lavoro e consumi dovranno essere ben altri.

La flat tax presenta quindi pro e contro di spessore che non possono essere ignorati. Se e quando verrà approvata potremo calcolare gli eventuali vantaggi per noi e per il paese ma, al momento, le incognite che presenta sono ancora parecchie.