Anni fa, una mattina del luglio 1984, il 747 Alitalia I-DEMP “Capri”, arrivava a Fiumicino proveniente dal Brasile. Dall’aereo apparve un barcollante Tommaso Buscetta, con grossi occhiali neri ed una coperta addosso. A quei tempi non usavano ancora le maratone Mentana, ma le immagini di Buscetta che scendeva le scalette fecero lo stesso il giro d’Italia e del mondo.  Per settimane non si vedette altro sui nostri telegiornali e giornaloni.

Cosa altro ancora avrebbe rivelato il boss dei due mondi ? Chi tra i due dioscuri delle nostre procure, Falcone e Borsellino, aveva avuto il maggior merito del pentimento di Don Masino ? I mass-media avevano una storia da raccontare e la raccontarono con grande fragore. Per la prima volta, nella lunga epopea della lotta contro la Mafia, un boss di primo livello aveva iniziato a cantare. Prima di Buscetta, le informazioni più precise che avevamo sulla Cupola erano per lo più  di natura letteraria (Mario Puzo) o provenienti da un caporegime tipo Joe Valachi. Mai un esponente stesso della Cupola aveva accettato di diventare un “infame” e collaborare con la Giustizia. Don Masino era big news. I giornaloni di tutta Italia seguirono la vicenda in modo ossessivo.

Fast forward di oltre 40 anni. A vuotare il sacco è un altro Big di una struttura che in molti definiscono assai misteriosa e potente: i vertici della nostra magistratura. Con le dovute proporzioni, ovviamente,  ricordando sempre che questa struttura opera invece nell’ambito della più totale legalità. Legalità, che in parte, interpretano e decidono proprio loro, i vertici della nostra magistratura.

A vuotare il sacco è un certo Luca Palamara, sostituto a Roma, per anni a capo di una delle correnti politiche in cui si è divisa la magistratura ed ex-membro del CSM. Un magistrato che non era troppo stimato da Cossiga: il rimpianto picconatore, ex-presidente del CSM,  lo definì un tonno e lo coprì di insulti nel 2008, durante una memorabile intervista televisiva.

Fast forward di 40 anni: al contrario del canto di Buscetta, attorno al cantare del Palamara c’è sostanzialmente un GRANDE SILENZIO. I giornaloni ed i network ne parlano poco, qualche vago accenno, scarsi dettagli. Si parla un pochino del mercanteggiare  per le procure importanti: ti do Pignatone a Roma se tu mi dai Lo Voi a Palermo.  Quasi nulla sui problemi sistemici della nostra Magistratura e Giustizia. I soliti talk-show controcorrente  approfondiscono qualcosa; ma, si  sa, loro sono rompiscatole populisti, pagati per trovare qualcosa che non va.

Come sempre, quando si parla di Magistratura, gran parte dei giornalisti italiani sta in GRANDE SILENZIO,  bene alla larga dal commentare le vicende di Palamara. Memori  forse delle tante denunce per calunnia o diffamazione (ed anche qualche arresto)  che tanti soldi sono costati a giornalisti e testate. Ricordo che il povero Ostellino dovette pagare 140.000 euro, in sede civile,  per avere “diffamato” alcuni magistrati in un articolo, accusandoli di “animosità politica”, in uno dei 77 processi a Berlusconi.

Cosa è stato trovato nel sacco del tonno Palamara fino adesso?  Innanzi tutto,  una serie infinita di Whatsapp. Ci  si chiede quando il Tonno  abbia mai trovato il tempo, nelle sue dense giornate, di leggere le scartoffie in Procura. Whatsapp strappati dal cellulare del Sostituto grazie ad un potente Trojan autorizzato dai suoi colleghi indagatori della procura di Perugia. (E installato grazie alla Vodafone che simulò un malfunzionamento sul cellulare del Tonno sospettoso. Complimenti Vodafone!) Una lunga serie di messaggi dai quali viene fuori tutta la quotidianità ed, in particolare modo, tutte le mediazioni per l’assegnazione dei posti più ambiti. Questo sarebbe il meno: in tutte le organizzazioni, chi più chi meno, si sgomita per il potere.  Poi viene fuori il solito sottobosco romano della Casta: biglietti per lo Stadio, tribune VIP agli Internazionali di Tennis, favori incrociati, vacanze nelle foresterie. Normale amministrazione per chi conosca un pelino i privilegi della Casta.  

Ma poi, dal libro che ha sintetizzato i whatsapp, realizzato con l’aiuto del giornalista Sallusti, vengono fuori elementi ben più gravi.

1) In uno scambio col procuratore capo  di Viterbo, che si manifestava scettico sulla rilevanza penale del comportamento e scelte politiche del Ministro degli Interni, atto solo a difendere legittimamente il territorio italiano da ingressi illegali, il Tonno ricorda all’ingenuo procuratore di provincia che Salvini è nemico della Magistratura tutta, da accusare e condannare in ogni caso. Indipendentemente dai fatti.

2)  I curricula dei magistrati sono del tutto ininfluenti per la progressione di carriera. Conta solo l’appartenenza e la fedeltà di corrente. Ci sono esempi di procuratori che hanno indagato tante volte sul nulla,  con quasi nessun processo mai concluso con una condanna. Eppure questi perseguitori seriali di teoremi giudiziari, crimini mai provati in un tribunale, fanno una gran carriera lo stesso.

3) La solita, quasi stucchevole,  comunione di amorosi sensi tra procuratori e giudici. Procuratori che vanno a fare i giudici e giudici che vanno a fare i procuratori.  Una anomalia tutta e solo italiana che andrebbe corretta al più presto. Una correzione già prevista in Costituzione dove si parla in più parti della terzietà del giudizio penale. Quella che viene chiamata dai media separazione delle carriere. Anche, qualche settimana fa, una corte europea ci ha bacchettato perché le intercettazioni in Italia sono autorizzate dalla procura e non da un giudice. Non sanno che in Italia procuratori e GIP sono colleghi, compagni di banco e di cappuccino al bar, quasi intercambiabili.

4) L’ assurda porta girevole tra magistrati e politica. Decine di magistrati che sono eletti in Parlamento per qualche tempo (molti  dei quali col PD) e che poi tornano tranquilli a fare il Giudice o Procuratore. Gli ancora più assurdi numeri dei magistrati “fuori ruolo”, qualche centinaia ogni governo,  che entrano in tutti i ministeri come Capi Gabinetto o Direttori per poi ritornare, alla fine dell’esecutivo,  tranquillamente, al loro posto. I quadri apicali di interi Ministeri sono composti da magistrati “fuori ruolo” prestati alla politica. Chissà perché in Italia gli alti burocrati ministeriali  sono molto più potenti di tanti politici? Chissà come farà mai la Cartabia a redigere una bozza di riforma della Giustizia se a redigerla al Ministero saranno sempre e solo esclusivamente magistrati “fuori loro”?  Come chiedere ai calciatori italiani di scrivere una riforma del calcio che ne riduca stipendi e divismo. 

5) Il passaggio più da spavento, almeno come enunciato ad alta voce da Porro in TV, è quello dove si afferma che, in Italia, un piccolo team affiatato possa distruggere, in pochi mesi, un qualunque avversario, sia in campo politico che in qualsiasi altro settore della società civile. Il team: un procuratore e sostituto, un paio di dirigenti di polizia giudiziaria, un giornalista di giornalone e possibilmente un qualcuno dei servizi secreti (che possa arrivare dove per la polizia è troppo rischioso).  Questo team di discepoli di Berija (“datemi un nome ed io vi trovo un crimine”) può, in poche settimane sputtanare chiunque. Qualunque riparazione tardiva, con assoluzioni dopo anni di interminabili processi e relativi trafiletti di giornale, servirà a poco per restituire una vita al malcapitato.

Si capisce, dal libro di Sallusti-Palamara, e come effetto dei punti precedenti, il perchè il SISTEMA MAGISTRATURA, in Italia, abbia un potere immenso, possa fare il bello ed il cattivo tempo. Altro che Gelli o Soros o altri grandi vecchi! Una situazione abbastanza evidente almeno dai tempi di tangentopoli.  Tutte le nostre classi dirigenti – imprenditori, scienziati, professori, politici e giornalisti – si tengono bene alla larga da qualsiasi esposizione o attività che possa, in un qualche modo, arrecare disturbo al SISTEMA. Risultato di questo strapotere della Magistratura, negli ultimi 30 anni in Italia,  è la modestia intellettuale e di spirito  delle nostre classi giornalistiche e politiche. Solo chi ha poco da perdere rischia le ire della Magistratura. Solo chi ha le spalle larghissime, vedi Berlusconi, può rischiare di andare allo scontro con il SISTEMA. 

I pochi magistrati che rompono il silenzio,  parlano di qualche mela marcia. Non più di una cinquantina su oltre 10.000 magistrati. Poche mele marce; gli altri 9.950 sono tutti apolitici e fanno il loro dovere seguendo la Legge in totale indipendenza di azione e giudizio.
Giornaloni, network e commentatori, nei rarissimi momenti in cui riacquistano la voce, continuano a sostenere che è un problema di persone e non di Sistema. Come fecero con Craxi. Adesso il cattivo è il deputato Lotti, ai quei tempi sottosegretario nel governo Renzi,  che addirittura  partecipava alle riunioni di Palamara e amici. Il Sistema è sostanzialmente sano, affermano. Basta qualche aggiustamento nelle alchimie delle nomine e composizione del CSM e, in ogni caso, la bussola di ogni riforma deve essere la tutela dell’indipendenza della Magistratura da qualsiasi altro potere. La Mummia, che è anche Presidente del CSM,  tace (e acconsente, immaginiamo).

E qui finisco perchè non ho ancora letto il libro e gli argomenti legati alla riforma della magistratura sono molteplici. Se qualcuno avesse già letto il libro, contribuisca coi commenti.

Il punto che mi sembra più rilevante è l’assordante silenzio sul clamoroso caso del tonno pentito. Neanche con l’emergere del pentito Palamara sembra che la Sinistra, e anche parte del Centro (vero Renzi?),  vogliono affrontare il tema di una seria riforma della Magistratura. Preferiscono la schiavitù sotto il potere Giudiziario.