La manovra finanziaria, dopo un tira e molla con l’Europa e tra le forze che sostengono il governo, sembra in dirittura di arrivo. Non parlerò di che cosa prevede la legge o il maxi emendamento, mi limito a soffermarmi sulla questione pensioni, che più di ogni altro aspetto, sembra non essere stata gradita dai sindacati, i quali si sono già posti sul sentiero di guerra.

La cosiddetta “quota cento” con cui si intende riformare il sistema pensionistico previsto dalla legge Fornero, stralciata dalla finanziaria, sembra che alla fine sarà varata, con qualche aggiustamento per coprire la minor copertura finanziaria dopo l’accordo al ribasso con la UE.

Dovrebbero essere riconfermate due opzioni già varate dal precedente governo: l’APE social e l’Opzione Donna, cioè due opportunità per andare in pensione anticipatamente rispetto ai tempi previsti dalla legge Fornero.

Ci sarà, inoltre, il blocco dell’età pensionabile per la pensione anticipata, cioè si bloccherà il meccanismo che allunga i tempi per andare in pensione legandoli all’aspettativa di vita. Solo la pensione di vecchiaia rimarrà legata a questo meccanismo.

Ma vediamo la cosa che maggiormente fa infuriare i sindacati: i presunti tagli alle pensioni attuali per finanziare quota 100.

In realtà, già se ne è parlato a volontà, ci sarà un cosiddetto contributo di solidarietà da parte dei pensionati d’oro, cioè un prelievo sulle pensioni superiori ai centomila euro lordi l’anno in maniera progressiva, nelle modalità illustrate in questa tabella:

  • il 15% per la parte superiore ai 100.000€;
  • il 25% per la parte compresa tra i 100.000€ e i 130.000€;
  • il 30% per la parte compresa tra i 130.000€ e i 200.000€;
  • il 35% per la parte compresa tra i 200.000€ e i 350.000€;
  • il 40% per la parte superiore ai 350.000€.

sarà poi rivisto il meccanismo delle rivalutazioni delle pensioni in base all’inflazione programmata – 1,1% per il 2019 – che scatterà a partire dalle pensioni superiori a 1.521 euro (pari a tre volte la minima), anche qui seguendo una tabella progressiva:

  • importo superiore a 3 volte, ma inferiore a 4 volte (2.052,04€): 97% del tasso di riferimento, ossia 1,067%;
  • importo superiore a 4 volte, ma inferiore a 5 volte (2.565,05€): 77% del tasso di riferimento, ossia allo 0,847%;
  • importo superiore a 5 volte ma inferiore a 6 volte (3.078,06€): 52% del tasso di riferimento, ossia lo 0,572%;
  • importo superiore a 6 volte ma inferiore a 8 volte (4.104,08€): 47% del tasso di riferimento, ossia lo 0,517%;
  • importo superiore a 8 volte ma inferiore a 9 volte (4.617,09€): 45% del tasso di riferimento, ossia lo 0,495% per il 2019;
  • importo superiore a 9 volte il trattamento minimo: 40% del tasso di riferimento, lo 0,44%.

Cioè le pensioni superiori a 1.521 euro lorde saranno rivalutate meno, in maniera progressiva, da un 3% in meno per le pensioni al di sotto dei 2.052,04€, fino al 40% per le pensioni superiori a 9 volte il trattamento minimo.

Questo basta per i sindacati confederati, per minacciare una stagione di scioperi contro una manovra che “mortifica il lavoro e le fasce deboli”. Gli stessi sindacati che, quando la legge Fornero allungò dall’oggi al domani l’età per andare in pensione e creò gli esodati, una legge che davvero faceva cassa sulla pelle dei lavoratori, dormivano il grande sonno dei vigliacchi e dei paraculi.

Chiudo con un estratto dalla pagina FB del mio amico Mario Pasqualini, con il quale, con saggezza popolare, si riassume il comportamento dei nostri cari sindacati confederati