In una prospettiva generale di senso, e non fattuale che scolora nei particolarismi, per parlare di totalitarismo è sufficiente avere “un’ideologia al potere”, cioè nel significato di un complesso di idee e di finalità politiche in controllo radicale dello Stato-apparato. 

Le ideologie al potere riflettono un potere statale di senso totale, tendente, cioè, a investire le espressioni più articolate di vita individuale e associata; lo Stato arriva fino al punto di confondersi con la società, mentre l’alterità viene rappresentata come fondamentalmente malvagia, qualcosa da rimuovere per garantire l’unità del corpo sociale.

Poiché un’ideologia al potere vuol dire permeare la società di cooperazione sociale forzata fino alle radici, non è possibile avere un’ideologia al potere dove non c’è Stato (Stato condizione necessaria, ma non sufficiente) e lo stesso rifiuto concettuale dello Stato rappresenta un rifiuto dell’ideologia, come da significato espresso, tout-court. 

Durante la seconda metà del secolo scorso, la vicenda totalitaria si apre a un nuovo percorso, nel senso che, andando a terminare la liquidazione fisica di interi strati della popolazione a opera del terrore ideologico, il potenziale totalitario si esprime sulla “preclusione di ogni giudizio indipendente”.

Questa evoluzione del totalitarismo è racchiusa in quel capolavoro che è Il potere dei senza potere di  Václav Havel, testo finito di scrivere nell’ottobre del 1978.

Havel descrive questa nuovo modo di essere del totalitarismo come “post-totalitario”, intendendo con quel post non che non fosse più totalitario, ma, al contrario, totalitario in modo sostanzialmente altro rispetto a quello a cui normalmente si legava il concetto di totalitarismo.

Nell’universo post-totalitario, il male non produce più l’immenso numero di morti degli “esseri umani di troppo”, perché, attraverso norme ma anche codici di comportamento suggeriti dal pianificatore che devono essere accettati se si vuole essere considerati in sintonia con la società, giunge a struttura definita la “demoralizzazione sistematica”; in questo modo, si abbassa l’individuo a vittima innocente nello stesso momento in cui lo si eleva a colpevole e il sistema può così cementarsi in una sorta di colpa condivisa.

Di conseguenza, nell’universo post-totalitario, l’essere umano abdica alla propria ragione in favore di un’ideologia al potere che ha assunto ormai quasi la portata di una religione secolarizzata, mentre i meccanismi di manipolazione diretta e indiretta della società diventano così perfezionati da non lasciare più spazio a una certa improvvisazione.

Con il post-totalitarismo entrato a regime, l’ideologia cessa di essere al servizio del potere e quest’ultimo comincia a essere al suo servizio; se l’ideologia diviene la principale garanzia della consistenza interna del potere, essa diviene immediatamente anche la garanzia sempre più decisiva della sua continuità. 

Infine, Havel, affermando che questo sistema è totalitario in modo sostanzialmente altro rispetto alle dittature totalitarie classiche, vuole sottintendere che il potenziale totalitario è in grado di irrompere sulla scena in maniera assolutamente diversa a come era stato in passato; di qui la preoccupazione di non riconoscere una sopraggiunta sindrome di natura generale totalitaria, perché nella nostra coscienza il concetto di totalitarismo si lega ad altro – tipo pensare, appunto, che presenza di pluralismo partitico e di elezioni democratiche siano inconciliabili con un sistema post-totalitario.

Il totalitarismo si è quindi evoluto nel corso del tempo in post-totalitarismo; nella realtà, tracce di quei fenomeni che hanno caratterizzato il totalitarismo/post-totalitarismo nel ventesimo secolo (Socialismo reale/Comunismo, Fascismo e Nazismo) sono ancora visibili, ma ridotte a consistenze marginali o ultra-marginali. 

Tuttavia, i tempi cambiano e con essi possono cambiare gli abiti che la coercizione forzosa istituzionale veste per annichilire l’identità individuale, l’autodeterminazione e la cooperazione sociale spontanea.

Negli ultimi decenni, attraverso modalità decisamente sottili, cioè che hanno mascherato molto accuratamente la natura di cooperazione sociale forzata, sintomi del post-totalitarismo sono cresciuti e cresciuti a livello globale; verso la fine del ventesimo secolo, un’altra ideologia ha iniziato concretamente ad alimentare il post-totalitarismo, cioè la Tecnocrazia

In forma, l’ideologia tecnocratica si fonda sull’assunto che, qualunque sia la forma di governo, la vita individuale e associata deve essere etero-gestita nelle sue manifestazioni più articolate da “esperti” (intesi sia come tecnici sia come managers, organizzatori e dirigenti), considerati i soli capaci di implementare la soluzione migliore, per via delle loro “formazione accreditata”.

Tuttavia, questa è, come detto, soltanto la forma, perché la sostanza dell’ideologia tecnocratica è altro, cioè “governo assoluto della tecnica scientista”; la Tecnocrazia così intesa è allora un complesso dispositivo ideologico con una funzione manifesta, che sarebbe quella di accrescere la performance di un certo sistema socio-economico-politico, e una latente, cioè il suo impiego per costruire nuove e debordanti egemonie politiche, giustificanti la politica e gli interessi di parte di certi gruppi, attraverso l’appello alla tecno-scienza.

La genealogia della Tecnocrazia è fondamentalmente moderna, dato che trattasi di un ordine del discorso che ha iniziato ad emergere veramente soltanto con la Grande Crisi del Ventinove; quando agli inizi degli anni Trenta il movimento tecnocratico si fa luce nell’opinione pubblica, il suo messaggio si sostanzia nell’abbandono del capitalismo, del sistema dei prezzi e del diritto alla proprietà privata per dar luogo a nuovo Stato scientifico basato sull’energia e sulla democrazia sostanziale. 

Sebbene questo movimento radicale perda slancio già a partire dai successivi anni Quaranta, riesce a re-iniziare a guadagnare status, quando viene adottato concettualmente dalla Commissione Trilaterale nel 1973 come base per il cosiddetto Nuovo Ordine Economico Internazionale; negli anni successivi, l’espressione moderna della Tecnocrazia e del Nuovo Ordine Economico Internazionale diviene visibile in programmi globali come Agenda 21, Sviluppo Sostenibile, Green Economy, Crescita Intelligente, Rete Intelligente, fino ad arrivare ad Agenda 2030 e altro.

In breve, quindi, nulla di nuovo: stiamo parlando di un sistema estremo di coercizione forzosa istituzionale del libero processo di mobilitazione delle risorse, delle conoscenze, di se stessi, come lo sono Socialismo Reale/Comunismo, Fascismo e Nazismo; una riproposizione sotto altre vesti di questa estrema coercizione. 

Tuttavia, nel particolare, coltivando al suo interno la locuzione della democrazia sostanziale, un’espressione del tutto vuota, ma che, in realtà, sottintende la volontà di abolire ogni espressione articolata di cooperazione spontanea, e praticando l’iniezione massiccia di “esperti e saperi” nei meccanismi di funzionamento dello Stato e poi della società, per pianificarla e svilupparla, in modo si ritiene più efficiente ed equo, è annoverabile tra le “coercizioni forzose istituzionali progressiste”. 

L’ideologia tecnocratica è però “finemente” scientista, da cui ne consegue che anche per l’argomentazione più capillarmente logica non è facile opporsi a essa, perché, tendenzialmente, si viene subito accusati di danneggiare il prossimo e il progresso – non è già di suo intuitivo capire quando la scienza sfocia in scientismo, in ogni caso, lo scientismo si caratterizza per trattare gli esseri umani come se fossero sostanzialmente cose e cerca di interpretare la “vita piena” in base a costanti di relazione che, in realtà, non esistono, perché in essa esistono solo variabili.

Di conseguenza, affidarsi al dispositivo ideologico della Tecnocrazia, è una grande soluzione per coloro che spingono per avere un potere statale sempre più potente e invasivo, dato che tanto più si è inclini a essere conformisti, quanto più l’organizzazione scientista riesce, tendenzialmente, a farsi strada.

La dissoluzione della politica nella tecnica, la depoliticizzazione del potere statale, è quindi solo un mito, la cui pretesa di realizzarlo costituisce semplicemente una tattica per espandere questo potere.

Se quindi sintomi di un post-totalitarismo tecnocratico erano già globalmente presenti nella società contemporanea, questi sono cresciuti di molto, sempre a livello globale, a partire dall’inverno 2019-2020; a una tecnocrazia economica e finanziaria, o meglio a un governo della tecnica economica e finanziaria scientista, si è andata, infatti, a sovrapporre una tecnocrazia medica, o meglio un governo della tecnica medica scientista, con il risultato di elevare il “controllo sociale” a un livello superiore. 

A essere portato quindi a un livello superiore è stato inevitabilmente anche il sopruso sul diritto, inteso come quelle regole che proteggono la legittima proprietà e quindi anche l’auto-proprietà di ciascuno, senza invadere la legittima proprietà e quindi l’auto-proprietà di chiunque altro.

Tuttavia, a un maggior allontanamento dal diritto non può che corrispondere un maggior allontanamento dal miglior aggiustamento delle aspettative.

Questo governo della tecnica medica scientista, si è manifestato attraverso l’affermazione sistemica e diretta del concetto per cui la salute, l’insieme complesso di benessere fisico, psicologico e sociale, non è più un diritto espressione della legge intesa come limite al potere, ma un obbligo espressione della legge, cioè della legislazione, intesa come strumento del potere.

Da questa affermazione, una serie di “decisioni collettive (dove e quando più e dove quando meno), con il fine dichiarato della tutela della salute della popolazione, che si sono sostituite alla scelta individuale senza un’elaborazione, una necessità, obiettiva a loro sostegno.

Da questa affermazione, infine, inevitabilmente, la produzione di male invece che di bene (dove più e dove meno, a seconda della serie), nonostante tutta l’opera di manipolazione diretta e indiretta del pensiero che si possa mettere in atto per convincere e auto-convincersi del contrario.

Il bene comune non può essere una meta previamente decisa, ma è dato invece da un insieme di norme giuridiche che garantiscono l’esercizio di tutte le scelte individuali tra di loro compatibili, e in tal modo lascia indeterminato il grado in cui i molteplici bisogni saranno soddisfatti.

Di conseguenza, quando gli obiettivi sono nominalmente conformi al diritto, dobbiamo sempre chiederci se i processi, entro cui questi obiettivi vengono perseguiti, sono in linea con quanto dichiarato; non ha senso così parlare di tutela della salute, se la libertà delle persone viene confusa con la libertà di un pianificatore di fare ciò che più gli aggrada della società, come non ha senso, altro esempio, parlare di efficiente conservazione e gestione del rapporto tra ambiente e produzione se poi vengono distorti i veri segnali offerti dai prezzi di mercato. 

Una volta che il sistema post-totalitario è entrato a regime, il soffocamento di tutte le manifestazioni più articolate della vita indipendente della società assurge a fondamento indubitabile; a questa rinuncia di libertà, viene consegnato in cambio solo dell’effimera sicurezza, perché stabilire un mondo migliore attraverso una dittatura è semplicemente una contraddizione in termini.

Nel momento in cui quindi ha iniziato a insediarsi un sistema post-totalitario, possono essere soltanto due le relative possibilità circa il futuro prossimo; in tal senso, riprendendo in mano Il potere dei senza potere di Havel:

«o il sistema svilupperà sempre di più (cioè potrà sviluppare) i propri elementi post-totalitari e si avvicinerà all’allucinante immagine che Orwell dà del mondo della manipolazione assoluta, soffocando definitivamente tutte le manifestazioni più articolate di vita nella verità, oppure la vita indipendente della società (la polis parallela), inclusi i movimenti dissidenti, si trasformerà a poco a poco in un fenomeno sociale sempre più importante, che riflette sempre più chiaramente le reali tensioni sociali e che, sempre più saldamente, s’insinua nella vita della società come sua parte reale, che incide – in un modo o nell’altro – sulla situazione generale».

Questo è quanto.

LINK ARTICOLO ORIGINALE https://gerardospace.wordpress.com/2021/04/07/il-pericolo-incombente-un-mondo-di-manipolazione-assoluta/