Si torna a parlare di Greta. La ragazza simbolo della lotta contro i cambiamenti climatici (a chiacchiere) è a Torino, la città più inquinata d’Europa, secondo la pasionaria climatica, quindi “non potevo non venire qui in visita”. Ma se ne parla anche perché la rivista Time l’ha eletta Personaggio dell’anno. Basta quindi dichiarare un paio di banalità, a patto che siano esattamente quelle che chi di dovere vuole sentir dire, per diventare un’icona delle masse ben indottrinate e inquadrate dalla propaganda.

Ma non tutto quello che sta alla base del fenomeno Greta è così idilliaco come lo si vorrebbe presentare: certo la sensibilizzazione dei giovani verso il loro stesso futuro e la salvaguardia del pianeta è una cosa positiva. L’impegno contro tutto quello che compromette l’equilibrio del nostro pianeta è una cosa che difficilmente troverà degli oppositori. Tutti vorremmo salvare il pianeta, un clima idilliaco senza eccessi e senza disastri. Ma il messaggio lanciato da chi sfrutta l’immagine di Greta è ben di più. Emissioni zero in tempi brevissimi –si parla entro il 2050- riduzione drastica dei voli aerei, del trasporto merci con grandi navi mercantili, alimentazione a km 0, dieta vegana…in altre parole deindustrializzazione e decrescita felice di grillina memoria. 

Ma un modello di società deindustrializzata, che produce, in pratica, quello che consuma –una sorta di autarchia e un chiudersi dentro i propri confini, – è compatibile con gli attuali livelli demografici? La risposta scontata è NO! Non è possibile immaginare una società felicemente in decrescita senza ipotizzare una drastica decrescita demografica. Se l’uomo è ritenuto il principale responsabile dei cambiamenti climatici e della distruzione del pianeta, lo è non solo e non tanto a causa dei suoi comportamenti non virtuosi, lo è soprattutto a causa della sua presenza massiccia sul pianeta. Siamo ormai vicini agli 8 miliardi di individui, in un mondo in cui negli ultimi 30 anni il modello consumistico di tipo occidentale ha raggiunto oltre 3,5 miliardi di individui che hanno visto il loro tenore di vita migliorare velocemente e sensibilmente, e questo si traduce nel raggiungimento di un tipo di vita migliore, più beni di consumo, più servizi, migliore alimentazione, più tecnologia: in altre parole più industrializzazione, più cementificazione, più consumo di energia…più inquinamento. E indietro non si torna! Sarà molto difficile cercare di convincere miliardi di cinesi, indiani e asiatici del sud-est a tornare a vivere come 40 anni fa, e infatti i gretini nemmeno ci provano, e il loro messaggio è rivolto solo ed esclusivamente al mondo occidentale. 

Per passare da un modello, quello attuale, industriale-consumistico a quello deindustrializzato, occorre un periodo di transizione in cui mettere in atto, più o meno forzosamente, un piano per avere una società sempre meno assetata di energia e meno consumistica. Un periodo cioè in cui la decrescita sarà tutt’altro che felice, in cui a farne le spese saranno i più deboli, ovviamente. Si avrà così la necessaria decrescita demografica che potrà usufruire della decrescita felice in cui solo una piccola porzione di umanità, la più forte, potrà godere un domani, di un pianeta pulito e con il clima in salvo. Ma questo ovviamente nessun gretino, e Greta meno che mai, te lo verranno mai a dire. Perché altrimenti non il Time ma a decretare Greta personaggio dell’anno sarebbe il Der Stürmer.