Decidere cosa si può fare e cosa non si può fare è da sempre il fondamento del potere.

Tuttavia, libertà e sicurezza non devono essere intesi come concetti tra loro negoziabili; la scelta di uno dei diritti a vantaggio dell’altro è infatti una falsa scelta, dato che non esiste una relazione inversa tra i due elementi.

Parafrasando quindi Benjamin Franklin, coloro che rinunciano alla libertà non possono che ricevere in cambio un po’ di effimera sicurezza.

Potrebbero esserci un numero indefinito di pretese soggettive che parlano contro un comportamento che una persona desidera eseguire, ma il potere può interferire, regolamentare o punire un comportamento soltanto se “non ci sono ragioni che riescono a falsificare l’affermazione per cui questo comportamento sarebbe un’aggressione” .

Detto quanto, se si afferma che qualcuno non è libero di fare qualcosa, l’onere della prova deve sempre ricadere sulla persona che “sfida quella libertà per dimostrare che non trattasi di libertà” ; la ragione di ciò è che se l’onere della prova ricadesse sulla persona la cui libertà è contestata, il numero di argomenti che devono essere falsificati per dimostrare che non c’è alcuna buona ragione contraria sarebbe impraticabilmente grande, se non addirittura infinito, mentre lo sfidante ha bisogno solo di un caso abbastanza forte per dimostrare che un comportamento è da vietare.

Quanto appena esposto è il principio della “presunzione di libertà”, cioè quel principio che impedisce al potere di accedere a un’interferenza sui comportamenti umani virtualmente illimitata.

La libertà deve essere quindi presunta, non perché ne abbiamo un diritto, o perché è il valore o l’obiettivo più importante, ma perché deriva dai requisiti dell’epistemologia e della logica.

La presunzione di libertà è in armonia con le regole fondamentali di diritto comune in cui l’imputato è considerato innocente fino a prova contraria; lungi pertanto da essere un principio banale, è l’antidoto contro “il diritto al diritto”.

In base a quanto, il semplice fatto che Tizio sente di subire danni o possa subire danni a causa delle attività di Caio non è sufficiente per giustificare l’interferenza del potere.

Esistono delle esternalità, presunte o reali, ma solo alcune esternalità implicano un’aggressione al diritto di proprietà di qualcuno – su cui il potere deve intervenire.

In altre parole, possiamo sostenere che soltanto le esternalità che comportano un’aggressione al diritto di proprietà di qualcuno possono essere considerate esternalità, perché si basano su “giustificazioni obiettive” e non su “giustificazioni settarie“.

Fino a non molto tempo fa, vigeva la regola che nessuno aveva il diritto di proprietà di essere libero dal rischio di esposizione ad agenti patogeni veicolati nell’aria da individui fino a prova contraria asintomatici e che conducevano i loro normali affari e stili di vita. 

Nessuno si aspettava di essere esente da questa esposizione; nessuno aveva il diritto di essere libero da questa esposizione; nessuno aveva questo diritto, perché questo diritto non c’è nella legge, intesa come “limite” al potere, e questa obiettività veniva ossequiata.

Nonostante a qualcuno questa cosa potesse non piacere, questa regola rispettava, e ovviamente rispetta, pienamente il principio di non aggressione e quindi della presunzione di libertà (perché nessun diritto di proprietà viene violato); questa stessa regola pertanto consente lo sviluppo spontaneo delle relazioni sociali.

Questa stessa regola è stata invece abbattuta, sostituita, dalla coercizione forzosa, dove e quando più e dove quando meno, con l’apparizione della Sars-Cov-2, o meglio con l’apparizione delle restrizioni sociali che il potere ha decretato in riferimento alla Sars-Cov-2, affermando così, in materia, il tirannico principio del diritto al diritto e rifiutando così lo sviluppo spontaneo delle relazioni sociali. 

Di conseguenza, sempre in materia, siamo passati dalla legge intesa come limite al potere, alla legge intesa come “strumento” di potere – in altre parole,  siamo passati dalla “legge” alla “legislazione”. 

L’abbattimento di questa regola trae origine da una cultura o un sistema di credenze che si fonda su tre distorsioni cognitive, cioè falsità, che contraddicono i principi psicologici di base sulla salute e conseguentemente riduce l’essere umano a una forma intellettualmente nana di homo sapiens e affonda la società libera.

Questa cultura o sistema di credenze è il “Safetysmo”, la cui esplicazione possiamo trovarla nel libro The Coddling of the American Minddi Greg Lukianoff e Jonathan Haidt.

La prima distorsione cognitiva del Safetysmo è quella della fragilità:  “tutto quello che non ti uccide ti può solo rendere più debole”; questa falsità porta a pensare il mondo in bianco e nero e all’idea che se qualcosa “non è sicuro al 100 per cento allora è senz’altro (eccessivamente) pericoloso” .

La seconda distorsione cognitiva è quella di fidarsi sempre dei propri sentimenti, cioè “la falsità del ragionamento emotivo“; questa falsità porta a pensare che sentirsi insicuri o a disagio sia sempre “un segno affidabile” e gli altri pertanto devono adattare il loro comportamento alle nostre richieste per farci sentire sicuri o a nostro agio.

La terza distorsione cognitiva è quella del noi contro di loro; questa falsità porta a pensare la vita come “una battaglia tra persone buone e persone cattive” e quindi ad accettare una visione del mondo incastonata nel sospettare e nel temere degli estranei.

Il Safetysmo è pertanto una vera e propria malattia cognitiva che prospetta l’organizzazione integrale del corpo e dei comportamenti dei cittadini in maniera tale da assoggettarli al volere di “un’unica mente direttiva”, la quale impone determinati obblighi come se fossero espressione di senso civico e di rispetto per il prossimo, quando invece non sono altro che espressione di coercizione forzosa, cioè di violenza aggressiva.

Facendo proprio il Safetysmo, il potere non ha virtualmente limiti alle restrizioni che può determinare in nome della tutela della salute, dato che qualsiasi giustificazione settaria può essere mascherata da obiettiva ed essere così portata ai cittadini come motivazione per (cercare di) imporgli qualcosa che, in realtà, è una violazione della legge e non una sua rappresentazione. 

Se cercate la sicurezza nel controllo sociale, non troverete lì sicurezza, ma il dominio dell’uomo sull’uomo.

In Freedom and the Law Bruno Leoni, analizza le riflessioni della scuola austriaca di economia sull’impossibilità di un’economia centralizzata, che non può tenere conto dei prezzi, cioè delle informazioni provenienti da coloro che devono usufruire dei beni.

Ciò appare a Leoni come un caso particolare di una teoria generale, dato che non si può arrivare a un vero ordine, giuridico e sociale, senza partire dagli individui, dalle loro esigenze e dai loro bisogni.

Quello che appare a Leoni è ciò che realmente è: il fatto che le autorità centrali di un’economia totalitaria non conoscano i prezzi di mercato quando fanno i loro piani economici è solo infatti una conseguenza del fatto che le autorità centrali non hanno mai una conoscenza sufficiente dell’infinità di elementi e di fattori che contribuiscono alle relazioni sociali fra gli individui in ogni istante e a ogni livello.

In altre parole, far intervenire il potere su esternalità che non sono però “genuine esternalità” (perché non implicano una violazione dei diritti di proprietà di alcuno), non può che generare un’effimera sicurezza, oltre che rappresentare ovviamente una violazione dei diritti di proprietà; all’aumentare dell’intervento del potere sulle “non genuine esternalità”, l’effimera sicurezza prima o poi si traduce in caos pianificato. 

In conclusione, il Safetysmo è una via che tanto più viene percorsa dal potere quanto più origina controllo sociale, quanto più origina effimera sicurezza fino al caos pianificato.

Quanto meno si afferma il principio della presunzione di libertà, tanto più la legge da limite al potere diviene strumento di potere.

LINK ARTICOLO ORIGINALEhttps://gerardospace.wordpress.com/2021/04/14/la-sicurezza-e-solo-quella-che-deriva-dallaffermazione-del-principio-della-presunzione-di-liberta/