Il progresso tecnologico, sempre più veloce, sempre più efficiente, ci sta abituando all’idea che tutte le azioni umane saranno svolte, in un futuro prossimo, da macchine. Mentre l’attività umana di tipo fisico, il lavoro manuale, per intenderci, è ormai sempre più svolto dai robot, da macchinari automatici, il lavoro di concetto, l’attività intellettuale sviluppata dall’uomo, fino all’altro ieri sembrava impossibile potesse fare a meno dell’elemento umano. Invece stiamo assistendo sempre più all’impiego di algoritmi che neanche troppo lentamente, sostituiscono in misura sempre più massiccia il lavoro intellettivo dell’uomo. Ricerche di mercato, analisi finanziarie, quotazioni di borsa sono normalmente svolte dagli algoritmi. Anche attività per così dire artistiche, tipo componimenti musicali e letterari, sembrano già poter essere realizzati da algoritmi.
Contemporaneamente, vediamo che in Italia la situazione politica è sempre più ingarbugliata, si fanno sempre più passi indietro rispetto a un sistema democratico che dovrebbe essere più efficiente e adeguato all’evoluzione della società. Invece tra mancanza di accordi tra forze politiche di diversa estrazione, programmi elettorali difficili da essere concretizzati perchè si scontrano con i principi della costituzione, i diktat dell’Europa, la dittatura dei mercati finanziari, la congiuntura economica e la situazione internazionale, egoismi di varia natura, si fa molta fatica a realizzare un esecutivo in grado di dare al paese una specie di governo e una guida politica. E allora perchè non sperimentare in Italia un nuovo sistema che sostituisca la democrazia parlamentare basata su libere elezioni a suffragio universale? L’algoritmocrazia: un sistema basato su algoritmi che regolino la vita socio-politico-economica della nazione.
Un esempio di algoritmocrazia: I partiti che si presentano alle elezioni elaborano ognuno un programma politico. I candidati al parlamento presentano un questionario, uguale per tutti, da compilare in un tempo prestabilito. Gli elettori, invece di recarsi alle urne per mettere un segno sulla scheda elettorale, compileranno comodamente a casa, un altro questionario, in cui, tra le altre cose, oltre a quesiti di carattere culturale e psico-attitudinale, ci saranno anche domande su che cosa l’elettore si aspetta dal futuro governo e quali provvedimenti vuole che vengano presi. Il tutto viene poi analizzato da sofisticati ed elaborati algoritmi i quali stabiliranno quali candidati devono essere eletti, in quali schieramenti e quale maggioranza dovrà governare. Naturalmente anche il nome dei ministri e del premier sarà scelto dagli algoritmi. Spingendosi ancora più in là si potrebbe pure ipotizzare un governo non di ministri ma composto proprio da algoritmi: l’algoritmo degli interni, l’algoritmo delle finanze, l’algoritmo di grazia e giustizia e così via. In un siffatto governo l’unico umano sarà il presidente del consiglio degli algoritmi, il quale sarà scelto in base alla bella presenza, voce impostata e capacità declamatorie, in pratica un anchorman, che sarà solo ed esclusivamente il portavoce degli algoritmi.
Tanto, peggio di così…