di lorenzo merlo ekarrrt – 170324
Le emozioni non ci dominano solo in momenti di raptus.
Secondo i la tradizione tolteca, Nagual e Tonal, sono la rappresentazione della verità. Il carattere di questi non è considerato contrapposto, ma complementare. Il tonal è relativo alla concezione del mondo priva di consapevolezze universali, di cui il nagual è ricco.
Secondo Don Juan, portatore del nagualismo, uno degli stregoni che hanno liberato Carlos Castaneda dell’emozione in cui viveva, colma di una visione del mondo che nulla aveva a che vedere con la verità delle cose, tutto è energia. E tutti gli uomini vivono in un bozzolo energetico tanto più luminoso, quanto più i filamenti che lo compongono sono allineati a quella della grande emanazione.
La prima e ultima conseguenza della consapevolezza energetica del mondo – inteso da se stessi, il prossimo, l’identità, le relazioni, il tempo, lo spazio, l’infinito – è quella che permette di riconoscere il nagual oltre l’interpretazione del tonal.
Questa, con un linguaggio estraneo all’antropologo peruviano, è relativa ad una emozione. Termine la cui etimologia dovrebbe illuminare molto sul suo potere. Ordinariamente si parla di emozioni limitatamente alle loro più esplosive espressioni in noi. Ma emozione è anche tutto il resto della vita in cui ci crediamo indipendenti dalla realtà che crediamo di osservare, di cui invece siamo espressione. Difendere una posizione qualunque, corrisponde a un’emozione, senza la quale non la difenderemmo.
Le emozioni che ci dominano, realizzano l’interpretazione del mondo che crea la realtà del tonal. Esse separano chi le vive dal mondo. Così noi crediamo di essere effettivamente dottori e avvocati, altro dagli altri, come una cultura si concepisce superiore ad altre, una religione la sola rispettabile, la scienza la sola idonea a svelare la verità e a portare conoscenza. Se le emozioni, che figurativamente parlando, si possono disegnare concentriche o intersecanti, ogni uomo ha un posto nel disegno. Un tratteggio che già da solo potrebbe essere sufficiente per chiarire i conflitti, le lobby, l’intercambiabilità dei ruoli, cioè delle posizioni nel disegno, l’eterno ritorno e nietzschano e l’iperuranio di Platone.
Sempre in termini estranei a Castaneda, che ci ha mutuato quelli toltechi del suo stregone, è come se noi cercassimo di dare risposta ai più esistenziali interrogativi, adottando un criterio di ricerca che potrebbe essere chiamato della ruota del criceto. Non è un caso che qualcuno, abbia fatto presente da tempo che per risolvere un problema non si deve utilizzare il sistema che l’ha creato.
Il sistema che l’ha creato, a sua volta, sta in una nota figurazione, quella delle tre carte. L’abilità del mazziere, di cui non ci avvediamo, ci induce a credere di sapere quale delle tre carte sia l’asso vincente, ovvero la verità. E non scoprendolo mai, continuiamo a giocare devolvendo l’intera vita alla ricerca della carta vincente.
In altri termini, non ci avvediamo dell’emozione che ci domina, in questo caso razionalista, meccanicista, materialista, scientista. Non ci avvediamo che stiamo utilizzando strumenti inadatti per aprire le porte del nagual, cioè che quegli strumenti non sono che roba da Meccano e Piccolo chimico.
L’inconsapevolezza dell’emozione egoica e antropocentrica in cui versiamo è totalmente nascosta agli occhi degli uomini del tonal e assolutamente evidente a quelli di ogni stregone. Dall’interno di quel bozzolo disallineato siamo obbligati – di buon grado – ad impiegare unità di misura autoreferenziali e strumentale ai nostri interessi per intelligere la vita, le cose, la verità e il giusto.
In merito ad un dibattito web sulla coscienza delle piante ho letto la seguente affermazione: “ […] mi è già difficile decifrare ciò che il mondo esterno propone ai miei sensi; non parliamo dell’impossibilità di conoscere ciò che avviene nella coscienza degli altri esseri umani… come potrebbe angosciarmi non sapere cosa e come pensano una pianta, un fungo, un batterio…?”
Come si può credere che logica e razionalismo conducano a una conoscenza che vada oltre il meccano? Con l’emozione scientista si può eccome!
Dunque, in ambito piatto, quello della prima attenzione, secondo Don Juan, ogni domanda tende a generare una risposta la cui attendibilità è relativa alla dialettica con cui è ammantata e all’accredito che diamo all’emittente. (Ed ecco gli esperti e l’idolatria di cui sono investiti). Un ambito esclusivamente mentale, esclusivamente riempito da pensieri, senza punto di osservazione per avvedersi dell’ingorgo energetico che creano, per scoprire che il problema – e non la soluzione – sono loro.
Dunque, fato e destino sui quali a tutti noi tanto interessa mettere le mani per buttare giù dalla torre lo spergiuro e finalmente conquistare la pace, non sono una delle tre carte. Non sono che fioriture del mondo ridotto a logica e dialettica. Un mondo che gira su una giostra che necessariamente comporterà un gran mal di testa e null’altro.
Ma il nagual è presente. Alcuna poesia lo contiene, evidenziando così come nel necessario valore utilitaristico del linguaggio logico-razionale non si possa accedere a una conoscenza profonda.
L’emozione della prima attenzione, è dunque logico, razionale, meccanicista, materialista e scientista. In essa, e solo in essa, può esistere, ed esiste, il tempo lineare e la relativa non reversibilità. La separazione del mondo in parti, il principio considerato universale di causa-effetto, la conoscenza cognitivo-analitica, che sebbene identica a quella del meccano, è considerata anch’essa la sola degna di verità autentica e la sola patentata alla ricerca. Un’emozione dal bozzolo piuttosto impenetrabile, vista la sua indifferenza a quanto, anche senza il Don Juan del caso, la fisica quantistica, è per i fatti suoi arrivata a intravvedere il nagual.