Una banca modello e globalizzata, con UniCredit abbiamo visto fusioni ed espansione in molte zone, tanto che alcuni la reputavano una banca straniera capace di svolgere un ruolo attivo in molti posti fuori dall’Italia. La stessa in Turchia ha finanziato miniere e centrali a carbone, ma la banca si arrestò con la crisi finanziaria del 2007-2009. Per risanarsi UniCredit dovette ripulire il portfolio dei crediti non performanti e vendette il fondo Pioneer, provò con un aumento di capitale, rimase presente in Europa, ma smise di essere una banca competitiva nell’investment banking e tornò ad essere una tradizionale banca commerciale.
Di recente è tornata con un minimo in attivo, ma da anni subisce una grossa diminuzione dei profitti a causa delle perdite della controllata turca Yapi Kredi, infatti la Turchia sta attraversando un periodo economico difficile. Senza contare i pesanti tagli del personale effettuati nell’ultimo anno, l’intero gruppo si sta riorganizzando e la stessa potrebbe spostarsi in Germania. In agguato c’è il pericolo di maxi-multe da parte dell’Antritrust UE per presunte violazioni della normativa sui titoli di Stato (2007 e 2012): alcuni (al momento sono solo voci) affermano che UniCredit aveva messo in piedi un cartello insieme a Deutsche Bank e Credit Suisse. Rimane poi la sanzione da circa 800 milioni di euro che la stessa deve pagare agli USA perché pizzicata a fare transazioni con Teheran tramite l’affiliata tedesca Hvb.
https://www.banktrack.org/download/banking_on_climate_change_2019_fossil_fuel_finance_report_card/banking_on_climate_change_2019.pdf Secondo questo rapporto (dove trovate però anche tantissime banche e molte altre analisi interessanti), UniCredit è in pessima salute anche a livello europeo: il report mette in luce (fate bene attenzione) che la banca non rispetta molte policy ambientali e molti dei finanziamenti erogati non vanno a tutela del clima perché tra il 2016 e il 2018 molti investimenti sono finiti in progetti e società fossili. Avrebbe investito in gas naturale liquefatto (LNG), in trivellazioni nell’Artico, investito nel settore del carbone e in miniere di antracite e lignite.
Nessun ricatto, nessuna imposizione, ma se non diventi green?
I gretini hanno gridato orrore per questa scelta di UniCredit, io al contrario li ringrazio e sono felice che non abbiano buttato via importanti investimenti nella globale supecazzola della green economy e relativa decrescita infelice, hanno ragione da vendere a investire in settori veri e legati alle necessità del mercato reale.
Capiamoci bene: il gruppo UniCredit è una banca, valuta attentamente i suoi investimenti, e ha capito che non doveva buttare nel cesso investimenti per fronteggiare fantasiose crisi ambientali e climatiche. Hanno dimostrato razionalità e buon senso nella ristrutturazione aziendale. Semmai il problema sono gli investimenti turchi e il governo di Recep Erdogan, ma non il settore dove hanno investito. Vediamo e aspettiamo che fruttino meglio i finanziamenti in EPH e CEZ ceche, aziende che in modo prioritario sviluppano ancora il carbone.
Ma le rogne per UniCredit non hanno mai fine, nuovi gruppi iniziano a insistere che le banche dovrebbero firmare la policy sul carbone. Ora si pretende che le banche smettano di finanziare nuovi progetti e clienti legati al settore del carbone, così UniCredit dovrebbe abbandonare gli investimenti in Turchia e in Repubblica Ceca. Certo per i gretini la banca aumenta il ranking etico, ma poi la stessa si taglia le… ehm si taglia le… ecco si taglia i pochi utili che raccoglie.

Se poi un dirigente di UniCredit ha visto cosa circolava al Lucca Comics 2019 credo che abbia avuto un sussulto cat on the ceiling, https://video.repubblica.it/dossier/lucca-comics-2019/lucca-comics-le-12-mostre-da-non-perdere-c-e-tutto-un-mondo-da-scoprire/347026/347611?ref=vd-auto&cnt=1 ovvero la cosplayer di Greta Thunberg, dove per la tenera fanciulla la cosa più spaventosa è il cambiamento climatico … E rimanere senza luce e riscaldamento non è forse più spaventoso? Alessia C. F. (ALKA)