Tratto da unz.com scelto da Alessia C.F. & Tradotto da Gustavo Kulpe

L’impeachment di Trump è un colpo di stato ebraico? Anche solo porre la domanda è pericoloso. L’agenzia di stampa cristiana TruNews è stata etichettata come sito Web che teorizza una cospirazione antisemita e bandita da un social dominato dagli ebrei, YouTube, solo per averlo ipotizzato. [Due membri ebrei del Congresso vogliono impedire alla Casa Bianca di rilasciare un comunicato stampa in cui gli sforzi per l’ impeachment di Trump vengano definiti “colpo di stato ebraico”, Jewish Telegraphic Agency, 10 dicembre 2019] (Successivamente, TruNews ha visto il suo account cancellato da PayPal per aver affermato che Jeffrey Epstein gestiva una specie di “operazione esca” del Mossad progettata per ricattare i principali personaggi politici statunitensi).

Ma innegabilmente, gli ebrei hanno assunto ruoli molto importanti e pubblicamente attivi nell’impeachment. I più importanti, i due membri del Congresso che hanno condotto le audizioni alla Camera: Adam Schiff, presidente della commissione di intelligence della Camera e Jerry Nadler, presidente della Commissione Giustizia sempre alla Camera. Sia Schiff che Nadler sono stati nominati procuratori nel processo al Senato, con Schiff designato come procuratore capo.

Entrambi i consiglieri democratici nelle udienze alla Camera erano ebrei: Norm Eisen per la Commissione Giustizia e Daniel Goldman per la Commissione di intelligence. Anche molti dei più importanti testimoni chiamati dai democratici erano ebrei, tra cui Alexander Vindman e Gordon Sondland.

Sorprendentemente, tutti e tre i giuristi consultati da Nadler — Noah Feldman di Harvard, Michael Gerhardt dell’Università del North Carolina e Pamela Karlan dell’Università di Stanford — erano ebrei, con una forte identità ebraica. [The Tell: Tre avvocati testimoni nell’impeachment erano ebrei, e questo è importante, di Ron Kampeas, Jewish Telegraphic Agency, 6 dicembre 2019] Gerhardt è membro del Katz Center for Advanced Jewish Studies, University of Pennsylvania e ha dato diversi lezioni sul diritto ebraico (ad esempio, “Vite ebraiche e Costituzione americana: storie selezionate”, Bar Ilan University Law School). Karlan si è auto-definita un esempio di “donna ebrea,trasgressiva, bisessuale” e Feldman è direttore del programma Julis-Rabinowitz sul diritto ebraico e israeliano ad Harvard.

In effetti, l’impeachment è un progetto dei numericamente dominanti democratici ebrei che votano a sinistra , con consiglieri democratici ebrei che interrogano testimoni ebrei nelle commissioni alla Camera guidati da rappresentanti ebrei e supportati con entusiasmo dai media di proprietà di ebrei come MSNBC, CNN e The New York Times.

L’unica sorpresa: il ruolo degli ebrei pubblicamente evidente. In passato, gli ebrei di diversi ceti sociali usavano nomi che suonavano WASP per ridurre la percezione pubblica della loro ebraicità, e spesso i non ebrei venivano reclutati per fungere da facciata per quelli che erano in realtà movimenti dominati dagli ebrei, in particolare la sinistra radicale nell’America precedente agli anni ’60.

Credo che questo nuovo approccio palese sia un indicatore del potere ebraico nell’America del 2020: gli ebrei ora si sentono abbastanza tranquilli di poter partecipare in sicurezza a tali manifestazioni, sapendo che il loro ruolo non sarà mai notato nel dibattito pubblico.

In effetti, è del tutto possibile che l’americano bianco medio che segue le audizioni veda effettivamente queste personalità di spicco ebree come nient’altro che normalissimi bianchi: spesso sembrano non avere per niente l’aspetto di ebreo.

Questa non è una coincidenza, dal momento che la percentuale di americani che pensa che “l’industria cinematografica e televisiva sia praticamente gestita da ebrei” nel 2008 era del 22%, rispetto al circa 50% nel 1964, nonostante il dominio ebraico fosse evidente a chiunque si preoccupasse di informarsi seriamente. Aver paura di notare le realtà etniche, o farsi un​​ lavaggio del cervello per non accorgersene, sono i principali fattori di potere di quella che va definita come la nuova élite americana dominata dagli ebrei.

Donald Trump stava percorrendo una strada che portava dritta verso l’odio di questa élite. Le sue proposte e i suoi commenti sull’immigrazione (ad esempio, “Parigi non è più Parigi”, “Quando il Messico ci manda la sua gente, non ci sta mandando di certo la parte migliore”) e la sua difesa di una politica estera non interventista costituivano un segale di stop alla propensione dell’establishment verso l’immigrazione di massa e verso le guerre senza fine in Medio Oriente per proteggere Israele. La sua vittoria fu un’occupazione ostile della Presidenza, contrastata dall’intero spettro dell’opinione politica d’élite, dall’estrema sinistra alla destra neoconservatrice, inclusi lobbisti d’accatto e “Conservatism, Inc.” [in gergo giornalistico, opinionista che si definisce conservatore ma che persegue politiche “picorette”, come diciamo su OraZero n.d.t] come Paul Ryan.

Il programma elettorale di Trump era populista fino in fondo: era essenzialmente una visione che tagliava fuori l’opinione delle élite. E gli intellettuali ebrei americani hanno largamente dimostrato la loro ostilità nei confronti del populismo, come ho notato nel quinto capitolo della mia The Culture of Critique.

Ma il fenomeno Trump è andato oltre il suo significato razionale, è stata implicitamente una rivoluzione bianca, motivata dalla paura verso cosa significherebbe in futuro essere una minoranza bianca in un’America a maggioranza nera e scura – preoccupazioni del tutto ragionevoli.

Tuttavia, lìimplicita attrattiva bianca di Trump ha funzionato a doppio senso di marcia: ha ispirato sia il consenso che l’opposizione, soprattutto tra gli ebrei.

In un interessante contrasto con tutti gli altri americani con uno status socioeconomico simile, circa il 70-80% degli ebrei statunitensi vota democratico. Ma anche così la loro viscerale ostilità verso Trump durante la campagna del 2016 è stata una cosa fuori dall’ordinario (vedi la mia analisi in cinque parti su VDARE.com intitolata “Jewish Fear and Loathing of Donald Trump“).

Quindi non sorprende che l’elezione di Trump sia stata accolta con una angoscia e una frustrazione senza precedenti. Il Washington Post ha pubblicato un articolo con il titolo ” La campagna per l’impeachment contro il presidente Trump è iniziata il giorno stesso dell’inaugurazione del suo mandato. [Di Matea Gold, 17 gennaio 2017] (Ma in effetti, incredibilmente, risale addirittura alla sua nomina come candidato).

Credo che l’attuale crisi politica dovrebbe essere vista come una lotta tra la nostra nuova élite dominata dagli ebrei, derivante dalla prima grande ondata di immigrazione del 1880-1920 e la tradizionale maggioranza cristiana bianca americana, derivata in modo significativo dal patrimonio coloniale pre-rivoluzionario ma incrementata dalla successiva immigrazione cristiana bianca. Questa nuova élite, benché influente già prima della seconda guerra mondiale, ebbe una crescente influenza durante gli anni ’50, in genere visto come un decennio piuttosto placido di pace e prosperità, ma in realtà un decennio di intenso “Kulturkampf” [lotta per la civiltà, in tedesco nell’originale n.d.t] che covava appena sotto la superficie ma che esplodeva periodicamente, in maniera spettacolare grazie alla controversa figura del senatore Joseph McCarthy.

La nascente élite sconfisse il senatore McCarthy, nonostante i fatti successivamente gli diedero sostanzialmente ragione. Certamente è un semplice dato di fatto che coloro che rimasero coinvolti nelle accuse di McCarthy fossero ebrei in numero sproporzionato. La crociata di McCarthy può essere considerata l’ultimo sussulto dell’America tradizionale. Quindi la possibile resurrezione dell’America tradizionale sotto un presidente populista come Trump è stata vista dalla nostra nuova élite come una catastrofe.

La nuova élite arrivò davvero al potere nella Rivoluzione contro-culturale degli anni ’60, il decennio che vide l’entrata in vigore dell’Atto sull’immigrazione del 1965, che apriva all’immigrazione per tutti i popoli del mondo e la nascita del Movimento per i diritti civili, che ora si è trasformato in qualcosa di equivalente a un movimento politico contro l’identità bianca.

Ero di sinistra negli anni ’60. Come spesso ho dichiarato, se qualcuno mi avesse chiesto come sarebbe stata l’America tra 50 anni, avrei risposto che sarebbe stata più giusta, ma mai avrei immaginato una tale trasformazione demografica. Né avrei previsto il proliferare dell’odio contro i bianchi, che è emerso nei media d’élite e nel mondo accademico (leggete il mio  Individualism and the Western Liberal Tradition , pagg. 446-448 per un sunto).

Ho provato documenti alla mano come questa nuova élite sia fondamentalmente ebraica, nel senso che gli ebrei hanno costituito il suo nucleo fondamentale. Essa ha promosso atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione, del multiculturalismo, della politica estera attinente Israele e delle politiche di identità non bianche e basate sul genere che hanno ormai raggiunto un consenso incontestabile tra le élite negli Stati Uniti e in tutto l’Occidente. Ma erano prevalenti nella comunità ebraica tradizionale sin da molto prima degli anni ’60, in forte contrasto con il resto dell’America degli anni precedenti.

Ad esempio, la comunità ebraica organizzata ha promosso gli interessi di Israele sin dal 1948, superando l’opposizione dell’ex istituto di politica estera WASP che aveva dominato il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Ancora più importante, la comunità ebraica è stata attivamente coinvolta nell’opposizione alla restrizione sull’immigrazione dalla fine del XIX secolo e nella promozione del l’ideologia secondo cui l’America è una “nazione di proposizione” aperta a tutti i popoli del mondo.

Riporto un commento del professor Otis Graham su come la Lega anti-diffamazione (ADL) ha convinto John F. Kennedy ad apporre la sua firma in un libro sull’immigrazione nel 1958, il cui autore fantasma era uno dei suoi appartenenti:

L’ADL, parte di una coalizione ebraica la cui agenda includeva l’apertura in maniera più ampia dei confini americani [all’immigrazione] in modo che la crescente eterogeneità etnica negli Stati Uniti riducesse le possibilità della nascita di un movimento di massa populista che abbracciasse l’antisemitismo, aveva stretto un’alleanza d’oro. (A vast social esperiment: The Immigration Act del 1965, NPG, 30 ottobre 2005)

Pertanto, nonostante la retorica altisonante, l’aumento dell’immigrazione fu davvero una questione di difesa etnica, nel momento in cui riduceva il potere demografico, politico e culturale degli europei-americani (vedi anche il capitolo 7 del mio Culture of critique), come si evince dagli atteggiamenti dei leader ebrei risalenti agli anni ’20.

Le organizzazioni ebraiche sono ora profondamente coinvolte nel punire chi dissente sull’immigrazione e sulle altre questioni in voga, come indicato nell’esempio riguardante TruNews [Inside the War to Take Away Our Free Speech, di Eric Striker, Unz.com, 21 gennaio 2020] Questo sembra un interruttore, ma la libertà di parola non è affatto un valore ebraico, del tutto assente dalle comunità ebraiche tradizionali. E nel mondo contemporaneo, le organizzazioni ebraiche, come l’ADL, e le organizzazioni con importanti finanziamenti e personale ebraico, come l’SPLC, hanno sostenuto uniformemente la legislazione sul “crimine di odio” in tutto l’Occidente. I gruppi ebraici in Europa hanno a lungo sostenuto sanzioni penali contro l’ istigazione all’odio e contro le critiche a Israele, riuscendo a farli emanare nel Regno Unito, in Germania, Francia e altrove.

Negli Stati Uniti, queste organizzazioni hanno assunto un ruolo guida nella rimozione dei dissidenti dai social e dalle istituzioni finanziarie, creando partnership con Facebook, Google, Twitter e Microsoft per combattere l’ “odio in rete”, includendo le pressioni di You Tube per rimuovere gli account associati al Alt Right. Sono stati anche coinvolti in modo rilevante nel doxing contro i dissidenti, causando loro spesso un danno riguardante i mezzi di sussistenza. Proprio di recente, il capo dell’ADL Jonathan Greenblatt ha sostenuto al Congresso come le società di social media non stessero facendo abbastanza per combattere l’ “incitamento all’odio” e ha chiesto al Congresso di intervenire per correggere il problema, una chiara violazione del Primo Emendamento.

I lobbisti ebrei hanno persino convinto il presidente Trump (che contrariamente alle loro paure sembra avere una politica di distensione, ad esempio riconoscendo Gerusalemme come capitale di Israele) a firmare un ordine esecutivo che penalizza efficacemente i discorsi critici nei confronti di Israele nelle università. La Fondazione per i diritti individuali nell’istruzione ha commentato così:

Mentre l’ordine è redatto in un linguaggio inteso a nascondere l’evidente minaccia verso i diritti di libera espressione, la sua ambigua direttiva e la fondamentale dipendenza dalla definizione di antisemitismo [International Holocaust Remembrance Alliance] e i relativi esempi indurranno le istituzioni a indagare e a censurare la libertà di espressione nei loro campus. … [C] olleges e università si affretteranno a punire studenti e insegnanti di facoltà nel tentativo di evitare indagini federali e sanzioni.

AGGIORNAMENTO: Dichiarazione di FIRE riguardo l’ordine esecutivo sull’antisemitismo nel campus, 10 dicembre 2019

Ovviamente, gli amministratori universitari hanno una grande esperienza nel reprimere la libertà di parola persino contro i conservatori tradizionali, avendo accettato ripetutamente i veti dei disturbatori e le molestie fisiche da parte della sinistra del campus.

In effetti, l’Ordine esecutivo di Trump mostra un linguaggio che potrebbe essere interpretato alla stessa stregua di un articolo come questo, perché si potrebbe dire che contenga “accuse stereotipate sugli ebrei in quanto tali o il potere degli ebrei intesi come gruppo – come, soprattutto ma non esclusivamente … ebrei che controllano i media, l’economia, il governo o altre istituzioni sociali “come stabilito nella definizione da parte dell’ IHRA.

Come sempre, la verità non dovrebbe essere una difesa.

Questa nuova élite si è trovata sull’orlo della totale vittoria nel 2016. Se Hillary avesse vinto, come al solito sarebbero state intraprese azioni a tutto campo, dalla politica estera in Medio Oriente e nei confronti della Russia, a un aumento dell’immigrazione (come tentato durante la presidenza di Obama), amnistia per gli irregolari, rimozione delle sanzioni contro l’ingresso illegale e promozione del multiculturalismo, per eliminare la maggioranza bianca.

Ci sarebbe stata una maggiore pressione per una legislazione in stile europeo che avrebbe penalizzato i discorsi relativi all’immigrazione e alla diversità, confermata da una Corte suprema riformata con più giudici sul tipo di Elena Kagan, che ha già espresso la volontà di frenare il Primo Emendamento sui discorsi che riguardano la diversità.

Come ha scritto Angelo Codevilla (senza sottolineare la dimensione ebraica):

Se qualche democratico vincesse [nel 2020], possiamo essere certi che le pretese su di noi [Supporter di Trump] aumenterebbero e che il governo agirebbe in maniera soffocante su istruzione, libertà di parola, religione, medicina, restringendo ulteriormente ogni spazio amministrativo.

(A Deplorable Strategy Beyond 2020, American Greatness, December 2, 2019)

A dire il vero, l’elezione di Trump non ha portato alla completa realizzazione delle sue promesse elettorali. Le guerre in medio oriente continuano, rispecchiando le priorità dei principali donatori ebrei Sheldon Adelson, Bernard Marcus e Paul Singer che hanno contribuito collettivamente con oltre 250 milioni di dollari per una rielezione di Trump. Per quanto riguarda l’immigrazione, ci sono stati alcuni miglioramenti al confine meridionale e sul controllo, ma ha promesso di porre fine allo ius soli tramite ordine esecutivo (ovviamente verrà contestato, ma che importa?) E una minore immigrazione legale (che sarebbe stato meglio tentare quando il GOP aveva il controllo di entrambe le camere del Congresso) non è stata raggiunta. Gli Stati Uniti sono ancora a rischio di vedere i bianchi in minoranza nel prossimo futuro.

Quindi, data la mancanza di successo di Trump nel realizzare un cambiamento fondamentale, perché Schiff e soci spendono così tanta energia in un tentativo di impeachment che, a conti fatti, non ha alcuna possibilità di far cadere Trump?

Perché non possono aiutare se stessi. Secondo me l’ “animosità viscerale” che di cui sopra, è motivata da un parallelismo che viene fatto tra la base bianca della classe operaia di Trump e il sostegno della classe operaia al nazionalsocialismo nella Germania degli anni Trenta. Questo fenomeno fu traumatico per gli intellettuali ebrei, che all’epoca erano profondamente immersi nel marxismo classico della lotta di classe. Era di fondamentale importanza nel motivare il passaggio aperto dalla Scuola di Francoforte verso la concettualizzazione degli interessi ebraici in termini di razza – poiché il vero problema che gli ebrei affrontarono all’epoca era l’etnocentrismo bianco, quest’ultimo risolvibile solo con sforzi di propaganda volti a diffamare l’identità razziale bianca (che presto divenne mainstream negli sforzi educativi della comunità di attivisti ebrei) e importando non bianchi per diminuire il potere politico bianco.

E, come sempre, questo sforzo ebraico per stroncare sul nascere il populismo in stile Trump è stato condotto con grande intensità psicologica, che è un tratto distintivo dell’attivismo ebraico. La mia osservazione è che tra gli ebrei esiste una massa critica fortemente impegnata nelle cause ebraiche, una sorta di impegno 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per risolvere immediatamente le questioni ebraiche. L’attivismo ebraico ha una qualità inarrestabile, non muore mai. Questa intensità va di pari passo con uno stile di discussione “scivolosa”: anche la più banale manifestazione di critica nelle parole e nei fatti, di tipo antiebraico è vista inevitabilmente come l’intenzione di ordire un omicidio di massa contro gli ebrei, se lasciata continuare. (Ne discuterò più approfonditamente in in Understanding Jewish Influence I: Background Traits For Jewish Activism, The Occidental Quarterly, Summer 2003, pp 24-26..)

Così descrive Peter Novick questo atteggiamento in The Holocaust in American Life:

Non esiste una reazione eccessiva contro un’azione antisemita, né un’esagerazione verso un pericolo onnipresente. Chiunque si sia fatto beffe dell’idea che esistano pericolosi presagi nella società americana non ha imparato “la lezione dell’Olocausto”.

Nel caso dell’impeachment, questa intensità psicologica è motivata dalla paura che Trump possa essere rieletto ed essere in una posizione molto migliore per effettuare un cambiamento fondamentale. In effetti, Adam Schiff ha espresso esattamente questo punto durante le sue dichiarazioni durante il processo al Senato. [Schiff dice ai senatori che non devono permettere a Trump di candidarsi per la rielezione, CNSNEWS, 24 gennaio 2020]

E allora si tratta davvero di un colpo di stato ebraico? Certamente, un interrogativo del genere necessita di risposte precise. Il Partito Democratico potrebbe essersi “ribaltato” demograficamente, ma presenta al suo interno ancora molti gentili bianchi. E ci sono ebrei che difendono con forza Trump, come Jay Sekulow, che fa parte del team legale personale di Trump, e Stephen Miller, che rappresenta una stella splendente negli sforzi dell’amministrazione in materia di immigrazione. Inoltre ci sono i donatori ebrei di Trump sopra menzionati, sebbene il loro interesse trainante nella creazione di un sostegno bipartisan a Israele sia in genere combinato con lo spostamento a sinistra del GOP su questioni sociali, compresa l’immigrazione.

Ma sì, è un colpo di stato ebraico. In effetti, l’intero regime post-1965 dovrebbe essere considerato come un colpo di stato ebraico motivato dalla paura e dal disprezzo verso la gente e la cultura dell’America bianca pre-1965.

Kevin McDonald