Tratto da breitbart.com tradotto da Gustavo Kulpe
Secondo il CEO di Volkswagen l’isteria verde è sul punto di distruggere l’industria automobilistica tedesca. Considerando che la produzione di motori è il più grande settore industriale in Germania, questo, in concreto, si può tradurre con un bel “Auf Wiedersehen” per l’economia tedesca.
Il capo della VW Herbert Diess ha dichiarato a Spiegel Online (tradotto dal Global Warming Policy Forum) che le proteste di carattere climatico contro le auto in generale combinate con i limiti più severi sulle emissioni di CO2 imposti dall’UE stanno spingendo l’industria automobilistica europea sull’orlo del collasso.
Egli ha detto:
“L’attuale campagna contro la mobilità individuale e quindi contro le auto convenzionali sta raggiungendo proporzioni tali da minacciarne l’esistenza“.
Diess considera assurdo cercare di costringere tutti a passare dalle auto a benzina a quelle elettriche: l’elettricità per alimentarle verrà ancora in gran parte dai combustibili fossili, quindi quali sarebbero i benefici ambientali?
“Invece di usare benzina o gasolio, useremo fondamentalmente carbone, anche se siamo alimentati elettricamente, e nel peggiore dei casi useremo anche la lignite”, ha detto. “Questo rende l’idea di mobilità elettrica assurda!”
Le preoccupazioni del capo della VW sono condivise dall’industria automobilistica europea.
La Reuters, riferendosi alla vigilia del Biennale Internazionale di Francoforte (IAA), che si aprirà giovedì, riporta:
“C’è da costruire auto che costano 10000 euro in più, obiettivi di emissioni dell’intera flotta che richiedono un certo volume di vendite e consumatori che possono volerle oppure no”, ha affermato un dirigente del PSA. [PSA è il gruppo di partecipazione francese che include marchi come Peugeot, Citroen, Opel e Vauxhall]
“Tutti questi ingredienti hanno un potente impatto deflagrante.”
Entro il prossimo anno, la CO2 dovrà essere ridotta a 95 grammi per chilometro per il 95% delle auto rispetto all’attuale media di 120,5 g, un dato che è aumentato di recente con i consumatori che usano diesel a basso consumo e guidano SUV. Tutte le nuove auto nell’UE devono essere conformi a questo standard nel 2021.
La produzione di motori è la più grande industria tedesca. Impiega circa 830.000 persone. Ma ora deve affrontare una tempesta perfetta causata da un insieme di fatti catastrofici: le normative UE sempre più stringenti sulle emissioni di carbonio; le tariffe statunitensi; l’indebolimento delle esportazioni verso il mercato cinese; il claudicante governo di coalizione di Angela Merkel che cerca di placare i Verdi con una nuova strategia globale per il clima; la mancanza di interesse dei consumatori verso tutte le auto elettriche fin ora costruite che sembra difficile riuscire a vendere; la truffa sulle false emissioni diesel che sta finalmente per impegnare i tribunali il prossimo mese, con la VW che deve affrontare azioni legali da parte di 400.000 proprietari di auto; la Energiewende – cioè il piano di sostituzione di energia prodotta con combustibili fossili con energie rinnovabili più costose; e attivisti ambientalisti che chiedono una “rivoluzione dei trasporti” che porterà alla graduale eliminazione delle auto private.
Alcuni di questi problemi sono il risultato della geopolitica internazionale, come la guerra dei dazi del presidente Trump contro la Cina.
Molti di questi problemi sono propri della Germania. Nessun paese al mondo ha spinto l’agenda verde più forte della Germania. (La Svezia, casa di Greta Thunberg, viene al secondo posto). Ora, proprio come fu nell’ultima guerra – solo con un’agenda politica diversa, di tipo buonista – la Germania viene distrutta da un’ideologia totalitaria.
“La Germania si sta autodistruggendo e davvero non potrebbe succedere in un paese più bello”, afferma Benny Peiser della Global Warming Policy Foundation, anch’essa tedesca. Peiser era originariamente un membro del movimento verde tedesco, prima di vedere la luce.
A peggiorare le cose per la difficile economia della Germania, un rapporto di McKinsey avverte che l’Energiewende sta mettendo sempre più a repentaglio l’approvvigionamento energetico della Germania.
Il triste significato del rapporto è riassunto così da Mike Shellenberger:
Nonostante molto clamore, la Germania genera ancora solo il 35% della sua elettricità da fonti rinnovabili. E se si esclude la combustione di biomassa, spesso più sporca del carbone, nel 2018 l’energia eolica, idrica e solare rappresentava solo il 27% della produzione totale di elettricità.
Ma il più forte monito che McKinsey rilascia riguarda l’approvvigionamento energetico sempre meno sicuro in Germania a causa della forte dipendenza da energia solare ed eolica intermittenti. Per tre giorni a giugno 2019, la rete elettrica ha rischiato il black-out.
“Solo le importazioni a breve termine dai paesi vicini sono state in grado di stabilizzare la rete”, osserva la società di consulenza.
A causa della carenza di approvvigionamento energetico, in Germania si è osservato che il costo più alto dell’energia di bilanciamento a breve termine, è salito alle stelle, passando da 64 € nel 2017 a 37.856 € nel 2019.
“Dobbiamo mettere in conto che la sicurezza dell’approvvigionamento continuerà a peggiorare in futuro”, afferma McKinsey …
L’effetto più drammatico della transizione tedesca verso le energie rinnovabili, in altre parole, è stato quello di aumentare il costo dell’energia e di rendere l’approvvigionamento più inaffidabile, il tutto ottenendo a malapena una differenza trascurabile nell’ uso di combustibili fossili.
Ancora una volta, sarebbe molto, molto facile solidarizzare con la difficile situazione della Germania se non fosse che ha trascorso gli ultimi trenta o quaranta anni a spingere l’agenda verde che ha causato tali danni in tutto il mondo a quelle economie abbastanza sciocche da farsi abbindolare dall’energia rinnovabile/truffa della decarbonizzazione.
Se l’industria automobilistica tedesca è bollita – e lo è – lo è anche l’intera economia tedesca.
In tedesco esiste un termine che spiega come si sentono alcuni di noi in questo momento.
Schadenfreude.
James Delingpole