La Storia, intesa come forziere contenente la “memoria” delle azioni del mondo, è si una Maestra di Vita ma anche un monito al quale non possiamo rimanere sordi, nonostante negli anni si sia cercato in tutti i modi di depotenziarne il grande insegnamento che porta con se, riducendone l’apprendimento nelle scuole. Ma la Storia esiste, nonostante gli “sforzi” tesi ad ignorarla messi in campo dai “governi”, che hanno dimostrato di preferire di gran lunga una generazione di “ignoranti” piuttosto che una di “acculturati”. La Storia è lì, è accaduta, ha posto cause, ha espresso modelli, ha dimostrato che “si può”. A cosa mi riferisco? Alla possibilità di concepire un progetto, una visione, un cambiamento e portarlo a termine, pur essendo “gli ultimi” o i “paria”, pur non rendendosi conto di avere la forza per riuscire, e nella consapevolezza di avere contro una “macchina titanica”, di quelle che solo a percepirle già si viene assaliti dalla paura e dallo sconforto. Apriamolo allora questo “scrigno” e guardiamo come il nostro passato sia di nuovo il nostro presente e come potrebbe essere anche il nostro futuro.

Siamo all’incirca alla metà del 1800, l’italia è solo una espressione “geografica”. Non esiste come Stato, non esiste come coscienza di popolo. L’ ancien regime (una sorta di antenato delle oligarchie europee moderne) è stato ripristinato dal Congresso di Vienna anni prima e quindi, passata la “sbornia” dell’ideale “libertè-egalitè-fraternitè” portato in Italia dai ragazzi dell’esercito di Napoleone, ci siamo svegliati in quello che il Metternich definì il “giardino d’Europa” (il suolo Italico), divisi in una miriade di Stati, Staterelli, Granducati e Regni,la maggior parte dei quali sotto l’influenza di “satrapi” comandati dalle corone d’Europa.

Se avessimo preso un qualunque abitante della penisola di quell’epoca e gli avessimo detto che meno di 100 anni dopo, ci sarebbe stata in quello stesso posto la Repubblica Italiana, di sicuro ci avrebbe preso per pazzi. Il nostro suolo era diviso (meglio condiviso) dalle potenze europee dell’epoca, le stesse che avevamo conquistato, pacificato e costruito noi quasi 2 millenni prima quando ancora ci chiamavamo ROMA. Era normale quindi che l’abitante italico si sentisse annichilito di fronte ai Regni e agli Imperi che dominavano il continente. Eravamo contadini e pagavamo le gabelle a tutti: francesi, borboni, chiesa, austriaci….questi ultimi particolarmente”cattivi”.

Ma fù in questo contesto che uno dei regni in cui l’Italia era divisa, quello di Sardegna nella fattispecie, concepì un’idea e cominciò a “tessere” (mai espressione fù più azzeccata), una strategia sottile e di lungo respiro che fosse al tempo stesso “visionaria” nel lungo periodo ma “sostenibile” nell’immediato. Eravamo “pulci” e non ci era permesso neanche di avere “la tosse”. Ma avevamo persone in grado ancora di sognare e attivarsi affinchè il sogno diventasse realtà. Quindi l’allora Presidente del Consiglio (del Regno di Sardegna, non di una nazione che non esisteva ancora eh..) un “certo” Camillo Benso conte di Cavour (non il Conte Gentiloni Mazzanti-vien-Dalmare), di concerto con il suo “capo” un “tale” Vittorio Emanuele II di Savoia (non l’ologramma di PdR di oggi, ma quello sepolto al Pantheon a Roma con la scritta “Padre della Patria”), concepirono l’idea di inviare (sollecitati anche da Francia ed Inghilterra) un contingente di Bersaglieri al comando di Lamarmora per partecipare alla “nonna delle future missioni di pace”, ovvero la Guerra in Crimea: Francesi, Inglesi, Turchi e Piemontesi VS lo Zar di Russia.

Sorvoliamo sui perchè del conflitto, sulle battaglie e sul resto, in quanto non è questo che ci interessa. Interessa l’idea, l’escamotage, l’aver pensato a cosa potesse essere funzionale in futuro la partecipazione alla “coalizione”. La “coalizione” vinse, ci fù un trattato di pace (il Congresso di Parigi), e proprio in quella sede, Cavour quindi un rappresentante “italiano” che italiano ancora non era, nonostante l’opposizione forte dell’Austria vi partecipò e prendendo la parola, portò all’attenzione delle “teste coronate europee che contano”, il problema italiano (cit. “non possiamo rimanere insensibili al grido di dolore che da più parti d’Italia si volge verso di noi”). Come dire: “ci siamo anche noi e abbiamo un problema da risolvere”.

Questa attenzione ci valse l’apprezzamento francese (molto importante all’epoca) e la promessa da parte di Napoleone III (che in realtà sarebbe II, solo che una volta incoronato i giornali scrissero Napoleone !!! con tre punti esclamativi e allora fù Napoleone III per tutti- ci fù un “secondo” ad onor del vero, ma non regnò mai), di “proteggeci” dagli Asburgo ed aiutarci nel “liberare” il lombardo-veneto ed annetterlo al Regno di Sardegna.

La cosa si fece veramente, almeno in parte (per il Veneto ci è voluta la I guerra mondiale), i francesi vennero numerosi e combatterono insieme ai piemontesi (unitamente al più grande “rivoluzionario” in senso stretto che sia mai esistito: Garibaldi! -ma noi analfabeti funzionali andiamo dietro a Che Guevara nevvero?) e la Lombardia unitamente a tutti i ducati e Granducati tosco-emiliani-romagnoli, divennero parte integrante del regno di Sardegna. I francesi poi si stufarono e fecero l’armistizio con gli austriaci ma ormai la “macchina” (questa si, molto gioiosa) era partita, e alla seconda guerra di indipendenza seguì la spedizione dei Mille ed altre parti di quella che ormai veniva sempre più chiamata “nazione”, si andavano aggiungendo come un puzzle. E si arrivò al 1861….giorno in cui risuonarono per la prima volta le parole: “Regno d’Italia”…..capitale d’Italia..

Sì per carità era incompleto, mancava la “futura capitale in pectore”, mancava il Friuli, il Trentino, il Veneto ma era un inizio…tutto questo sarebbe arrivato. Il processo ormai era inesorabile ed inarrestabile. Il “contadino” annichilito dei primi anni dell’800, quello che prese a fucilate i Fratelli Pisacane scambiandoli per banditi ora fischiava “Và Pensiero” (era presto per l’inno di Mameli come inno provvisorio e poi ufficiale) e a chi gli chiedeva di dove fosse rispondeva: “sono Italiano”. E tutto era partito da un’idea: 15.000 soldati inviati a combattere in Crimea….

Le cose bisogna ricordarle, bisogna leggerle, bisogna studiarle. Bisogna alimentare la voglia di sapere, non ci siamo inventati niente abbiamo solo cambiato gli scenari. Ora come allora siamo annichiliti. Ci chiamiamo Italiani, ma più per abitudine, per convenzione, che per convinzione vera e propria. Abbiamo perso credibilità, abbiamo perso importanti conquiste, siamo regrediti sempre più giù in un continente dove primeggiavamo. Negli anni 80 siamo stati per un periodo avanti a UK come paese più industrializzato al mondo. Ci siamo fatti mettere il guinzaglio da quei paesi europei che temevano il nostro ingegno e la nostra concorrenza. Ci siamo fatti raccontare cazzate da governi di ogni colore che avevano venduto la loro anima e il nostro futuro alle elites internazionali in odore di massoneria. E ora siamo come quel “contadino dell’800″…con un lavoro precario, che non ci fa stare sereni, con una salute con sempre meno tutele, con un suolo sul quale camminiamo ma del quale non abbiamo più alcuna sovranità nè monetaria nè politica. Ci hanno fatto firmare trattati che ci avrebbero resi schiavi senza neanche chiedercelo. E ci vanno ripetendo la frase ipnotica, obnubilante: “più europa”….”non è possibile uscire dall’euro”…” non potete fare alcun referendum”….Dovete solo “morire” in piedi, al posto di lavoro (per chi ce l’ha) e in silenzio.

Non lo voglio fare. Non sono riusciti a sottomettermi al punto  di non sognare neanche che le cose possano cambiare, di impedirmi anche di ricordare la Storia. Qualcuno sulla scena politica che ha dimostrato di non voler essere come gli altri c’è. Gli hanno detto di tutto, hanno cercato in tutti i modi di annientarlo o ignorandolo o parlandone, a sproposito,anche troppo. Ma è ancora lì. E ‘maturato, si è “sgrezzato” ma è lì più forte di prima. Ha affinato la strategia, ha maturato una coscienza di “governo”, ha capito  che alcune battaglie si combattono dal ponte di comando. E quando è servito ha anche smorzato i toni, ha apparentemente ammorbidito la linea. In realtà ha fatto solo la cosa più saggia: ha ricordato la Storia. Ha ricordato a cosa ha portato l’inviare quei 15.000 soldati in Crimea, ha ricordato come un Cavour e non un Renzi qualunque, si sia dovuto muovere sulle uova agli inizi, perchè il momento lo imponeva, ma senza mai perdere di vista l’obiettivo: “Fare l’Italia”. Tra circa 10 giorni sarete chiamati a scegliere. Sarà una delle ultime volte, se non invertirete la rotta le prossime elezioni le farà direttamente la Troika tra un inventario e l’altro delle opere d’arte italiane da sequestrare. Sta a voi decidere se vorrete essere un “contadino dell’800” e rimanervene nel vostro pollaio o alzare la testa e rispondere come un “cittadino del 1861”: “sono Italiano”. Il “mezzo” da contrassegnare se volete c’è….non lo cito ma vi lascio con una strofa famosa rivisitata che nasconde la risposta:

“Sotto un manto di Stelle….l’Italia bella riappare”

Un abbraccio a tutti

Fabio