la Teoria della Relatività
Il genio di Albert Einstein ci ha regalato una scoperta epocale, la massima del XX° secolo, una scoperta che ha aperto la via alla comprensione di una realtà bislacca, inverosimile e inaccettabile per il nostro quotidiano. E’ una legge della natura assai complessa che solo un autentico genio poteva formalizzare, provare a spiegarla senza il supporto dell’articolato e non semplice sistema matematico che la sostiene è pura follia, ma pur rendendomi perfettamente conto di questo limite, così come rendendomi perfettamente conto di non essere all’altezza di questo compito che mi sono auto-imposto, non posso comunque esimermi dal cercare di condividere questa autentica meraviglia della natura che solo una mente superiore poteva scovare nel puzzle del creato!
Per dare un’idea della complessità di ciò di cui stiamo parlando vi riporto una equazione a caso, una tra le tante che sostengono la relatività di Einstein, una equazione che chi volesse approfondire prima o poi si troverebbe davanti:
Mi pare chiaro che essendo la strada diretta assi ostica sarà necessario aggirare l’ostacolo partendo da Molto Molto Lontano.
In questo villaggio di Molto Molto Lontano abitava un certo Savonarola Girolamo, un tipo assai ligio ai comandamenti che l’associazione a cui era iscritto imponeva ma che, stranamente, i dirigenti di quell’associazione, invece di farli propri e dare il buon esempio, avevano su quei comandamenti un atteggiamento assai libertino; ma questa è un’altra storia. Dunque, il caro Girolamo prima di finire come una porchetta natalizia si accorse di un fatto assai strano: senza un riferimento non posso stabilire nulla! Non posso dire, per esempio, se un uno scoiattolo è grande o piccolo perché se lo confronto con una balena è decisamente piccolo, ma se lo confronto a una formica è sicuramente grande. Alla fine lo scoiattolo è grande o piccolo? Dipende da cosa lo confronto, dipende a cosa lo riferisco, dipende quale riferimento prendo come paragone, Savonarola darà a questo concetto il nome di Punto di Riferimento Privilegiato. Girolamo allargò questo ragionamento anche al moto, ovvero non è possibile stabilire, senza un punto di riferimento privilegiato, cosa è in moto e cosa è fermo.
Toccherà a Galilei Galileo, altro ribelle che ebbe non pochi grattacapi con la stessa associazione che mise in padella Girolamo, confermare l’intuizione di Savonarola ragionando sul moto rettilineo uniforme. Sentiamo direttamente da Galileo:
“Riserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca, che sia posto a basso: e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza; i pesci si vedranno andar notando indifferentemente per tutti i versi; le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottoposto; e voi, gettando all’amico alcuna cosa, non piú gagliardamente la dovrete gettare verso quella parte che verso questa, quando le lontananze sieno eguali; e saltando voi, come si dice, a piè giunti, eguali spazii passerete verso tutte le parti. Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia che mentre il vassello sta fermo non debbano succeder cosí, fate muover la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da alcuno di quelli potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma: voi saltando passerete nel tavolato i medesimi spazii che prima, né, perché la nave si muova velocissimamente, farete maggior salti verso la poppa che verso la prua, benché, nel tempo che voi state in aria, il tavolato sottopostovi scorra verso la parte contraria al vostro salto; e gettando alcuna cosa al compagno, non con piú forza bisognerà tirarla, per arrivarlo, se egli sarà verso la prua e voi verso poppa, che se voi fuste situati per l’opposito; le gocciole cadranno come prima nel vaso inferiore, senza caderne pur una verso poppa, benché, mentre la gocciola è per aria, la nave scorra molti palmi; i pesci nella lor acqua non con piú fatica noteranno verso la precedente che verso la sussequente parte del vaso, ma con pari agevolezza verranno al cibo posto su qualsivoglia luogo dell’orlo del vaso; e finalmente le farfalle e le mosche continueranno i lor voli indifferentemente verso tutte le parti, né mai accaderà che si riduchino verso la parete che riguarda la poppa, quasi che fussero stracche in tener dietro al veloce corso della nave, dalla quale per lungo tempo, trattenendosi per aria, saranno state separate; e se abbruciando alcuna lagrima d’incenso si farà un poco di fumo, vedrassi ascender in alto ed a guisa di nugoletta trattenervisi, e indifferentemente muoversi non piú verso questa che quella parte. E di tutta questa corrispondenza d’effetti ne è cagione l’esser il moto della nave comune a tutte le cose contenute in essa ed all’aria ancora, che per ciò dissi io che si stesse sotto coverta; ché quando si stesse di sopra e nell’aria aperta e non seguace del corso della nave, differenze piú e men notabili si vedrebbero in alcuni de gli effetti nominati: e non è dubbio che il fumo resterebbe in dietro, quanto l’aria stessa; le mosche parimente e le farfalle, impedite dall’aria, non potrebber seguir il moto della nave, quando da essa per spazio assai notabile si separassero; ma trattenendovisi vicine, perché la nave stessa, come di fabbrica anfrattuosa, porta seco parte dell’aria sua prossima, senza intoppo o fatica seguirebbon la nave, e per simil cagione veggiamo tal volta, nel correr la posta, le mosche importune e i tafani seguir i cavalli, volandogli ora in questa ed ora in quella parte del corpo; ma nelle gocciole cadenti pochissima sarebbe la differenza, e ne i salti e ne i proietti gravi, del tutto impercettibile.”
Galileo Galilei – Dialogo sopra i due massimi sistemi – 1632
Ragazzi questa si chiama classe! E si chiama anche relatività galileiana, Galileo evolve, affina il concetto di punto di riferimento privilegiato in Punto di Riferimento Inerziale, cioè un sistema di riferimento che si muove di moto rettilineo uniforme. Dunque che io sia fermo o sia un moto rettilineo uniforme non cambia nulla, posso fare le stesse medesime cose e, soprattutto, in assenza di un riferimento inerziale non c’è alcun esperimento che possa fare che sia in grado di rivelarmi se sono in moto o se sono fermo! Successivamente anche il grande Newton confermerà le intuizioni di Girolamo e di Galileo ma questi tre grandi stavano facendo i conti senza l’oste; senza la velocità della luce.
L’esperimento di Michelson e Morley
Tutto sommato la fisica galileiana e newtoniana, detta fisica classica, funzionava in accordo con la realtà che percepiamo, quello che accade nella fisica classica è “normale”, è tranquillizzante perché descrive fenomeni che rimangono nel cerchio di ciò che consideriamo naturalmente logico; come, per esempio, la composizione delle velocità. Se un corridore è su un treno che viaggia a 100km/h e corre verso la locomotiva a 35km/h, la sua velocità andrà sommata a quella del treno, quindi correrà a 135 km/h; sfruttando questo principio nel 1887 due scienziati pensano di misurare la velocità della terra rispetto al “vento d’etere” utilizzando un raggio di luce; all’epoca infatti si conosceva il valore della velocità della luce e si sapeva che era costante. In quel periodo si pensava che l’universo non fosse vuoto ma pieno di una speciale sostanza chiamata ETERE LUMINIFERO, così gli scienziati Albert Abrham Michelson ed Edward Morley cercano di misurare il vento d’etere e stabilire la velocità della terra rispetto al vento d’etere. Con un apparecchio inventato da Michelson, detto interferometro, così fecero:
ma Michelson e Morley non registrarono mai alcuna variazione dell’interferenza, questo poteva significare solo due cose:
- La terra è ferma rispetto all’etere
- La velocità della luce è la medesima in tutte le direzioni e non è superabile
La prima conseguenza dell’esperimento era inaccettabile, la terra non è ferma, orbita intorno al sole e nel 1887 era già assodato con assoluta certezza, la seconda conseguenza contraddiceva la composizione dei moti fino ad allora ritenuta valida! Ma come, la velocità di un raggio di luce che parte dalla terra non si somma con la velocità della terra? La sua velocità non aumenta? Inaudito! Un matematico francese, un certo Harry Poincarrè, si accorge che nelle trasformazioni di Lorentz c’è la spiegazione dell’apparente incongruenza nell’esperimento di Michelson-Morley, quindi vediamo le equazioni che scrisse Lorentz:
Niente paura, solo una, piccola piccola, addomesticata come un cagnolino!
Nella concezione classica della fisica valeva l’equazione di Galileo che descrive la composizione delle velocità che abbiamo visto con l’esempio del corridore sul treno:
V = V’ + U
Ovvero la velocità totale V del corridore più quella del treno è data dalla somma della velocità V’ del corridore e dalla velocità U del treno; ma nelle equazioni di Lorentz, Poincarrè si accorge che le cose a velocità prossime a quella della luce vanno diversamente:
Se il corridore si trova su un treno che viaggia alla velocità della luce la sua velocità sommata a quella del treno non supererà mai 300.000 km/s, nell’equazione di Lorentz la velocità totale, qualunque valore assuma V’, è sempre 300.000; l’equazione è valida anche se il treno andasse a 500 km/s e fosse il corridore a viaggiare 300.000 km/s; provare l’equazione per credere!
V’ | U | V’+U |
1 | 300.000 | 300.000 |
200 | 300.000 | 300.000 |
500 | 300.000 | 300.000 |
100.000 | 300.000 | 300.000 |
259.632 | 300.000 | 300.000 |
300.000 | 500 | 300.000 |
Dunque non è la terra che ad essere ferma nell’etere, è la velocità della luce che non è superabile, la composizione delle velocità non è valida nel caso della luce che viaggia sempre alla stessa velocità in qualunque direzione. Un raggio di luce che parte da una sorgente in movimento, qualunque sia la velocità di tale sorgente, viaggia sempre a 300.000 km/s! Questa scoperta sconvolgerà la fisica perché nel 1905 un giovanotto di 26 anni, un certo Albert Einstein, partendo da quelle basi, scopre che la fisica a velocità vicine a quella della luce andava riscritta!
La contemporaneità degli eventi
E ora…cavalchiamo! …cavalchiamo adesso, In questo momento… ma Rango, il buon camaleonte dalla parte della legge, non ha idea che “adesso, in questo momento” non ha alcun significato fisico. Tra i fisici si era creata una gran confusione, l’insuperabilità della velocità della luce creava nuovi interrogativi che creavano nuovi problemi, sarà Einstein a rimettere le cose al giusto posto dimostrando che l’etere non esiste e introducendo la grandezza che era sfuggita a Poincarrè: il tempo. Albert si sbarazza dell’etere dimostrando che un’onda elettromagnetica può viaggiare nel vuoto e questo rimuoverà il diversivo che recava la maggior parte della confusione, dato che tutto era misurato in riferimento all’inesistente etere, e comincia a misurare cosa accade a due oggetti che si muovono uno rispetto all’altro. Si accorge, prima di tutto, che due eventi non sono mai contemporanei dato che la velocità è limitata a 300.000 km/s. Se in una astronave che viaggia ad una certa velocità mettiamo un orologio a poppa e uno a prua* e facciamo partire da un punto equidistante ai due orologi un segnale in grado di attivarli, vedremo che i due orologi si attiveranno nello stesso momento, in accordo con quanto diceva galileo sul vascello che viaggia a velocità costante, ma un osservatore esterno vedrà che l’orologio di poppa si attiverà prima perché il segnale e l’orologio si muovo uno in direzione dell’altro, e vedrà l’orologio di prua attivarsi per secondo perché il segnale deve rincorrerlo e ci metterà più tempo a raggiungerlo; ma questo non dovrebbe accadere se il segnale che deve attivare gli orologi viaggia alla velocità della luce perché, come abbiamo detto, va velocità della luce non cambia mai, e non si può sommare ne sottrarre; ma allora cos’è che cambia tanto da far vedere all’osservatore esterno uno sfasamento nell’attivazione dei due orologi? Cambiano il tempo e lo spazio. Il tempo si dilata e lo spazio si contrae! E il muone è salvo!
Il muone è una particella che si forma dallo scontro tra i raggi cosmici e gli atomi dell’atmosfera, un muone ha un’aspettativa di vita non proprio esaltante, campa 1,5 – 2 microsecondi, e alla velocità della luce riesce a percorrere solo 600 metri; come può allora percorrere i 15 km che occorrono per arrivare fino a noi prima di morire? Perché il muone ci arriva fino a noi, eccome se ci arriva…
Il muone circola ad una velocità molto vicina a quella della luce, al 99,5%, e a quella velocità il tempo si dilata come aveva previsto Einstein. Vediamo un esempio numerico che deriva dal teorema di Pitagora su come si dilata il tempo al variare della velocità:
Dai non fate così, è facile…
Approntiamo la solita tabella per vari valori della velocità v:
V | T | T’ |
0,01 | 1 | 1 |
10 | 1 | 1 |
100 | 1 | 1,0000001 |
1000 | 1 | 1,0000056 |
100.000 | 1 | 1,06 |
250.000 | 1 | 1,8 |
299.999 | 1 | 387.2 |
300.000 | 1 | ∞ |
A basse velocità il risultato è 1, ovvero il tempo T’ rispetto alla velocità non varia in modo apprezzabile rispetto a T che poniamo essere un secondo, man mano che ci avviciniamo alla velocità della luce il tempo si dilata fino a diventare infinito al valore di C.
Ricordate l’esperimento di Michelson e Morley? Avevamo detto che poteva significare due cose: 1) la terra è ferma, 2) la velocità della luce è insuperabile, ebbene fu avanzata anche una terza ipotesi: l’interferometro si contrae per effetto della velocità e falsa i risultati!
La contrazione di FitzGerald
Geroge Francis FitzGerald estende la contrazione dei campi elettromagnetici prevista dalle trasformazioni di Lorentz a tutto ciò che si muove, in pratica postula che la materia tenda ad accorciarsi nel senso del moto:
questo fenomeno prenderà il nome di Contrazione di Lorentz-FitzGerald perché FitGerald fu il primo ad intuirla ma Lorentz ne costruì le relative equazioni; il muone dunque ha tutto il tempo di arrivare sulla terra dato che lo spazio PER LUI da percorrere è inferiore ai 600 metri che il corso della sua vita gli consente! Ricapitolando:
la velocità della luce non si può superare
non esiste la simultaneità degli eventi
la materia si contrae nella direzione del moto
il tempo si dilata durante il moto
A dir la verità le basi della relatività ristretta c’erano tutte, Einstein ha “solo” messo nel giusto ordine le cose, provato che l’etere non esiste e vinto un premio Nobel per la fisica. Come si riteneva che i campi elettrici e magnetici fossero sperati finché non si scopri l’equazione che definisce l’elettromagnetismo, così si riteneva che spazio e tempo fossero entità separate finchè Einstein non scopre lo spaziotempo. Ma manca ancora qualcosa, Einstein si accorge che anche la massa ha un suo ruolo nello spaziotempo, e fa il botto! Ma un botto bello grosso! Già da tutta l’estate del 1905 il caro Albert è inquieto, rimugina e rimugina, manca qualcosa, poi gli si accende la lampadina:
c’è una relazione tra massa, energia e velocità della luce, e nel settembre del 1905 se ne esce con un articolo in cui scrive questo:
che passerà alla storia nella forma
Siamo davanti ad un’autentica rivoluzione, siamo davanti all’apice della genialità di un uomo geniale, e io personalmente mi son trovato davanti allo stravolgimento di tutte le mie convinzioni riguardo al trascendente. “E” sta per Energia, “m” sta per Massa e “c” sta per Celeritas, la velocità della luce. Se i concetti di energia e velocità sono in qualche modo legati al quotidiano, per la massa è necessario spendere due parole.
Spesso si tende a confondere la massa con il peso, invero le unità di misura di queste due grandezze sono simili e agevolano la confusione. La massa si misura in kg, il peso, nell’ordinario quotidiano, pure in kg; ma sono due cose completamente diverse: la massa è la quantità di materia, il peso è una forza e si misura in N (Newton). La massa non varia mai, una massa di 2kg è sempre la stessa indipendentemente da dove mi trovo, perché, appunto, è una quantità di qualcosa: due chilogrammi sono due chilogrammi sulla terra, sulla luna o su Giove; il peso invece, essendo una forza, varia a seconda di quanto questa forza è forte, ovvero, detta con un minimo di professionalità, dipende dall’intensità del campo gravitazionale che la genera, per cui il mio peso sulla luna sarà inferiore a quello che ho sulla terra essendo il campo gravitazionale della luna inferiore a quello della terra; la mia massa invece sarà sempre la stessa perché la quantità di materia di cui sono formato è sempre la stessa e non varia a seconda del campo gravitazionale che agisce su di me.
Einstein intuisce che se l’unica cosa davvero costate in tutto l’universo è la velocità della luce allora energia e massa sono legate a doppio filo al variare dell’una rispetto all’altra. Risolvendo l’equazione rispetto alla massa lo vediamo meglio:
Se l’energia cresce anche la massa cresce, se la massa cresce anche l’energia cresce, dunque la massa può diventare energia, e questo è accettabile, ma l’energia può diventare massa! Questo pensiero impegnerà Einstein per dieci anni portandolo ad una scoperta straordinaria: Newton si sbagliava, la gravità non dipende dalla massa per il semplice motivo che la gravità non esiste!
Se la gravità fosse una forza generata dalla massa di un corpo da dove viene questa forza? Newton ammise di non poter rispondere a questa domanda, tuttavia che ci sia una forza che ci attrae verso la terra è un fatto e questa forza è pure misurabile, ed è un fatto che le equazioni di Newton sulla gravità funzionano, tutt’oggi le utilizziamo, tuttavia la domanda rimane: cosa genera questa forza? Se cadiamo non avvertiamo il nostro peso, ovvero se cadiamo stando sopra ad una bilancia questa, durante la caduta, segnerà zero kg; ma com’è possibile che se cadiamo per effetto del nostro peso non avvertiamo il nostro peso, ovvero la causa per cui cadiamo? Se la gravità è una forza allora è una forza assai strana:
- Agisce sempre nello stesso verso, ovvero non è mai repulsiva ma solo attrattiva mentre le classiche forze possono avere anche verso e direzione opposti, quindi non può avere natura elettromagnetica
- Non c’è modo di schermare la gravità come accade, per esempio, con le forze elettromagnetiche, non si può annullare e creare una zona dove non agisce
- La gravità è ovunque nello spazio e non si annulla mai, diminuisce col quadrato della distanza ma non si azzera mai
Qualcosa non quadra, la gravità per Einstein non può essere una forza, allora prende la geometria curvilinea di Riemann e le cosa vanno al giusto posto: la gravità non è una forza ma una caratteristica geometrica dello spaziotempo! La massa curva lo spaziotempo e questa deformazione genera una forza apparente che noi chiamiamo gravità! Non è la terra a tenerci incollati a sé, è lo spaziotempo che si “spinge” verso di essa:
Questa è la gravità: sembra una sola equazione ma in realtà sono 16 equazioni differenziali alle derivate parziali del secondo ordine, nelle componenti del tensore metrico di Riemann; la parte a sinistra dell’uguale esprime la metrica relativa allo spaziotempo, quella a destra esprime le influenze gravitazionali per effetto della materia, dell’energia e del momento. E’ pura arte, è meraviglia del creato, è l’espressione del meraviglioso spettacolo che il teatro della creazione tutti i giorni manda in scena!
*Richard Feynmann
Note per approfondimenti
Alcuni argomenti, pur fondamentali per la trattazione dell’argomento, non sono stati toccati per non tradire il campo prettamente discorsivo o perchè avrebbero creato confusione; per chi volesse approfindire:
- Equazioni di campo di James Clerk Maxwell
- Principio di Causalità, importante per la comprensione dell’insuperabilità di c
Bibliografia
Mario Davoli – Fisica per le scuole medie superiori – Ed. CEDAM Padova
Mario Rigato – Elementi di fisica per corsi universitari annuali – Ed. Società Tipografica Editrice Modenese
W Edward Gettys, Frederick J. Keller, Malcolm J Skove – Fisica classica e moderna – Ed. McGraw-Hill
J. Bernstein – L’uomo Senza Frontiere – ed. Mondadori