Ultimamente, a seguito del vertice avvenuto a Johannesburg alla fine del mese di agosto, si è fatto un gran parlare dei paesi cosiddetti BRICS e del sistema multipolare che questi sembrano in procinto di creare. In molti si sono detti entusiasti per quanto sta per avvenire. Sempre meno la gente, anche tra noi occidentali, sopporta la tracotanza dell’egemone americano. Non che ci voglia molto: chiunque ami anche solo minimamente la Verità non può nascondere a se stesso quanto nefaste, delittuose e portatrici di lutti e sofferenze siano state le azioni che gli USA hanno intrapreso nel corso della loro intera storia, ma principalmente a partire dagli attentati alle Torre Gemelli.

Tanti soffrono per questo stato di cose e non solo per i sensi di colpa che vengono continuamente instillati nell’uomo occidentale, colpevole a prescindere. Forse la maggior parte delle persone non è ancora in grado di unire i puntini, ma sempre di più si percepisce quanto sia sbagliata la vita che la società consumistica ed edonista nella quale viviamo ci obbliga a seguire. Gli USA – che non senza ragione vengono identificati col potere globalista elitario di gente come Schwab, Soros, Gates e di tanti altri, considerato ormai come la fonte di tutti i mali che ci affliggono – vengono ormai visti con disprezzo ed orrore, complice per altro un’amministrazione Biden che fa di tutto per rendersi invisa ai suoi stessi cittadini. Dunque non è sorprendente che l’ostilità verso la superpotenza atlantica porti la gente ad auspicare la creazione di un ordine mondiale più equo e consapevole in cui, una volta tramontata l’egemonia americana ed abbattute le sovrastrutture di potere sulla quale essa si regge (come il dollaro e la NATO), si abbia infine la possibilità di ripristinare stili di vita reputati più consoni e giusti alla dignità umana.

È altresì innegabile che siamo alla vigilia di importanti sconvolgimenti geopolitici. La guerra in Ucraina sta scombussolando il mondo intero. Per quanto i media occidentali si ostinino a negare l’evidenza, la realtà è che la tanto decantata controffensiva ucraina si sta rivelando l’ennesimo bagno di sangue per le forze armate di Zelens’kyj1: stando a quanto di recente dichiarato dall’europarlamentare irlandese Signora Clare Daly, dall’inizio della guerra sarebbero già 500.000 i soldati ucraini morti in battaglia2! Si tratta, se corrispondente al vero, di una cifra spaventosamente alta che non solo non lascia adito a dubbi su quello che sarà l’esito finale della guerra, ma che – molto peggio – fa temere anche per il futuro dello stesso popolo ucraino.

La NATO si è – eufemisticamente parlando – intromessa a tal punto in questa guerra che la sconfitta militare dell’Ucraina prossima a venire non potrà che avere pesantissime ripercussioni pure su di essa. Secondo la nota rivista americana The Atlantic, anzi, la NATO potrebbe persino collassare su stessa da qui ad un paio di anni3, soprattutto nel caso in cui Donald Trump, che non ha mai fatto mistero di non voler pagare attraverso l’alleanza atlantica per la sicurezza militare dei paesi europei, dovesse vincere le prossime elezioni presidenziali (sempre che abbiano luogo).

Al contempo, l’altro grande baluardo dell’impero americano e vero fondamento della sua egemonia militare, ossia il dollaro, sembra in pericolo come non mai. I BRICS si stanno organizzando per minare la prevalenza del dollaro americano come moneta di riserva internazionale: ciò che De Gaulle definiva “l’esorbitante privilegio” degli Stati Uniti. Lo stanno facendo non solo intensificando gli scambi tra di loro attraverso le proprie monete nazionali e riducendo al minimo alla bisogna l’utilizzo del dollaro; soprattutto, lo stanno facendo pianificando l’introduzione di una nuova moneta che nel lungo periodo potrebbe affiancarsi, se non addirittura sostituirsi, alla valuta americana come moneta di riserva internazionale4. Si tratterrebbe del cosiddetto R5 – dalle iniziali delle valute in uso presso i cinque paesi BRICS (rublo russo, rand sudafricano, real brasiliano, renminbi cinese e rupia indiana) – il cui valore, a differenza delle occidentali monete fiat, sarebbe garantito dall’ampia disponibilità di materie prime di cui questi paesi dispongono.

Non è un caso che nel consesso di Johannesburg si sia dato annuncio ufficiale del prossimo allargamento dei BRICS: a partire dal primo gennaio 2024 entreranno a farvi parte anche Argentina, Egitto, Etiopia ma soprattutto Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

È pleonastico sottolineare come questo darà ai BRICS il controllo quasi totale del mercato energetico mondiale, visto che con i nuovi ingressi essi controlleranno circa l’80% della produzione mondiale di petrolio5. Ugualmente pleonastico è sottolineare come questo indebolirà irrimediabilmente il dollaro che, dalla fine del gold standard, aveva mantenuto il suo status internazionale trasformandosi in petroldollaro, grazie all’accordo raggiunto tra USA e monarchie petrolifere secondo cui queste si sarebbero impegnate, in cambio della protezione militare di Washington, a vendere il proprio greggio solo in cambio di dollari che poi avrebbero reinvestito in azioni e obbligazioni statunitensi (era questo per l’appunto l’esorbitante privilegio di cui parlava De Gaulle).

Va detto che l’America ci sta mettendo del suo nel minare la predominanza della propria moneta. L’amministrazione Biden, con le sue “stramberie” woke ed i conclamati casi di corruzione in cui è invischiato suo figlio, non appare certo come un interlocutore affidabile per chi voglia fare affari negli USA. Peggio ancora, la credibilità finanziaria dell’intero occidente è stata fortemente minata dalla decisione di imporre sanzioni alla Russia: il congelamento dei beni russi detenuti in valuta straniera, ossia in dollari, hanno fatto capire a molti investitori internazionali come la moneta americana sia divenuta uno strumento di ricatto nelle mani di Washington. Contraddirne per una qualsivoglia ragione le politiche – così si è capito – può portare in ogni momento al sequestro preventivo dei propri beni. Non è esattamente questo che vogliono gli investitori internazionali, che pertanto hanno a questo punto interesse a che emerga una nuova moneta di riferimento da cui possano sentirsi maggiormente tutelati. E poi, il dollaro è questa cosa qui:

L’irrefrenabile stampa di moneta a partire dal 2008 non può che svilire la fiducia nelle monete fiat occidentali ed aumentare nel contempo l’interesse per una nuova valuta che si annuncia come tutelata dalle materie prime. Un’eventuale transizione da dollaro a R5 non sarà un processo veloce, occorrendo diversi anni per lo status di cui ancora il primo gode. Ma certamente non sarà un processo indolore. Già adesso si possono ipotizzare le conseguenze disastrose sull’economia, sulla società e sulla potenza militare americane che tutto ciò potrebbe avere. Infatti, diminuendo drasticamente gli investimenti stranieri nel mercato finanziario americano finora consentiti dal petroldollaro, lo stato federale si ritroverebbe nella necessità di garantire agli investitori stranieri un tasso di interesse maggiore sui propri bonds, con un inevitabile aumento del debito pubblico, già oggi fuori controllo. Tutto ciò avrebbe conseguenze immediate. Innanzitutto verrebbe compromessa la capacità degli Stati Uniti di finanziare il proprio comparto militare. Ma principalmente non si avrebbe la possibilità di finanziare più alcuna politica a sostegno delle classi meno abbienti: cosa questa che in una nazione già terribilmente dilaniata da divisioni razziali e politiche e da miseria e povertà facilmente porterebbe al caos.

Il collasso dell’impero americano sembra dunque imminente. E della qual cosa in pochi se ne dispiacciono. Infatti – come detto sopra – gli USA vengono percepiti come quel potere politico-militare che schiavizza il mondo intero, garantendo la sopravvivenza di una società da tanti considerata ingiusta. “Ben vengano dunque i BRICS” – pensano quei tanti che vivono il presente status quo come asfissiante. “Che crolli miseramente l’egemone falso e violento”, tuonano i più. “Che un nuovo mondo, un mondo multipolare, avanzi senza sosta, irrefrenabile e a tappe forzate”, è sicuramente l’auspicio di molti.

Anche la cosiddetta controinformazione non fa altro che cavalcare quest’onda. È pieno di canali Telegram e profili Twitter che inneggiano al mondo multipolare che sta nascendo sotto la spinta dei paesi BRICS. Molti commentatori, più o meno inconsapevolmente, si sono fatti prendere la mano a tal punto che oramai non fanno altro che elogiare qualsiasi cosa questi paesi mettano in pratica. Tutti costoro si dicono certi della nascita di una nuova età dell’oro, fatta di giustizia e verità, una volta che il dissoluto occidente collettivo a guida americana avrà esalato il suo ultimo respiro. In particolare, sarà l’Africa – sostengono – a trarne maggior beneficio. Dopo decenni di schiavitù e di miseria, dovuta all’oppressione coloniale dell’uomo bianco, finalmente si sta per schiudere una nuova stagione per le popolazioni africane. La povertà e la fame di cui hanno sempre sofferto, molto presto saranno un lontano ricordo. Già i nigerini hanno risollevato la testa – ci tengono costoro a puntualizzare- avendo scacciato i bruti francesi, depredatori di uranio. Per di più non passa quasi giorno senza che non si abbia notizia di un colpo di stato nel Sahel teso a destituire il locale dittatore corrotto al soldo dell’oppressore occidentale. “Sono stati i Wagner” – viene annunciato con enfasi- “è merito loro se i colonizzatori occidentali fuggono ora con le pive nel sacco”. O ancora: “È la rinascita del Continente Nero”, si esaltano in tanti, convinti che presto le enormi ricchezze materiali di questi paesi dispongono verranno finalmente messi a disposizione della popolazione locale. E che questi paesi siano molto ricchi di materie prime, beh, questo è innegabile:

Per quanto indiscutibilmente l’egemonia americana sia ormai diventata una cappa opprimente dalla quale occorre liberarsi il prima possibile, occorre chiedersi: hanno ragione costoro? Siamo realmente sicuri che i paesi BRICS siano portatori di cotante istanze superiori? Vogliamo credere gli USA siano davvero il grande satana della politica internazionale? Per lo meno l’unico e causa di tutti i mali nel mondo? Possiamo mettere la mano sul fuoco sulla nobiltà delle intenzioni che albergano nei cuori dei governanti dei paesi BRICS? È il loro scopo ultimo il miglioramento dell’intero genere umano? A sentire alcuni commentatori, non ci dovrebbe essere dubbio alcuno a tal riguardo. Dubitarne ai loro occhi significa essere solo dei provocatori.

Spiace. Spiace che dicano così, poiché si ritiene che questi stessi siano nel torto. Spiace soprattutto che illudano i loro lettori. Spiace che dicano sì cose vere, ma in maniera a volte incompleta. Questo non è forse equivalente a mentire; ma non è comunque dire la verità. E solo dicendo la verità, senza alcuna omissione, è possibile contribuire alla crescita di consapevolezza nelle persone, dove la consapevolezza è in ultima istanza la misura del grado di coscienza. Così facendo, bloccano lo sviluppo coscienziale delle persone. E questo non è bene, affatto. Come si suol dire, non è tutto oro quello che luccica. E questa massima vale anche a proposito dei BRICS.

Al termine dell’incontro di Johannesburg i paesi partecipanti hanno redatto un loro programma di fine lavori6. È piuttosto lungo e consta di ben 94 punti, alcuni dei quali poco interessanti ai fini della nostra analisi. Altri invece meritano una maggiore attenzione. Prima di tutto, occorre puntualizzare che in questo testo ripetutamente si ritrovano aggettivi o espressioni come “resiliente”, “inclusivo”, “sostenibile”, “verde”, “valori democratici e umani”, “uguaglianza”, “solidarietà”, “cambiamento climatico”, “governance”, ecc… Ecco, i lettori abituali di OraZero, ormai avvezzi all’interpretazione di un certo linguaggio, avranno già drizzato le orecchie. Queste parole, per quanto belle ed altisonanti, suonano false. Soprattutto suonano troppo “davosiane”. Sono le stesse parole di cui si riempono la bocca quei presunti filantropi che però, in nome della loro alta moralità, anelano concretamente ad una drastica riduzione della popolazione mondiale perché secondo loro saremmo troppi su questo pianeta in base alle risorse che esso ci offre.

In questo documento programmatico, i BRICS non fanno mistero di considerare l’ONU addirittura come pietra angolare del loro lavoro. Lo dicono esplicitamente al punto 3). Cosa sia realmente l’ONU, si preferisce farne solo un breve accenno per non rendere la discussione oltremodo lunga e tediosa, ma soprattutto perché è triste dover constatare quanto un’organizzazione teoricamente sorta per il bene dell’intero genere umano e da molti ritenuta la più meravigliosa delle istituzioni per i fini che si è posta è in realtà quanto di più diabolico esista sulla faccia della Terra. Basti ricordare come, principalmente in nome della lotta al cambiamento climatico, l’ONU si sia fatto promotore delle istanze più distopiche del pianeta che culmineranno, cosi come è nelle intenzioni degli uomini del WEF, nella famigerata Agenda 2030. Ha ad esempio istituito i cosiddetti SDG (Obiettivi di sviluppo sostenibili), secondo cui le persone dovrebbero praticamente azzerare il consumo di carne e di latticini, non possedere un’auto privata, disporre di un solo volo aereo ogni tre anni, comprare solo tre vestiti l’anno7; promuove incessantemente l’eugenetica ed il transumanesimo di stampo neo-malthusiano, al fine di creare una sorta di nuova razza umana8; favorisce le migrazioni, in realtà la sostituzione di popolazioni autoctone con popolazioni allogene per motivi – così ci viene detto – di pura crescita economica e benessere materiale9; terrorizza a destra e a manca annunciando prossime apocalissi pandemiche ed ambientali10. Insomma, l’ONU, attraverso i suoi molteplici baracconi come il WHO e il WTO, e l’Agenda 2030 coincidono perfettamente.

Ma qual è la vera funzione dell’ONU in questo schema? Il concetto moderno di sovranità statale è imperniato sulla cosiddetta Sovranità Territoriale, o Westphalian System, per cui “la sovranità territoriale è un principio del diritto internazionale secondo cui ogni Stato ha sovranità esclusiva sul proprio territorio. Il principio è alla base del moderno ordinamento internazionale degli stati sovrani ed è sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, la quale afferma che nulla autorizzerà le Nazioni Unite a intervenire in questioni che sono essenzialmente di competenza interna di uno Stato. Secondo il principio, ogni stato, non importa quanto grande o piccolo, ha un uguale diritto alla sovranità sul proprio territorio, escludendo tutti gli altri”11.

In realtà, succede esattamente il contrario. L’ONU non solo interviene costantemente in faccende che non dovrebbero essere di sua pertinenza, in quanto appunto materia esclusiva di uno stato sovrano, ma detta letteralmente legge, cioè impone in nome della sua universalità e del benessere generale a quelli che dovrebbero essere stati sovrani delle limitazioni che di fatto svuotano di significato il concetto di sovranità medesima. Questa è fondamentalmente la funzione di ogni organismo sovranazionale, a cominciare anche dalla UE; il loro fine ultimo è privare gli stati della propria sovranità. Questo passaggio è necessario affinché si possa implementare quello che Klaus Schwab in persona definisce “capitalismo degli stakeholder”12. In poche parole, costituendo la sovranità dei singoli stati – la quale trae origine nei moderni ordinamenti costituzionali dalla legittimazione popolare attraverso le elezioni – il principale ostacolo alla formazione di una “governance” mondiale, occorre fare in modo che essa sia progressivamente limitata trasferendo prerogative che prima erano appannaggio della politica a gruppi decisionali facenti capo le grandi aziende multinazionali, controllate da pochi grandi plutocrati azionisti. Ovviamente il tutto viene fatto in nome di istanze superiori, come la lotta al cambiamento climatico di origine antropica, la corruzione, la criminalità internazionale, la pace nel mondo e la fine della fame… Ma la conclusione è la stessa: una volta che gli stati nazionali vengono privati della propria sovranità, diventano ininfluenti, i governanti eletti si trasformano in semplici passacarte che si limitano ad eseguire i comandi di chi sta in alto e la democrazia diventa una parola vuota.

Una piccola digressione. Questo spiega come mai una nota politica italiana, fattasi eleggere con la promessa di un blocco navale, non ha saputo, e voluto, tenere fede alla parola data. Ed ecco altresì spiegato perché le ONG negriere spadroneggiano: sanno dell’impotenza dello stato italiano. Ed ecco anche perché le istituzioni italiane si accaniscono solo contro gli italiani: questi sono gli ultimi che ancora non hanno capito l’antifona, e cioè che il nostro stato è morto e sepolto. Alcuni addirittura credono ancora nell’alto valore della carta costituzionale nata dalla resistenza antifascista. Le menti semplici sono così facilmente suggestionabili… Peccato solo che per la loro insipienza e disonestà d’animo costituiscano un pericolo per il prossimo.

Ironicamente, paesi BRICS si fanno promotori della sovranità propria e degli altri stati della comunità internazionale ma non mettono in discussione quelle organizzazioni che di fatto sono sorte proprio allo scopo di limitare le sovranità. Altrettanto ironicamente cianciano di progresso economico e sociale, soprattutto a favore dei paesi del terzo mondo, ma non dicono nulla a riguardo dei grandi strozzini internazionali, ovvero di istituzioni quali il FMI, la BIS e la Banca Mondiale, che tengono sotto il cappio dell’usura tutti i paesi indistintamente, non solo quelli del terzo mondo ma principalmente quelli occidentali. Anzi, si dicono pronti a seguirne le indicazioni. D’altronde, “l’intera filosofia politica che emerge dalle discussioni dei BRICS è impregnata dallo spirito del neoliberismo globalista, dal mito del libero scambio come elemento chiave, dall’esaltazione degli investimenti stranieri nelle economie di tutti i Paesi, dal primato dell’economia e, più in generale, dal mito del progressismo, dello scientismo e della tecnolatria”13.

Insomma, come si può pretendere di cambiare il mondo in meglio se si fanno proprie senza contestarle le sue stesse storture? Sarà perché forse non lo si vuol cambiare? O per meglio dire, perché “bisogna cambiare tutto per non cambiare niente”, così come scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo?

Particolarmente inquietanti sono le asserzioni contenute al punto 36). In esso viene ribadito l’impegno comune “per continuare a sostenere lo sviluppo delle competenze dell’Industria 4.0 tra i paesi BRICS e per promuovere partenariati e aumento della produttività nella nuova rivoluzione industriale”. Sembra di sentire parlare Schwab della sua quarta rivoluzione industriale, quella che – secondo i desiderata del suo delfino Harari – attraverso la fusione tra mondo fisico, digitale e biologico, porterà l’essere umano a perdere il proprio libero arbitrio.

Ma il culmine lo si raggiunge al punto 52).

“Riaffermiamo l’appello per l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nelle sue tre dimensioni: economica, sociale e ambientale, in modo equilibrato e integrato, mobilitando i mezzi necessari per attuare l’Agenda 2030. Esortiamo i paesi donatori a onorare i loro impegni di aiuto pubblico allo sviluppo (APS) e a facilitare lo sviluppo di capacità e il trasferimento di tecnologia insieme a risorse di sviluppo aggiuntive verso i paesi in via di sviluppo, in linea con gli obiettivi politici nazionali dei destinatari. Evidenziamo a questo proposito che il Summit sugli SDG che si terrà a New York nel settembre 2023 e il Summit del Futuro che si terrà nel settembre 2024, costituiscono opportunità significative per rinnovare l’impegno internazionale sull’attuazione dell’Agenda 2030”.

Che altro aggiungere? A questo punto, non vale neppure più la pena seguitare ad analizzare il testo del documento programmatico e ricordare come i punti successivi siano incentrati sulla lotta ai cambiamenti climatici e sulla bontà delle misure che ogni stato dovrebbe adottare per fronteggiarli. A me pare una confessione in piena regola: l’Agenda 2030 ai BRICS sta più che bene. Anzi. “Ho finito, vostro onore”, si direbbe in un’aula di tribunale.

Perché sorprendersi di tutto ciò? D’altro canto è buona cosa rammentare come l’élite da sempre faccia avanzare la propria agenda attraverso un processo di contrapposizione dialettica di stampo hegeliano. Ovvero, ad una tesi viene contrapposta un’antitesi, in modo tale che lo scontro tra le due sia talmente rovinoso da creare tabula rasa e rendere possibile il sorgere di una sintesi, che altro non è che uno step successivo nel grado di avanzamento della suddetta agenda. Le tecniche sono costantemente le stesse: problema —> reazione —> soluzione. È così da sempre: destra vs. sinistra, fascismo vs. comunismo, borghesia vs. aristocrazia, ecc… Altresì non deve meravigliare che i grandi banchieri siano soliti finanziare entrambi gli schieramenti che magari si contrappongono in una guerra pure sanguinosa: loro hanno sempre da guadagnarci, anche solo per la possibilità di ripristinare secondo i loro voleri una società ormai distrutta e ridotta a brandelli, come avvenuto in Europa dopo le due guerre mondiali, quando entità statali secolari cessarono di esistere.

Le stesse origini dei BRICS non sono affatto così meravigliose. Non tutti sanno che già nel 1956 i Rockefeller commissionarono a Henry Kissinger uno studio, intitolato Prospect for America, in cui veniva delineato il progetto per un Nuovo Ordine Mondiale che si sarebbe raggiunto col tramite di una narrazione di facciata tesa a promuovere un sistema multipolare all’interno dell’ambiente postbellico.

In questo modo si sarebbe fatto credere alla popolazione mondiale che esisteva un’alternativa all’egemonia americana sorta al termine della seconda guerra mondiale. Lo stesso acronimo BRICS venne coniato da Jim O’Neill14, un importante funzionario di Goldman-Sachs, la stessa banca d’affari da cui provengono figuri come Draghi, Monti e Prodi, liquidatori della sovranità economica italiana. Il termine apparve per la prima volta in un documento del 2001 intitolato Bulding Better Global Economic BRICs (che sinistramente suona un po’ come Building Back Better, che è poi il motto degli uomini di Davos).

D’altronde, molte cose potrebbero essere comprese prendendo in considerazione ciò che è successo in questi ultimi anni nei paesi BRICS. Vi sono avvenuti fatti che dimostrano incontrovertibilmente quanto le belle parole pronunciate a Johannesburg dai loro leader siano appunto belle parole, ma nulla di più. Anzi, sono parole intrise di ipocrisia e peggio ancora distanti dalla verità. Si ciancia di democrazia, rispetto dei diritti umanitari, sviluppo sociale, tutela della dignità umana e di tante altre amenità; ma poi questi paesi fanno il contrario di quello che davanti alla comunità internazionale promettono di fare.

Possiamo ricordare come il Brasile, ad esempio, sia quel paese in cui le ultime elezioni presidenziali, vinte da un pregiudicato inspiegabilmente riabilitato da una delle magistrature più corrotte al mondo, abbiano avuto un corso alquanto particolare, tanto da far temere che vi siano capitate le stesse dinamiche che hanno reso molto discutibile l’esito delle precedenti elezioni americane. Non credo di fare torto a nessuno nel dire che Bolsonaro è stato defraudato di una vittoria certa e meritata. Lula per di più, appena “rieletto”, ha subito decretato che l’erogazione degli assegni famigliari alle famiglie brasiliane più bisognose sarebbe stata subordinata al rispetto di determinati requisiti, tra cui la vaccinazione anti-Covid15, mentre Bolsonaro stesso si era opposto con fermezza ad ogni sorta di obbligo .

In India da anni si assiste ad una aperta persecuzione delle minoranze religiose ad opera della maggioranza indù. Ad essere discriminati non sono solo i musulmani, con cui gli indù hanno da tempo immemore molti conti in sospeso, ma soprattutto la minoranza cristiana, sempre più spesso vittima di veri e propri pogrom a cui le autorità locali si rifiutano di porre rimedio16.

In Sud Africa le persecuzioni ai cristiani sono persino peggiori, più violente e brutali: un autentico eccidio. Ma nessuno ne parla perché le vittime sono bianche. Il leader razzista comunista Malema, alla vigilia del vertice di Johannesburg, prima ha cantato in pubblico “Noi siamo Putin e Putin è noi”17, evidentemente confidando nel fatto che la Russia riscatti le popolazioni africane dall’oppressivo dominio coloniale del bianco; ma subito dopo ha cantato “Kill the Boers”18, inneggiando allo sterminio dei White Farmers, che vivono spesso in fattorie isolate dove sono esposti a rischi continui. Forse si aspetta che i combattenti russi Wagner vengano ingaggiati dal governo sudafricano allo scopo di trucidare i bianchi? Verrebbe da pensarlo dato il fervore e la naïveté con cui ha sposato la causa russa…

Tuttavia qualcuno farebbe bene a ricordargli la fine che ha fatto il vicino Zimbabwe quando anni fa fecero la stessa cosa che vorrebbe fare lui stesso: scacciare i bianchi con violenza. Soprannominato la Svizzera d’Africa ai tempi della Rhodesia di Ian Smith per via della sua ricca produzione agricola che lo rendeva l’autentico granaio del continente, a seguito della rivoluzione di Mugabe e della conseguente scacciata dei White Farmers il paese ha subito un tale tracollo sociale da poter essere oggi considerato il paese più povero al mondo con un tasso di disoccupazione pari all’80% ed uno di inflazione che è spesso a due zeri19. Che il caso dello Zimbabwe sia da monito anche a chi pensa che i russi salveranno l’Africa!

Poi c’è la Cina. Essa meriterebbe una trattazione a parte, per tutto ciò che vi è da scrivere al suo riguardo. Qui basta ricordare che la Cina era stata effettivamente un paese del terzo mondo per buona parte del XX secolo e che la sua inarrestabile ascesa economica, guarda caso, ebbe inizio a partire dagli anni ’70, dopo la visita segreta di Kissinger – proprio lui – nel 1971. Ma la vera accelerazione nella crescita economica cinese vi è stata soprattutto nel corso del XXI secolo, e cioè dopo l’ingresso della Cina nel WTO nel 2001.

Durante gli anni della sua presidenza, Trump ha spesso accusato la Cina di essersi arricchita barando. Non ha tutti i torti. Per anni, malgrado tassi di crescita stratosferica, il WTO ha considerato il colosso asiatico alla stregua di un paese del terzo mondo20, cosa che gli ha conferito tutta una serie di agevolazioni e flessibilità negati ai paesi occidentali, costretti al contrario a sottostare a regole molto più stringenti che hanno inesorabilmente avuto ripercussioni sulla loro competitività. Trump ha anche accusato i cinesi di manipolazione valutaria21. Per non parlare della sistematica abitudine da parte dei cinesi di raggirare la proprietà intellettuale delle aziende occidentali…

Ma soprattutto occorre non dimenticarsi quale sia la genesi della Cina di oggi: essa nasce da quella di Mao, ovvero dal regime più sanguinario di sempre, responsabile della morte di decine e decine di milioni di suoi cittadini (tra cui otto milioni di truppe nazionaliste eliminate in appena tre anni)22. Con questo non si vuole asserire che l’attuale dirigenza del PCC abbia le mani sporche di sangue nella stessa misura dei suoi predecessori. I tempi sono cambiati e certi metodi sono stati accantonati. Ma non può sussistere verità in un regime che ha queste origini.

Vent’anni dopo la caduta del muro di Berlino e il crollo del comunismo, il mondo si trova di fronte a un’altra scelta netta tra due forme fondamentalmente diverse di organizzazione: il capitalismo internazionale e il capitalismo di stato. Il primo, rappresentato dagli Stati Uniti, si è rotto, e il secondo, rappresentato dalla Cina, è in aumento. Seguire il percorso di minor resistenza porterà alla graduale disintegrazione del sistema finanziario internazionale. Occorre inventare un nuovo sistema multilaterale basato su principi più solidi. […] Mentre la Cina diventa un leader mondiale, deve trasformarsi in una società più aperta che il resto del mondo è disposto ad accettare come leader mondiale”23.

Chi è mai colui che si è espresso in termini così lusinghieri nei confronti della Cina tanto da augurarsi che possa presto divenire nuovo leader mondiale nell’ambito di un ricostituito sistema multilaterale? Ebbene, che ci crediate o meno, l’autore di questo testo è stato George Soros in persona!

Infine c’è la Russia. Ai tempi dell’Unione Sovietica essa ha compiuto innumerevoli nefandezze, soprattutto ai danni della sua stessa popolazione. La Russia di Putin però non è erede del regime bolscevico ma chiaramente di quello zarista. Non che gli zar non abbiano mai avuto colpe. Pare ad esempio che lo zar Nicola II abbia avuto un ruolo determinante nella costituzione della Federal Reserve americana24, con tutto ciò che ne è conseguito. E mi preme sottolineare un altro aspetto: le crescenti tensioni nell’Europa dell’est tra Bielorussia, Russia e Polonia, che potrebbero presto sfociare in un conflitto aperto25, non tolgono il fatto che le rivendicazioni polacche sui cosiddetti krasny orientali non sono del tutto senza fondamento, essendo stati in gran parte quei luoghi storicamente polacchi.

Né si può prendere per vero che un personaggio come Putin possa essere uscito dal nulla. Quando oltre vent’anni fa salì al potere prendendo il posto dell’alcolizzato Boris El’cin, nessuno lo conosceva. Non è credibile pensare che in qualche modo non sia stato cooptato. Evidentemente anche lui aveva le spalle coperte da qualcuno di molto potente.

Ma la Russia è un qualcosa di differente. Scriveva Solženicyn, lui sì vero ispiratore di Putin, e non Dugin (sul cui conto ci sarebbero tante cose da dire…):

“Stiamo ormai per toccare il fondo, su tutti noi incombe la più completa rovina spirituale, sta per divampare la morte fisica che incenerirà noi e i nostri figli, e, noi continuiamo a farfugliare con un pavido sorriso: come potremmo impedirlo? Non ne abbiamo la forza. Siamo a tal punto disumanizzati, che per la modesta zuppa di oggi siamo disposti a sacrificare qualunque principio, la nostra anima, tutti gli sforzi di chi ci ha preceduto, ogni possibilità per i posteri, pur di non disturbare la nostra grama esistenza. Non abbiamo più nessun orgoglio, nessuna fermezza, nessun ardore nel cuore. […] Davvero non c’è alcuna via d’uscita? E non ci resta se non attendere inerti che qualcosa accada da sé? Ciò che ci sta addosso non si staccherà mai da sé se continueremo tutti ogni giorno ad accettarlo, ossequiarlo, consolidarlo, se non respingeremo almeno la cosa a cui più è sensibile. Se non respingeremo la MENZOGNA. Ed è proprio qui che si trova la chiave della nostra liberazione, una chiave che abbiamo trascurato e che pure è tanto semplice e accessibile: IL RIFIUTO DI PARTECIPARE PERSONALMENTE ALLA MENZOGNA. Anche se la menzogna ricopre ogni cosa, anche se domina dappertutto, su un punto siamo inflessibili: che non domini PER OPERA MIA! È questa la breccia nel presunto cerchio della nostra inazione: la breccia più facile da realizzare per noi, la più distruttiva per la menzogna. Poiché se gli uomini ripudiano la menzogna, essa cessa semplicemente di esistere. Come un contagio, può esistere solo tra gli uomini. […] Ognuno di noi dunque, superando la pusillanimità, faccia la propria scelta: o rimanere servo cosciente della menzogna (certo non per inclinazione, ma per sfamare la famiglia, per educare i figli nello spirito della menzogna!), o convincersi che è venuto il momento di scuotersi, di diventare una persona onesta, degna del rispetto tanto dei figli quanto dei contemporanei”26.

Lo avrete capito: non credo nel ruolo salvifico dei BRICS. In essi non alberga Verità. Non in tutti loro, per lo meno. Nella Russia – tale è almeno la nostra speranza – invece sì. Non che essa sia perfetta. Tutt’altro. Ci sarebbero da scriverne di pagine in cui contestarla. Ancora oggi alcune dichiarazioni di certi politici e uomini pubblici russi lasciano allibiti. La Russia è in guerra contro l’occidente collettivo e dalle loro parole si percepisce un astio che è molto pericoloso perché portatore di una carica autodistruttiva, nefasta per gli uni ma anche per gli altri. Comprensibile, essendoci una guerra in corso. Ma cionondimeno profondamente sbagliato.

Ad andarci di mezzo siamo soprattutto noi inermi europei. La guerra in Ucraina e l’aumento vertiginoso del prezzo degli energetici e delle materie prime sta portando al collasso le nostre economie. La ormai ex locomotiva d’Europa, la Germania, annaspa. La sua economia sta letteralmente sprofondando negli inferi.

Presto l’intero continente cadrà nel baratro. Saranno tempi terribili, ma forse, in qualche modo, necessari. Questo succederà perché noi in occidente abbiamo scelto, seppur inconsapevolmente, di vivere nella menzogna. Per la modesta zuppa di oggi ci siamo rassegnati a sacrificare ogni principio. E siamo spiritualmente morti.

Ma forse la Russia ha rifiutato la menzogna dopo l’immane sofferenza dell’epoca sovietica . È questa la nostra speranza. E questo rifiuto della menzogna la porta ad avere – nel bene e nel male – una missione. Il suo compito non è quello di imporre la verità, ma smascherare la menzogna. La menzogna strepita, perché ha paura del potere della verità. Ma la verità ha sempre in sé la forza per imporsi da sola. La Russia ci può dare un mano. D’altro canto, Padre Pio in queste circostanze avrebbe potuto rispondere: “E lo Spirito Santo che ci sta a fare?”.

  • 1https://www.thegatewaypundit.com/2023/08/michael-vlahos-says-it-all-about-ukraines-looming/
  • 2https://www.tvr.by/eng/news/v_mire/minimum_polmilliona_chelovek_v_evroparlamente_raskryli_poteri_ukrainy/
  • 3https://www.theatlantic.com/ideas/archive/2023/09/europe-united-states-international-relations-decoupling/675211/
  • 4https://www.wallstreetitalia.com/i-brics-puntano-a-sostituire-il-dollaro-con-una-moneta-unica/
  • 5https://www.farodiroma.it/aggiornato-brics-controlleranno-mercato-energetico-maduro-saluta-con-soddisfazione-lallargamento-vasapollo-venezuela-esempio-virtuoso-di-resilienza-con-il-petro/
  • 6https://press.russianews.it/press/xv-vertice-dei-brics-tutti-i-punti-della-dichiarazione-finale/
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