In relazione al nuovo coronavirus e covid-19, abbiamo potuto ben osservare:
- politici e burocrati spostare continuamente la meta del percorso – fornendo stravolgimenti della realtà, stimolando ossessioni, con il supporto sia attivo che passivo dei media generalisti, e concedendo indulgenze occasionali – non porre attenzione sulle conseguenze inintenzionali delle loro decisioni, denigrare – anche qui con il supporto sia attivo che passivo dei media generalisti – tutte le azioni in contrasto con i loro dettami;
- la rule of law, cioè quelle garanzie che non trovano fondamento nel diritto che lo Stato crea, dover subire un doppio salto di violenza; quantitativo, mediante cioè l’accrescimento del potere dei rule of lawyers, e qualitativo, mediante cioè l’attuazione di un polizeistaat, in cui quindi sono state direttamente le forze dell’ordine, in parte, a determinare l’arbitrarietà della coercizione forzosa statale che si poteva infliggere alle persone;
- parte della pratica della medicina e delle scienze che la supportano trasformarsi in scientismo, incapaci così di dialogare con i suoi limiti, con le contingenze, con le complessità, con le specificità e le esigenze di ogni singolo individuo, andando così a sbattere contro numerose e significative contraddizioni;
- che l’ansia di raggiungere la sicurezza attraverso la coercizione forzosa statale, non ha soltanto sostanzialmente raso al suolo l’amore per la libertà di molte persone, ma anche generato inevitabilmente un’insicurezza organizzata dallo Stato maggiore di quella che già c’era;
- relegato nel dimenticatoio, una volta in più, che una società è tanto più libera e quindi anche più efficiente quanto più i suoi individui sono liberi di scoprire da soli la gamma disponibile di alternative compatibili.
Dovrebbe essere chiaro anche un’altra cosa: se fossimo vissuti all’interno di un regime monetario retto dal meccanismo impersonale di mercato e non dall’attuale, cioè retto dall’arbitrio dei governi e dei gruppi privati a essi contigui, non avremmo mai potuto assistere a tutto questo.
All’interno di un regime monetario in cui da padrone la fa l’allocazione economica delle risorse e non quella politica, nel peggiore degli scenari, il massimo che ci si poteva attendere sarebbe stata una gestione del nuovo coronavirus e covid-19 secondo (per intenderci) il cosiddetto modello svedese.
Chi vuole comprendere fino in fondo, dovrebbe quindi rivolgere lo sguardo verso la questione monetaria: la tendenza verso un crescente controllo governativo è direttamente correlata a una pressione inflazionistica permanente, la quale è possibile solo in un regime monetario come quello attuale.
Quando pertanto si lanciano moniti sul fatto che l’affaire coronavirus-covid-19 potrebbe essere strumentalizzato come trampolino di lancio verso un futuro stabilmente distopico e intriso quindi di un livello maggiore di collettivismo di quanto non ce n’era immediatamente prima che iniziasse tale affaire, non c’è niente da scherzare.
A oggi, nei piani del World Economic Forum è, infatti, presente un mondo senza sostanzialmente proprietà e privacy (per meglio dire, ci sarebbe un unico vero proprietario, cioè lo Stato in collaborazione con una manciata di aziende high-tech); un mondo venduto dai suoi pianificatori (un’autoproclamata élite di tecnocrati) come incentrato su uguaglianza e sostenibilità, ma che, in realtà, altro non è che un brutale attacco alla dignità umana e alla libertà; un mondo in cui invece di impiegare le nuove tecnologie come strumento di miglioramento, si cerca di utilizzarle come strumenti per imporre una moderna schiavitù.
Non esiste una relazione socialmente inversa tra libertà e sicurezza e quindi salute.
La libertà non è assenza di regole, bensì di regole di coercizione forzosa e la coercizione forzosa non lede, non debilita, solo la libertà, ma anche, ovviamente, la salute.
La distruzione della convivenza civile e il disintegrarsi della società nella paura e nella diffidenza, rappresentano, nelle democrazie politiche, i segni più evidenti del fallimento; dimostrano che il potere politico, nella gestione del nuovo coronavirus e covid-19, ha imposto numerose e rilevanti decisioni/restrizioni collettive del tutto ingiustificabili rispetto all’intento di tutelare la salute della popolazione.
Si devono sempre sottrarre alla sfera delle decisioni collettive tutte quelle decisioni che non sono tra loro incompatibili, poiché ogni volta che si sostituisce, senza una vera necessità, la regola di una maggioranza o di una minoranza alla scelta individuale, il potere si pone in contrasto con ciò che significa libertà e quindi anche con ciò che significa salute.
I lockdown e i simil-lockdown, quanto più prolungati, l’imposizione generalizzata delle mascherine, l’imposizione del distanziamento fisico e altro, non hanno rappresentato e non stanno rappresentando regole, bensì regole di coercizione forzosa, codici di professione di lealtà a un potere politico situato all’interno del perimetro del totalizzante; decisioni collettive, che si sono sostituite alle scelte individuali, senza che alla base ci fosse una vera necessità.
Di conseguenza, ci si augura che con i vaccini per il covid-19 non si concretizzi l’idea dell’imposizione, né manifesta né tantomeno subdola e nemmeno temporanea, dato che la scelta di vaccinarsi e quella di non vaccinarsi non sono, di certo, tra loro incompatibili.
In molti luoghi, siamo stati considerati, e lo siamo ancora, come dei semplici esecutori di un esperimento sociale in contrasto con le stesse basi dell’immunologia e ancor prima del concetto stesso di salute, che ricordiamo essere “stato completo di benessere fisico, mentale e sociale”.
Abbiamo visto l’erigersi di un sistema di potere al servizio dell’essere umano, soltanto nella misura in cui ciò era indispensabile perché l’essere umano fosse al servizio di questo sistema; a coloro che, al suo interno, obiettano, infatti, viene detto ormai da quasi un anno: “voi volete soltanto che le persone si ammalino o peggio che muoiano”.
Questa risposta è assolutamente normale, dato che la propaganda efficace deve limitarsi a pochissimi punti, slogan che non lasciano volutamente aperte le porte al ragionamento, perché il ragionamento, il confronto, la renderebbe inefficace e la neutralizzerebbe.
Tuttavia, questo sistema non è stato soltanto un ordinamento che alcuni hanno imposto ad altri, ma anche e per certi versi soprattutto, un qualcosa che è penetrato in tutta la società e che tutta la società ha contribuito a creare; il sistema ha quindi una sua auto-cinèsi con una sua forza.
Questo sistema è radicato nella vita della menzogna: è un impianto generale di manipolazione dei diritti di libertà, dei dati, delle notizie, delle controindicazioni e delle relazioni causa-effetto, atto a disintegrare la società nella paura e nella diffidenza, ma, allo stesso tempo, ad accrescere il dominio dell’uomo sull’uomo.
Quando finisce una pandemia? Esiste una conclusione sanitaria e una sociale.
La conclusione sanitaria si ha nel momento in cui precipitano incidenza e letalità; trattandosi di coronavirus-covid-19, questa pandemia aveva, in sé, già dalle prime settimane in cui si è manifestata chiaramente, un tipo di incidenza e una letalità che, in altri tempi, avrebbero avuto dappertutto scarsa rilevanza nel dibattito pubblico; su questo punto allora non c’è più niente da dire già da un pezzo.
Quel che rimane è pertanto determinare la sua conclusione sociale e questa si ha quando sparisce la paura dovuta alla malattia.
Di conseguenza, di fronte a una notevole rigidità da parte delle istituzioni statali a ritirare l’armamentario della paura, non può che assumere una considerevole importanza avere una massa critica di dissenso; esseri umani che non solo si sono liberati al proprio interno della vita nella menzogna, ma che si prodigano costantemente e civilmente nel mondo esterno nel rifiuto di questa vita e della sua pseudo-tranquillità.
«Decidetevi a non servire più, ed eccovi liberi. Non voglio che lo abbattiate o lo facciate a pezzi: soltanto, non sostenetelo più, e allora come un grande colosso cui sia stata tolta la base, lo vedrete precipitare sotto il suo peso e andare in frantumi» (Étienne de La Boétie).