Roma, 27 gennaio 2020
Finalmente la bestia stata placata. Forse dovrei dire: la bestiola. Non c’è di nulla di spaventevole in tale esserino: la bestiola delle elezioni. Trattasi, ormai, di un tenero cagnolino, del tutto mansuefatto, che il Potere conduce a fare i bisognini dove vuole.Le dinamiche, le pulsioni psicologiche di massa, le vociferazioni, i comportamenti bruti son quelli dell’animalino ben addestrato:
“Controlla il cucciolo. Durante la fase di apprendimento, è sempre consigliabile tenere l’animale in una zona dove non puoi perderlo di vista. Questo ti consente di accorgerti di tutti i segnali premonitori che indicano che il cane ha bisogno di ‘andare in bagno’ e quindi di prevenire incidenti. Se noti che l’animale si muove in circolo, raspa il terreno e annusa, allora sappi che deve soddisfare le sue necessità fisiologiche”.
Sondaggi, annusamenti giornalistici, servizietti segreti costituiscono il termometro del micco votante. Il fine precipuo è sempre quello: far avanzare il Programma, quello vero. Per ottenere la bisogna, è il caso di dirlo, occorre che l’elettorato sia soddisfatto: l’insoddisfazione, infatti, genera domande. Per riempirgli la panza, con vane promesse, ovvio, il metodo consiste nel far ruotare sul palco l’apparenza di chi dovrebbe, nella testa farraginosa del micco stesso, rigonfia di risentimenti e convinzioni storiche e altre amenità, porre termine a tali insoddisfazioni.
Quando i personaggi della Commedia dell’Arte fin lì utilizzati mostrano segni di logoramento (“Se noti che l’animale si muove in circolo, raspa il terreno e annusa”), li si sostituisce con altri; la nomenclatura di sinistra è sclerotizzata? Ecco Prodi. La nomenclatura di destra pare troppo berlusconizzata? Ecco i giovin destri. Il Sistema ci fa schifo? Ecco i populisti. E così via. Non è difficile, basta osservare la bestiola, costantemente.
2. “Oltre a tutto ciò, presta attenzione ai cambiamenti improvvisi di comportamento; non appena li noti, porta il cane all’esterno. Blocca gli incidenti. Se scopri il cucciolo mentre urina o defeca in casa, fai un rumore improvviso (come battere le mani) e pronuncia la parola “no”. Subito dopo porta il cane rapidamente all’esterno”.
Sterilizzare il dissenso autentico o colpire chi centra il bersaglio politico (grazie a piccoli incidenti, lettere minatorie, allettamenti, damnatio memoriae) e recare, invece, il micco verso innocue elezioni: non appena abbia contezza della propria situazione; recarlo all’esterno (non si azzardi a sporcare il tappeto della democrazia!), ovvero presso la location ove potrà sfogarsi apponendo la croce sulla mascherina dell’Arte appena confezionata per lui.
3. “Devi sorprenderlo ma non spaventarlo. Inoltre devi essere costante in questo comportamento, usando sempre lo stesso rumore e/o parola … Non dovresti mai punire il tuo batuffolo di pelo. I cani non capiscono cosa stanno facendo di sbagliato”.
Se lo spaventi rischia di svegliarsi. Usando, invece, sempre le stesse parole d’ordine (fascista, comunista, antisemita, democrazia, liberismo, statalismo) il batuffolo di pelo dotato di elettorato attivo dovrebbe pian piano domesticarsi. E il tappeto è salvo.
4. “Scegli una zona dedicata ai suoi bisogni. È meglio decidere uno spazio in giardino e portare il cane in quel punto ogni volta che ne ha bisogno. Dovrebbe essere un luogo che non viene frequentato da altri cani e che sia semplice da pulire. Il cucciolo ricorderà l’odore dell’urina e comincerà ad associare quella zona al ‘bagno’. Scegli un’area facile da pulire. Dovrai recarti in questo luogo molto spesso durante l’addestramento”.
Ma sì, è stata scelta. Di solito sono scuole. Non si sa perché. Non potrebbero adattare una fabbrica dismessa? Ma no, niente, hanno scelto le scuole (anche perché gli scolari sono in via d’estinzione, fisica e spirituale). Il batuffolo di peli elettoralmente attivo ha pian piano imparato a riconoscere il bagnetto dove liberarsi; una volta faceva il riottoso: ora si controlla da solo tanto che i pochi gendarmi ivi disposti passano il tempo a sorbire cappuccini. Il luogo è facile da pulire (basta far finta di contare le schede e bruciarle subito dopo, smontare i catafalchi di legno e pagare i soliti noti che armeggiano con tali materiale da voodoo democratico: matite copiative, cartacce, elenchi, cassoni di cartone).
5. “Quando porti il cane all’esterno, ricordati di condurlo al guinzaglio per insegnargli ad andare in un luogo specifico. In questa maniera puoi anche controllarlo meglio e accertarti che abbia espletato le sue necessità”.
Non c’è più bisogno. Lo zombie elettorale, con la sua schedina in mano, sa già dove recarsi: al seggio, il seggio verso dove ciabatta, con un nulla di fatto, da chissà quanto tempo; un locus amoenus ch’egli subito riconosce con gioia poiché già spisciato negli anni precedenti.
6. “Scegli un comando. Ogni volta che porti il cucciolo ‘al bagno’ usa la parola ‘andiamo’ oppure un altro comando. Questo gli insegna che dovrà recarsi in un posto specifico. Il cane comincerà a riconoscere il comando e ad associarlo a ciò che desideri che faccia. Inoltre aiuterà il cane a capire quando e dove dovrebbe defecare e urinare”.
Questo è abbastanza semplice. I comandi son sempre gli stessi. Cambiamento, si può, podemos, yes we can, change, Emilia paranoica e via sghignazzando. Da quanto tempo l’elettore “cambia”? Oppure: è invitato al cambiamento? Appena si disseppellisce l’ascia di guerra (podemos!), al botolo elettorale si chiudono un paio di circuiti elementari; annusa l’aria; sa già dove andare. Il resto è semplice.
7. “Premia i successi. Loda sempre il cucciolo ogni volta che usa la zona destinata alle sue necessità fisiologiche. Parlagli con una voce felice e gioiosa per fargli capire che sei soddisfatto del suo comportamento”.
I contentini elettorali, i cento giorni: decisivi. Appena il sacco di pulci ha defecato dove voleva il padrone occorre dargli il biscottino (“Sii costante e dagli sempre un incentivo emozionale ogni volta che usa correttamente il suo ‘bagno’. Per incoraggiarlo, puoi anche dargli un piccolo dolcetto”). E lo avrà. Certo, prima sembrava, tale biscottino, un intero desco di prelibatezze canine; una volta assolto il compito, però, tale spianata di delicatessen impercettibilmente trasmuta, giorno dopo giorno, sino a tradursi in un pezzo di pan secco. E però il cagnaccio esulta, mastica a quattro palmenti (il padrone in fondo è buono), scodinzolando la propria felicità. E il ciclo continua.
E così l’Emilia non è caduta.Ma è tutta una questione di prospettive.L’Emilia Romagna non esiste più da quel dì.Esiste una porzione di territorio, denominata Emilia, in preda a qualche potentato.E questo lembo di terra poteva passare di mano, certo; cadere no, era impossibile.A questo punto, tuttavia, occorre chiedersi: era davvero possibile anche tale cambio di mano?Credo di no. Una eventuale sconfitta della sinistra (chiamiamola così) avrebbe privato il palco della Commedia dell’Arte di un Balanzone di prim’ordine; e, si sa, privare la commedia di un antagonista finisce per uccidere la commedia stessa: una sciagura che il Potere, quello vero, non può permettersi.Cosa sarebbe Pantalone senza Brighella o Pulcinella senza il Diavolo? Niente, Non vi sarebbe, poi, rappresentazione, distrazione: eventualità da scongiurare.E fu scongiurata, infatti, per merito precipuo del Brighella Verde, capace non solo di disperdere l’ultimo suo alito di credibilità, ma di rinfocolare dolosamente l’estremo orgoglio dell’ex sinistra. Anziché recare le elezioni sul glaciale terreno della disputa logica, in cui si sarebbe dimostrata, con evidenza, la mafiosità del sistema di governo emiliano, il Brighella si è esibito in una serie di numeri da circo che miravano esclusivamente a perdere le elezioni: essi, infatti, convincevano i già convinti della propria parte (mettevano in carniere, quindi, zero voti) e, al contempo, smuovevano le braci di un orgoglio sinistrato che sarebbe stato meglio seppellire sotto la cenere del disdoro. C’era, insomma, da sopire; e, invece, guarda caso, si è scelto di incarognire l’elettorato avverso, in casa sua peraltro: col bel risultato di eccitare l’affluenza e far muovere i passi dello zombie all’elettore tradizionale dell’ex Emilia Romagna.
E così, con gran sollievo di tutti, il PD è salvo e la pantomima potrà continuare.Il primo a uscire dal sacello è stato Zingaretti il quale ha dapprima ringraziato Bonaccini per la sua campagna “eroica” (forse, un giorno, gli è stato servito un piatto di fettuccine scotte: sono avversità durissime) e, poi, addirittura, le Sardine, questo pulviscolo di poveretti, sempre gli stessi, che tocca mettere in campo dai tempi del fascista Berlusconi. Non ha potuto ringraziare Salvini di persona, sarebbe stato troppo, ma son sicuro che i due si faranno gli auguri in privato.Intanto i padroni stanno già sbaraccando le scuole dalla mobilia del prendingiro; dove andranno a finire tutte quelle schede? E chi lo sa? Nessuno, in realtà, lo sa. La controinformazione analizza ogni evento, ma queste minuzie non gli interessano. Che il gioco sia finto sin dalle fondamenta non scuote la sua fiducia nel futuro. Essa suole votare, i suoi Borgonzoni e Bonaccini, regolarmente, al solito posto, profumato di piscio. Il profumo della sicurezza.
* * * * *
Intanto, e questo mi spiace, se ne va Davide/Tao dal sito Comedonchisciotte.
Sulla sua prima rinunzia di quattro anni fa scrissi qualcosa, che ripropongo nelle caselle a destra. Le motivazioni del gesto sono sempre quelle, credo. Egli si sente “logorato”. Non stanco, logorato. La parola è rivelatrice. Il potere logora chi non ce l’ha, diceva la Buonanima, quella sì davvero intelligente. Andare contro, con dedizione, e non cavare un ragno dal buco se non quello d’un manipolo di rissosi commentatori dev’essere frustrante. Sono mie ipotesi, ovvio.
A lui va il mio saluto. E il ringraziamento per avermi ospitato così spesso; non lo meritavo. Spero si prenda una pausa, vera, onde rigenerarsi; durante i mesi sabbatici si renderà conto, forse, che è impossibile non avere una linea ideologica. Non dico partitica, né per partito preso: una linea ideologica, sì, invece; un sistema di idee in contrapposizione col Sistema.
Ma queste, mi accorgo, son mie paturnie: non le segua.
Si riposi e basta.