La medicina della politica dovrebbe qualche volta guarire il paziente (popolo), non continuare a regalare ricette e pilloline. Cosa fanno i governi davanti la crisi economica? Vendono gli immobili pubblici? Perché manca una politica che interviene subito con decreti attuativi a livello locale e regioni?

Manovra concordata? Bruxelles avrebbe accettato grazie al ministro Tria un piano di cessione di immobili pubblici, con i criteri e le modalità di dismissione degli immobili da attuarsi nel triennio 2019-2021. Nel programma previsto rientrano immobili di proprietà dello Stato individuati con uno o più decreti del ministero dell’Economia su proposta dell’Agenzia del Demanio, disimpegnati dalla procedura di trasferimento agli Enti locali con il federalismo demaniale, infine in uso al Ministero della Difesa non più utili a finalità istituzionali. Si sa qualcosa in merito al concordato stabilito?

La credibilità del Governo: il Def indicava che nel triennio 2019-2021 il programma straordinario di dismissioni immobiliari prevedeva un ammontare di 1,25 miliardi, oltre agli 1,84 già previsti. Per quest’anno la stima era di 950 milioni.

Le tante difficoltà del sistema pubblico: quanto sia difficile realizzare l’obiettivo è nei numeri da inizio anno, in questo periodo il Demanio ha messo sul mercato più di 450 beni dislocati in tutta Italia, per un valore d’asta totale di 14 milioni. Le gare concluse al momento sono 9 e tra i beni aggiudicati compaiono appartamenti a Padova, Milano e Venezia (dove è stata venduta anche una ex torre telemetrica), un palazzo nobiliare a Torino, terreni agricoli in Veneto. Attualmente sono in corso 4 bandi che coinvolgono 96 beni nelle Regioni Marche, Toscana, Umbria, Friuli Venezia Giulia e Lazio. La prossima settimana sono in pubblicazione altri 3 avvisi di vendita in Abruzzo, Molise, Lombardia e Piemonte e altri se ne aggiungeranno tra giugno e luglio anche nelle Regioni del Sud (https://quifinanza.it/soldi/vendita-immobili-demanio/277879/)

Ma la farsa continua: il governo sogna di guadagnare oltre 3 miliardi vendendo immobili pubblici entro il 2021. C’è un piccolo problema però, gran parte di questo patrimonio immobiliare – ossia il 77% corrispondente a un valore stimato di circa 217 miliardi – è “riconducibile a fabbricati utilizzati direttamente dalla pubblica amministrazione e quindi non disponibili, nel breve e medio termine, per progetti di valorizzazione e dismissione” (http://www.mef.gov.it/ufficio-stampa/comunicati/2018/comunicato_0076.html)

Zitti zitti quatti quatti: dopo i silenzi per il reddito di cittadinanza in base all’attuazione “territoriale locale” per soggetti che hanno fatto richiesta, ad oggi non sappiamo nulla di definitivo. Chi avrà realmente accessibilità agli aiuti sociali?

Detto questo, quello che da qualche giorno sappiamo tramite commercialisti e Caf è che Regioni e Comuni potranno aumentare le aliquote fino ai livelli massimi. Cioè il 3,3% per l’addizionale Irpef regionale, lo 0,8% per quella comunale (con l’eccezione di Roma dove è già allo 0,9%) e lo 10,6 per mille per Tasi e Imu. La notizia, come prevedibile, ha messo in allerta i proprietari di casa, in ansia per la possibile stangata in arrivo. Le prime elaborazioni arrivano dal Centro studi della Uil: 24 città capoluogo su 54 sono proiettate verso l’aumento della Tari. Per quanto riguarda le addizionali Irpef e IMU, dal report risulta che 250 comuni, cioè il 10,6% di quelli che finora hanno deliberato (2.352), hanno ritoccato al rialzo il prelievo. Gli aumenti arriveranno in diversi Comuni: si tratta del 9,4 % dei capoluoghi per quanto riguarda l’Imu e del 2,4 % per la Tasi.

Sul fronte pagamenti è possibile ignorare il primo richiamo per poi saldare il tutto il prossimo 16 dicembre. Ma occhio ad alcune novità. Alcuni Comuni hanno accorpato l’Imu e la Tasi. In questo modo, con l’abolizione della Tasi è stata aumentata l’Imu che nel saldo finale non dovrebbe discostarsi dall’importo delle due imposte separate. In questo caso il proprietario può pagare in un primo momento l’Imu con l’aliquota del 2018 e passare al conguaglio con il saldo finale. Attenzione anche a tutte quelle variazioni arrivate nei primi sei mesi dell’anno in corso che possono incidere sulla cifra dovuta e complicare la vita, già complicata, dei contribuenti. Occhio, ad esempio, alle date di cessazione dei contratti di locazione. 

Ci siamo capiti?? Si muore di noia, le solite medicine per non guarire mai! Vincono le tasse mentre i cittadini pagano per restare malati cronici.