In realtà, come accennavamo nella prima parte dell’articolo, secondo la teoria della relatività di Einstein nulla si muove più velocemente della luce perché, allo scopo di spingere qualsiasi particella a c, sarebbe necessario fare uso di un’energia virtualmente infinita dal momento che qualsiasi energia extra aggiunta alla particella per consentirle di raggiungere e poi superare la velocità della luce la accelererebbe in modo asintotico1. Infatti, anche senza ricorrere alle leggi della fisica, l’esperienza comune ci insegna che per accelerare un oggetto in quiete fino a portarlo ad una data velocità dobbiamo applicare su di esso una forza che sia in grado di imprimergli un’accelerazione. La forza necessaria allo scopo dipende da diversi fattori, quali la velocità che ci si prefigge di fargli raggiungere, la massa dell’oggetto in questione, la resistenza offerta dall’aria, ecc…
La teoria della relatività – dicevamo precedentemente – sostiene altresì che la massa di un corpo aumenta al crescere della sua velocità. Risulta pertanto che, cercando di accelerare il nostro oggetto verso velocità sempre più prossime a quelle della luce, dobbiamo applicare una forza sempre maggiore e costantemente crescente man mano che la massa aumenta a seguito dell’incremento di velocità. Il problema è che, superata una certa soglia, la forza necessaria per accelerare ulteriormente un oggetto, anche nel caso in cui fosse inizialmente di massa ridottissima, a seguito dell’aumento della stessa massa sarà divenuta di una tale entità da tendere praticamente all’infinito: diviene dunque impossibile sospingerlo oltre la fatidica soglia di c.
Inoltre, facendo riferimento al cono di luce di Minkowski, questa particella che si dovesse muovere a velocità superiori a c risiederebbe necessariamente nell’altrove assoluto e la sua linea oraria sarebbe rappresentata da un valore che è un numero immaginario, cioè la radice quadrata di un numero negativo2.
E – cosa forse più importante – verrebbe meno quel concetto legato sia alla velocità della luce sia allo scorrere del tempo che è il principio di causa-effetto.
In altre parole, a noi capita di osservare gli eventi dopo che sono accaduti: essi prima accadono e poi li vediamo. Superare il limite della luce significherebbe osservare gli eventi prima ancora che accadano. Intuitivamente, sarebbe per noi una cosa senza senso. Eppure è proprio di questo che ci stiamo occupando!
Ovvero dei fenomeni di preveggenza e di precognizione, ossia della possibilità di poter vedere gli eventi prima ancora che essi si manifestino.
Quindi, per quanto concerne la teoria della relatività, non essendo possibile superare la velocità della luce, i fenomeni di preveggenza non sarebbero possibili, o quanto meno spiegabili. Però tutto cambia se passiamo dalla fisica einsteiniana – che resta pur sempre un’evoluzione, per quanto geniale e raffinata, della fisica classica newtoniana – alla meccanica quantistica. Quest’ultima infatti, come abbiamo già avuto modo di spiegare in altri articoli, essendo incentrata sul principio di entanglement3, quindi di sincronicità, mette in discussione il concetto stesso di causalità della fisica classica e di quella relativistica.
Anzi, in questi ultimi anni si sono effettuati nell’ambito della fisica quantistica diversi esperimenti che dimostrerebbero come misurazioni effettuate nel futuro possano influenzare il presente4. Secondo questi esperimenti, un fotone sarebbe in grado di entrare in stato di entanglement con un secondo fotone prima ancora che quest’ultimo venga creato, e quindi senza che nel corso del tempo si sia formata alcuna sovrapposizione tra i due espressa dalla stessa funzione d’onda. Si tratterebbe di una manifestazione del principio di non località della meccanica quantistica estensibile non solamente allo spazio, ma anche al tempo.
Pertanto, venendo meno nello spazio-tempo il principio di causa-effetto – quello per il quale possiamo osservare un evento solo dopo la sua manifestazione – si potrebbe anche ipotizzare, almeno in linea di principio, che vi possa essere una sorta di scambio di informazioni a ritroso del tempo, come per altro lascerebbero supporre gli esperimenti appena citati. Sarebbe dunque potenzialmente ammissibile che talune persone siano realmente in grado di “vedere” ciò che ancora non è accaduto.
Ma ritorniamo al nostro spazio di Minkowski. Quanto esposto potrebbe graficamente spiegarsi nella seguente maniera. Si consideri quest’altra figura, che riprende quella presentata nella prima parte dell’articolo:

Anche in questo caso, abbiamo due osservatori: il primo W stazionario, il secondo U che si allontana rapidamente da W. La figura di destra b) è semplicemente la figura di sinistra a) ridisegnata dal punto di vista di U. Come abbiamo visto precedentemente, un dato evento che dal punto di vista di W precede nel tempo un secondo, potrebbe non essere tale per U. Immaginiamo che W abbia a disposizione un particolare marchingegno con cui può inviare segnali a velocità superiori a c. Egli ne fa uso per inviare un segnale da A, che si trova lungo la sua linea oraria, a B. Succede che dal punto di vista di U l’evento B è anteriore all’evento originario A. Così per U è come se il segnale trasmesso da W viaggiasse a ritroso nel tempo! Le cose si complicano ulteriormente, se possibile, quando ipotizziamo un terzo osservatore V che dispone egli stesso dello stesso dispositivo di W.
Si osservi la figura seguente:

L’osservatore V, allontanandosi da U in direzione opposta a W, potrebbe emettere anche lui un segnale più veloce della luce nella direzione di U. Pure questo segnale sembrerebbe a U viaggiare a ritroso nel tempo, solo nella direzione spaziale opposta. V potrebbe trasmettere questo secondo segnale verso W nel momento B in cui riceve il segnale originario trasmesso da W. Questo secondo segnale trasmesso da V raggiunge W in coincidenza con un evento C che, nel giudizio di U è anteriore all’evento di emissione originario A. Peggio ancora, l’evento C è realmente anteriore all’evento di emissione A sulla linea oraria di W; cosicché W sperimenta realmente l’evento C come anteriore all’emissione da parte sua del segnale in A! Cioè W sperimenterebbe l’evento C prima ancora che lui stesso abbia generato l’evento A che ha dato origine alla catena di eventi che hanno portato a C!
A questo punto ci sarebbe da chiedersi, tenendo presenti le nostre attuali conoscenze scientifiche, che cosa potrebbe essere questo “qualcosa” in grado di permettere questa specie di viaggio nel tempo, se non altro a livello di informazione per particelle subatomiche in stato di entanglement. Nello specifico, esisterebbe una particella – già lo accennavamo sopra – che farebbe al caso nostro e che potrebbe venirci in aiuto nei nostri tentativi di comprensione.
Ad onor del vero, va specificato che l’effettiva esistenza di questa particella non è ancora stata sperimentalmente dimostrata ma solo prevista dalla fisica quantistica a livello teorico sulla base di complicati calcoli matematici. Pertanto nel prosieguo dell’articolo, riferendoci ad essa, tenderemo ad utilizzare il condizionale.
In ogni caso questa particella avrebbe qualità ben particolari, perché sarebbe in grado di superare la velocità della luce. Anzi, non potrebbe neppure esistere se non viaggiasse costantemente a velocità superiori a c. Essa è il tachione, dal greco ταχύς (tachýs), che significa appunto veloce5.
Come potrebbe il tachione – ci chiediamo noi – muoversi a velocità superiori a quella della luce quando la stessa teoria della relatività ci dice che particelle del genere non possono esistere?
Ebbene, questo sarebbe possibile perché il tachione – ammesso e non concesso che un giorno si sia in grado di dimostrarne l’esistenza visto e considerato che non tutti gli scienziati concordano su questo fatto – sarebbe una particella la cui peculiarità consiste nel fatto che disporrebbe di una massa espressa da un numero immaginario, cioè un numero che, quando elevato al quadrato, dà come risultato un numero negativo. Infatti i fotoni viaggiano ad una velocità pari a c, ma non sono dotati di massa pur avendo una natura particellare. La teoria della relatività ci dice che nessuna particella dotata di massa può superare c. Ma i tachioni, essendo provvisti di massa negativa, sarebbero differenti e quindi non contraddirebbero la teoria della relatività.
I tachioni verrebbero così ad acquistare delle proprietà davvero singolari, contrarie alle proprietà di ogni altra particella. Prima di tutto, essendo di massa negativa, non appena si trovassero vicino ad una massa positiva (cioè qualsiasi cosa comune con cui noi entriamo in contatto), ne verrebbero respinti. Per un qualsiasi corpo ci aspettiamo che, se gli si dà una spinta, questo acceleri. E più spinta gli si dà, più accelera, almeno fino ad una certa soglia, come abbiamo visto più sopra. Ma il tachione si comporterebbe al contrario: più forte lo si spinge, più rallenta. Questa particolarità fa sì che il tachione, sempre che esista, possa avere importanti implicazioni non solo relativamente all’ipotetica possibilità di viaggiare nel tempo. Infatti i tachioni potrebbero essere alla base pure della levitazione antigravitazionale.
È concettualmente difficile immaginarsi un qualcosa con una massa negativa. È più facile ritenere che una particella di massa negativa non sia altro che l’antimateria del suo equivalente con massa positiva. In realtà, non è questo un ragionamento corretto.
Ad esempio, il positrone è l’antiparticella dell’elettrone perché il primo ha carica positiva ed il secondo negativa, non perché abbiano masse di segno opposto. Infatti entrambi hanno pur sempre una massa positiva.
Il tachione invece sarebbe qualcosa di molto diverso, di difficile intuizione, proprio perché ci porta ad immaginare un qualcosa che dovrebbe avere una massa, sostanzialmente un peso, negativa. La massa è per definizione positiva. Almeno così siamo portati a pensare.
Tuttavia, come ricordavamo anche in un nostro precedente articolo6, in fisica teorica ed in astrofisica il concetto di massa negativa non è nuovo e particolarmente sconvolgente perché è stato introdotto per fornire una valida spiegazione ad alcune singolari osservazioni, altrimenti incomprensibili, fatte su certe galassie incredibilmente lontane dal nostro sistema solare. La teoria del Big Bang, come noto, sostiene che l’universo sia in continua espansione e che le galassie si allontanino costantemente l’una dall’altra. Man mano che una galassia si allontana dalla nostra, per effetto Doppler, la luce che da essa giunge fino sulla Terra tende a spostarsi verso il colore rosso. Questo fenomeno è noto col termine di red shift7.
In anni recenti, attraverso il telescopio spaziale Hubble sono state osservate delle galassie che, sulla base del fenomeno del red shift, si è capito essersi allontanate dal nostro sistema solare ad una velocità di molto superiore rispetto a quella preconizzata dalla teoria del Big Bang. In alternativa, per spiegare quest’anomalia, ci si sarebbe visti costretti a postulare che si tratti di galassie ancora più antiche dell’universo stesso. Il che non ha senso. Ma quando si ipotizza che esistano nell’universo particelle con masse negative, come potrebbero essere i nostri tachioni, ecco che allora si può giungere alla conclusione che in realtà queste galassie così distanti si sarebbero allontanate tanto velocemente perché il loro moto di allontanamento sarebbe stato accresciuto dall’effetto antigravitazionale esercitato da queste medesime masse8.
Comunque ciò che a noi interessa maggiormente in questo articolo sono le implicazioni che i tachioni potrebbero avere nella trasmissione di informazione a ritroso nel tempo per via del fatto che nascono a una velocità superiore a quella della luce. Almeno così si ipotizza. La teoria della relatività afferma che più ci si approssima alla velocità della luce, più il tempo rallenta. Alla velocità della luce, raggiungibile solo dai fotoni che sono quanti di luce, il tempo si ferma. Ed alla velocità dei tachioni, costantemente maggiore di c, il tempo scorre all’incontrario! I tachioni viaggiano all’indietro nel tempo!
Se noi comuni mortali, al pari di qualsiasi altro oggetto o particella presente nel nostro universo, possiamo muoverci lungo le tre dimensioni temporali e, per quanto concerne la coordinata temporale, in un’unica direzione, ovvero dal passato al futuro, i tachioni avrebbero invece la possibilità di percorrere questa coordinata temporale in direzione inversa, cioè dal futuro al passato.
A questo punto ci permettiamo una piccola divagazione. Ce ne scuserete ma ci torna in mente una cosa assai singolare, che probabilmente è solo una curiosa coincidenza. Il fatto che i tachioni sembrino letteralmente “vivere” dal futuro verso il passato, ci fa venire in mente una frase spesso riferita dal fantomatico Q, quello della cosiddetta teoria della cospirazione QAnon9, nei suoi drop su 4chan: il futuro prova il passato, future proves past!

Ma torniamo a noi. All’interno del nostro cono di luce di Minkowski i tachioni si situerebbero nello spazio denominato altrove assoluto. E questo ci dà la possibilità di ampliare il discorso inserendovi una delle principali branche della fisica quantistica, quella che fa riferimento alla rivoluzionaria teoria dell’universo olografico elaborata da una delle mente più geniali che si siano mai viste, il fisico e filosofo statunitense David Bohm10. Ne avevamo già parlato in un nostro precedente articolo11, ma è sempre buona cosa fare un ripasso veloce non fosse altro perché trattasi di argomenti veramente ostici, che richiedono a ciascuno di noi un approccio alla realtà incentrato su basi completamente nuove rispetto a quelle a noi usuali, e dove siamo tenuti a mettere in discussione ciò che abbiamo sempre creduto per vero.
Prima di tutto, cos’è un ologramma? Evidentemente, un ologramma è una fotografia speciale a tre dimensioni ottenuta con un procedimento che comporta l’interferenza di due raggi di luce laser:

Un fascio di luce laser viene sdoppiato in modo tale che una prima parte è inviata attraverso appositi specchi direttamente sulla lastra, mentre la seconda è diffusa prima sull’oggetto di cui si vuole ottenere una rappresentazione tridimensionale, e quindi sulla lastra medesima. Nel percorrere tragitti diversi, le due componenti del fascio si sfasano l’una rispetto all’altra e, ricongiungendosi, producono una figura di interferenza che viene registrata sulla pellicola sotto forma di ologramma. Per riprodurre quest’ultimo viene quindi proiettato un secondo fascio di luce laser direttamente sulla lastra. A questo punto l’osservatore vede formarsi l’immagine tridimensionale, attorno alla quale si può anche girare per osservarla da tutti i punti di vista, proprio come se fosse un oggetto reale.

Gli ologrammi possiedono un’altra singolarità: ogni minuscola porzione della lastra fotografica sembra contenere in sé tutte le informazioni necessarie per ottenere un ologramma completo. Infatti, se dovessimo ad esempio tagliare in due parti la pellicola fotografica, non otterremmo un’immagine tridimensionale dell’oggetto osservato tagliata in due, ma due sue rappresentazioni totalmente identiche.

Gli ologrammi sono quindi una forma di interferenza energetica in cui ogni parte contiene il suo intero. Sulla base di questa loro stupefacente proprietà, Bohm arrivò a postulare che l’universo si comporta nella stessa maniera: ogni sua minima porzione, per quanto minuscola possa essere, cela in sé tutte le informazioni dell’universo intero. Il piccolo contiene il grande in ciascuna delle sue parti. Cioè, l’universo stesso non sarebbe altro che un ologramma. Nelle parole dello stesso Bohm: “nonostante la sua apparente solidità, l’Universo è un fantasma, un ologramma gigantesco, e splendidamente dettagliato. Le particelle subatomiche restano in contatto, indipendentemente dalla distanza che le separa, e la loro separazione è un illusione”12.
Bohm giunse alla formulazione della teoria dell’universo olografico nel tentativo di spiegare i risultati di uno dei più famosi esperimenti scientifici di sempre, quello compiuto nel 1982 dall’équipe guidata dal fisico francese Alain Aspect13 che comprovò l’esistenza del fenomeno dell’entanglement quantistico.
L’entanglement – lo ricordiamo qui con un linguaggio invero da addetti ai lavori – è quel fenomeno tale per cui se prendiamo due particelle che, avendo per un motivo o per un altro interagito fra di loro almeno una volta, sono entrate in uno stato di sovrapposizione quantistica descritta dalla medesima funzione d’onda14, e poi le separiamo spedendole anche a distanze molto grandi, nel momento in cui attraverso una misurazione facciamo collassare la funzione d’onda di una delle due, istantaneamente facciamo collassare la funzione d’onda anche della seconda, che così rivelerà una delle sue proprietà.
Eh, viene il mal di testa solo a pensarci… Oltretutto questa terminologia così difficile da afferrare non aiuta affatto.
Detto in maniera più semplice, tutto questo significa che – per via del principio di indeterminazione di Heisenberg15 secondo cui non possiamo determinare simultaneamente la posizione e la velocità di un elettrone poiché l’accuratezza della misurazione dell’una annulla quella dell’altra – per potere descrivere il movimento di una particella subatomica dobbiamo ricorrere ad una funzione matematica assai complessa, appunto la funzione d’onda, che rappresenta solo una nuvola di probabilità, cioè l’insieme delle posizioni in cui presumiamo di poter trovare questa particella ma senza averne certezza. La certezza ce l’avremo solo nel momento in cui effettuiamo una misurazione che fa – così si dice – collassare la funzione d’onda. Due particelle in stato di entanglement si dicono in stato di sovrapposizione quantistica perché essendo così intimamente legate l’una all’altra possono essere descritte della medesima funzione d’onda. Sicché quando effettuiamo una misurazione sulla prima, facendo collassare la sua funzione d’onda, istantaneamente troviamo anche la seconda.
Questo giusto per semplificare a grandi linee. In ogni caso, ciò che è fondamentale per noi è ricordarci semplicemente che lo scambio di informazioni che avviene tra due particelle in stato di entanglement è istantaneo ed indipendentemente dalla distanza esistente tra le due. Quindi si tratta di una comunicazione che avviene – si è sempre pensato così – a velocità superluminali; il che però è in contrasto con la teoria della relatività.
Bohm propose la sua teoria dell’universo olografico proprio allo scopo di superare questa apparente contraddizione. Egli si persuase che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto tra di loro, indipendentemente dalla distanza da cui sono separate, risiede nel fatto che questa loro separazione è un’illusione. Ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali e distinte ma estensioni della stessa realtà fondamentale che ha le sue radici in quello che lui chiama potenziale quantistico, che funziona come uno strumento di guida per la particella. Le particelle agiscono quindi in sincronia con questo potenziale quantistico, la cui struttura non è evidente nel mondo newtoniano in cui viviamo, ma che esiste su un piano invisibile che influenza la nostra realtà in modo immanifesto.
Se le particelle ci appaiono separate è semplicemente perché i nostri sensi ci limitano e non ci consentono di avere che una percezione molto parziale della realtà ultima. Bohm, per meglio spiegare questo concetto, ricorse all’analogia descritta nella seguente figura.

Ci si immagini di non aver mai visto un acquario né un pesce. Intorno all’acquario sono disposte due telecamere che riprendono il pesce da due angolazioni differenti. Quello che si vede sono le due immagini sui monitor, ma il pesce nell’acquario è la realtà sottostante. Le telecamere ci danno l’idea di due pesci diversi che però sembrano in grado di coordinare i loro movimenti pur essendo fisicamente separati. In realtà non esiste alcun coordinamento: si tratta semplicemente dello stesso pesce ma noi, limitati come siamo dai nostri sensi, non abbiamo occasione di accorgercene.
Poiché ogni cosa nella realtà fisica dell’universo in cui viviamo sarebbe costituita da “immagini” come quella appena descritta, ne consegue che l’ universo stesso è una proiezione, appunto un ologramma. Se l’esperimento di entanglement delle particelle mette in luce il principio di non-località essendo questa loro separazione solo apparente, significa che ad un livello più profondo tutte le cose sono infinitamente collegate. Bohm giunse quindi a ipotizzare l’esistenza di un ordine implicito contrapposto ad un ordine esplicito.
Il primo sarebbe questa realtà fondamentale in cui tutto è intrinsecamente collegato perché la separazione non esiste. L’ordine esplicito invece è la realtà fenomenica e materiale nella quale noi stessi viviamo e che sulla base dei nostri sensi percepiamo come frammentata e l’unica possibile. Secondo il paradigma olografico, l’ordine implicito rappresenta dunque l’ologramma universale e l’ordine esplicito è l’immagine che vediamo. Ma siccome, a differenza di un’immagine olografica che è statica, l’universo è in continua mutazione, Bohm lo definì quindi Olomovimento contenente sia l’implicito che l’esplicito.

In un universo olografico come quello delineato da Bohm, neppure il tempo e lo spazio sarebbero più dei principi fondamentali. Non sarebbero solamente dei principi relativi, come ci insegna la fisica einsteiniana, ma in qualche modo verrebbero trascesi poiché il concetto stesso di località perde di ogni significato in un universo la cui realtà ultima è un qualcosa di incommensurabilmente più profondo dove nulla è veramente separato dal resto, non solo nello spazio ma anche nel tempo.
Nell’ordine esplicito, il tempo e lo spazio tridimensionale dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni dell’ordine implicito nel quale il passato, il presente ed il futuro finirebbero con il coesistere simultaneamente.
“Il Buddha insegnava che il passato, il futuro, lo spazio fisico e le singole cose non fossero che nomi, forme di pensiero, parole di uso comune, realtà puramente superficiali”, è scritto anche in un importante testo buddista16.
Ritornando al nocciolo della questione – ovvero la nostra indagine su quell’insieme di fenomeni che spesso con malcelato disprezzo vengono definiti paranormali – possiamo ora arrivare a formulare una conclusione, invero molto azzardata.
Sulla base di quanto esposto nelle pagine precedenti, si può argomentare che l’esperienza della precognizione avrebbe il suo fondamento logico nella possibilità da parte del veggente di superare le barriere spaziali e temporali proprie dell’ordine esplicito.
Queste medesime barriere, come ci spiega la fisica contemporanea (ma ad onor del vero anche gli antichi testi induisti e buddisti di ispirazione vedica), non costituiscono dei postulati assoluti, perché altro non sarebbero che proiezioni di una realtà infinitamente più profonda – l’ordine implicito – che costoro, i precognitivi, per motivi ancora da chiarire, sarebbero in grado di penetrare con una intensità ed una qualità uniche e dalla quale sarebbero in grado di trarre informazioni che non sono alla portata di tutti.
Senza timore di smentita alcuna, arriviamo a sostenere che la sfida più importante che la Scienza (beninteso, quella con la S maiuscola) sarà tenuta ad affrontare nel prossimo futuro non potrà che essere l’indagare su questa realtà ultima. Un più alto livello di comprensione di essa – che appare agli studiosi che vi si sono avvicinati come un infinito oceano di energia pulsante in cui ogni elemento è connesso con qualsiasi altro – è destinato a portare l’intero genere umano a compiere un immenso salto in avanti che potremmo definire persino di tipo quantico. Le applicazioni tecnologiche che potrebbero essere messe a disposizione dell’uomo sono inimmaginabili. Ma questo è il minimo. Ciò che conterà veramente è che il processo di crescita coscienziale dell’umanità riceverà da tutto ciò un’accelerazione finora ritenuta impensabile.
Come abbiamo appena visto, Bohm ha chiamato questa ultima realtà profonda ordine implicito. Altri scienziati la chiamerebbero Campo di Punto Zero o Campo di Planck. Altri ancora vuoto o schiuma quantistica. Abbiamo parlato dei tachioni e di come questi siano a tutt’oggi sono un’ipotesi di studio, non essendone ancora stata comprovata sperimentalmente l’esistenza. Ma il loro procedere a ritroso nel tempo potrebbe divenire la chiave di volta imprescindibile per accedere ad una più profonda comprensione proprio di questa realtà ultima. Nel cono di luce di Minkowski i tachioni si situerebbero nell’altrove assoluto. Ci pare di scorgere una convergenza tra questo e l’ordine implicito di Bohm.
L’unica cosa che resta certa è che la nostra capacità di accedere ad essa è fortemente limitata dal nostro essere corpi fatti di materia. I sensi ci limitano. E tra i limiti, forse il più in apparenza invalicabile appare quello di c, della velocità della luce, che determina lo scorrere del tempo in una direzione che sembra inevitabile. Ma questo è un limite che, forse, come abbiamo appena visto, non vale per tutti. Qualcuno, chissà come mai, sembra in grado di oltrepassarlo. E questo qualcuno risulta, per questa stessa ragione, più intimamente connesso all’ordine implicito.
A questo punto, non resterebbe che fare un ultimo sforzo: cercare di capire cosa potrebbe rendere possibile per alcuni di noi arrivare ad una migliore interconnessione con l’ordine implicito. Difficile avanzare ipotesi al riguardo. Tuttavia, ci ripromettiamo di tentarci in un prossimo articolo. Forse adesso non è il caso di andare oltre. Quello che abbiamo già trattato è abbastanza probante. Il troppo storpia, come si dice. E forse è vero che abbiamo già messo troppa carne al fuoco.
Però manca ancora un’ultima, conclusiva considerazione.
Ammesso e non concesso che sia possibile, forse proprio col tramite dei tachioni – chissà? – prevedere il futuro, rimane un fatto: ciascuno di noi è dotato di libero arbitrio! Ed è sulla base di questo che possiamo prendere delle decisioni con le quali possiamo cambiare il corso degli eventi del nostro futuro anche nell’eventualità in cui lo potessimo prevedere. Nulla pare scritto in maniera immutabile.
Siamo da sempre abituati a considerare l’universo in una maniera deterministica. Secondo una concezione propria della fisica newtoniana, esso non è che una Grande Macchina, una sorta di meccanismo a orologeria i cui intricati ingranaggi si muovono secondo un percorso prestabilito. In questa concezione Dio diventerebbe così il Maestro Orologiaio, il Grande Ingegnere. Anzi, secondo taluni, avendo Egli creato una macchina completamente deterministica, non avrebbe più nulla da fare, non sarebbe che un ingegnere in pensione. E – si sa – dalla pensione all’oblio il passo è breve.
Ma questa visione deterministica dell’universo, che è per così dire la visione convenzionale imperante ormai da secoli, può esistere solo se si presuppone l’esistenza di un mondo fisico indipendente dall’osservazione, in cui il processo stesso della coscienza perde di importanza perché verrebbe irrimediabilmente ridotto ad un banale processo elettrochimico operante nel cervello, compreso il quale non resterebbe più null’altro da spiegare.
Ma la stessa fisica quantistica ci dice ben altro.
L’esperimento della doppia fenditura17 ha fatto emergere delle contraddizioni e dei paradossi che ci devono portare a rivalutare completamente quanto da sempre creduto per vero sulla base della fisica newtoniana. Prima di tutto, occorre precisare che ciò che sappiamo di una particella prima che la si misuri non è esattamente un’informazione sulla stessa, ma su una sorta di nuvola di probabilità, espressa matematicamente da una funzione d’onda, in cui la particella potrebbe trovarsi. Solo dopo che facciamo collassare la funzione d’onda attraverso una misurazione possiamo trovare la particella in un posto particolare; non prima. È il fatto stesso di averla osservata che le ha fatto assumere quella posizione.
È la nostra osservazione attraverso un processo cosciente che fa sì che si possa trovare la particella in una certa posizione piuttosto che in un’altra. Il processo di misurazione in laboratorio quindi perturba le particelle, dando luogo ad un’interazione indissolubile tra l’osservatore e la realtà osservata. Il fisico tedesco Pascual Jordan18 era solito dire: “L’osservazione non solo disturba ciò che deve essere misurato, ma lo produce. Costringiamo un elettrone ad assumere una posizione definita. Ma siamo noi stessi a produrre i risultati della misurazione”.
Siamo forse parte di una realtà che creiamo noi stessi man mano che la osserviamo?
Questa pare effettivamente la conclusione alla quale ci stanno portando sempre più numerosi esperimenti di fisica quantistica. La nostra Coscienza sarebbe in grado di determinare la realtà. L’una e l’altra, la Coscienza e la realtà, non possono più essere disgiunte come sistematicamente avveniva nella fisica classica di impronta deterministica.
Ogni indagine sulla realtà fenomenica non può più quindi fare a meno di chiedersi quale ruolo la Coscienza in essa assuma.
Il libero arbitrio, così tanto ostracizzato soprattutto a partire dall’età dei Lumi, è quindi destinato a fare prepotentemente la propria ricomparsa nella vita di ciascuno di noi.

Nel corso dei secoli, parecchi tra santi e veggenti ci hanno messo in guardia dai pericoli in cui l’umanità sarebbe incorsa se non avesse cambiato rotta esercitando compiutamente il proprio libero arbitrio. San Giovanni, Suor Lucia di Fatima, Santo Padre Pio, la Emmerick, Marie-Julie Jahenny, Anna Maria Taigi, San Gaspare del Bufalo, Elena Aiello, Santa Faustina Kowalska, la Madonna di Anguera, l’immancabile Alois Irlmaier, i Tre Giorni di Buio… Non sono che pochi esempi.
È stato predetto che l’umanità dovrà attraversare periodi di grande tribolazione, come non se ne vedevano più dai tempi del Diluvio Universale. Tremano i polsi all’idea di quanto potrebbero essere terribili. Eppure avevamo la possibilità di evitarli. Nulla era appunto scritto in maniera immutabile.
Come ci suggerisce la fisica quantistica, avremmo solamente dovuto crearci una realtà migliore. Ne avevamo la possibilità attraverso l’esercizio del nostro libero arbitrio. Ma abbiamo scelto male. Siamo stati certo ingannati, ma queste non sono che attenuanti.
Ci siamo scavati la fossa con le nostre stesse mani. Forse oggi è troppo tardi per poter rimediare. Basta guardarci attorno. Inutile elencare le brutture di questo nostro mondo, le depravazioni, le ingiustizie, le iniquità… È tutto così evidente! La corruzione è ovunque e non sembra esserci spiraglio. Col tempo, le cose tenderanno persino a peggiorare. A questo punto, viene da pensare che la grande tribolazione non sia solo ineluttabile, ma persino necessaria per mondare un’umanità che da sola non ce la può fare, tanto è cresciuto il suo degrado morale.
Con queste ultime considerazioni, invero poco rassicuranti, vi lascio (beninteso, fino al prossimo articolo che spero di poter scrivere quanto prima). Anche io, come tutti voi, sono atteso dal mio destino.
- 1https://www.treccani.it/vocabolario/asintotico/#:~:text=Nel%20linguaggio%20scient.%2C%20detto%20di,limite%20che%20non%20sono%20mai
- 2https://www.youmath.it/domande-a-risposte/view/6663-numeri-immaginari.html#:~:text=I%20numeri%20immaginari%20sono%20numeri,un%20numero%20reale%20non%20nullo.
- 3https://it.wikipedia.org/wiki/Entanglement_quantistico
- 4https://arxiv.org/vc/arxiv/papers/1206/1206.6224v1.pdf
- 5https://it.wikipedia.org/wiki/Tachione
- 6https://www.orazero.org/miti/
- 7https://it.wikipedia.org/wiki/Spostamento_verso_il_rosso
- 8http://www.introni.it/universo.html
- 9https://en.wikipedia.org/wiki/QAnon
- 10https://it.wikipedia.org/wiki/David_Bohm
- 11https://www.orazero.org/lorrore-la-teoria-parte-2/
- 12https://www.leomagazineofficial.it/2017/02/07/universo-olografico-prova-di-una-realta-illusoria/#:~:text=David%20Bohm%20sosteneva%20%3A,loro%20separazione%20è%20un%20illusione”.
- 13https://it.wikipedia.org/wiki/Alain_Aspect
- 14https://it.wikipedia.org/wiki/Funzione_d%27onda
- 15https://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_indeterminazione_di_Heisenberg
- 16https://encyclopediaofbuddhism.org/wiki/Mulamadhyamaka-karika
- 17https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_della_doppia_fenditura
- 18https://it.wikipedia.org/wiki/Pascual_Jordan