Ho frequentato, quasi sempre da parte lesa, qualche aula di tribunale, anche all’estero. Ho frequentato parecchi studi legali, dove, in cambio di quintali di carta, ho lasciato discrete sommette (quello che poteva essere esposto in una paginetta veniva invece sbrodolato in dieci pagine e infarcito di dotte citazioni latine). Ma, soprattutto, ho seguito abbastanza attentamente negli ultimi 30 anni il dibattito politico italiano sulla riforma della giustizia.   

Mentre in altri campi, mi sembra impensabile ipotizzare ministri/riformatori senza un minimo di esperienza/competenza del settore (vedi un ministro dello sviluppo economico che non ha mai lavorato in una azienda o un ministro degli esteri che parla male anche l’Italiano – figuriamoci l’inglese –  e che raramente è uscito dalla natia regione), per quanto riguarda la Giustizia del Bel Paese credo occorra un riformatore che più lontano dal settore non si può. Per capire veramente i mali della nostra Giustizia, e per cercare di proporre alcuni rimedi, occorre assolutamente un profano del diritto. Assolutamente non un ex-magistrato, nè tanto meno un professore universitario e men che meno un avvocato.  

Tale e tanti sono i problemi del nostro sistema giudiziario – non è un problema di qualche magistrato mela marcia come ormai credo anche i più disattenti osservatori abbiano capito – che occorre un riformatore assolutamente profano di diritto, assolutamente non coinvolto con i tribunali ed i codici attuali. Disposto a demolire quasi tutto prima di iniziare a ricostruire. A sostegno di questa mia tesi ricordo che l’unico Ministro della Giustizia decente che abbiamo avuto negli ultimi decenni è stato Roberto Castelli, ingegnere meccanico esperto in acustica.

Come tutte le gravi disfunzioni, in Italia, si ricevono grandi applausi quando si propone una grande riforma. Peccato che poi quando si approfondiscono i contenuti della possibile grande riforma le proposte sono anni luce le une dalle altre. Provo quindi ad elencare qualche elemento specifico che, a mio giudizio, sarebbe indispensabile per una qualunque seria riforma della giustizia italiana.

 1) Separazione netta tra procure e giudici. Tra i grandi Paesi, solo in Italia (e Francia) procure e giudici sono mischiati assieme e si usa il termine magistrato per indicarli entrambi. Assolutamente ridicolo. 
Quasi ovunque nel mondo le procure sono un ente che dipende dall’esecutivo. Corpo  autonomo, all’interno del ministero Interni o Giustizia, che deve rendere conto all’esecutivo del proprio operato. Niente più Woodcock che possono inanellare una inchiesta farlocca dopo l’altra e continuare a fare carriera. I giudici rimangono invece il terzo potere dello Stato, con una parte di essi, le cariche più alte, nominati/approvati dal Parlamento seguendo precise leggi e criteri. 
Non basta quindi la separazione delle carriere; occorre separare anche l’accountability. I Giudici rimangono assolutamente indipendenti dopo la nomina. Mentre i procuratori rendono conto del proprio operato, in nome del popolo italiano, all’esecutivo.

2) Eliminazione completa del CSM e divieto assoluto per i giudici di fare qualunque attività politica pubblica. Al limite il CSM, con altro nome, rimane come organo per la gestione delle carriere dei Giudici di livello medio-basso.  

3) Ripristino delle giurie popolari, sia per il penale che per il civile. La Giuria popolare è un simbolo irrinunciabile di democrazia. Sono tutte chiacchiere che non assicurano professionalità. Meglio forse un po’ meno professionalità, ma più obiettività di giudizio. 

4) Ripristino totale immunita’ parlamentare.

5) Ripristino della prescrizione, la più grande follia grillina. Siccome i processi durano troppo a lungo si è pensato di dare ancora più tempo a procuratori e giudici per farli durare ancora più a lungo. A vita contro il malcapitato……….follia pura.


6) Dopo assoluzione al primo o secondo grado di giudizio il processo e’ finito. Altro che Stato che può fare ricorso non so quante volte (anche se è il PM che pasticcia, vedi caso Meredith a Perugia) e Cassazione che ammazza le sentenze ed intima il “redo from start”. Ne bis in idem.


7) Divieto assoluto di trojan o diavolerie similari. Forse permesso solo per reati di terrorismo internazionale e per cittadini stranieri. Anche le intercettazioni, di cui abbiamo record mondiale, vanno fortemente limitate.  

8) Eliminazione di tutti i ridicoli reati di vilipendio, oltraggio, diffamazione, calunnia per non parlare dell’ultimo arrivato, l’hate-speech a trazione EU. Sia nella forma tradizionale che in tutte le nuove forme via cyber o etere. Procedimenti la cui quantità ingolfa i nostri tribunali. Ognuno può dire e scrivere quello che vuole; a meno che non ci sia un danno materiale evidente e quantificabile. Danno materiale evidente e quantificabile, da provarsi in tribunale.

9) Sul come riformare la giustizia civile bisognerebbe scrivere un libro. Mi limito a due spunti: maggiore specializzazione dei tribunali (perizie) e limite alla carta (es. per un danno di 1K al massimo l’avvocato può presentare 1 pagina di citazione/memoria e per 10K al massimo 10 pagine). Cose assolutamente irrealizzabili in quanto si andrebbe contemporaneamente contro tutti e tre gli interessi che di carta e lungaggine giudiziaria ci campano molto bene: magistrati generalisti, avvocati e esperti/periti.

Mi scuso per la sintesi, ma credo che la disfunzione della giustizia sia tra i 2-3 problemi maggiori del Paese. Per risolverlo occorre che ognuno di noi, oltre al generico supporto per una grande riforma, inizi ad entrare un poco nel dettaglio su cosa occorre fare.  Non basta certo riformare il CSM….