Roma, 6 dicembre 2019
A Parigi c’è lo sciopero generale.
Incendi, tumulti. Presso la Senna? Smoke on the water.
Sembra un indizio preciso di sollevazione popolare, eppure non lo è.
Tutto appare anacronistico.
La parola “sciopero” è la più datata di tutte, fuori sincrono, risibile.
Si sciopera astenendosi dal lavoro. Ma, poiché il lavoro è sempre più residuale, lo sciopero, inevitabilmente, appartiene sempre meno al corpo sociale. Senza tener conto che la maggior parte dei lavoratori, che diverranno una minoranza, non scioperano di sicuro. O perché lo ritengono inutile, o perché non gliene frega nulla o perché non possono permetterselo, per vari motivi. Chi sciopera, già oggi, è una  minoranza nella minoranza, hai voglia a spaccare qualche vetrinetta.Lo sciopero parigino, o quel che è, fallirà, sul lungo periodo. Sul breve potrà spostare, di qualche millimetro, gli assetti già abbondantemente definiti; la funzione precipua, però, sarà quella di intortare i  micchi. Come le elezioni italiane scorse. L’impressione che “qualcosa si muova”, che “qualcosa vada nella direzione giusta” raggela nella speranza chiunque, rendendolo inoffensivo. 
La fuffa da utilizzare per post, articoli di giornale e ciance assortite sarà, invece, ciclopica.

Volete, invece, conoscere una protesta capace di colpire al cuore il potere? Bibbiano.
Bibbiano poteva (poteva …) diventare il nucleo di un revanscismo difficile da soffocare. Troppi i simboli profondi, impossibili da controllare per il Potere: lì agisce il magma incandescente di un odio inestinguibile.
I bambini, non l’aumento della benzina o il lavoro che non c’è (e non ci sarà più), avrebbero coinvolto le masse (mi vergogno a usare questo termine, ma vado di fretta).
Ogni bambino rischiava di mutarsi in un aureolato San Simonino.
Purtroppo la gazzarra inscenata ha favorito le manomissioni dolose della vicenda.
Appoggiarsi al Panzafustaro o alla Regina di Picche non ha aiutato la causa; dileggiare un partitucolo come il PD, neppure; lì c’era da scavare nei simboli, da attaccare chi doveva essere attaccato: la democrazia, nel suo insieme. La democrazia “liberale” che, nel nome della libertà, annienta i ruoli di madre e padre, liberi poiché naturalmente e liberamente formatisi, già in ere antidiluviane. 
E però il richiamo della foresta della “X” sulla cartapaglia della democrazia era troppo forte; e così ci si è scissi in tifoserie; l’arbitro ha assegnato il rigore (che gli diano del cornuto non gliene importa un fico secco) e la partita si è avviata mestamente al termine: del nulla di fatto.

Il problema è la democrazia. Id est: la devoluzione d’essa, già palliduccia, in istituzione totale che impone l’innaturale, la deviazione.

Un lettore (uno dei dieci) mi spedisce un link di facebook su una tizia del Partito radicale, collaboratrice, presso il Senato della Repubblica Italiana, di una “Commissione Straordinaria per la promozione e la tutela dei diritti umani”.
Insomma, traduco alla buona, si occupa di niente.
Cosa sia una Commissione senatoriale credevo di saperlo; ora non lo so più.
Straordinaria, poi: perché? L’ordinarietà è troppo grigia, caracollante? Occorre spingere sull’acceleratore?
Promozione. E i saldi, allora, gli scampoli del diritto civile? Dopo la Befana?
Tutela. Arguivo, una volta, quando regnava la logica, che si dovesse tutelare una minoranza, non una debordante maggioranza.
Diritti umani. Tutto quello che passa per la testa a un perverso polimorfo: un pochino audace, anche per l’ex Senato dell’ex Repubblica Italiana. Tali sono i diritti umani: ghiribizzi. Se voglio una casa mi deridono; se reclamo il diritto di mandare a scuola il mio figliolo maschio con una tutina di organza rosa, allora, sono sicuro, interverrà qualcuno della Commissione col cipiglio trucibaldo: questa pagliacciata s’ha da fare!

Nelle more degli incunaboli digital-sociali della tizia in questione ci imbattiamo in una sua battaglia condivisa (id est: un suo post condiviso; meglio condividere le battaglie sub specie postis; ché il digitale è consustanziale all’impegno del diritto civile: in tal modo, peraltro, non ci si infangano le Prada): una battaglia norvegese, civile, per i diritti civili: a scuola (una scuola norvegese, ça va sans dire) parte, infatti, una campagna per insegnare o a drogarsi bene o ad aiutare i compagni drogati a sfangare il Signor Nonno cor Farcione.
Nel manifestino si vedono bei volti (belle le ragazze: son tutte belle, infatti, le signore dell’Occidente) di vittime scampate: perché sanno. Sanno come ci si deve drogare; sanno come aiutare i compagni vittime di droga (droga sotto varie forme: dall’eroina a GBH a MDMA: non so cosa siano, a dir la verità).
Così mi par di capire.
Di solito, però, capisco bene. Capisco così bene da non capire nulla, all’apparenza.
E questo accade perché la verità o la natura delle cose, il suo nascimento, come la natura dei fenomeni sociali, ama nascondersi.

Su questa campagna non voglio dire nulla.
Mi sono già espresso a sazietà, odio dover tediare il lettore assiduo; l’altro, quello occasionale, dovrà, purtroppo mettersi in pari, leggendo le altre mie dispense … 
Di quei volti, volti, forse, norvegesi, posso dire questo: appartengono a donne e uomini, ragazze e ragazzi che dovrebbero esser morti.
Sì, c’è troppa gente malata a questo mondo ed è doveroso, per la sanità mentale nostra e del mondo stesso, sfoltire il numero. Già Pasolini, in un suo famigerato passo (debitamente rimosso dalle apologie), accennava a questo. Il passo su Gennariello: potete trovarlo qui:Perché l’1% ci tiene in vita?
Molta gente dovrebber esser morta e sepolta, ecco la questione.
La sanità, la dirittura, la normalità,persino l’aurea mediocritas la si può negare, ma esiste; l’essere umano è ancora un bieco accumulo di fango e le leggi che lo governano promanano da tale mota divina. I diritti civili impongono l’innaturale; la natura reclama altro. Combattere la natura reca l’estinzione. Estinzione politicamente corretta, per carità.
Un mio elenco di mortammazzati lo tengo nel computer.
Non dico che dovremmo ucciderli, no. Se morissero, tuttavia, per un miracolo impossibile e reale, tutt’assieme, l’aria si farebbe più respirabile. Sì, mi manca l’aria. Mi sveglio la notte e penso, alle 2.34 antimeridiane,  quanto peso mi reca sul petto questa tenebra che cela un futuro inesistente.
Lo sfinimento del dover parlare con i cretini, del sopportare i discorsi dei cretini, le supponenze, i giri illogici, le caparbietà dell’ottuso: l’indomani mattina.Non c’è visore, poi, o radio o scartafaccio o PC o cellulare che non tracimi di sciocchezze inutili, personaggi insulsi, venduti, teste di cazzo, imbecilli, malati di mente scambiati per stravaganti, pervertiti per audaci trasgressivi, perfetti analfabeti per promesse letterarie; le compagnie di giro si scambiano di posto sui seggioloni, dal sindacalista d’attacco al sovranista al paraculo di sinistra, intercambiabili; mignottoni col tacco sedici intervistano un invertito di prima mattina: a interrogarlo sul gusto e la moda: entrambi paludati come Cibele da discount.
C’è bisogno di morti, centinaia di milioni di morti per purificare l’aria, eppure il Potere non ce li regala. Perché?
Perché l’intelligenza deve essere diluita, sommersa, irrisa dal numero; la malattia sovrastare la sanità, il buon padre di famiglia essere dileggiato, l’anormalità posta in ostensione nelle chiese del Nulla.
Sì, mi piacerebbe (è solo un ghiribizzo, ovvio) che il Salmone Ottimo Massimo morisse, così come i Presidenti dei due rami secchi del Parlamento e l’intero corpo giornalistico di LA7; gli ermellini, i dirigenti del Comune di Roma e zone limitrofe, gli attori, in massa, del cinema italiano, Sgarbi, l’intero corpo giornalistico Mediaset, Cattelan, i soprintendenti, i poeti; Bergoglio, i discotecari, Don Matteo, il Parlamento tutto, ad avvampare nell’apocastasi liberatrice; i mignottoni, i negri che spazzano i marciapiedi, gli zingari, gli ubriaconi, gli Italiani che non parlano Italiano, chi scrive “qual è”, la Confindustria, i Benetton, Lapo Elkann e l’intero corpo giornalistico RAI, comprese le sussidiarie e l’indotto.
Bisogna far calare il numero, non aumentarlo.
I drogati devono morire, tutti, dal primo all’ultimo; il potere non anela la carità, ma solo la volontà di dissoluzione della normalità: ansia di dominio.

Liberalizzare tutto … come se ci fosse qualcosa da liberalizzare … la droga la si trova sotto casa: sotto casa si ha una vasta scelta, almeno a Roma; nella provincia non è diverso. Ma le prefiche del Nulla hanno da sbraitare: liberalizziamo, se no il poverino muore. Il poverino, il drogatino, o il teen pusher, poverino anche lui. Come se gliene fregasse qualcosa! È tutta una farsa per colpire il reale obiettivo: chi non si droga … sì, chi mantiene la lucidità, questo non piace … potrebbe capirci qualcosa nel pantano … uno che ha fede in qualcosa, non si lascia di-vertire, per-vertire … inflessibile, di quel rigore lugubre che forma sguardi scettici e gonfi di disprezzo.

Certa gente non dovrebbe esistere, questo il dramma. La Natura prima o poi reclamerà il diritto all’aristocrazia … che non contemplerà necessariamente la razza umana. 

Uccidere, invece, non si può … pare che sia ancora reato … uno degli ultimi reati … assai poco usurata ‘sta fattispecie nell’Ausonia del 2020 … chi è che uccide oggi, in tempi di non-odio, di droga soporosa, di visori da nepente? Solo le multinazionali possono uccidere, ma, in quel caso, come affermò Monsieur Verdoux, il numero legalizza …

Se scomparisse la razza umana, annegata nella libertà e nei vizi più infami,  non mi spiacerebbe più di tanto: certo, la Flagellazione di Piero della Francesca non avrebbe più spettatori: una spina nel cuore, questa.

Se solo potessi respirare un po’ meglio …

Pubblicato da Alceste Link articolo originale https://alcesteilblog.blogspot.com/2019/12/quante-stupide-galline-che-si-azzuffano.html