Il referendum in Veneto è stato un successo per gli autonomisti: quasi il 60% degli aventi diritto si è recato alle urne, il 98% dei quali ha votato in favore di una maggior autonomia. Considerando che per molti referendum del passato la percentuale di votanti è stata molto bassa (sotto il 40%) e considerando l’alta astensione anche nelle elezioni politiche, amministrative ed europee, questo referendum si può considerare un successo. Era previsto il quorum, cioè la soglia al 50% al di sotto della quale la consultazione sarebbe stata dichiarata nulla, ampiamente superato.

In Lombardia non ci sono, al momento in cui scrivo questo post, dati certi, ma si parla di un 40% circa di votanti e la maggioranza assoluta dei sì. Va considerato che in Lombardia non era previsto il quorum, quindi è possibile che molti elettori non si siano recati alle urne perché non era “strettamente necessario” e che il sì “avrebbe vinto comunque”.

Ricordiamo che questo referendum ha solo un valore consultato, non è vincolante e che non ha cambiato nulla rispetto alla situazione attuale. Per ottenere maggior autonomia ci deve essere, ora, una trattativa tra le regioni interessate e il governo, e la eventuale legge che stabilisce l’autonomia deve essere approvata dal parlamento in seduta comune e con la maggioranza assoluta. Ma certamente il voto che premia in maniera massiccia il sì alla maggiore autonomia darà maggior potere di contrattazione alle regioni e costituisce una voce che il governo centrale non potrà non ascoltare. In fondo il motivo per cui è stato indetto il referendum era proprio questo: ottenere una imponente forza popolare da giocarsi nelle contrattazioni prossime venture.