La fede cristiana presto o tardi si confronta con degli interrogativi terribili, esistenziali, interrogativi come il perché venga permessa tanta sofferenza, quale senso abbia lasciare tutti e ognuno alla mercé della malvagità, perché venga consentita a coloro che fanno del male una evidente libertà di azione a spese degli innocenti, quale sia il rapporto tra la vita terrena e ciò che accadrà oltre la morte.

Tali interrogativi vengono messi in relazione con il libero arbitrio e con il peccato originale, associazione che ha radici profonde tra l’altro nella filosofia agostiniana.

E’ evidente secondo logica che non può esserci libero arbitrio senza la possibilità di fare del male: il libero arbitrio altro non è che la possibilità di scelta, senza la quale l’essere umano sarebbe una sorta di automa. Appare altrettanto logico che l’uomo venga messo alla prova in qualche modo per separare, utilizzando una similitudine evangelica, il grano dal loglio, o semplicemente per permettergli di sperimentare il libero arbitrio senza costrizioni ma prendendosi poi la responsabilità delle proprie scelte, come è chiaramente esposto nei Vangeli. Questo dover mettere alla prova l’uomo implica che Dio non sia in grado di prevedere, di conoscere in anticipo le scelte dell’uomo dotato di libero arbitrio, altrimenti non ci sarebbe bisogno appunto di metterlo alla prova di fronte alla tentazione e Dio potrebbe separare il grano dal loglio prima di far nascere l’uomo nel mondo terreno, evitando ai giusti le sofferenze della vita mortale e rendendo inutile e superflua nascita, vita e morte in questo mondo.

Il peccato originale è invece un concetto più complesso da analizzare in quanto implicherebbe una scelta antecedente il libero arbitrio: l’avere, utilizzando l’allegoria del frutto proibito dell’albero del bene e del male, scelto di poter scegliere. Continuando nell’allegoria, gli esseri umani sarebbero stati indotti, ovvero scaltramente forzati a questa scelta dall’esterno, da un’entità rappresentata dal serpente, che era a piena conoscenza del significato di quella scelta e delle sue conseguenze.

Si incontra qui un primo problema: se questa scelta iniziale è stata effettuata da ciascun essere umano, ciò significa che per tutti c’è stata una vita precedente a quella terrena, della quale non si ha ricordo.

Il cristiano deve quindi accettare, a meno di ipotesi alternative, che questa scelta sia stata effettuata una volta per tutte, come suggerito dall’allegoria, da progenitori della specie umana; e che questa scelta sia ricaduta su tutte le generazioni successive, che l’hanno subita e tuttora la subiscono in modo passivo.

Una vera e propria vera contraddizione logica è legata alla Giustizia.

Per il cristianesimo Dio è per definizione buono e giusto, ma è proprio dal confronto tra quest’ultima qualità divina ed il vissuto umano che sorgono contraddizioni apparentemente insanabili.

Se è infatti possibile tentare di spiegare con il libero arbitrio l’apparente contraddizione tra bontà di Dio e sofferenza degli innocenti nella vita terrena, è impossibile spiegare senza cadere in contraddizione la totale ingiustizia della disparità dell’esposizione umana alle tentazioni.

Se, come abbiamo visto, Dio non può prevedere le scelte dell’uomo dotato di libero arbitrio pena l’inutilità della vita terrena e il crollo di tutto il costrutto logico ad essa legato, nulla può spiegare perché alcuni esseri umani hanno vita serena e con poche occasioni di fare del male mentre altri sono sottoposti a sollecitazioni continue e, portando il concetto alle estreme conseguenze, perché un essere umano la cui esistenza terrena dura soltanto qualche giorno o qualche mese avrà la vita eterna senza neanche bisogno di dimostrare con la fede e con le azioni di esserne degno mentre altri sono sottoposti a continue occasioni di fare del male e quindi al rischio continuo e continuato nel tempo di subire i destini illustrati nei Vangeli per coloro che si dimostrano malvagi.

Le spiegazioni dei grandi filosofi della cristianità a questo riguardo, quando non glissano sull’argomento, sono eleganti ed elaborate costruzioni teoriche ma a una lettura senza preconcetti e libera da timori reverenziali spesso non risultano convincenti fino in fondo.

E sono totalmente da rigettare i miseri pigolii di chi si appella all’imperscrutabilità dei disegni di Dio, retaggio delle tecniche di dominio delle gerarchie ecclesiastiche di tutti i tempi: zitto e subisci senza protestare né ragionare. Se l’essere umano è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, allora così come è in grado di distinguere il bene dal male è anche in grado di capire ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, altrimenti come potrebbe essere ritenuto responsabile delle proprie azioni? ed è anche in grado di applicare le categorie della logica – senza la quale nulla avrebbe senso – non soltanto a sé stesso e alla creazione, ma anche a Dio e alle Sue azioni.

Per tentare di dimostrare che queste contraddizioni non sono tali è quindi necessario fare un passo laterale, liberarsi di ogni preconcetto e analizzare il tutto partendo da zero.

L’unica certezza che possiamo avere è dovuta al genio del filosofo e matematico René Descartes ed è il fatto che, poiché io penso, devo necessariamente esistere.

Oltre a questa, purtroppo, non esiste nessun’altra certezza: anche l’ipotesi cartesiana che l’idea di Dio debba provenire necessariamente da un’entità perfetta in quanto essa non può essere un prodotto della mente dell’uomo imperfetto è confutabile in quanto la perfezione è assenza di imperfezione e l’idea che debba esistere un essere perfetto potrebbe ad esempio semplicemente nascere dal desiderio umano di potersi liberare delle proprie imperfezioni, oppure del retaggio infantile dell’esistenza di esseri superiori, buoni e infallibili (i genitori) che vegliano su di lui e lo amano.

Abbiamo dunque quest’unica certezza: io esisto.

Ma in quale forma? sogni e allucinazioni ci indicano che quella che crediamo realtà potrebbe non essere tale: cosa ci impedisce dunque di ipotizzare che il mondo terreno nel quale viviamo non sia altro che un’elaborata simulazione, una illusione nella quale l’unica cosa reale è la mia autocoscienza di esistere?

In questo caso, dal punto di vista cristiano, le contraddizioni si annullerebbero: se il mondo terreno, il mio corpo fisico, fossero solo una simulazione presentata da Dio al mio essere pensante per permettergli di mettere alla prova il mio libero arbitrio e capire quindi quali sono le mie scelte di fronte a determinate situazioni, il male presente nel mondo in realtà non verrebbe esercitato su nessun altro in quanto gli altri da me sarebbero simulazione, come nei sogni. Il male che subirei io sarebbe parte della prova, e sarebbe comunque limitato nel tempo dalla morte, oltre la quale si estenderebbe l’eternità della vita vera.

Anche la contraddizione con la giustizia di Dio si annullerebbe in quanto, ancora una volta, gli altri sarebbero simulazione: non ci sarebbe una diversa esposizione alla tentazione poiché l’unico soggetto sarei io.

Persino tutti i problemi legati a coloro che non hanno conosciuto la predicazione di Cristo, e che quindi non avrebbero avuto la minima possibilità di salvezza secondo la dottrina cristiana, sarebbero risolti.

Ipotizzando poi l’esistenza di altri soggetti pensanti, ciascuno di essi verrebbe messo alla prova in simulazioni separate e, in analogia con i sogni – nei quali accade normalmente di non ricordare nulla della vita da svegli – potremmo addirittura ipotizzare che all’atto della creazione ciascun essere pensante abbia realmente scelto il libero arbitrio, essendo però impossibilitato a ricordarsene una volta inserito nella simulazione.

Andando oltre il cristianesimo (abbiamo stabilito che l’unica certezza è il cartesiano cogito ergo sum) questa ipotesi può conciliarsi ad esempio anche con il concetto di reincarnazione: la via verso la perfezione potrebbe realizzarsi in simulazioni successive che corrispondono alle varie vite tra le quali ci sarebbe quella che viene chiamata in molte culture trasmigrazione dell’anima, a seguito della quale si perderebbe in parte o in toto la memoria delle simulazioni precedenti.

Potrebbe però anche essere vera l’ipotesi dell’assenza di uno o più dei: l’idea di un essere che esiste senza essere stato creato, di una causa prima, non esclude la possibilità di una realtà che allo stesso modo semplicemente esista senza essere stata creata.

L’obiezione che la possibilità che un mondo così complesso possa esistere senza un creatore, un “grande architetto”, sia infinitesimale potrebbe semplicemente essere confutata dall’obiezione che, poiché il mondo esiste, questa infinitesima possibilità si è proprio verificata.

Ma anche in questo caso di assenza di causa prima l’ipotesi che quella che chiamiamo vita terrena sia una simulazione non può venire scartata.

Il fine della simulazione potrebbe infatti ad esempio essere, da parte di una civiltà avanzata, il verificare se il soggetto ha le caratteristiche per vivere nella vera realtà senza nuocere agli altri: questa vita potrebbe essere una sorta di elaboratissimo Test di Turing [1] atto a determinare non se una macchina sia in grado di esibire un comportamento intelligente, ma se un soggetto autocosciente sia in grado di vivere con altri soggetti altrettanto autocoscienti senza fare del male o prevaricare.

Ovviamente, nel caso in cui il soggetto pensante sia colui che sta leggendo, l’autore di questo breve scritto sarebbe simulazione, e anche lo scritto farebbe parte della prova alla quale sarebbe sottoposto il lettore.

L’idea di vivere una simulazione nella quale non solo tutto ciò che ci circonda, ma anche le persone a noi più care non siano altro che illusione può indurre turbamento e disorientamento.

Ma è una possibilità che non può essere scartata e che rimette in gioco, in modo potente, l’ipotesi che il senso di questa vita sia provare – a una divinità o ad una civiltà superiore – di essere degni di vivere insieme agli altri, e che dovrebbe stimolare a gettare uno sguardo più consapevole all’infinito che si estende al di là della siepe, poiché in confronto ad esso questa vita altro non è che un battito di ciglia.

BY M.D.G.

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Test_di_Turing