Sappiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha presentato diverse descrizioni dell’influenza pandemica, ma non ha mai definito formalmente il concetto di influenza pandemica.
Sappiamo che dal 2003, nell’homepage dell’OMS si leggeva che: «Una pandemia di influenza si verifica quando compare un nuovo virus influenzale contro il quale la popolazione umana non ha alcuna immunità (cioè “memoria immunitaria“), con il risultato di diverse epidemie simultanee in tutto il mondo, con un enorme numero di morti e malattie».
Sappiamo che il 4 maggio 2009, cioè circa un mese prima che la pandemia influenzale da sottotipo del virus A/H1N1 fosse dichiarata, la stessa pagina web era stata modificata e si leggeva semplicemente che: «Una pandemia influenzale può verificarsi quando compare un nuovo virus influenzale contro il quale la popolazione umana non ha alcuna immunità (cioè “memoria immunitaria“)».
Sappiamo che, a oggi, l’OMS intende come “nuovo” «un sottotipo (di virus) che non circola nell’uomo da almeno diversi decenni e al quale la grande maggioranza della popolazione umana manca quindi di immunità (cioè di “memoria immunitaria“)».
Sappiamo che, l’11 marzo 2020, l’OMS dichiara che «Covid-19 può essere caratterizzato come una pandemia», la prima causata da un coronavirus.
In tal senso, la lezione quindi da apprendere è che: “ciò che viene dichiarato o non dichiarato come pandemia, dipende da una serie di fattori discrezionali, come chi fa la dichiarazione e i criteri applicati per fare la dichiarazione“.
Tuttavia, in ogni caso, il punto è un altro, e cioè che “non dovrebbe esistere che a una dichiarazione di pandemia possa corrispondere un lascia passare per gli Stati-apparati di fare della società quello che più gli aggrada, cioè di oscurare (ancor di più) il diritto, cioè di infrangere (ancor di più) la legge intesa come limite al potere in favore della legge intesa come strumento di potere“.
Non esiste infatti alcuna dichiarazione di pandemia che possa legittimamente prevalere sul “principio della presunzione di libertà” , dato che “non esistono cose come i diritti collettivi in quanto distinti dai diritti individuali, cioè non esiste una creatura o una cosa come il collettivo”; dobbiamo pertanto essere non vincolati dal potere fino a prova contraria e, a tal riguardo, l’onere della prova grava sempre su coloro che vogliono proibire determinate azioni.
Di conseguenza, il potere “non può comunque mai legittimamente guidare“, cioè non può mai legittimamente invadere il campo dove regna il principio della presunzione di libertà, dato che questo principio non ammette eccezioni e la libertà è l’unica condizione che consente a tutte le persone di perseguire i propri obiettivi e di adattarsi in modo naturale.
Il principio della presunzione di libertà è il fondamento della cooperazione spontanea, della legge intesa quindi come limite al potere, cioè come confine tra il “mio” e il “tuo”, proteggendo la proprietà, e quindi anche l’auto-proprietà, esclusiva di ciascuno; questo principio “non ha bisogno pertanto di una morale, perché la possiede già”, dato che, non decidendo a monte le priorità delle persone, fa adeguare le persone spontaneamente alla realtà.
Se quindi è impossibile dimostrare che un contratto o un comportamento viola i diritti di una terza parte, il potere non ha il diritto di impedire che il contratto o il comportamento venga messo in pratica come stabilito.
Stiamo parlando di “diritti”, non di “interessi”, ed è proprio su questa confusione che si è fatta strada la dittatura pseudo-sanitaria: una serie estesa di interessi sono strati infatti trasformati in diritti e in questo modo la logica del controllo sociale, mediante la biopolitica, ha raggiunto una forma di completamento.
Di conseguenza, la vita piena non può più basarsi sull’autonomia dei comportamenti e delle relazioni umane, ma deve essere spogliata di questa sua autonomia e fondarsi su divieti e controlli arbitrari di ogni specie, i quali, a loro volta, possono essere di continuo determinati e aggiornati.
Quando un interesse viene trasformato in diritto, oltre a essere, ovviamente, un atto illegittimo, una violenza aggressiva, si previene forse un certo danno, ma si causa di sicuro un danno superiore di quello che forse si riesce a prevenire, nel senso che si distorcono inevitabilmente i segnali informativi; tanto più questa applicazione, cioè trasformare interessi in diritti, si estende, quanto più poi il coordinamento sociale diviene meno efficiente e più inefficiente e quanto più la libertà viene rimossa, cioè l’unica condizione che consente a tutte le persone di perseguire i propri obiettivi e di adattarsi in modo naturale.
Se passa il principio che gli esseri umani vanno guidati dal potere, perché la presenza dei virus rende per definizione i loro comportamenti potenzialmente insalubri per il prossimo e/o per se stessi, non solo quindi non sta passando un diritto, bensì un interesse, ma dato che la presenza di virus che possono intaccare gli esseri umani è qualcosa connaturato alla stessa condizione del genere umano, questo stesso principio può essere “normalizzato”, cioè non richiede per instaurarsi che alla base ci sia alcuna dichiarazione di pandemia o epidemia in essere.
In breve, la logica del controllo sociale che ha raggiunto una sua forma di completamento mediante la biopolitica, non necessita di una dichiarazione di pandemia o di epidemia in essere per permanere.
Cosa succede a chi non si adegua, a chi non vuole vivere la propria vita piena sotto l’egida di un controllo sociale che ha trovato una sua forma di completamento?
Con la formula “Sacer Esto”, contenuta nelle XII Tavole, prima forma scritta di diritto romano, veniva disposta nella Roma Arcaica, la gravissima sanzione della “sacertà”: l’homo sacer, il ritenuto impuro, cioè il condannato per un delitto commesso contro la divinità o la compagine dello Stato, non era titolare di alcun diritto ed era indegno di qualsiasi dovere; consacrato alla vendetta degli dei, cioè espulso dalla comunità sociale, era quindi titolare di sola nuda vita ed escluso dalla vita piena.
Una forma moderna di Sacer Esto si sta riproponendo diffusamente ai nostri giorni.
Tuttavia, questa forma è basata sull’accettare o meno una “socialità totalitaria, o meglio post-totalitaria”: chi l’accetta del tutto è incluso nella vita piena, chi non l’accetta del tutto è escluso dalla vita piena e può trovare posto solo in una dimensione contemporanea di nuda vita e nel mezzo la serie di chi accetta/rifiuta solo in parte, cioè vite né completamente piene, né completamente nude.
In breve, per godere a pieno del titolo di cittadinanza, si deve necessariamente marginalizzare o ultra-marginalizzare la libertà di scelta e assieme a questa quindi la (vera) sicurezza.
Questo è quello che è già avvenuto, che sta avvenendo e che continuerà ad avvenire, se lo permetteremo.
Uomo avvisato, mezzo salvato.
LINK ARTICOLO ORIGINALE – https://gerardospace.wordpress.com/2021/04/25/sacer-esto-lamore-per-la-liberta-2/