Luigi Manconi per huffingtonpost.it
Non è mai troppo tardi. E se ci fosse stata troppa fretta nel dichiarare già persa la battaglia per l’approvazione della legge sullo ius soli? E se tanta sbrigativa rassegnazione nascondesse un desiderio inconscio di rinuncia, perché perseverare è assai faticoso? Insomma è come se la materia si fosse logorata – mortificata da troppe menzogne – e oggi risultasse poco attraente, se non imbarazzante (roba da Caritas o da sinistrati), e di conseguenza non si portasse più in società. Eppure, è bastato considerare che – dietro quel nome sempre approssimativamente pronunciato e così spesso deformato (solis, sol, iussobis… etc.) – si ritrovano migliaia e migliaia di biografie, giovani biografie, fatte di speranze e di sofferenze, perché venisse la voglia di provarci ancora. E di provarci seriamente. Una volta approvata la nota di aggiornamento al Def si apre una sorta di finestra nella quale è possibile collocare, se vi fosse la volontà politica, la discussione in aula del provvedimento. E trovare i numeri per porre la fiducia, qualora si manifestassero volontà ostruzionistiche. Così, pazientemente, siamo ripartiti da capo. E da due appelli che, nelle scorse settimane, hanno ottenuto migliaia e migliaia di firme in pochissime ore.
Domani, giovedì 5 ottobre, parte uno sciopero della fame a staffetta al quale hanno aderito, in brevissimo tempo, decine e decine di parlamentari e, tra essi, il ministro Graziano Delrio e i sottosegretari Benedetto Della Vedova e Angelo Rughetti (e altri sembrano intenzionati a farlo). È il solo strumento di mobilitazione rimasto nelle nostre mani. Utilizziamolo al meglio perché potrebbe rappresentare, tra l’altro, il segnale della possibilità, per la politica, di non rinunciare a se stessa. Anche in questo caso, in altre parole, se è vero che gli stranieri hanno bisogno degli italiani, è altrettanto vero che gli italiani hanno bisogno degli stranieri.