Un sogno che non viene interpretato

è come una lettera che non viene letta.

(Talmud)

Papaaa!

Buona Luciana, sono qui”

Ho fatto un brutto sogno”

Un sogno? Raccontamelo” faccio io, improvvisamente attento.

C’era una signora, una signora brutta, tutta coperta di sangue, aveva dei pungiglioni agli occhi e uno alle orecchie

Era tutta coperta di sangue, poi il sangue è venuto via, aveva la pelle tutta bianca e i capelli rossi”

Continua Luciana, continua”

Alla fine la signora era chiusa dentro un armadio pieno di aghi, gli aghi la trattenevano e lei non si poteva muovere.

Poi si è aperta la pelle dal mento fino allo stomaco e dentro era tutto nero, e mi ha mangiata…”

Erano almeno un paio di anni che non faceva un brutto sogno, la mia bimba, mi sento accapponare la pelle.

Ma devo essere forte, la guardo negli occhi verdi, scosto quei lunghi capelli neri da Spirito (ridiamo spesso, su questo) e le dico, in giapponese “ima sugu neru, Oiwe” continuando il nostro vecchio scherzo.

Lei sorride e si rigira nel letto.

Rimango silenzioso, seduto su di una sedia e penso a quello che è appena successo.

Ormai, dopo la rivelazione non si può più dormire, vado in cucina e mi preparo un tè.

Mentre l’acqua si scalda sulla piastra ad induzione do una occhiata fuori, e penso.

Possibile che ci abbiano trovato?

Cosa significa la donna dai capelli rossi?

Inconcepibile che usino una persona così appariscente per sorvegliarci, eppure i pungiglioni…

Comunque non è certo rimanendo seduto sul tavolo della cucina che risolveremo questo mistero.

Domani mattina farò tardi al lavoro, sicuramente, prima devo risolvere questo problema. E poi forse cambieremo di nuovo città.

Intanto mi preparo, mentre il sole albeggia rifinisco e assemblo quello che mi serve, poche cose, meglio viaggiare leggeri, e fisso tutto ad una fascia che mi fisso alla vita, sotto la camicia.

Camicia fuori dai pantaloni, Stamattina.

Sveglio la bimba, e lascio dormire mia moglie ancora un po, mentre facciamo colazione le dico che oggi la accompagno io a scuola.

Sveglio mia moglie e le racconto gli ultimi avvenimenti. Le dico di prepararsi e di tenere gli occhi aperti, probabilmente presto sarò di ritorno.

Luciana è contenta del cambiamento, prepara lo zaino e sale davanti con me.

Ora di svegliare mia moglie, mentre mi preparo per partire le dico che cosa è successo, e che forse oggi dobbiamo fare le valige.

Ora anche di fare altri preparativi, ma lei questo lo sa già.

Lei è il motivo per cui non si azzardano ad entrare in casa, e cercheranno di farci fuori all’esterno, nel caso.

Penso che potremmo approfittarne.

Mia figlia è contenta e sale davanti, tutta orgogliosa, ma con lo zainetto addosso. Le dico di mettere la cintura, e partiamo.

Ha già dimenticato tutto.

Io no, cominciato con un bel giro lungo, siamo partiti presto e voglio capire se ci segue qualcuno.

Il giro delle rotonde, un paio di volte torno indietro sui miei passi e controllo.

Papino,perché fai così?” Mia figlia ha notato gli strani giri.

Sono solo distratto, adesso andiamo subito,” lo sguardo sempre incollato agli specchietti.

In effetti una Ford Ka di colore blu ci segue lungo tutto l’assurdo tragitto. Lo sapevo.

E c’è una donna a bordo.

Ma ha i capelli neri.

Lascio Luciana a scuola e parcheggio in un piazzale li vicino, esco e aspetto.

Dopo alcuni minuti la Ka si ferma lì vicino, la donna scende senza esitazioni e mi si avvicina, spavalda.

Non la ho mai vista, anche se forse con la coda dell’occhio mi ero già accorto della sua presenza. Ma in realtà non sospettavo niente. Si vede che sto invecchiando.

Il fatto curioso è che abbia fatto in modo che capisca che mi sta seguendo e che adesso mi si avvicini così, come niente. Un nuovo approccio.

buongiorno

Anche la sua voce è sicura di sé, notevole.

E con i capelli lunghi e lisci come quelli di mia figlia, beh, è uno spettacolo.

La osservo senza dire niente.

Pantaloni attillati, scarponcini comodi con la suola in gomma ( è una operativa) giacca in pelle e maglioncino. Niente orologio o gioielli.

Continuo a non parlare, dopo un minuto prende lei l’iniziativa e dice:

Vi abbiamo trovati già da due settimane

Continuo a fare scena muta, se voglio fare lo stronzo ci riesco benissimo, e, dopotutto è lei che ha preso l’iniziativa.

Signor Verdini, si chiederà perché non abbiamo attaccato subito

No”- faccio io- “sapevo che adesso qualcuno sarebbe arrivato a spiegarmi tutto

Modalità stronzo su on, fisso.

Vogliamo solo trovare una soluzione ragionevole

Il suo sorriso è leggermente meno caldo, ora, le sto rendendo la vita difficile.

Ma sta ancora respirando dopo aver cominciato a parlare, e questo è già un grosso vantaggio, rispetto agli intermediari precedenti.

Il mio nuovo me buono ed accomodante deve piacergli, in fondo.

Sorrido e inizio una piacevole conversazione, siamo amiconi e ci vogliamo bene.

Dica, sono davvero curioso di sapere cosa avete in mente

Possiamo darci del tu?” fa la mora.

Certo , ti inviterei anche a cena, ma sai com’è mia moglie…

Basta con le cazzate, mi zittisco di nuovo e mi guardo in giro. Non c’è quasi nessuno , ed un tragico incidente potrebbe sempre succedere, alla mia nuova amica.

Lo deve aver capito pure lei, e subito si fa seria:

Sa che non faremmo mai del male a Luciana”-improvvisamente non siamo più amici-” ed è inutile continuare a fuggire, soprattutto adesso che siete soli”.

Anche lei ha acceso la modalità stronzo.

Che cosa avete in mente?

Domani alle ore ventuno e trenta, ci incontreremo in questo posto “- e mi da un foglietto con sopra scritto un indirizzo-“lì mi consegnerete la bambina. Non vorremmo essere costretti a questo. Ma ci serve.

Prendo il foglio, gli do una rapida occhiata e me lo metto in tasca.

Mi assicura che non farete niente fino ad allora?

Certo”; risponde subito lei.

Mi giro e me ne vado, senza guardarmi intorno, non hanno certo avuto il tempo di preparare qualcosa.

Torno a casa e parlo con mia moglie, stavolta è lei a non dire niente, mi guarda fisso.

Dopo tanti anni non abbiamo neanche bisogno di parlare, mi alzo e dico: “Abbiamo tante cose da preparare per l’incontro, tu la porterai a scuola, domattina”.

E mi dirigo al computer, non prima di aver telefonato al lavoro, non mi sento bene e ci vediamo lunedì.

Addio anche a questa sistemazione, da domani si ricomincia. Di nuovo.

Comincio ad essere stufo di questa cosa, se sopravviviamo alla ennesima “dimostrazione di affetto” dei nostri vecchi datori di lavoro dobbiamo fare qualcosa in merito. Fare in modo che non osino più romperci le palle.

Prima di tutto una veloce googlata sull’indirizzo. Una zona industriale, di sabato sera, lontana da tutto. Un sicuro funerale per noi, soprattutto adesso che siamo soli. Ma forse abbiamo ancora qualche freccia al nostro arco.

Spedisco una lunga email criptata, con l’indirizzo e le foto di google maps della zona, e rimango in attesa della risposta.

Accendo il telefono che era rimasto spento da mesi, e presto mi arriva una nuova mail.

La decripto e leggo le istruzioni, ancora molto da fare.

Riesco comunque a dormire qualche ora e presto si fa mattina.

Mia moglie ha fatto pure lei i suoi preparativi, accompagna lei Luciana a scuola, per l’ultima volta.

Sono abbastanza tranquillo che non oseranno fare niente, sarebbero dei pazzi a provarci, io sono quello che tratta della famiglia, mentre lei… beh, se dovessi affrontarla mi porterei dietro una squadra di uomini pesantemente armati, e qualche bazooka.

E quello è esattamente cosa dovrebbero fare, se osassero fare qualcosa mentre lei è accanto a Luciana. In centro non vorranno certo farlo.

Io intanto preparo le valigie, o meglio controllo le due che sono sempre pronte, just in case. E ricevo una nuova mail.

Mia moglie rientra con la bambina. Conoscendola so che è sempre rimasta vicino alla scuola, pronta a tutto.

Pranziamo e dopo vado a fare un giro sul luogo dell’incontro.

Un posto perfetto , un viale circondato da capannoni artigianali, a quell’ora potremmo incontrare al massimo qualche fanatico del lavoro che sia avvia verso casa o un paio di vigilanti.

Mi prendo un appunto mentale, potrebbe essere un bello stratagemma per farci avvicinare da due uomini armati senza suscitare sospetti. Spero che qualche vigilante o poliziotto vero non si faccia vivo domani, per il loro bene.

Si fa sera, il tempo passa veloce in momento del genere. Io e mia moglie ci prepariamo, vestiti comodi, scarponcini alla caviglia. Tutto grigio scuro, non nero. La sagoma scura risalterebbe nel buio. E’ il motivo per cui le navi da guerra sono dipinte di grigio e non di nero.

Preparo i miei giocattoli, mia moglie, invece, li ha sempre pronti. Certe volte sospetto che trovi sensuale pulire le armi ed affilare le lame. Non ho mai avuto il coraggio di chiederlo, siamo compagni da tanto tempo, ma certe cose non si dicono, sopratutto a lei.

Si fa ora, carico tutto in macchina e prendo Luciana con me.

Ora di andare alla festa.

Guido io, come al solito, mi metto l’auricolare e vado diritto al luogo dell’incontro, dopo una breve sosta.

La sosta serve anche a lanciare un piccolo drone che tenevo nel baule.

E’ già buio, ma la telecamera notturna funziona benissimo.

Un giro intorno alla zona dall’incontro.

Non si vede niente di strano, solo una auto ferma in mezzo alla strada, proprio nel punto indicato, con i fari accesi.

Attivo gli infrarossi, niente, tranne… due motori di due furgoni parcheggiati lì vicino sono ancora caldi, e questo è strano. Anche sui tetti vicini due teli sembrano coprire qualcosa di caldo. Solo una telecamera di grande qualità come questa sarebbe riuscita a rilevare delle piccole discrepanze termiche. Gente esperta ci sta aspettando.

Parlo nel, microfono:”due nidi di vespe al centro e due uccellacci in alto”.

ricevuto” mi risponde una voce laconica.

Mi avvio verso l’auto, dietro di me sue sagome, una bionda e una con con i capelli neri, lunghi.

“ora di andare”, faccio io, e metto in moto.

Il drone continua a volare in circolo sopra la zona, in automatico, e sul palmare di fianco a me continuano a essere visualizzate le immagini, nessun movimento neanche nelle strade vicine.

Mentre mi avvicino controllo tutto intorno, non si vede niente di strano, e questo è un pessimo segno, di solito.

Mi fermo a circa venti metri di distanza dal veicolo che ci aspetta, e lascio il motore acceso.

Di fianco a me, a circa cinque metri c’è uno dei due furgoni caldi pochi gradi più del normale.

Casualmente mi sono fermato in un punto poco visibile dai due che aspettano lassù in alto.

Scendo, mentre le due sagome sui sedili posteriori rimangono al loro posto. Lascio le luci accese.

Dall’auto in attesa scende la donna dell’altra mattina insieme ad un altro tizio che non ho ma visto. Pure loro sono vestiti di colori scuri.

Ci incontriamo a metà strada, illuminati dai fari delle due auto.

Mi sento un amicone, e cerco di irradiare disponibilità, mentre mi giro e faccio segno agli altri due occupanti di rimanere nell’auto. E loro obbediscono.

Non dovevamo arrivare a questo punto”, comincio io, la mani vuote abbandonate lungo i fianchi, a dimostrare che non ho cattive intenzioni-”adesso organizziamo lo scambio e tutto sarà finito…”

Continuo a cianciare mentre mi avvicino, tutto rilassato, come se fossi ad un incontro di affari.

La stronza apre la bocca e comincia a parlare “ora…urgh”

Improvvisamente non è più tanto ciarliera, i due cacciavite Pastorino che avevo nelle maniche, punta a taglio, lunghi e sottili mi sono scivolati nelle mani mentre parlavo. Il manico di plastica rivestito di nastro adesivo telato stretto forte nei palmi.

Adesso i due cacciaviti sono infilati profondamente nei corpi dei miei due antagonisti. Quello nella mano destra ha trapassato il giubbotto antiproiettile di tizio come carta velina e si è conficcato sotto le costole, proprio dentro il cuore. la punta dell’altro è entrata da sotto il mento della stronza, ha sfondato il palato e ha trapassato il cervello andando finalmente a sbattere contro la volta cranica. Un colpo da maestro.

La stronza ha perso improvvisamente la voglia di parlare, e ha ruotato gli occhi finendo per terra insieme al suo sodale.

Lascio i manici dei cacciaviti mentre tutto intorno la situazione si fa complicata.

Ascolto le voci negli auricolari, mentre dai tetti vicini degli spari si dirigono verso la mia auto. La testa della figura bionda nel sedile di dietro esplode come una bomba, centrata da proiettili ad alta velocità.

adesso tocca a me” penso, ma sto già correndo verso il furgone a pochi metri, e le pallottole mi passano vicino, senza colpirmi. Da un tetto di fronte partono due brevi raffiche ipersoniche, e gli altri due cecchini smettono di sparare.

L’attività adesso si concentra sui due furgoni, quello vicino a me si anima di vita ed i portelloni iniziano ad aprirsi.

Ma io tiro fuori la mitraglietta P90 che avevo fissata sulla schiena grazie ad un ingegnoso sistema di cinghie e ad una apertura sul fianco del giubbotto.

Inizio subito a sforacchiare il furgone, cinquanta colpi. Non bado a mirare, l’importante è saturare tutto lo spazio interno. I colpi calibro 5.57 sono famosi per riuscire a trapassare i normali giubbotti antiproiettile. Mi porto dietro il furgone e ricarico al volo, continuando a sparare a brevi raffiche. All’interno nessun movimento.

L’azione si sposta nei dintorni del secondo furgone, che si mette in moto e comincia muoversi.

Una raffica proveniente dall’alto centra in pieno il posto del guidatore, che si accascia.

Subito dopo il furgone è colpito in pieno da un altro grosso veicolo ad altissima velocità.

Adesso tocca a me ripulire la mia parte del campo.

Apro il portellone e dentro, sono ammassati uno sull’altro almeno quattro uomini racchiusi in ingombranti tute mimetiche e protezioni antiproiettile. Che non erano tanto antiproiettile.

Controllo il guidatore, che respira ancora. Non per molto.

Mi dirigo verso il secondo furgone, che improvvisamente è dilaniato da una lunga raffica di RPK.

Una vera e propria firma. Daniele , lo “zio “ di Luciana si fa avanti e controlla che non ci siano sopravvissuti.

Solo lui riesce a usare quell’anticaglia, pensate ed ingombrante con un caricatore da 100 colpi, ma dopo tutto fa il suo lavoro, come dice sempre lui.

Ci guardiamo intorno, nessun movimento, con tutto questo casino carabinieri e polizia non si faranno vedere tanto presto. Per antica consuetudine dai tempi della Uno bianca a chi usa armi pesanti è lasciato tutto il tempo di andarsene prima che loro arrivino. Con le Beretta in dotazione potrebbero comunque fare ben poco per fermarci, a dire il vero.

Anche Tatiana, la mia dolce metà, scende dal tetto con il suo fidato MTS che cura come un bambino. Lo so , lei è il leggendario tiratore scelto delle forze speciali russe e tutto il resto, ma tutte le volte sparano prima a lei che a me. E questo mi fa incazzare. Ma non diteglielo.

In fondo io ne ho stesi almeno sette, e lei solo tre, oggi.

Sei e mezzo, a dire la verità.

Mi avvicino alla stronza, che ancora è cosciente, anche se non è tanto in forma.

Forse potrebbe anche sopravvivere. Ma non sarà più l’abile organizzatrice di operazioni speciali che crede di essere.

La guardo negli occhi e vedo che rivolge lo sguardo verso di me.

Perfetto.

Se riesci a cavartela” -faccio io-”Digli che non dovranno più preoccuparsi di cercarci. Presto saremo noi da loro”.

Con il cacciavite ancora infilato sotto il mento non riesce a rispondermi efficacemente, peccato.

Noto che quella che portava era solo una parrucca, sotto i capelli neri fa capolino un testa rossa naturale. Tutto torna.

Ci avviciniamo alla mia macchina, i due manichini sul sedile di dietro hanno fatto il loro lavoro, e Luciano ha usato alla perfezione il telecomando con cui ha guidato il furgone contro il secondo veicolo dei “cattivi”. Per i suoi aggeggi elettronici usa sempre le ultimissime tecnologie, diversamente dalle armi.

Saliamo a bordo, per fortuna funziona ancora, anche se è un po’ sforacchiata, e ci dirigiamo a qualche chilometro di distanza, dove dentro una seconda auto aspetta, carico di nervosismo e di armi, Giorgio, il secondo “zio” di Luciana.

Presto i nostri ex datori da lavoro capiranno che la notizia della loro morte era leggermente esagerata.

Luciana dorme tranquilla nella macchina, un grosso Suv a sette posti.

Carichiamo armi, valige, il drone che nel frattempo è atterrato da solo proprio di fianco al nostro mezzo e partiamo, per il momento non importa dove.

Gli “zii” hanno un rifugio lontano, in campagna, con un sacco di posto, e tanto spazio libero intorno alla casa.

Mentre viaggiamo pensiamo ai sogni della bambina, non sogna proprio del futuro. Luciana riesce a sognare proprio quello che sta succedendo intorno a lei in quel momento, e non sbaglia mai.

Gli altri vogliono prenderla per usarla come “monitor” della situazione mondiale.

Noi vogliamo solo che sogni felice di case sicure e di giochi all’aria aperta.

Solo quello.

 

Per gli amici di Orazero da Nuke di www.liberticida.altervista.org.