Gli Imperi, prima o poi, iniziano a decadere. Fiumi di inchiostro dagli storici per analizzare dinamica e cause di questi processi: Gibson, Mommsen, Toynbee, recentemente Niall Ferguson (purtroppo il suo ultimo libro non ho ancora avuto modo di leggerlo). Oggetto di particolare interesse sono poi gli imperi di natura “Repubblicana”: quelli che, forse casualmente, sono stati generalmente di gran lunga più duraturi e resilienti degli altri.
Gli Imperi Repubblicani, Imperi con un ordinamento interno di natura “repubblicana”, spesso oligarchica, ma repubblicana, sono stati pochi. Si contano sulle dita di una mano e sono complessi da analizzare. Rispetto agli Imperi di natura totalitaria, gli Imperi Repubblicani spesso hanno raggiunto un enorme successo economico, tecnologico e culturale ed una indiscussa supremazia per intere epoche. Altra caratteristica di questo tipo di Imperi Repubblicani è che sono resilienti; non cadono quasi mai per forze esterne. Cadono quasi sempre esclusivamente per motivi interni.
Di Imperi di natura totalitaria/militare ne sono invece pieni i libri di Storia e le cause della caduta sono abbastanza banali. La caduta degli Imperi totalitari è molto più facile da analizzare: di solito un rovescio militare, un sistema economico inadeguato a supportare lo sforzo bellico/tecnologico, la caduta del regime al potere e, causa principe, la mancanza di un meccanismo interno pacifico di alternanza al potere della classe dirigente.
Quali sono questi Imperi Repubblicani che si contano sulle dita di una mano?
Certamente Roma, che ha dominato per secoli tecnologicamente, economicamente e culturalmente il Mondo Antico.
Certamente l’Impero Britannico, sul quale si basano, a partire dalla Magna Carta, Cromwell, Newton ed Adam Smith, la Democrazia Moderna ed il Capitalismo Moderno.
Direi Venezia che per secoli è riuscita continuamente a rinnovarsi ed imporre la propria supremazia, economica, militare e culturale sul Mediterraneo.
L’Impero Olandese che, anche questo con istituzioni ed assetto economico simile ai britannici, ha imposto la propria leadership in terre vicine e lontane.
Forse anche la Francia ha avuto dei periodi di Impero Repubblicano con influenza su molte terre.
Adesso, da oltre un secolo, c’è l’Impero Americano.

Come dicevo, gli Imperi Repubblicani cadono, il più delle volte, per motivi di crisi interna o, più raramente, di forte sconvolgimento geoeconomico. Grazie a questi meccanismi di alternanza repubblicana/oligarchica questo tipo di Imperi hanno generalmente conservato stabilità nei secoli, riuscendo a rinnovarsi continuamente ed a superare svariati periodi di crisi. Quindi è sempre difficile capire quando sia veramente l’inizio della fine. Anche Roma ha conosciuto svariati periodi molto bui – vedi le guerre civili – ma poi spesso trovo’, al suo interno, una nuova propulsione pacificatrice e rinnovatrice. Non fu certo la potenza militare dei barbari a determinare la fine di Roma.
A noi ovviamente interessa l’Impero Americano, visti anche gli avvenimenti di questi mesi. L’Impero della mia generazione, quello dei miei padri e dei miei nonni, quello dei nostri figli. Un Impero che, costola per molti versi dell’Impero Britannico, a partire dalla 1GM, ha dominato – piaccia o non piaccia – il pianeta, economicamente, tecnologicamente e culturalmente. Ci sono evidenti crepe nell’Impero Americano. Gravi crepe interne purtroppo. L’ascesa dei comunisti cinesi come superpotenza è l’ultimo dei problemi.
L’epoca degli Antonini, come la chiamerebbe Gibson, secondo me è stata dal 6 agosto 1945 fino alla mattina del 20 gennaio 1989, quando l’elicottero presidenziale di Reagan si levò per l’ultima volta dal prato della Casa Bianca. Furono quasi 50 anni di straordinario progresso tecnologico ed economico, di straordinario benessere per tutte le classi sociali, benessere diffuso in quasi tutto mondo occidentale, di straordinaria libertà e di una conseguente fioritura artistica e culturale con pochi precedenti nella storia dell’umanità.
A partire dagli anni 90 qualcosa ha iniziato ad incrinarsi nell’Impero Americano. In estrema sintesi:
1) La mobilità sociale, o l’ascensore sociale come lo chiamano in USA, ha iniziato ad incepparsi. Uno dei cardini alla base del sistemi/sogno americano e della coesione sociale. La realtà che con merito/lavoro il figlio dell’immigrato italiano arrivato con le pezze al culo a Ellis Island poteva diventare presidente della Bank of America o Giudice della Corte Suprema o il più famoso sindaco della Grande Mela o il regista/attore dei capolavori assoluti di Hollywood. E che il figlio del tycoon WASP poteva anche finire al Bowery grazie anche ad una tassa di successione del 50%. I dati degli ultimi 20 anni mostrano invece un costante allontanamento tra ricchi e poveri e il graduale assottigliarsi della classe media.
2) La messa in discussione di merito e mercato (fattore esclusivo di determinazione del merito) come unici componenti di questa mobilità sociale. Per ovviare a situazione di gruppi etnici economicamente/culturalmente molto indietro si sono avviate su larga scala politiche di affirmative action e diversity dove merito/mercato vengono subordinate a etnia/genere, creando una specie di razzismo al contrario. Oltre ad un evidente risentimento per i gruppi discriminati da queste politiche, si sta arrivando ad una situazione di una significativa fetta di dipendenti aziendali promossi a posizioni di responsabilità molto al di là delle effettive capacità. Con problemi in arrivo anche per le Aziende che iniziano ad avere troppe persone in ruoli per i quali non ne hanno le capacità.
3) Una graduale erosione, alimentata anche dai media e dal mondo accademico, dei principi fondanti della nazione scolpiti nella Dichiarazione di Indipendenza e nei Bill of Rights e accettati da tutti, dal nipote di Rockfeller a l’ultimo immigrato messicano. Un Paese basato su libertà individuali e diritti civili, sulla eguaglianza di opportunità e sullo Stato di Diritto. Si sta invece facendo strada una visione giacobina della società, ripeto alimentata a gran voce dai media e dal mondo accademico. Una sempre più marcata filosofia politica dell’interesse comune e della volontà generale e dei diritti sociali/welfare imposti coercitivamente dallo Stato. Concetti che erano sempre stati corpi alieni nel mondo politico ed accademico americano.
4) Questi principi fondanti della nazione americana, i Bill of Rights per riassumere, erano stati accettati e resi ancora più forti da generazioni di immigrati provenienti dalla “Vecchia Europa”. Irlandesi, italiani, ebrei, greci, ungheresi e tanti altri che avevano conosciuto in prima persona comunismo e fascismo/nazismo e avevano tutti gli anticorpi per rigettare qualsiasi impulso collettivista o anti-liberale. Erano andati nel Nuovo Mondo spesso proprio perchè perseguitati per le loro idee e la loro avversità ad uno Stato-Padrone. Adesso queste generazioni, che hanno fatto l’America del XX secolo, sono quasi del tutto scomparse. I racconti di padri e nonni e bisnonni venuti dalla “Vecchia Europa” sono quasi del tutto dimenticati dai quarantenni oggi al potere a Washington, nelle Università e nelle redazioni.

5) Una società multietnica che non si è limitata ad un multiculturalismo di tradizioni, consuetudini e valori personali. Si è arrivati ad un relativismo culturale anche a livello di comportamento pubblico o norma di vita. Oggi un immigrato latinos per legge ha il diritto di parlare e presentare documenti ufficiali in lingua spagnola. Un immigrato italiano degli anni 50-60 spesso proibiva ai propri figli di parlare italiano in casa in modo che si integrassero più velocemente.
6) A partire dal New Deal una sempre maggiore attribuzione di poteri al Governo Federale a discapito dei 50 Stati che costituiscono l’Unione. La bellezza e funzionalità del federalismo americano è gradualmente scemata in un crescente centralismo. Washington, fino agli anni 30, si occupava solo di Difesa e poco altro. Oggi si occupa di tutto, tipo Roma.
7) Nell’assetto istituzionale un emergere di un quarto potere, di uno Stato Amministrativo (il famoso Deep State), non eletto, e spesso all’atto pratico – sono loro che scrivono ed attuano le Leggi – molto più potente del Legislativo e forse anche dell’Esecutivo (questo è un problema anche italiano da sempre).
8) Una degenearazione del sistema elettorale ed una polarizzazione degli schieramenti parlamentari. Prima il candidato parlamentare, anche perchè c’erano meno soldi per le campagne elettorali e meno TV/Internet, era costretto ad un contatto molto diretto con i propri elettori. Contava molti di più la persona che il Partito a cui apparteneva. Ed i voti in parlamento raramente riflettevano gli schieramenti di Partito. Per esempio, Reagan, per 8 anni, fece approvare centinaia di leggi con maggioranze democratiche sia alla Camera che al Senato. Oggi, se un deputato/senatore non vota come da indicazione di partito ha vita difficile…
9) Ovviamente, come tutti gli Imperi che raggiungono l’opulenza, una sempre minore predisposizione da parte delle classi dirigenti ad imporre alle nuove generazioni il metodo Eton e Sandhurst. Poi con la vittoria totale nella Guerra Fredda è sopraggiunta nelle nuove classi dirigenti tanti hybris, essendo venuto a mancare il nemico, il modello alternativo.

10) Una tendenza sempre più marcata a volere fare il poliziotto del Mondo, spesso contro gli stessi interessi degli USA, contro gli interessi di America First. Stagione abbastanza infausta del poliziotto che vuole portare la democrazia yankee-style ovunque. Stagione chiamata neo-con inaugurata da Clinton e quella cretina di Albright nel 1999 con lo sciagurato bombardamento di Belgrado (https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Allied_Force). Spesso solo per accontentare le lobbies armamenti/militari, molto potenti a Washington. Alla lunga le spese sono enormi e la percezione internazionale degli USA ne soffre. Bombardamenti a volte strategicamente e militarmente poco chiari.
11) Una crescente regionalizzazione e polarizzazione, per stili di vita, diffidenza reciproca (deplorables vs. elites delle coste) e per orientamento politico. Una “ribellione” a Washington da parte di un forte Stato GOP, tipo Texas, non è più uno scenario da fantascienza, tutt’altro. Le polemiche degli ultimi giorni su bandiere e statue e nomi sudisti da bannare sono, imho, veramente miopi ed infantili e creano ulteriori tensioni. La guerra civile fu un bagno di sangue e ci vollero decenni per rimarginare la ferita. I monumenti e le bandiere erano un segno di rappacificazione dei vincitori vs. i perdenti, una specie di onore delle armi. Un bella cosa, secondo me, per continuare ad unire il Paese. Nomi, statue e bandiere lì da oltre un secolo!
Mi accorgo che la lista è lunga ed ogni punto necessiterebbe di un libro di approfondimento.
In conclusione credo che la crisi sia grave, molto più grave anche del periodo del New Deal. Forse solo la guerra civile è stata peggio.

Nel Paese sta crescendo l’odio reciproco tra le due fazioni e soprattutto il risentimento etnico che non era mai esistito, almeno in tempi recenti. I Dems non sembrano volere arretrare di un centimetro con le loro proposte politiche: niente polizia, niente statue, niente bandiere confederate ad eventi sportivi, soldi gratis a tutti con MMT, censura su tutti i social, più affirmative action. I Dems vogliono esasperare tutto quello che possono, vogliono vincere a tutti i costi umiliando l’avversario politico.
Ci sarà ancora una America con un minimo di unità il 4 novembre se vincono i Dems? SV61