Manca poco più di un mese a martedì 3 novembre. Il giorno dopo il Giorno dei Morti. 

Ogni mattina, acceso il computer, il primo input è guardare gli ultimi sondaggi su RealClearPolitics. La sera, prima di spegnere il tablet, l’ultimo gesto è vedere se è uscito  un nuovo sondaggio. Sperare sempre in una lieve inflessione positiva per Trump, un mezzo punto in più lui negli Stati chiave dove deve vincere per sperare:  FLA, PA, OH, Michigan, Wisconsin, Arizona.

Ma temo che il 3 novembre, a meno di una decisiva vittoria di Biden con ampio margine, sarà solo l’inizio di una sofferenza ancora più lunga ed estenuante. 

Ci saranno lungaggini nello spoglio, schede elettorali che arriveranno via posta fino al 9 novembre (vedi PA e WI), riconteggi,  pacchi di schede  smarrite e poi miracolosamente ritrovate nel sistema postale, firme sulle schede che non combaciano con quella della registrazione, accuse reciproche, ricorsi legali a tutti i livelli di tribunali ed altri riconteggi e probabilmente anche violenza nelle strade. Trump ha già dichiarato che le elezioni 2020 le decideranno i tribunali e probabilmente l’ultimo livello di tribunale, cioè la Corte Suprema (e qui Trumpone spera che Amy sarà subito confermata dal Senato ed operativa in tempo utile). Le disfunzioni Bush-Gore in Florida 2000 sembreranno una passeggiata nel parco a confronto. Il 2020 rischia di essere una Florida 2000 moltiplicata per cento volte. Se avete tempo leggete, più nel dettaglio, la tempesta in arrivo, “Storm Coming”, coma la vede l’economista moderato John Cochrane: https://johnhcochrane.blogspot.com/2020/09/storm-coming.html

Il tutto in un clima di conflitto sociale e politico senza precedenti nella Storia Americana, eccetto per il 1860 all’inizio della Guerra Civile.  Mai le due parti erano state così lontane, mai le leadership dei due partiti erano state così radicalizzate e incapaci di trovare un qualsiasi punto di incontro, almeno sulle regole del gioco.  

Di queste ore sono le ultime minacce della leadership Dem, non solo l’ala sinistra, in caso di vittoria Biden e controllo delle due Camere, di fare partire proposte di legge per:

  •  – “pack the court”  (aumentare  il numero di giudici della corte suprema);
  • – abolire il collegio elettorale passando ad un sistema centralizzato a livello federale;
  • – creare due nuovi Stati: DC e Portorico;
  • – impeachare subito il giudice Amy Barrett che potrebbe essere nominato/confermato a breve da Trump/Senato;
  • – “the nuclear option”, cioè eliminare al Senato il filibustering, cioè il 60-40, e passare al 51-50.

Oltre ovviamente a scatenare per le strade le loro truppe Antifa e BLM contro polizia e chiunque altro osi mettere in dubbio l’ortodossia del “razzismo sistemico”. Dall’altra parte della barricata c’è Trump, un Presidente “di guerra”, caratterialmente incapace di sedersi al tavolo col nemico e negoziare, almeno sulle regole elettorali, un “cessate il fuoco” temporaneo.  

Benjamin Franklin disse ai suoi concittadini, a Philadelphia, a inchiostro ancora umido sul testo della Costituzione: “vi abbiamo dato una Repubblica, se riuscirete a preservarla”. Ma cosa serve veramente per preservare una Repubblica? Quali sono gli ingredienti necessari per preservare una Repubblica o chiamiamola pure Democrazia?  Una Democrazia come quella US che dura da quasi 250 anni con innegabile successo? Siamo di fronte alla “end of the road” per quanto riguarda la Repubblica degli Stati Uniti d’America? La Repubblica con più successo nella Storia assieme a Roma. (Anche UK e Venezia sono state, in un certo senso, “Repubbliche” di grande successo).

Per preservare una Repubblica/Democrazia occorre, innanzi tutto, una transizione pacifica del potere. Cosa possibile solo se la parte perdente, la minoranza sconfitta, riconosce la legittimità del processo elettorale, cioè la legittimità del successo elettorale della maggioranza, e soprattutto la possibilità, in un futuro non troppo lontano, di raggrupparsi e ripresentarsi alle elezioni con la speranza di vincerle. Di vincere le elezioni successive con “regole del gioco” analoghe a quelle delle elezioni precedenti, cioè non modificate unilateralmente dalla maggioranza al potere.  Per questo esistono le Costituzioni, o scritte o basate sulla prassi, ed un potere giudiziario indipendente dagli altri due poteri: sostanzialmente per tutelare i diritti della minoranza non al potere. Per evitare che la maggioranza al potere non cambi unilateralmente le regole del gioco.    

Ora in Italia, Repubblica dalla democrazia abbastanza giovane e debole, siamo abbastanza abituati a maggioranze che, in tanti modi, una volta al potere, cercano di cambiare le regole del gioco in modo da preservarsi al potere il più a lungo possibile. Tipico nostro esempio è la famosa legge elettorale, e relative riforme costituzionali, il cui unico obiettivo è quello di rendere la vittoria elettorale della minoranza più difficile.  Ai TG si riempiono la bocca di altri virtuosi obiettivi, tipo la  “governabilità”, ma sono termini senza significato al quale abboccano milioni di miei concittadini. Ahimè, la Costituzione più bella del mondo, e relativa Suprema Corte, ci proteggono molto poco dallo strapotere della maggioranza al potere, dai loro truschini sulla legge elettorale ed vari altri truschini per conservare il potere alla maggioranza in carica.

In America, invece, sarà  fortuna o bravura, sono riusciti, per quasi 250 anni, ad avere un sistema quasi perfetto. Sistema che è stato alla base della potenza americana degli ultimi cento anni. Sistema che ha sempre garantito un trapasso indolore da una Amministrazione all’altra. Un ottimo equilibrio tra i tre poteri classici; un ottimo equilibrio tra poteri federali e locali; un ottimo sistema elettorale basato su Stati, contee, collegi uninominali e primarie; un bicameralismo molto ben pensato con poteri e ruoli diversi per le due Camere; un sistema giudiziario indipendente, ma selezionato/nominato dal potere politico e con al vertice la Corte Suprema. Nove saggi nominati a vita con maggioranze qualificate ed il cui prestigio e capacità  sono state raramente contestate o criticate in due secoli e mezzo di Storia Americana. 

Un assetto istituzionale americano che, in ben 250 anni di vita, è stato raramente messo in discussione o modificato.  In parte perchè le regole sono codificate nella Costituzione, in parte perchè le leadership politiche dei due maggiori partiti, GOP e Dems, hanno sempre rispettato una prassi consolidata in decenni di vita politica. A partire dalla regola del filibustering 60-40 al Senato. Per non parlare del sistema del collegio elettorale che ha funzionato benissimo per 250 anni dando voce e rappresentatività a tutti i livelli. Senza collegio elettorale, o con 4 senatori in più, i piccoli Stati e la “flyover country” diventerebbero minoranza a vita, probabilmente schiavizzata dalle due megaroccaforti costiere Dems: California e NY. Le forze centrifughe, in un Paese con 60M di armi, ben presto prenderebbero il sopravvento.

Adesso, sembra che si stia arrivando alla “end of the road” del sistema istituzionale americano. Le parti politiche, specialmente una, i Dems, sembrano decise a tutto per il potere. Sembrano decise a forzare la mano per cambiare regole del gioco utilizzate per due secoli e mezzo di Democrazia. Decise a privilegiare l’ascesa e tenuta del potere rispetto ad una prassi democratica vecchia e sperimentata con grande successo per 250 anni. Temo che le conseguenze per l’America, e soprattutto per il Mondo Occidentale tutto, Italia in prima fila, sarebbero nefaste. Prepariamoci.