La crisi[1] innescata nel 2006 dallo scoppio della bolla dei subprime e ingigantitasi poi nei due anni successivi ha reso familiare la definizione too big to fail ovvero, letteralmente, troppo grande per fallire.
In quel periodo infatti molte banche, considerate troppo grandi per essere lasciate fallire, furono “salvate” tramite enormi iniezioni di denaro da parte degli Stati, ovvero vi è stato un trasferimento di ricchezza dalle tasche dei contribuenti, già vittime delle turbolenze economiche innescate dallo scoppio della bolla, alle tasche di coloro che il disastro lo avevano causato.
Purtroppo, sia questa che altre vicende hanno innescato il paradigma secondo il quale esisterebbero entità che non possono essere lasciate fallire poiché, essendo esse troppo grandi, il loro fallimento trascinerebbe l’economia in una crisi sistemica di proporzioni enormi e quindi troppo grande per poter essere gestita.
Questo purtroppo, al di là delle crisi che tali entità comunque provocano, porta a conseguenze terribili.
Infatti, l’essere too big to fail implica divenire sostanzialmente intoccabili. Certo, sono state comminate multe, e alcune volte sono stati perseguiti singoli dirigenti, ma i veri centri di controllo delle entità non vengono mai toccati in quanto nascosti dietro meccanismi di società a scatole cinesi e di anonimato della proprietà delle quote azionarie; inoltre le cifre sottratte con le multe vengono rapidamente recuperate a scapito della collettività.
Le entità too big to fail possono quindi contare sulla propria “eccezionalità” ed intoccabilità per diventare sempre più grandi e pervasive a scapito della concorrenza più piccola che non è per nulla intoccabile e viene invece distrutta o fagocitata proprio grazie ai vantaggi dati dall’essere troppo grandi e quindi intoccabili.
La sempre più grande disponibilità di denaro di queste entità infatti può fornire i mezzi necessari all’acquisizione delle società concorrenti e alle attività di lobby e corruzione a tutti i livelli che possono portare ad esempio all’approvazione di leggi favorevoli alle too big to fail (o sfavorevoli ai loro concorrenti) oltre che ad infiltrazioni nella politica, nella magistratura e negli enti preposti al controllo. Tale grandissima disponibilità di denaro, essendo di ordini di grandezza maggiore di quella a disposizione del resto delle entità e persone, permette sostanzialmente di comprare e corrompere qualsiasi cosa o persona e di manipolare i mercati a piacimento.
Se però queste entità fallissero veramente, che cosa accadrebbe? realisticamente, tale fallimento provocherebbe sicuramente grossi problemi, ma al contempo libererebbe spazio per la nascita e la crescita di altre entità più piccole ed efficienti, e interromperebbe la spirale negativa del ciclo infinito e auto-alimentante di crisi. Inoltre, invece di gettare denaro nel salvataggio delle too big to fail, gli Stati potrebbe percorrere l’alternativa di “salvare” le vittime del fallimento. Ad esempio, nel caso del fallimento di una banca, lo Stato potrebbe risarcire i correntisti integrando con soldi pubblici ciò che manca ai rimborsi dopo il totale sequestro delle proprietà delle dirigenze delle entità fallite (che dovrebbero anche rispondere penalmente delle proprie azioni) oppure, nel caso di società tecnologiche, rilevare temporaneamente le attività per poi rivenderle eventualmente ai migliori offerenti. In questo modo, si eliminerebbero dal mercato gli incapaci (o disonesti) che hanno causato il fallimento e si eviterebbero o quanto meno si attutirebbero molto gli effetti delle crisi.
Si giunge quindi, a seguito di questi brevi ragionamenti, alla conclusione che per la loro pericolosità intrinseca i too big to fail sono in realtà da considerare too big to exist, ovvero non dovrebbero proprio esistere.
Purtroppo, i vari tentativi di arginare tramite interventi legislativi i monopoli e i meccanismi che generano quelle che da ora chiameremo too big to exist sono sempre falliti, proprio a causa delle attività di lobby e di corruzione a tutti i livelli rese possibili dalla grande disponibilità di denaro da parte di queste entità.
Che fare dunque? che cosa può fare in concreto la stragrande maggioranza della popolazione per difendersi da questa (ma anche da altre) minaccia al proprio benessere, alla propria serenità, alla propria libertà, e finanche alla propria esistenza?
Per trovare delle soluzioni occorre innanzitutto comprendere che si tratta di una vera e propria guerra, una guerra finanziaria combattuta nella maggior parte dei casi da una parte sola, con l’altra parte che subisce senza reagire in quanto non si rende neppure conto del fatto di essere vittima di un attacco su larga scala. Le armi di questa guerra sono soprattutto economiche per cui, per contrastare l’aggressione, è necessario rispondere con le stesse armi, che per ironia della sorte sono a disposizione di tutti e di ciascuno: queste armi si chiamano denaro, e non implicano neppure l’uso della violenza.
Occorre quindi prendere coscienza della guerra in atto e identificare quali sono gli aggressori, ed evitare di dargli denaro comprando le loro merci, i loro servizi: quanto resisterebbero ad esempio una grande società di vendite on line o una grande banca se un numero sufficiente di persone smettesse di utilizzarle per i propri acquisti? e non trascinerebbero così nella loro rovina i veri ideatori e gestori di questa guerra economica, riducendo sempre più la loro disponibilità di denaro e quindi la loro influenza?
Ovviamente combattere questa guerra non sarebbe comodo e implicherebbe rinunce anche importanti, ma condurrebbe via via alla crescita di alternative più umane e meno in grado di influenzare decisori politici e organi di controllo e, una volta giunta ad un punto di svolta, al ritorno delle cose comode fornite però da entità concorrenti non così grandi da essere una minaccia per tutti noi e forse persino a un miglioramento nella qualità della politica degli Stati e delle istituzioni pubbliche più in generale.
E’ però necessario un impegno individuale, grazie al quale ciascuno faccia la propria parte in prima persona sapendo che i sacrifici temporanei porteranno a un miglioramento generale, tenendo ben presente che l’unica persona che possiamo davvero cambiare siamo noi stessi, consapevolezza che porta a non aspettare che siano altri a combattere per noi, spesso con mezzi violenti, questa guerra dall’esito della quale possono dipendere la nostra libertà, il nostro benessere, la realizzazione dei nostri sogni più belli, l’esistenza stessa dell’umanità così come la conosciamo.
Utopia? trasformarla in realtà dipende solo da ciascuno di noi, così come mantenerla nel tempo una volta raggiunta.
Come chiosa conclusiva a queste considerazioni, occorre rendersi conto che il paradigma too big to exist si applica anche a quelli che potremmo chiamare super-Stati. Vi è infatti una spinta (proveniente sempre dalle stesse persone che controllano le entità private too big to exist) alla creazione di entità statali sempre più grandi, come ad esempio l’Unione Europea, fino a preconizzare addirittura un unico Stato mondiale.
E’ palese a chiunque disponga di un numero di neuroni superiore a zero e di una minima capacità di ragionamento, oltre che di un minimo di conoscenza della Storia, che tali super-Stati evolvono sempre e costantemente verso una dirigenza di tipo oligarchico-totalitario (l’UE è sulla buona strada, basti vedere l’insignificanza della sua unica istituzione eletta, ovvero il Parlamento Europeo, e le molteplici azioni liberticide messe in campo soprattutto dal 2020 in poi) e nel caso si riuscisse a creare un unico Stato mondiale, presto o tardi si piomberebbe in un incubo distopico-totalitario senza via d’uscita in quanto non esisterebbe più nessun altro Stato che si possa opporre ad esso. Pensiamo all’esempio di stato totalitario per antonomasia, ovvero al Terzo Reich di hitleriana memoria: che cosa sarebbe accaduto se la Repubblica di Weimar fosse riuscita ad acquisire un dominio mondiale, ovvero se non fosse esistita nessun’altra Nazione per opporsi a lei dopo la sua degenerazione in Stato nazista?
Lo Stato Unico Mondiale viene presentato dai suoi fautori come meravigliosa opportunità per tutti noi ma, a conferma della veridicità dell’antica massima per cui le strade dell’Inferno sono lastricate di buone intenzioni, nella realtà dei fatti sarebbe solo la via per catapultarci nella più terrificante dittatura della storia dell’Umanità.
BY M.D.G.
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_finanziaria_del_2007-2008
