Come ampiamente anticipato, nei talk show di approfondimento politico la “crema” dell’opinionismo italico sta trasmettendo il messaggio che un governo giallo-rosso non solo sia assolutamente legittimo dal punto di vista costituzionale, ma addirittura che sia la cosa più naturale che possa accadere e che, in fondo, allearsi col PD, per il M5s, è una cosa analoga a quella di accordarsi con la Lega di Salvini per far nascere il precedente governo Conte.

Tecnicamente e da un punto di vista strettamente costituzionale, formare una nuova maggioranza sostituendo il PD alla Lega, è legittimo. La Costituzione favorisce la ricerca di una nuova maggioranza, qualora la vecchia non sia più riproponibile, prima che vengano sciolte le camere e vengano indette nuove elezioni.

Ma dal punto di vista squisitamente politico, andare al governo col PD o con la Lega è veramente la stessa cosa?

Nella mia modesta opinione no, e cerco di spiegarne i motivi.

Da quando il M5s è diventato una vera forza politica, la Lega non è mai stata al potere, a livello nazionale, il PD lo è sempre stato.

Quando è stata al potere, la Lega lo faceva da una posizione di minoranza, con poco potere decisionale. Il PD lo ha sempre fatto da una posizione dominante e con assoluto potere decisionale.

La Lega è stata l’unica formazione politica all’opposizione del governo Monti, tanto “disprezzato” dal popolo grillino, il PD ne era l’azionista di maggioranza.

La Lega si dichiara anti establishment, sovranista, euroscettica, contro le lobby e contro la globalizzazione, tutte caratteristiche che la avvicinano in qualche maniera al M5s. Il PD è esattamente l’opposto, quindi molto lontano dal M5s.

Tra Lega e M5s non è mai corso buon sangue, ma il tutto è sempre rimasto nell’ambito di una accesa rivalità politica senza quasi mai travalicare i limiti della ragionevolezza. Tra M5s e PD sono volate accuse grosse, offese pesanti che hanno portato spesso a superare i limiti della normale rivalità politica. 

La Lega sottoscrisse con i 5s un contratto di governo basato su alcuni capisaldi da mettere in pratica, accontentandosi di un solo ministero di peso e di alcuni ministeri secondari, e l’esuberanza di Salvini in campagna elettorale permanente è stata in parte bilanciata dalla presenza, come vice primo ministro, di Luigi Di Maio, capo politico del Movimento. Il PD vuole invece alleanze programmatiche, vuole la guida del governo pur essendo socio di minoranza, non vuole Giggino tra le scatole e, in pratica, vuole confermarsi lo squalo che fagocita la sua preda in un sol boccone.

Nonostante queste premesse l’accordo va avanti e con ogni probabilità, si concretizzerà in una alleanza di governo con Conte come primo ministro. Ma come far digerire la cosa alle rispettive basi, ora piuttosto in subbuglio perché spiazzate da questo improvviso amore tra i due soggetti che fino all’altro ieri si odiavano con tutto il cuore?

Naturalmente oltre a convogliare risentimento e disprezzo contro Salvini, perché avere un nemico comune lega ben più di quello che può sembrare ovvio e distoglie dai problemi interni, bisogna “educare” le rispettive masse, bisogna inculcare loro alcuni concetti apparentemente nobili, per mascherare il vero motivo dell’abbraccio contro natura delle due forze politiche, cioè salvare le proprie poltrone e detenere il potere, il cui aroma inebriante è assolutamente irresistibile.

I concetti da inculcare nelle menti dei propri aficionados sono: salvare i conti pubblici, anche se il ministro Tria giura che sono in perfetto ordine.

Rilanciare l’economia, creare lavoro, avviare un programma di investimenti mantenendo però provvedimenti di carattere sociale e di aiuto dei più deboli (reddito di cittadinanza, decreto dignità, salario minimo).

Recuperare credibilità presso i mercati e i partner europei (assoggettarsi al giogo franco-tedesco) ma cercando di cambiare l’Europa dal suo interno.

Tante belle parole, ma ci vuole qualcosa di concreto per far madar giù l’amara medicina. E non c’è cosa migliore che trovare un bel capro espiatorio. E chi è il capro espiatorio perfetto? Ma Luigi Di Maio, naturalmente. 

Di Maio, a tutt’oggi, rimane il capo politico del Movimento, confermato alcuni mesi fa tramite votazione su Rousseau, quindi da un punto di vista formale, pienamente legittimato. Ma la strategia in atto è quella di screditarlo gradualmente, relegarlo in un angolo e successivamente delegittimarlo. Ma prima, essendo stato fino a ieri l’idolo del popolo 5s, bisogna rovinarne l’immagine.

L’impuntarsi di Di Maio su un ruolo di spicco per lui all’interno del nuovo governo e la pretesa che il PD accetti i 10 punti da lui esposti, diventati poi venti, vengono fatti passare come la difesa dei propri privilegi e la scusa per minare tutto e conservare la sua leadership e non come la giusta pretesa di un capo politico mai sconfessato dalla base di contare più di un signor nessuno come Conte messo sulla poltrona di premier mentre passava di lì per caso.

E i punti programmatici proposti al PD come condizione irrinunciabile per la formazione di un nuovo governo diventa nella narrazione interessata, il tentativo di far saltare tutto piuttosto che il legittimo tentativo di imporre al futuro alleato il concetto secondo cui il M5s è e rimane il partito di maggioranza e che deve essere la guida del nuovo governo, non l’utile idiota.

Mi pare evidente che la tattica in atto sia far passare Giggino solo come un arrivista indispettito dal fatto che Conte lo abbia scalzato dai cuori dei grillini. In pratica si sta subdolamente portando avanti la figura di Conte a danno di Di Maio, il quale, una volta indebolito nella sua immagine e nella sua presa sul popolo grillino, potrà essere additato come il principale responsabile della perdita di consensi del M5s, il principale sponsor di una alleanza innaturale con la Lega, il principale ostacolo a una alleanza con il PD. Rimosso questo ostacolo si potrà andare avanti con reciproca soddisfazione.

E tutti contenti: i grillini, che rapidamente butteranno giù Di Maio dal piedistallo su cui lo avevano elevato per gettarlo nella polvere e addossargli tutte le colpe di questo mondo e godersi riverginati l’abbraccio della morte col PD, i piddini, che potranno consolarsi dicendo che in fondo i 5s, se non fosse stato per Di Maio, sarebbero da sempre gli interlocutori naturali. E il sigillo finale lo si avrà col verdetto scaturito da votazioni on line su Rousseau, ovviamente pilotate e costruite in modo da ottenere esattamente quello che Casaleggio &co desiderano facendolo passare come volontà del popolo.

La trsformismocrazia al massimo del suo splendore.