Malgrado tutto, personalmente ritengo che i vertici del Cremlino non stiano agendo alla cieca, ma abbiano deciso di seguire una strategia ben precisa. Al momento non ci è dato di conoscerla. Infatti, se di strategia si tratta, va da sé che essa deve essere tassativamente tenuta nascosta. Tuttavia – ribadendo ancora una volta che le elucubrazioni esposte nella prima parte dell’articolo potrebbero alla fine rivelarsi fallaci – occorre puntualizzare che c’è sempre il timore che la Russia, presa dalla foga del momento e desiderosa di conseguire una netta vittoria sul nemico, possa commettere errori gravissimi ai quali sarà successivamente impossibile porre rimedio.
Ma di quale genere di errori si tratterebbe? Beh, errori del tipo: essere dalla parte giusta della storia ma ignorare comunque i motivi per cui si è dalla parte giusta della storia. Detta così, questa frase sembra una contraddizione. In che modo – ci si domanderà non senza ragione- può mai essere un errore l’essere dalla parte giusta della storia? Non è di per se stesso questo garanzia di giustizia e verità? Ebbene, essere dalla parte giusta della storia è condizione necessaria ma non sufficiente. È necessario principalmente avere una piena consapevolezza del perché si sia dalla parte giusta della storia. È infatti questa consapevolezza che ci avvicina alla Verità e ci allontana dall’errore. Non basta semplicemente presupporre di essere nel giusto solamente perché questo ci dà la possibilità di conseguire più efficacemente i nostri obiettivi o perché questo ci consente di primeggiare a scapito dei nemici, per quanto ingloriosi e criminali essi siano. Questa è una consapevolezza che si può maturare solo una volta che, con discernimento, si sia realmente capita la vera natura dell’avversario contro cui si combatte. Conseguentemente, ci si deve sforzare di superare quegli schemi mentali che a noi paiono corretti, se non proprio gli unici possibili, ma che invece sono quelli che l’avversario stesso ci impone, senza però che noi stessi siamo capaci di rendercene conto. Infatti quando egli riesce ad imporceli, abbiamo già perso. Solo quando sarà troppo tardi saremo riusciti a capire che non abbiamo fatto altro che il suo gioco…
È piuttosto criptico questo come discorso, no? Eh sì, decisamente. Ecco perché a questo punto, per meglio spiegare il tutto, si rende necessario fare una lunga dissertazione a carattere storiografico, menzionando uno dei fatti più controversi di tutta la storia del genere umano, se non il più controverso in assoluto: la seconda guerra mondiale e le cause che hanno portato al suo scoppio. Giocoforza, dovrà essere una trattazione molto breve; né si ha la pretesa di essere esaustivi, giacché migliaia di libri, da autori ben più validi del sottoscritto, sono stati dedicati all’argomento.
Alcune precisazioni preliminari sono obbligatorie. Innanzitutto vorrei premettere che alcune delle informazioni che fornirò sono state tratte dal seguente seguente libello, la cui lettura non posso non consigliare:
Va da sé che le tesi dell’autore possono essere più o meno condivise. Sicuramente in molti storceranno il naso perché le troveranno troppo controverse, non sufficientemente suffragate da prove concrete e persino troppo bislacche per poterle accettare come vere. Quindi si invita a prenderle col beneficio di inventario. Tuttavia esse ci forniscono interessantissimi spunti di riflessione ma soprattutto quella nuova visione completamente fuori dagli schemi che è esattamente ciò di cui si ha bisogno per non commettere gli errori di cui poche righe sopra si parlava. Vi è anche una seconda premessa imprescindibile: ci si ricordi sempre di questa massima pronunciata proprio da uno dei maggiori protagonisti di quegli eventi che stiamo per analizzare (nonché uno dei personaggi storici da me più profondamente detestati): Winston Churchill.
Non credo di fare torto a nessuno nello specificare che se crediamo ciecamente ai libri di storia non si va da nessuna parte. Non solo non saremmo in grado di comprendere il perché di certi avvenimenti altrimenti inspiegabili, o comunque così contraddittori da raccapezzarci affatto; soprattutto non avremmo alcuna possibilità di comprendere il presente e men che meno il futuro, e quindi non saremmo più in grado di dare una risposta soddisfacente ai tanti quesiti che oggi sempre più persone con coscienza e spirito di discernimento stanno iniziando a porsi. Si tengano pertanto bene a mente le parole di Churchill: la storia è scritta dai vincitori. Sempre. Ed i vincitori vogliono che tu conosca solo quello che è nel loro interesse che tu conosca, ma non certo la verità. La menzogna è il fondamento di quel potere con cui ci rendono schiavi. Ed è una menzogna totalmente radicata nella nostra società che la apprendiamo sin da bambini sui banchi di scuola. È proprio così: solo conoscendo la Verità ci si potrà rendere liberi1.
La vulgata comune ci descrive sia Mussolini sia Hitler come due megalomani, due pazzi furiosi, due spietati dittatori, criminali ed assetati di sangue, probabilmente i peggiori gaglioffi che si siano mai visti sul nostro pianeta. Questi due farabutti, esseri demoniaci per definizione, inebriati dal potere che avevano nelle loro mani e presi da un’irrefrenabile bramosia di nuove conquiste territoriali, ormai in preda ad un’ideologia liberticida e sanguinaria, hanno trascinato il mondo nel caos, dando il là alla più spaventosa guerra nella storia del genere umano, costata la vita a decine di milioni di innocenti cittadini. In particolar modo, a Mussolini andrebbe imputata anche la colpa dell’incompetenza, avendo coinvolto l’Italia in una guerra dagli esiti disastrosi pur sapendo che il paese era del tutto impreparato ad un conflitto di così vasta portata. Ma – questo sempre secondo la vulgata comune – di fronte alle strabilianti vittorie che i tedeschi hanno conseguito nella prima parte del conflitto, fattosi ingolosire dalla possibilità di facili conquisti territoriali ai danni soprattutto dei francesi, egli avrebbe comunque optato per una sconsiderata entrata in guerra, condannando così il paese ad una sofferenza senza fine.
Ma le cose sono realmente andate così? Se facciamo fede a quanto vi è scritto nei libri di testo non ci possono essere dubbi al riguardo, e solo un folle dissentirebbe. Ma se partiamo dal presupposto che la sopracitata massima di Churchill sia corretta, occorre fare uno sforzo per ragionare al di fuori degli schemi. A quel punto però si incomincerebbero a capire tante altre cose che non si sarebbe mai sospettato potessero essere se non vere, quanto meno verosimili. Ed ecco che il tutto assume sfumature del tutto diverse. Ad esempio, ci si potrebbe accorgere che i motivi per cui la Germania invase nel 1939 la Polonia potrebbero essere non dissimili da quelli per cui la Russia ha dato inizio due anni fa alla guerra in Ucraina.
Chiunque non abbia la mente obnubilata dalla propaganda sa come sono andate realmente le cose nel Donbass. Le ha spiegate chiaramente anche Putin nell’intervista recentemente rilasciata a Tucker Carlson. A seguito della dissoluzione dell’impero sovietico dopo il crollo del Muro di Berlino, diversi territori che per lingua, storia, cultura e tradizioni erano stati nel corso dei secoli prettamente russi si sono ritrovati a far parte del nascente stato ucraino. Quasi immediatamente le potenze occidentali hanno incominciato a intromettersi negli affari interni dell’Ucraina rendendo la convivenza tra ucraini e russi sempre più difficile, finché ad un certo punto i primi, fomentati di continuo dai loro sponsor occidentali, non hanno iniziato a perseguitare i secondi. Col passare degli anni le cose non hanno fatto altro che peggiore fino al punto in cui, di fronte al concreto pericolo che si procedesse ad una vera e propria pulizia etnica ai danni della popolazione russofona, Putin non ha potuto fare altro che correre in soccorso di questa, decidendo di muover guerra all’Ucraina. Ma questa dolorosa decisione è stata presa solo dopo che per tanto tempo la Russia si era affannata a trovare con il governo di Kiev e le potenze occidentali un accordo diplomatico che evitasse lo scoppio di un conflitto armato. Quando però è divenuto chiaro che queste ultime non avevano alcuna intenzione di accettare alcuna soluzione per vie diplomatiche perché avevano già deciso che ci dovesse essere una guerra tra Russia ed Ucraina (ricordiamoci delle confessioni della Merkel e di Hollande su come sono stati sabotati gli accordi di Minsk2), Putin non ha potuto fare altro che accettare il confronto diretto.
Ebbene, che ci crediate o no, questa è stata la stessa situazione in cui si era trovato Hitler alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale. Non si ha certo voglia di sminuire le colpe della Germania nazista ma resta il fatto che Hitler stesso dovette affrontare problemi del genere. Al termine della prima guerra mondiale, a causa del Trattato di Versailles che era criminalmente punitivo nei confronti della Germania, questa aveva perduto dei territori che per secoli avevano fatto parte della sfera di influenza della civiltà tedesca. Quella che segue è la mappa dell’impero tedesco sino alla Grande Guerra:
Qui invece le cessioni territoriali che la Germania dovette accettare col trattato di Versailles:
La Polonia era stata spartita tra Impero Asburgico, Impero Zarista e Impero Germanico a partire da fine ‘700. Quindi indiscutibilmente la Germania perse anche territori che non erano mai stati del tutto tedeschi, ma neppure del tutto polacchi. Rimaneva però aperta la questione di Danzica, città allora tedesca quasi al 100%, che dopo la fine della prima guerra mondiale era stata dichiarata città libera e posta sotto il protettorato della Società delle Nazioni. Verso la fine degli anni ’30 del secolo scorso, la Germania era intenzionata a risolvere la questione di Danzica e del suo corridoio attraverso canali diplomatici, anche a costo di fare grosse concessioni alla Polonia, rinunciando definitivamente a quei territori (Alta Slesia, Posen e Prussia occidentale) che aveva perduto solo pochi anni prima e sui quali poteva ancora vantare delle legittime pretese, essendo state quelle terre storicamente tedesche.
Ma, così come successo con gli accordi di Minsk, anche il quel caso le potenze occidentali, segnatamente la Gran Bretagna, brigarono per sabotare ogni soluzione diplomatica. Nella primavera del 1939 i britannici resero pubblico un accordo vincolante col governo polacco con cui si impegnavano a entrare in guerra al fianco della Polonia qualora l’integrità territoriale di quest’ultima fosse stata messa a repentaglio. Fu un accordo che lasciò sbigottiti tutti i diplomatici dell’epoca perché era a tutti gli effetti un “assegno in bianco” concesso alla Polonia (da Churchill soprannominata “la iena d’Europa”), che così poteva a suo piacimento dare inizio ad una guerra alla quale il Regno Unito sarebbe stato tenuto a partecipare3.
Sentendosi forte per via dell’appoggio britannico, lo spregiudicato governo polacco intensificò gli atti di discriminazione nei confronti della minoranza tedesca in Polonia (circa un milione di persone), già pesantemente vessata sin dalla fine del precedente conflitto mondiale. Questi atti di discriminazione, sulla spinta di una psicosi di massa che le autorità polacche istigarono allo scopo di far montare nella popolazione locale un odio incontrollabile contro la minoranza tedesca, si trasformarono nell’estate del ’39 in una vera e propria persecuzione, preludio alla pulizia etnica con metodi di un’atrocità che non è senza ricordare quella attualmente in atto a Gaza. Il 23 agosto del 1939, precipitando la situazione anche per colpa dell’occupazione militare da parte dell’esercito polacco della città di Danzica, Germania ed URSS firmarono il patto Ribbentrop-Molotov. Alla fine, fu la guerra. Una guerra evidentemente che la Gran Bretagna aveva voluto con tutte le sue forze. Diversamente, essendo i responsabili politici inglesi perfettamente al corrente dei crimini commessi dai polacchi ai danni della minoranza tedesca, non avrebbero mai sottoscritto un patto che li vincolava ad un conflitto contro la Germania.
Verosimilmente, una delle poche persone completamente a conoscenza dell’atteggiamento opportunista per non dire criminale che il governo britannico aveva tenuto al fine di sabotare i pur timidi tentativi di risoluzione per vie diplomatiche intrapresi da Germania e Polonia (a proposito, tutto ciò non vi fa venire in mente un tale Boris Johnson?), era l’allora ambasciatore americano a Londra, Joe Kennedy. Si, proprio il padre di JFK e di RFK. Chissà? Chissà se tra le ragioni per cui qualcuno trovò conveniente uccidere il presidente Kennedy in quel di Dallas nel 1963 – oltre all’ordine esecutivo 11110 (con cui più di quattro miliardi di dollari in banconote furono messi in circolazione in base alle riserve argentee del governo in tagli da due e cinque dollari non più con la dicitura Federal Reserve Note ma con quella United State Note4) ed alla volontà di opporsi al fatto che Israele potesse dotarsi dell’arma atomica5 – non vi fu anche un qualche inconfessabile segreto che JFK poteva aver appreso dal padre, ex ambasciatore a Londra?
Ma veniamo all’Italia. L’Italia entrò in guerra solo nel giugno del 1940. Ci viene detto che Mussolini scelse la guerra perché pensava furbescamente di trarne profitto a spese della Francia, che era stata facilmente e molto rapidamente messa in ginocchio dalle truppe tedesche. Si tenga però presente una cosa, spesso sin troppo ignorata anche dalla storiografia ufficiale: il Patto d’Acciaio, sottoscritto nel maggio del ’39 tra Italia e Germania, prevedeva espressamente all’art. 3 che, qualora una delle due fosse rimasta coinvolta in un conflitto, l’entrata in guerra dell’altra sarebbe dovuta avvenire automaticamente6. Di fatto dichiarando la non belligeranza allo scoppio della guerra l’Italia fu inadempiente. Non a caso fu usata questa formula, “non belligeranza”; non ci si poteva definire ufficialmente “neutrali” proprio in virtù del Patto d’Acciaio. Questo può essere anche considerato un indice del fatto che Mussolini, almeno in un primo momento, non volesse affatto la guerra ma preferisse proseguire lungo la strada della diplomazia.
Il che è anche logico, tenendo presente quanto segue:
- Mussolini effettivamente era consapevole che l’esercito italiano, a capo del quale vi era il massone Badoglio, necessitava ancora di diversi anni prima di essere pronto a scontrarsi con potenze come Francia e Gran Bretagna.
- Gli interessi italiani non coincidevano con quelli tedeschi, dal momento che Hitler inspiegabilmente – anche a guerra già iniziata e nonostante i maneggi compiuti dai britannici per istigare i polacchi al genocidio della minoranza tedesca – seguitava a considerare il popolo inglese affine a quello tedesco, mentre per noi la perfida Albione è sempre stata il nemico irriducibile, dato che la presenza della sua marina nel Mediterraneo ledeva i nostri interessi più vitali.
- Mussolini più di tanto non si fidava di Hitler e temeva che prima o poi, soprattutto dopo l’Anschluß dell’Austria, avrebbe invaso anche l’Alto Adige di lingua tedesca (infatti nel ’39 fece costruire in fretta e furia un vallo difensivo proprio al confine con l’Austria).
- Per tutte queste ragioni, Mussolini paradossalmente non si augurava una vittoria netta da parte della Germania ed auspicava che la guerra sarebbe di breve durata perché riteneva che gli interessi dell’Italia sarebbero stati più facilmente conseguiti tramite una pace dalla quale né il Reich tedesco né gli alleati emergessero come vincitori assoluti.
Ma perché allora l’Italia entrò in guerra, visto e considerato che Mussolini era tutt’altro che propenso a portarcela? Per lo stesso motivo per cui vi era entrata la Germania: perché così voleva la Gran Bretagna! Infatti Churchill, che nel frattempo era diventato primo ministro a Londra, nonostante la non belligeranza dichiarata dall’Italia, aveva attuato ai danni del nostro paese un blocco navale. Le navi militari britanniche nel Mediterraneo avevano ricevuto l’ordine di fermare le navi mercantili italiane cariche di carbone e di sequestrane il carico. Insomma, la perfida Albione stava volutamente strangolando la nostra economia: a tutti gli effetti un atto di guerra nei confronti di un paese che ancora era ufficialmente estraneo al conflitto.
A questo punto, non si può non menzionare il famigerato carteggio7 intercorso tra gli stessi Mussolini e Churchill in quei frenetici mesi. Resta questo uno dei misteri più grandi della seconda guerra mondiale e di tutta la storia italiana. Si sa che Mussolini lo portava sempre con sé negli ultimi mesi della sua vita. Pare che al di là dei diretti interessati, solo altre cinque persone, tra cui sicuramente il re Vittorio Emanuele III, fossero a conoscenza del contenuto. Si tenga presente un’altra cosa: Mussolini, lui, a Norimberga ci voleva andare. Non era per nulla intenzionato a sottrarsi ad un processo nel quale riteneva di poter essere assolto perché stimava che il contenuto di questa corrispondenza fosse talmente esplosivo da scagionare lui e tutto il paese da ogni accusa. Provvidenzialmente ci pensarono i partigiani ad evitare ogni possibile guaio ai britannici, uccidendo il Duce in maniera barbara. Si sa, i morti hanno questa virtù: non possono parlare. Fu così il carteggio svanì nel nulla. E da allora si possono solo fare illazioni su ciò che Mussolini e Churchill concordarono in così gran segreto.
Anche chi ammette che questo carteggio sia realmente esistito ritiene che, probabilmente, gli accordi intercorsi tra i due vertessero sulla promessa fatta da Churchill a Mussolini che l’Italia sarebbe stata largamente ricompensata in caso di neutralità. In particolare, si sospetta che agli italiani sarebbe stata prospettata la restituzione di Nizza e della Corsica. Tuttavia questa ricostruzione ha poco senso perché si presume che Mussolini non ignorasse che la Germania non avrebbe mai acconsentito di premiare in questa maniera l’Italia dato che, non intervenendo sin da subito al fianco della Germania, aveva almeno parzialmente disatteso il Patto d’Acciaio. Quindi evidentemente ci deve essere dell’altro.
Un’affascinante ipotesi, per quanto sia realmente da prendersi con le pinze, è quella esposta nel libro summenzionato. Ci potrebbe essere un’altra verità, letteralmente dirompente, incredibile, inimmaginabile ma che, proprio per questo, ci permetterebbe di ragionare al di fuori degli schemi, facendoci capire ciò che altrimenti sarebbe impossibile da capire. Ebbene, quest’ipotesi così sconvolgente consisterebbe nel fatto che Churchill abbia sì mercanteggiato con Mussolini, ma non per evitare o comunque ritardare l’entrata in guerra dell’Italia bensì, al contrario, per incentivarla a farlo! In altre parole, Churchill avrebbe chiesto a Mussolini di portare l’Italia in guerra al fianco della Germania contro la stessa Gran Bretagna! È pazzesco tutto ciò, no? La logica vorrebbe il contrario. Insomma, ci si aspetterebbe che in un momento di grossissime difficoltà gli alleati – con l’esercito francese in rotta e con i britannici che scappano con la coda tra le gambe da Dunkerque e senza la certezza di un aiuto da parte degli americani dal momento che ancora il Giappone non aveva attaccato Pearl Harbour – chiedessero, quasi supplicando, a Mussolini di restare neutrale. Invece sarebbe avvenuto proprio l’opposto! Churchill avrebbe invitato Mussolini a fargli la guerra, promettendogli che comunque le ostilità tra Italia e Gran Bretagna sarebbero state solo delle schermaglie inoffensive e con perdite estremamente contenute. Con la cessazione dello stato di non belligeranza da parte dell’Italia – così Churchill lusingò Mussolini – sarebbe stato possibile accelerare la fine del conflitto, evitando nel contempo che la Germania diventasse sin troppo potente, mentre l’Italia, sedendosi al tavolo dei vincitori, avrebbe potuto legittimamente pretendere il proprio giusto bottino di guerra.
Si comprende che qualcuno possa considerare questa versione dei fatti come priva di senso. Tuttavia per me, per quanto possa valere la mia opinione personale, ne ha. Ragionando in questa maniera, così fuori dagli schemi, verrebbe più facile spiegare tanti misteri legati alla seconda guerra mondiale. L’Italia annunciò al nemico con giorni di anticipo la sua entrata in guerra. Ma dove mai si è vista una cosa del genere? Dove mai si è vista una guerra in cui, rinunciando al fattore sorpresa, preavverte il nemico: “guarda che all’ora X del giorno Y io ti attaccherò”? Ma soprattutto, perché l’Italia non ha mai preventivamente attaccato la marina britannica nel Mediterraneo? Nel 1940 l’Italia era decisamente impreparata per affrontare questa guerra, ma per lo meno disponeva di un’ottima marina militare che avrebbe potuto causare non pochi grattacapi a quella britannica di stanza nel Mediterraneo. Nel momento in cui fosse stata decisa l’entrata in guerra, la prima cosa che i vertici militari italiani avrebbero dovuto programmare era un attacco a sorpresa ai danni delle navi britanniche a Malta, in Tunisia ed a Alessandria d’Egitto. Questo ci avrebbe dato un vantaggio non indifferente anche nel prosieguo della campagna d’Africa, che fu persa proprio per l’impossibilità di rifornire prontamente le nostre truppe a causa della predominanza nel Mediterraneo della marina britannica.
Invece nisba. Nessun attacco a sorpresa. Persino i nostri alleati tedeschi e giapponesi rimasero contraddetti, per non dire inorriditi, di fronte all’inazione italiana. Erano proprio le basi, l’ABC. Lo stesso Hitler, ormai prossimo alla fine, non essendo mai riuscito a capire cosa avesse motivato l’Italia a comportarsi in questa maniera, arrivò a rimpiangere il fatto che gli italiani fossero entrati in guerra8. Per la Germania alla fine sarebbe stato meglio che l’Italia rimanesse neutrale: non avrebbe intralciato le operazioni militari tedesche e quanto meno il costante timore di un eventuale attacco italiano avrebbe costretto inglesi e francesi a distogliere molte truppe lontano dal fronte principale. Vero è che i nostri vertici militari pullulavano di traditori la cui propensione al tradimento è sempre stata ampiamente sottovalutata. Gli alleati certamente lo sapevano e facevano leva su questo. Ma tutto ciò rimane veramente inspiegabile. A meno che non si parta dal presupposto che quanto sopra enunciato, per quanto letteralmente incredibile, abbia comunque un fondamento di verità.
Ma poi, perché mai Churchill avrebbe dovuto fare un’offerta tanto assurda a Mussolini? Semplice. Perché Churchill sapeva che se l’Italia fosse rimasta neutrale, la seconda guerra mondiale non avrebbe mai potuto avere sulla società europea delle conseguenze irrimediabili. In fin dei conti, egli è sempre stato un traditore: forse prima di tutto nei confronti del suo stesso paese, ma pur sempre un traditore. Non a caso, tradimento ed infamia sono nel DNA della sua famiglia. Uno degli antenati di Winston è stato John Churchill, primo duca di Marlborouh9, che è famoso, guarda caso, proprio per un tradimento. Era a capo dell’esercito reale di Giacomo II Stewart, l’ultimo re cattolico d’Inghilterra, nonché l’ultimo re legittimo della nazione, almeno stando ai sostenitori della linea di successione giacobita10. Quando, a seguito della Gloriosa Rivoluzione del 168811, l’olandese e protestante Guglielmo d’Orange invase con le sue truppe l’Inghilterra per usurpare il trono di Giacomo, questi ordinò a Churchill di fronteggiarlo. Ma Churchill, che era stato corrotto coi soldi dei ricchi mercanti sefarditi delle Province Unite, voltò le spalle al legittimo re, che venne alla fine deposto.
Grazie a questo suo voltafaccia John Churchill, premiato anche con un titolo nobiliare, ottenne così il denaro con cui poté finanziare la costruzione della reggia di Blenheim, dove lo stesso Winston ha avuto i natali. Solo pochi anni dopo la svolgersi della Gloriosa Rivoluzione, nel 1694, venne istituita la Banca d’Inghilterra, ancora oggi prototipo di tutte le banche centrali del mondo, nonché primo emettitore, almeno in epoca moderna, della moneta-debito12. È stato forse questo il fine ultimo per cui John Churchill fu corrotto e tradì? E lo stesso si può dire del suo più famoso pronipote?
Forse non c’è modo di verificare se questa dichiarazione sia autentica. Ma non è l’unica di questo tenore. Quest’altra è attribuita a J.F.C. Fuller13, militare, storico e stratega britannico contemporaneo di Churchill e discepolo in gioventù del noto occultista Aleister Crowley.
Senza dubbio i regimi autocratici di Germania ed Italia, pur retti da dittatori, esprimevano un forte concetto di sovranità nazionale che si concretizzava soprattutto in un rigido controllo statale sull’economia, cosa questa che era d’ostacolo alla predominanza della finanza apolide internazionale sugli interessi nazionali. Ad esempio, dopo aver istituito nel 1933 l’IRI, vero motore del boom economico italiano nel secondo dopoguerra, il regime fascista nel 1936 promulgò una legge che ridefiniva i compiti e le prerogative della Banca d’Italia che si trasformò così in un “istituto di diritto pubblico” a cui fu definitivamente affidata la funzione di emissione (non più, quindi, in concessione) della moneta, mentre gli azionisti privati vennero espropriati delle loro quote che furono riservate a enti finanziari di rilevanza pubblica14. In poche parole, Mussolini aveva nazionalizzato la banca centrale.
Il mondo in cui oggi viviamo sarebbe molto diverso se le due guerre mondiali non avessero spazzato via questo concetto di sovranità. Sarebbe per esempio impossibile oggi sostenere la necessità dei cosiddetti Stati Uniti d’Europa, un progetto che consiste essenzialmente nella perdita di sovranità da parte degli stati-nazione i cui i governanti diventerebbero dei semplici passacarte con la sola prerogativa di amministrare i propri paesi per conto di un potere superiore ed antidemocratico. Che la seconda guerra mondiale avesse avuto esisti per nulla auspicabili qualcuno lo aveva compreso quasi sin da subito:
Se non vi fosse stata la prima guerra mondiale i grandi imperi centrali multi-nazionali non sarebbero caduti. Verosimilmente essi si sarebbero evoluti in senso più “democratico”, più conforme al sentire moderno. Ma avrebbe continuato a prosperare nei popoli di tutta Europa quel sentimento di autorità, gerarchia, universalità e soprattutto di regalità di cui i grandi imperi sono stati indubbiamente portatori. Parimenti, senza la seconda guerra mondiale, la persistenza di nazioni dalla forte impronta sovranista (oggi si direbbe così con un termine dall’accezione particolarmente denigrativa) avrebbe impedito, o quanto meno notevolmente ritardato, l’affermazione della società “liquida” in cui abbiamo avuto la sventura di nascere e di vivere, e cioè una società in cui i valori tradizionali sono stati ribaltati, dove domina il capitale a scapito del lavoro, la moneta-debito e non più la dignità e le libertà umane, in cui i cittadini sono divenuti semplici consumatori economici identificabili con un numero seriale, dove si è perso non solo il concetto di interesse nazionale ma soprattutto l’anima stessa dei popoli che, infatti, oggi possono essere bellamente sostituiti tramite immigrazione, giacché ormai la cittadinanza non esprime più un sentimento condiviso di adesione a civiltà spesso millenarie e di cui intimamente ci si sente depositari, ma è solo conseguenza del nascere in un posto piuttosto di un altro.
Per rimodellare un’Europa che per secoli era stata completamente diversa, così fieramente ancorata alle sue radici che sono greco-romane e cristiane, checché ne dicano i moderni transumanisti, era dunque necessaria una trasformazione di tipo alchemico, una sorta di solve et coagula. Oggi si direbbe: un Great Reset. Ed è per questo che ci sono state due guerre mondiali. Senza di esse, non vi sarebbe stato alcun reset. Ed ecco perché può essere credibile quanto sopra esposto. Se realmente la seconda guerra mondiale, al pari della prima, doveva servire ad un reset, era indispensabile che anche l’Italia vi prendesse parte. Non poteva rimanerne fuori. La penisola italiana non è la penisola iberica, sita ai margini dell’Europa occidentale. Non è una semplice appendice del continente europeo. Noi siamo nel bel mezzo del Mediterraneo, a cavallo tra tre continenti, là dove ha preso origine e da dove si è diffusa in tutto il mondo la civiltà greco-romana e cristiana. L’Italia è all’origine di tutto, è il fulcro. Dovevamo esserne coinvolti; altrimenti il reset non sarebbe stato un reset. Ecco spiegato anche perché Churchill ingannò Mussolini. Indiscutibilmente, il Duce peccò di ingenuità: mai fidarsi degli inglesi, che Dio stramaledica gli inglesi. La figura di Churchill deve quindi essere inquadrata per quella che egli è effettivamente stato: un globalista alla maniera in cui oggi lo è uno come Klaus Shwab.
Ma tutto questo – giustamente il lettore si starà chiedendo – cosa c’entra con la Russia di oggi e con l’attentato al Crocus City Hall di cui abbiamo lungamente parlato nella prima parte dell’articolo? È dunque arrivato il momento delle considerazioni finali. Il processo di trasformazione alchemica delineato in queste pagine non è stato ancora portato a termine, non completamente almeno. Chi lo promuove ha bisogno di uno step successivo, che non può che essere la terza guerra mondiale. Solamente dopo un ulteriore reset che solo un’eventuale altra guerra mondiale può rendere possibile un simile progetto millenaristico potrà dirsi concluso. Quindi, così come fu l’attentato terroristico di Gavrilo Princip ai danni dell’arciduca Francesco Ferdinando a dare origine alla prima guerra mondiale, così come è stata la violenza dei polacchi contro i tedeschi a spingere Hitler all’invasione della Polonia per incominciare la seconda, parimenti oggi il paese prescelto per dare avvio alla terza pare essere la Russia. Quanto oggi sta capitando ha enormi similitudini con tutti quegli eventi che fecero precipitare la situazione portando l’Europa alle prime due guerre ed al suo successivo collasso.
Proprio per questo oggi la Russia ha una grandissima responsabilità. Ha nelle sue mani, come la Polonia del 1939, una sorta di assegno in bianco potendo decidere in ogni momento di dare il là alla terza guerra mondiale. Da un certo punto di vista, farebbe anche bene. È indiscutibilmente sotto assedio ed ha tutto il diritto di difendersi, soprattutto qualora ritenga di disporre di una superiorità militare tale da inficiare le capacità di rappresaglia del nemico. Sì, i russi sono decisamente dalla parte della ragione. Ma come scritto più su, essere dalla parte della ragione e non saperne il perché è comunque delittuoso. Avranno Putin ed i suoi collaboratori al Cremlino i nervi saldi per resistere alle provocazioni che andranno moltiplicandosi nel prossimo futuro? Hanno consapevolezza di ciò che c’è realmente in gioco? Sono coscienti del fatto che il loro più grave errore sarebbe quello di dare al nemico ciò che esso vuole? Si tratta questo dello stesso gravissimo commesso da Mussolini. Perché oggi c’è in ballo questo:
Personalmente, potrei anche propendere per l’ottimismo, essendo indubbiamente gli uomini del Cremlino, a cominciare da Putin, personalità dotate di grandi capacità e preparazione. Ma ciò non mi esenta in ogni caso dal rivolgere alcune critiche alla Russia. Vi è un’unica maniera affinché la Russia non cada nel tranello che le si sta ordendo: deve vivere senza menzogna. Per quanto scomoda, perché si tratta essenzialmente di fare i conti col proprio passato, non c’è altra via se non quella della verità, quella stessa che così chiaramente era stata indicata da un grande russo dei nostri tempi, Aleksandr Isaevič Solženicyn:
“Davvero non c’è alcuna via d’uscita? E non ci resta se non attendere inerti che qualcosa accada da sé? Ciò che ci sta addosso non si staccherà mai da sé se continueremo tutti ogni giorno ad accettarlo, ossequiarlo, consolidarlo, se non respingeremo almeno la cosa a cui più è sensibile. Se non respingeremo la menzogna. […] Ed è proprio qui che si trova la chiave della nostra liberazione, una chiave che abbiamo trascurato e che pure è tanto semplice e accessibile: il rifiuto di partecipare personalmente alla menzogna. Anche se la menzogna ricopre ogni cosa, anche se domina dappertutto, su un punto siamo inflessibili: che non domini per opera mia!”15.
In fin dei conti, da sempre il solve e coagula può realizzarsi solamente tramite un processo di contrapposizione dialettica hegeliana.
problema —> reazione —> soluzione
Ad una tesi viene contrapposta un’antitesi, in modo tale che lo scontro tra le due abbia un esito talmente rovinoso da creare le condizioni di una tabula rasa e rendere quindi possibile il sorgere di una sintesi, cioè il successivo grado di avanzamento dell’agenda voluta.
Per semplificare, non si tratta che di questo:
La Russia deve per prima cosa sforzarsi di battere questa contrapposizione hegeliana, agendo al di fuori degli schemi. Quindi oggi è tenuta non a dividere, ma unire: unire in tutto il mondo tutte quelle persone consapevoli di quanto oggi sta realmente succedendo:
Queste persone riconoscono nella Russia di Putin una regalità che era stata propria dei loro stessi paesi, ma che si è persa a seguito della dissoluzione che le due guerre mondiali hanno generato e per la quale, in ultima istanza, sono state volute. Non esiste infatti nessuna forma di filo-putinismo, così come a certi presunti giornalisti piace etichettare i dissenzienti. È solo una bieca strategia a fini denigratori perché ciò che spaventa non è altro che il riconoscimento da parte di queste persone della regalità imperiale di cui l’attuale Russia è diventata portatrice. Ed è tramite questa che la Russia deve creare coesione e non divisione.
Purtroppo non sempre la Russia va nella giusta direzione. Si deve obiettivamente convenire che non è facile essere nei panni di chi viene continuamente attaccato. Non deve essere per nulla piacevole la sensazione di chi si sente sotto assedio. E questo è probabilmente il sentimento oggi predominante in molti russi: un sentimento che però crea, a sua volta, risentimento, rancore e frustrazione. Ma la Russia deve rifuggire da tutto ciò, e non ha che una maniera per farlo così da diventare quell’elemento di coesione a cui la metastoria l’ha comunque destinata: appunto, deve vivere senza menzogna. E per riuscirci deve prima di tutto guardarsi dentro, facendo ammenda delle proprie colpe.
Certo, queste sono colpe che in realtà andrebbero ascritte all’Unione Sovietica. La Russia di oggi non dovrebbe portarne il peso, non essendo stata l’Unione Sovietica la vera Russia. Ma essa comunque è tenuta a chiudere il cerchio. E perché non iniziare questo processo – quasi un cammino di catarsi finalizzato al vivere senza menzogna – proprio prendendo coscienza di ciò che è stato effettivamente questo passato sovietico? Infatti, benché ai russi potrebbe costare fatica doverlo ammettere, l’URSS è stata il principale motore del precedente reset, quello avutosi con la seconda guerra mondiale. Perché quindi non incominciare da ciò? Perché rinnegare quanto l’Unione Sovietica sia stata imprescindibile per la distruzione dell’Europa? Perché non raccontare chi e cosa erano veramente i bolscevichi? Perché non rendere manifesto ciò che è davvero successo prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale? Perché continuare a suffragare una certa propaganda che, allontanando le colpe da sé per darle ad altri, non solo offende la verità ma costituisce il fondamento perché si continui a vivere nella menzogna?
Come diceva Solženicyn, la Russia non potrà mai staccarsi da ciò che le sta addosso se continuerà “ogni giorno ad accettarlo, ossequiarlo, consolidarlo”, e cioè senza prima respingere la menzogna. Lo stesso dramma che l’intero mondo slavo sta oggi vivendo a causa della fratricida guerra in Ucraina, per quanto l’esecrabile regime di Kiev abbia le mani sporche di sangue, non è che la conseguenza del fatto che la Russia non ha ancora saputo respingere, per lo meno non del tutto, la menzogna. Ogni violenza, ogni ingiustizia, ogni prevaricazione che oggi fanno così tanto soffrire la Russia dipende dal fatto che essa si ostina a vivere, anche se solo parzialmente, nella menzogna. Non ha quasi nemmeno il diritto di incolparne l’occidente, pur vile, falso e degenerato. È questa difatti una degenerazione di cui la Russia, – quanto meno la sua versione bolscevica che si prestò più di ottant’anni fa alla distruzione dell’Europa – porta ancora le colpe. In qualche modo, quantunque appaia molto ingeneroso dirlo – non è sbagliato affermare che la Russia altri non ha da biasimare che se stessa. Vale la pena seguitare a vivere nella menzogna solo per poter alzare il ditino a mo’ di ammonimento?
Che le piaccia o no, la Russia non può che vivere se non senza menzogna. Quello è il suo destino. Perché è tenuta a fare giustizia.
«La giustizia dovrà essere fatta ed il castigo cadrà sui malvagi e sui crudeli. Gli sciagurati che hanno macchinato per soggiogare prima l’Europa e quindi il Mondo devono essere puniti. Così dovranno esserlo anche i loro agenti che in tante nazioni hanno perpetrato orribili delitti. Essi devono essere condotti ad affrontare il giudizio delle popolazioni che hanno oltraggiato, sulle stesse scene delle loro atrocità».
- 1Giovanni 8,32
- 2https://www.money.it/guerra-ucraina-grande-bugia-svelata-merkel-hollande
- 3https://www.ossin.org/uno-sguardo-al-mondo/analisi/2538-perche-la-germania-invase-la-polonia-nel-1939
- 4https://laveritadininconaco.altervista.org/ordine-esecutivo-11110-cosa-fu-ucciso-kennedy/
- 5https://www.unz.com/runz/american-pravda-the-jfk-assassination-part-i-what-happened/
- 6https://it.wikipedia.org/wiki/Patto_d%27Acciaio
- 7https://it.wikipedia.org/wiki/Carteggio_Churchill-Mussolini
- 8A. Hitler: Ultimi discorsi, Ed. di AR, 1988
- 9https://it.wikipedia.org/wiki/John_Churchill,_I_duca_di_Marlborough
- 10https://it.wikipedia.org/wiki/Linea_di_successione_della_Casa_degli_Stuart
- 11https://it.wikipedia.org/wiki/Gloriosa_rivoluzione
- 12https://www.quieuropa.it/la-schiavitu-monetaria-una-mostruosita-storica-dal-1694/
- 13https://en.wikipedia.org/wiki/J._F._C._Fuller
- 14https://www.bancaditalia.it/chi-siamo/storia/istituzione/index.html?dotcache=refresh
- 15https://www.culturacattolica.it/attualità/in-rilievo/ultime-news/t46246/vivere-senza-menzogna